3
interessanti, filmare bene dei paesaggi? ... Non lo so, è l'unico modo di fare
film che conosco ... Come possiamo separare il cinema dalla vita? La gente
mi dice «Ma nella vita reale ...». Ma di cosa parlano? Cos'è la vita reale?
Sul set davanti alla macchina da presa, non sarebbe più vita reale? Cos'è,
si passa in un'altra dimensione quando si gira un film? Che differenza c'è
tra cinema e documentario? La cinepresa gira, c'è un attore, questo attore
è una persona, ha dei sentimenti, delle passioni ... Quando Harvey mette un
costume, non abbandona il suo ruolo di essere umano nel camerino per
recuperarlo alla fine della giornata di riprese”
3
).
Snake Eyes testimonia della via personale sensuale/carnale che Ferrara
cerca d’aprire davanti agli attori (“Datemi una cinepresa e un attore e
toglietevi di mezzo!”); King of New York delle tendenze ossessive alla carne
viva e al filo scoperto di Scarface.
Se l’uomo avesse un’altra vita, Ferrara costringerebbe i propri attori a
spenderla, a consumarla, davanti alla cinecamera: in Snake Eyes s’ode lo
sparo ma non si scorge il cadavere, eppure Madonna Ciccone/Sarah
Jennings/“moglie” ha abbandonato la propria esistenza sul set, ha ceduto la
propria esistenza alla cinepresa, dopo che lo sguardo impudico d’un
esercizio introspettivo le ha denudato l’anima.
Carolyn Marz e Baybi Day, Rae Dawn Chong e Melanie Griffith, Tom
Berenger e Melanie Griffith, James Russo e Madonna Ciccone, Paul Hipp e
Hamber Smith, Matthew Modine e Beatrice Dalle, William Dafoe e Asia
Argento, sono stati davvero invitati all’amplesso. Affatto semplice è il set di
Ferrara ... richiede uno sforzo doloroso ad esistere e persistere ...
3
Camille Nevers - Frédéric Strauss, Entretien avec Abel Ferrara, in “Cahiers du Cinéma”, n. 473,
1994, pag. 21.
4
Falso che Ferrara non sappia condurre gli attori. Vero che non voglia
condurre gli attori. Sceglie di seguirli, scoprirli ... invitando la scena
partorita morta a sospendersi nell’istante estratto vivo ... sino a resuscitare.
L’eccesso pornografico è l’accesso vitalico e si attua nella tensione al long
take. Difatti la sequenza del cattivo tenente che si masturba davanti alle due
ragazze in auto (esemplificativa del cinema “senza protezione/copertura”) è
appena “compromessa” da qualche cut. Mentre il buon regista Dennis
Hopper/Mickey Wyne (The Blackout) cerca la migliore posizione per
scoprire l’ano della prostituta. Ma è pornografico pure il piano sequenza del
cattivo tenente che scende sfatto, scalino per scalino, dal covo dello
spacciatore.
Ferrara torna al realismo affidandosi al set e al cast; istigando il set e il cast;
ciò che capita davanti alla cinepresa è realismo: “Sul set l'istante esiste,
dunque assistiamo a qualcosa che accade nel momento in cui lo vediamo.
Ed è precisamente quello che registriamo. Non è un caso se in russo si usa
la stessa parola per film e documentario”
4
... “Nessuno dei miei film
potrebbe esistere senza i suoi attori. Guardate cosa fanno gli attori di “The
Funeral”! Guardate Annabella (N.d.A.: Sciorra) e Isabella (N.d.A.:
Rossellini). Non sono quelle attrici sbiadite di Hollywood, queste! A
Hollywood si chiede agli attori di piangere e loro piangono tutti allo stesso
modo, perché gli è stato insegnato così. Non si vedono più gli attori ma la
loro tecnica. Impossibile chiedere che vadano a cercare qualcosa nel loro
vissuto, non ne sono capaci. Con grandi attori come Chris Penn o
Christopher Walken, si può improvvisare. Tentare qualcosa. Chris, per
esempio, non aveva mai cantato, gli è venuto così, ma bisognava evitare il
4
Ibidem.
5
lato scherzoso e «fresco» dell'improvvisazione. II film doveva mantenere la
sua connotazione grave e non allentarla nemmeno un secondo”
5
.
La ferrea disciplina della verità prostra la vana superbia della finzione.
L’istante esiste, il momento è un continuo happening, la scena è
un’autentica improvvisazione (N.d.A.: quand’anche l’attore usi le parole del
testo). L’ultimo occhio poggiato sul cattivo tenente è quello d’una candid
camera (l’automobile accostata al marciapiede, la cinepresa occultata nel
van, le comparse che additano il morto).
Esacerbata dalla durezza/crudezza ferrariana la gravosa pena dell’acting
diviene agonica ricerca della verità. “Crudele è vivere [...]; né casualità né
fatalità ma destino. Crudele è farsi protagonisti del proprio destino”
6
.
L’attore (ferrariano) deve sottoporsi all’atroce supplizio della vita; deve
rassegnarsi al proprio destino ... trova sbocco solo nell’accettare la logica
formale del film (ferrariano), seguendo/violando la norma
(cinematografica) di riferimento, mettendo a rischio la propria vita nel
ruolo; un’azione è una scelta, perciò una morale; non c’è un gangster se non
c’e un attore, cioè un uomo.
Il metodo ferrariano risente dell’influsso artaudiano, accedendo all’opinione
de
- l’arte come crudeltà; teorizzando la crudeltà come passaggio obbligato
per la creazione artistica tesa alla verità suprema, di là di qualsivoglia
procedimento semplificatore e soluzione consolatoria, rivendicandone tanto
il valore tecnico (“Propongo perciò un teatro in cui le immagini fisiche
violente frantumino e ipnotizzino la sensibilità dello spettatore travolto dal
5
Cédric Anger, L’esprit d’Abel, in “Cahiers du Cinéma”, n. 508, 1996.
6
Franco Ruffini, Necessaria è la vita. Artaud alla lettera, in “Linea d’ombra” n. 121, gennaio
1997, pag. 5.
6
teatro come da un turbine di forze superiori”
7
) quanto il valore metafisico
(“Dal punto di vista dello spirito, la crudeltà significa rigore, applicazione,
decisione implacabile, determinazione irreversibile [...]. C’è nell’esercizio
della crudeltà una sorta di determinismo superiore cui persino il carnefice-
seviziatore è soggetto [...]. La crudeltà è prima di tutto lucida, è una sorta
di rigido controllo, di sottomissione alla necessità. Non si ha crudeltà senza
coscienza, senza una sorta di coscienza applicata”
8
), logica
deduzione/inevitabile conclusione d’una teologica premessa (“Uso il
termine crudeltà nell’accezione di appetito di vita, di rigore cosmico, di
necessità implacabile, nel significato gnostico di turbine di vita che
squarcia le tenebre, nel senso di quel dolore senza la cui ineluttabile
necessità la vita non potrebbe sussistere; il bene è voluto, è la conseguenza
d’un atto. Il male è permanente. Il Dio nascosto quando crea obbedisce
alla necessità crudele della creazione che a lui medesimo è imposta; e non
può non creare, cioè non ammettere, al centro del turbine volontaristico del
bene, un nucleo di male sempre più ridotto, sempre più corroso”
9
; “Non si
tratta affatto di crudeltà come vizio, di crudeltà come proliferazione di
appetiti perversi espressi in gesti sanguinosi, come escrescenze malate su
una carne già infetta; ma al contrario di un sentimento distaccato e puro,
di un autentico movimento dello spirito, ricalcato sul gesto stesso della
vita; partendo dall’idea che la vita, metafisicamente parlando, in quanto
ammette l’estensione, lo spessore e la pesantezza, ammette di conseguenza
il male e tutto ciò che è inerente al male […]. Tutto ciò sfocia nella
coscienza, nel tormento e nella coscienza entro il tormento. E quale che sia
7
Antonin Artaud, Le thèâtre et son double, Paris; Editions Gallimard, 1964 (tr. it di Ettore
Capriolo, Il teatro e il suo doppio, Torino, Einaudi, 1968, pag. 199).
8
Ibidem, pagg. 216-217.
9
Ibidem, pag. 217.
7
il cieco rigore insito in tutte queste contingenze, la vita non può fare a
meno di mettersi alla prova, altrimenti non sarebbe più vita; ma è il rigore,
la vita che supera ogni limite e si mette alla prova nella tortura e nel
calpestamento di tutte le cose, è questo sentimento puro e implacabile ciò
ch’io chiamo crudeltà”
10
).
- l’arte come vita; nel duplice senso del termine: assunto a spirito vivifico
(Il teatro deve essere crudele se vuole essere vivo, lo spettatore deve
ritrovare le forze primigenie: “Per questo cercheremo di raccogliere
intorno a personaggi famosi, a delitti atroci, a sacrifici sovrumani, uno
spettacolo che, senza ricorrere alle immagini scadute dei vecchi Miti, sia
capace di estrarre le forze che in essi si agitano”
11
. Quindi farà sua la scena
e vivrà un’esperienza finalmente sconvolgente, assolutamente necessaria e
conseguentemente crudele; “necessità” è difatti sinonimo di “crudeltà”,
poiché la “necessità” non offre alcuna possibilità di salvezza: “Siamo
convinti che nella cosiddetta poesia esistano forze vive e che l'immagine di
un delitto, presentata in condizioni teatrali adeguate, sia per lo spirito
infinitamente più terribile della realizzazione di quello stesso delitto”
12
) ma
calato nel mondo reale (“Dove altri vogliono produrre opere d’arte, io non
aspiro ad altro che manifestare il mio spirito ... Io non posso concepire
un’opera d’arte separata dalla vita”
13
).
... accettando l’uguaglianza (arte = verità =)vita = crudeltà.
10
Ibidem, pag. 228.
11
Ibidem, pag. 201.
12
Ibidem, pag. 201.
13
Susanna Battisti, Artaud, la crudeltà come espressione d'arte, in “KataWebLibri”,
http://www.kwlibri.kataweb.it/cinema/cinema_010601.shtml.
8
Judith Malina, co-fondatrice del Living Theatre che, ispirandosi ad Artaud,
trasformò la crudeltà verso in aggressione a lo spettatore, incarna la madre
del protagonista in China Girl.
Una riabilitazione/rielaborazione che rinvia a certa (matura) consapevolezza
antropologica nietzschiana (“Senza crudeltà non c’è festa: questo insegna
la più remota, la più lunga storia dell’uomo”
14
).
Snake Eyes vale come autodenunzia: “Abbiamo fatto questo film anche per
mostrare come lavoriamo. [...] noi usiamo moltissimo il videoregistratore,
come si vede nel film, perché il film nasce e muore in una successione di
immagini. [...] si gira una scena, poi si discute tra noi, anche per ore,
esaminando tutti punti di vista [...]. L’arte e la vita si confondono. È stata
una nostra scelta deliberata per far si che lo spettatore venga più che mai
coinvolto, in maniera immediata, così da non saper più distinguere tra
finzione e realtà”
15
. Il regista Israel rivede spesso il girato quotidiano. Sul
video, ciak, prove e discussioni tra/con gli attori, si confrontano e si
confondono, si confermano nel loro valore documentario (sul set l’istante
esiste) ma si correggono nel loro stato ontologico (difficile stabilire il
dominio d’appartenenza … Mothers of Mirros/Eddy Israel o Snake
Eyes/Abel Ferrara?). Lo spettatore (come l’attore) è impegolato in un terzo
film e più che mai è esposto al pericolo, tanto è vicino al gorgo della
cinepresa.
14
Friedrich Nietzsche, Genealogia della morale, Roma, Newton & Compton Editori, 1992, pag.
49.
15
Corrado Corradi, C’è voluto un giorno per violentare Veronica, in “Il Giorno”, 11 settembre
1993.
9
L’ammirazione di Ferrara per Pasolini è sincera e profonda: “È un grande,
uno che non ha mai interrotto il ciclo realtà-creazione artistica. Fino alle
estreme conseguenze”
16
.
Tutto concorre al cinema di performance ... alla Cassavetes o alla
Fassbinder: la pacata discussione che corregge “tecnicamente” la scena; la
furibonda lite che carica “emotivamente” la scena ... al regista non rimane
che attendere il momento propizio per fermare tutto alla data non forma
della data forma. L’espressionistico finalizzato al realistico: Ferrara si tende
nello sforzo di rendere il proprio mondo interiore (tramite l’esasperazione e
la distorsione, nel continuo stabilito da Murnau ad Herzog) e d’istigare
(al)l’azione, di creare l’evento; scompone/ricompone il quadro sino a
cogliere l’attimo della rivelazione; ancora l’intento/impegno pornografico;
sul set, Ferrara rianima la scena; proprio a partire dal lavoro sul set, Ferrara
sollecita lo spettatore a vedere “quant’è vivo” nel “quant’era vivo”.
Quindi l’attore assume il comando (sequestra lo script all’autore) e decide
sulla rotta da seguire (delibera sulla distanza e l’angolo di presa, ecc. ...).
Lo stile si dà cancellando l’impronta del genere e assecondando il tempo
dell’azione, che infine gli attori svolgono ... liberandola. Tant’è che il “Take
your time” volto dall’altrettanto buon regista Harvey Keitel/Eddie Israel
(Snake Eyes) agli ancora immaturi attori James Russo/Frank Burns e
Madonna Ciccone/Sarah Jennings, starebbe per “Concedete all’azione il
suo tempo”.
Il profilmico viene a varie soluzioni: close up, long shot, pan, travel,
profondità di campo, montaggio a passo lento o veloce.
16
Intervista a cura di Paola Jacobbi, in “Ciak”, novembre 1996.
10
Ferrara non rivela il gusto della raffigurazione elittica o della descrizione
iperrealistica; piuttosto la tensione alla sequenza di piani lunghi e fissi nella
contingenza dell’esame introspettivo (in Snake Eyes, durante le dolorose
interpretazioni degli attori/protagonisti. I piani e i mezzi primi piani sono
comunque la cifra, il tratto stilistico peculiare, del film; s’accalcano
soprattutto quando il discorso subisce un’impennata filosofica, morale,
religiosa) o al piano sequenza con macchina a mano nel frangente della
visione/impressione soggettiva (in Bad Lieutenant , durante il tracollo fisico
del protagonista: in chiesa, su un falso raccordo di sguardo, tanto che lo
stupro della suora pare una visione del tenente; nella tromba delle scale,
dopo l’incontro col pusher).
All’apparenza: il caos. Ma Christopher Walken specifica: “C’è caos in Abel
Ferrara ma è un caos ragionato”; unico dovere imprescindibile: rispettare
il tempo dell’azione ... sempre il tempo della sequenza è il tempo
dell’azione; un criterio compositivo che soggiace tanto alla sequenza
dell’omicidio di James Russo/Alby Monte in China Girl quanto alla
sequenza dell’agguato a Christopher Walken/Frank White in King of New
York. Nel primo caso, la madre di Alby che impasta, la processione che
avanza, Alby che infila la porta, scende le scale, viene pugnalato, arranca
sulle scale, raggiunge la madre: né contrazione né dilatazione, solamente,
semplicemente, il tempo dell’azione. Nel secondo, la scena diviene
spettacolare, coreografica, proprio perché s’affida all’orologio, alla durata
dell’azione, “perché davanti ad un poliziotto ferito i colleghi si fermano,
perché aprire e chiudere gli sportelli prende tempo e la caduta d’una
donna in reggicalze sul letto ancora sparso di coca non si può perdere ed è
diversa da quello d’un uomo più pesante, perché se la fuga impedisce a
White di soffermarsi sulla terribile morte della sua fedele guardia del
11
corpo, anche la sequenza lascia il tempo soltanto del suo rapido
sguardo”
17
.
I primissimi piani di Snake Eyes durano gli spasmi degli attori. Ferrara
inserisce i primi piani al pari di Dreyer, Rossellini, Pasolini: non mostra la
maschera di un’emozione ma il disorientamento della passione; i close up di
Zoe/Thana (Ms. 45) - che puntellano il film di violenza in violenza, dalla
prima subìta (lo stupro nel vicolo) all’ultima commessa (la carneficina alla
festa) - sono tra le sue prime dichiarazioni estetiche.
La verità profonda dell’ecatombe finale nel “tempio” dei Tempio (nella
tempesta di richiami che la scena scatena, da Il mucchio selvaggio a Il
Padrino), sta proprio nel rispetto del montaggio per l’azione.
La pressione sul cast, l’indifferenza per lo script, tendono al medesimo fine:
il documento dell’azione. Ancora la vocazione all’immagine-fatto, cioè il
realismo di Bazin.
Se ad Hollywood il formalismo dei generi spegne la passione per l’uomo,
nel Bronx la riaccende. Sono i principi etici di Rossellini: “Il mio
neorealismo personale non è nient’altro che una posizione morale che si
può spiegare in tre parole: l'amore per il prossimo”
18
.
Dunque il massimalismo dei personaggi è il radicalismo del set, le retour à
la raison (=alla radice/all’origine) del cinema, oltre il realismo baziniano
(realizzato nel paradosso, proprio attraverso l’estasi orgasmica e il sospiro
estremo; non per morbosità ma per onestà ... Nevers - Strauss: “Veniamo
17
Silvio Danese, Abel Ferrara. L’anarchico e il cattolico, Recco, Le Mani, 1998, pag 71.
18
Gianni Rondolini, Roberto Rossellini, Editrice Il Castoro, Milano, 1977, pag. 8.
12
alle questioni del sesso, la droga, la religione, la violenza ...”. Ferrara:
“Perché? ... C’è dell’altro nell’esistenza?”
19
).
L’idea coatta di Ferrara è il luogo primigenio del verbo illuminante,
piuttosto prossimo a Dio, che l’uomo cerca nel/col bisogno: la dipendenza
dalla droga (come dall’immagine) è la dipendenza da Dio.
Il bisogno del male e il disordine dei sensi arrancano, s’incontrano e
scontrano, sulla ripida salita della morale cristiana. L’inconsueto/distintivo
tematico trova un corrispettivo nell’eccentrico/peculiare visivo, perciò tre
immaginari differenti e divergenti, il cattolico, il cinematografico e
l’erotico, si frantumano e si frammezzano, concorrenti e co-occorenti (la
tonaca, il reggicalze, la pistola; lo sperma, il sangue, il Cristo in croce ... e
la Madonna a pezzi!), nelle fitte maglie dell’ansia filosofica e del tormento
religioso.
Il cedimento istintuale viene teorizzato come altra via a Dio. Il delirio dei
sensi abbatte il muro della coscienza, l’ostacolo più alto al congiungimento
a Dio. Scavare l’aporia della contemplazione mistica nell’abbandono
sensuale diviene il pressante impegno morale nell’apparente pratica
immorale ... tensione teologica, impulso erotico: cioè la passione per Dio
(pensiero e preghiera) e per l’uomo (la carne), l’intenso divino attraverso il
debole umano.
Infine il cinema ferrariano assurge a cinema politico, come politica fu la
figura del Cristo, per lo scalpore che suscitò il suo dicendo/agendo
rivoluzionario.
La profonda religiosità di Ferrara fluisce dall’esempio del Cristo, aggirando
l’ostacolo della Chiesa: “Per me Gesù è un uomo attraverso la cui
19
Camille Nevers - Frédéric Strauss, Entretien avec Abel Ferrara, in “Cahiers du Cinéma”, n. 473,
1994, pag 21.
13
esperienza noi tutti dovremmo vivere”
20
. “Credo che ciò che rappresenta
Gesù Cristo sia qualcosa cui mirare e per cui vivere. Ma se sia il figlio di
Dio, se esistono paradiso e inferno e Adamo ha mangiato la mela, non lo
so”
21
; ovvero: Cristo è colui che trasgredendo alla legge umana e
richiamando al senso morale apre il cammino della speranza pure/proprio
all’uomo del cedimento. “Cristo è la ragione ultima (N.d.A.: nonché scopo
precipuo) del mio lavoro”; ovvero: Gesù fuori dalla Chiesa e l’umanismo
cristiano spurgato dal dottrinarismo/conformismo cattolico. “La vita che
visse colui che morì sulla croce, solo ciò è cristiano”
22
Bad Lieutenant esemplifica la teoria; il tenente del NYPD, gonfio di crack,
raggiunge la Chiesa devastata e la Suora stuprata, invita invano a chiedere
giustizia, a gridare vendetta (“Mi stia a sentire, Sorella, mi stia a sentire
bene, gli altri poliziotti sottoporranno quei ragazzi alla solita procedura,
sono minorenni, li rilasceranno ... chiaro? Ma io me ne sbatto della
procedura e voglio giustizia, la vera giustizia ... la vera!”. “Io li ho già
perdonati”. “Andiamo! Sorella! Quei figli di puttana Le hanno spento le
sigarette sul ... L’hanno offesa in tutti i modi ... come può ... come diavolo
fa a perdonare quei figli di putta ... quei ragazzi? Mi scusi ma ... come
diavolo fa? Nel profondo del Suo cuore non desidera che essi paghino per
ciò che Le hanno fatto? Non vuole vendicarsi del male che Le hanno
fatto?” ... “Io li ho perdonati”. “Ma Lei ha il diritto di farlo? Lei non è
l’unica donna al mondo, non è neanche l’unica suora; il Suo perdono
potrebbe provocare altro sangue [...]. Crede d’avere il diritto di lasciare
quei mostri liberi di fare tutto ciò? Se ne assume la responsabilità,
20
Conferenza stampa privata al Festival di Berlino del 1994, seguita e ripresa da Telepiù.
21
Liam Fay, Naturally Banned Thrillers, in “Hot Press”,
http://www.iol.ie/hotpress/archive/iss07951/abelferr.htm.
22
Friedrich Nietzsche, L’anticristo, Milano, Adelphi, 1977, pag. 50.
14
Sorella?” ... “Si rivolga a Gesù ... Preghi. Lei crede in Dio, non è vero?
(Lei crede) che Gesù Cristo è morto per i nostri peccati?”); si volta,
s’accascia, piange rabbioso e disperato, attratto dalla suora (Ferrara,
anticipando sul film: “Tutto ciò che posso dire è che nel film c’è questo
investigatore che se ne frega delle indagini: quello che vuole è scoparsi lui
la suora!”
23
, sconvolto dal perdono che la vittima concede al carnefice ...
inveendo contro il Cristo disceso dalla Croce ma precipitato nel mutismo
(“Che succede? C’è qualcosa che vuoi dirmi ... stronzo, topo di fogna,
lurido topo di fognaaaa! [...] Che vuoi? Dimmi qualcosa invece di
restartene in silenzio ... Tu mi devi dire qualcosa! Tu mi devi dire qualcosa!
... Qualunque cosa! ... Stronzo! Tu te ne stai lì in silenzio e pretendi che
faccia tutto io come un coglione ... Dov’eri andato? Dove cazzo eri
andato?? Dove cazzo eri andato??? ... Dove cazzo eri andato?”),
invocando il Suo aiuto, supplicando il Suo perdono (“Mi dispiace ... mi
dispiace tanto, Ti chiedo scusa ... ho fatto tante brutte cose, mi dispiace; ho
cercato di fare ... ho cercato di fare la cosa giusta ma sono un debole, sono
solo un debole del cazzo! Adesso Tu devi aiutarmi! Aiutami, ho bisogno del
Tuo aiuto! Perdonami! Perdonami! Perdonami, Ti prego! Perdonami
Padre!”), strisciando ai Suoi piedi, baciando i Suoi piedi ...
... una Suora violata che avverte Dio nell’orgia che ha subìto, una Chiesa
laddove una centrale; infine la carica sovversiva dell’idea cristiana esplode
attraverso un atto ardimentoso/gesto amorevole che cancella l’offesa/la
colpa, contro la legge umana che prevede la pena e contro gli ingranaggi
che stritolano il cop movie. Ferrara spiega: “Il perdono è più
cinematografico. La vendetta non conosce variazioni, nella sua forma non
23
Simone Romano, Intervista ad Abel Ferrara, in “La cosa vista”, n. 16-17, 1991, pag. 56.
15
c'è che una sola linea guida. Penso che sia un tema noioso. Il perdono è un
soggetto più interessante. Non sono io che ho messo il titolo «L'Angelo
della Vendetta» al mio film «Ms. 45». La sola idea della vendetta è un'idea
zoppa”
24
.
Il ‘penitente’ tenente è sgomento, sconvolto, poiché vede profilarsi la dura
necessità di calpestare la storia umana (che gli ha conferito la carica di
persecutore) ed ecclesiastica (che ha mistificato il messaggio del Cristo, che
ha falsificato i precetti del Vangelo).
Nondimeno sventra l’edificio della Chiesa e libera il Cristo-“Verità e
Vita”
25
di Kierkegaard, Nietzsche … Vattimo. D’altronde non c’è anastasis
(‘resurrezione’) senza anastasia (‘rovinamento’ nel senso di
‘sovvertimento’).
Lo sceneggiatore fidato - il cattolico osservante Nicholas St. John non può
partecipare all’impresa.
L’ideale della causa cristiana dilaga nel prosaico del genere
cinematografico, travolgendo il motivo dell’ossessione sessuale. A galla si
complicano e si confondono parola cristiana e desiderio sensuale: ancora
misticisimo erotico e/o erotismo mistico.
Ora una passeggiata lungo la via tracciata dal genere, ora una corsa lungo le
deviazioni orientate dalla Croce.
Il cinema contemporaneo gonfia e schianta l’ellissi: “[...] immagina e
racconta che cosa può essere successo ad Humphrey Bogart mentre si
24
Philippe Piazzo, Entretien Avec Abel Ferrara, in “Jeune Cinéma”, n. 203, ottobre-novembre
1990, pag. 21.
25
La Bibbia, Edizioni Paoline, Roma, 1983, (Gv 14, 1-6), pag. 1662.
16
sposta dal Rick’s Bar all’aereporto di Casablanca [...]. In questo vuoto
David Lynch organizzerebbe una Casablanca parallela [...], la strada
perduta dove arenare il viaggio in auto di Bogart sull’orlo della
carreggiata; David Cronenberg direbbe che Bogart e Bergman infine
fuggono insieme, perché l’amore morboso che entrambi provano per le
fusoliere degli aereoplani è più forte della fedeltà coniugale [...]”.
26
Ferrara non è sordo all’incitamento, raccoglie la provocazione ma allarga la
breccia per osservare l’oscillazione del desiderio all’occasione della scelta,
per fornire l’esegesi dell’azione.
Pertanto l’orrorifico (The Addiction) serve da sentenza condannatoria
all’irrefrenato impulso al Male e il metacinematografico (Snake Eyes) da
spiegazione lucida all’inestricato groviglio di Bene e Male.
La roccia coerente ferrariana affiora tanto dalle acque pacate del gusto
cinéphile (“Cassavetes corretto da Kubrick” ... “Certamente ci sono dei
cineasti che ci influenzano, certi a cui devo tutto ... Film muti, Godard,
Fassbinder... Ci sono più idee in una qualsiasi delle loro inquadrature di
quante Hollywood non ne trovi in 10 anni”
27
) quanto dal mare burrascoso
del personale bisogno, dell’intima convinzione (“Surrealismo, New York,
fine del XX secolo”
28
... “Mi ispiro altrettanto a ciò che leggo o vedo nella
strada. Un cineasta è un po' come un vampiro che divora tutto sempre.
Dopo si scarta”
29
).
Ma Ferrara tesse pure la morale dell’azione … Fear City fornisce un’utile
indicazione: dissuadendo Jack/Nicky dal ricorrere alla pistola, Tom/Matt
26
Silvio Danese, Abel Ferrara. L’anarchico e il cattolico, Recco, Le Mani, 1998, pag. 20.
27
Cédric Anger, L’esprit d’Abel, in “Cahiers du Cinéma”, n. 508, 1996.
28
Philippe Piazzo, Entretien Avec Abel Ferrara, in “Jeune Cinéma”, n. 203, ottobre-novembre
1990, pag. 19.
29
Cédric Anger, L’esprit d’Abel, in “Cahiers du Cinéma”, n. 508, 1996.