Teoria di riferimento
Lo sfondo teorico che permette un simile approccio nei confronti
delle passioni messe in discorso nei testi nasce dalla ricerca greimasiana,
iniziata a partire da una sintesi della narratività studiata da Propp e
proseguita con la messa a punto da una parte dello schema narrativo
canonico (Greimas, 1966) e dall’altra del percorso generativo del senso
(Greimas, 1979), capace di rendere conto dell’emersione del senso nei testi
attraverso un modello che tiene conto di livelli progressivi di astrazione
basati sia su una dimensione sintattica (che individua una grammatica
discorsiva di base generalizzata al livello successivo dalla grammatica
attanziale) che su una dimensione semantica, che partendo dai temi e dalle
figure individuate a livello testuale arriva a configurare un modello
costituito da opposizioni semantiche fondamentali rappresentabili nel
“quadrato semiotico”.
Il primo capitolo approfondirà tali questioni teoriche, facendo
chiarezza soprattutto su alcuni punti, principalmente grazie all’opera di
Greimas e all’apporto di Jacques Fontanille.
Il primo punto in questione riguarda il confronto tra lo studio testuale
dell’azione, il fare dei soggetti - ovvero la dimensione pragmatica - e
quello, molto più recente ed incompleto, della passione, inerente l’essere,
che definisce i soggetti di stato e che si situa su una dimensione timica del
discorso (cfr. 1.1), le cui implicazioni pongono una serie di problematiche.
Innanzitutto, la dimensione “timica” pare si pone apparentemente in
conflitto con un’altra dimensione costituiva del discorso: quella
“cognitiva”. L’opposizione classica tra aspetti cognitivi ed aspetti emotivi
viene superata da Greimas ricorrendo alla teoria fenomenologica della
percezione di Merleau-Ponty (cfr. 1.2), che chiama in causa la mediazione
del corpo nel rapporto del soggetto con il mondo. Il rapporto tra
esterocezione ed interocezione viene in altre parole mediato
preliminarmente dalla propriocezione, dal sentire del corpo, che in tal
modo contribuisce in maniera decisiva alla formazione delle figure del
pensiero.
Infine, un altro aspetto che pone un problema fondamentale è
rappresentato dal fatto che gli stati emotivi dei soggetti sono difficilmente
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categorizzabili. Mentre il fare sembra poter essere efficacemente suddiviso
in stati discreti individuabili nello schema narrativo canonico e il cui senso
ultimo è spiegabile dalla semantica fondamentale del percorso generativo,
l’essere dei soggetti pare resistere all’individuazione di una tale
discontinuità, essendo caratterizzato da fluttuazioni graduali che lo
pongono di volta in volta tra i termini dell’euforia e della disforia.
Vedremo (1.2.2) come Greimas e Fontanille siano in qualche modo stati
costretti a prefigurare, a monte della semantica fondamentale del percorso
generativo, un ulteriore livello di massima astrazione che rende conto
dell’articolazione della continuità passionale e delle modulazioni di
convocazione di quest’ultima nell’enunciato discorsivo.
Metodologia
Dopo aver posto le premesse teoriche fondamentali che individuano
il campo semiotico all’interno del quale diviene possibile analizzare le
passioni, prenderemo brevemente in esame quelli che sono gli strumenti
principali per una tale analisi testuale (1.3).
Da un punto di vista narrativo, verranno considerate caratteristiche
come il ruolo patemico (definito a partire dal ruolo tematico), le modalità
dell’essere e le aspettualizzazioni, che costituiscono quelle che Greimas
(1983) definisce “configurazioni passionali”, ovvero strutture discorsive,
individuate a partire sia dalle definizioni dei dizionari, sia dallo studio del
discorso letterario, costruite su una sintassi che prefigura una successione
sintagmatica di stati d’animo.
Di analoga importanza diviene al contempo l’analisi del piano
dell’espressione dei testi, specialmente di testi di tipo audiovisivo come
quello filmico. All’interno di testi che utilizzano più sostanze espressive, la
tensione tipica dell’emergere del senso passionale pare situarsi infatti sulla
presenza in superficie di opposizioni di tipo “plastico” e “semi-simbolico”
(Floch, 1995), responsabili della creazione di ulteriori livelli di
significazione che rimotivano il rapporto tra il piano dell’espressione e il
piano del contenuto.
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In ultima istanza, si esporrà in sintesi un contributo teorico di
Jacques Fontanille, il quale elabora un modello riassuntivo capace di
rendere conto dell’organizzazione della sequenza passionale all’interno
della sua realizzazione discorsiva (1.3.6). Lo “schema passionale canonico”
da egli proposto verrà applicato nel terzo capitolo su di un corpus di film
reso pertinente dalla breve disamina storica effettuata nel secondo capitolo.
Proprio nel secondo capitolo si introduce la nozione di “cinema
moderno”, a partire dal contributo dato dagli storici del cinema (Frodon,
Miccichè, Marie) nonché dai critici stessi (come Bazin) che, spesso prima
di diventare registi a loro volta (ed è il caso di Astruc, ma soprattutto di
Truffaut), attraverso i Cahiers du Cinéma hanno teorizzato un nucleo di
concetti cinematografici comuni che contraddistingue la “Nouvelle Vague”
propriamente detta, colta nella sua specificità all’interno della storia e dei
confini della Francia verso la fine degli anni Cinquanta.
Cercando di cogliere un tale processo nella sua fluidità storica, si è
deciso di prendere in esame (cap. 3) tre film della cosiddetta “Nouvelle
Vague”: Gli amanti (Les amants, di Louis Malle, 1958); Fino all’ultimo
respiro (A bout de souffle, di Jean-Luc Godard, 1960); Baci rubati (Baisers
volés, di François Truffaut, 1968). La scelta è puramente esemplificativa e
si sarebbero potuti prendere in considerazione anche altri lungometraggi,
tuttavia il suo criterio risponde all’esigenza di analizzare tre pellicole
ascrivibili rispettivamente ad una fase anticipatoria, in cui il boom della
“Nouvelle Vague” non era ancora ufficiale; alla fase di esplosione vera e
propria, di cui il lungometraggio di Godard rappresenta l’icona; infine, ad
una fase per certi versi “terminativa”, nella quale, per usare una metafora
politica, i rivoluzionari erano ormai giunti al potere ed il loro modo di fare
cinema era in qualche modo una nuova norma (cfr. Miccichè, 1972).
Per quanto riguarda le modalità di analisi di questi tre testi filmici,
verrà in primis proposta una sintetica analisi narrativa tramite
l’applicazione dello schema passionale canonico. Successivamente, per
ciascuno dei tre film si prenderanno brevemente in considerazione alcuni
aspetti riguardanti il piano dell’espressione, nel tentativo di rendere
pertinenti alcune opposizioni plastiche responsabili di sistemi di
significazione semi-simbolici e, in ultima analisi, dell’emersione dei
caratteri tensivi nella resa degli effetti di senso passionali.
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Partendo dalle nozioni espresse dalla “politique des auteurs” (2.2.2),
questo progetto si concluderà con un’analisi semiotica approfondita di un
lungometraggio ascrivibile al “cinema d’autore”, anche se cambierà sia la
nazionalità del regista sia il periodo storico. Bianca di Nanni Moretti è un
film italiano del 1983. Tuttavia, la sua pertinenza è data sia dal fatto che
l’influenza del “cinema moderno” può considerarsi, a quella data, tutt’altro
che terminata, sia dal fatto che difficilmente Nanni Moretti avrebbe potuto
fare il cineasta se i Bazin, gli Astruc e i Godard non avessero combattuto,
trent’anni prima, quella guerra per definire lo statuto e la conseguente
autonomia dell’auteur in campo cinematografico.
Lo sguardo del geloso messo in scena da Nanni Moretti (cap. 4)
verrà infine confrontato con una configurazione passionale simile filmata
dall’ultimo François Truffaut ne La signora della porta accanto (1981),
pellicola contemporanea a Bianca. Tale confronto non verterà sulle
differenze di stile tra i due registi, bensì sui differenti aspetti della gelosia
che verranno rappresentati, affrontati a partire dal punto di vista teorico
esposto da Greimas e Fontanille nell’ultimo capitolo del volume Semiotica
delle passioni.
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PRIMO CAPITOLO
LA SEMIOTICA DELLE PASSIONI
Molte questioni legate alla discorsività hanno portato la ricerca
semiotica ad interessarsi della dimensione passionale della significazione.
Nei primi anni Ottanta, Algirdas Julien Greimas, insigne linguista di origini
lituane e padre della semiotica generativa, considerava criticamente la
ferrea separazione che la semiotica si era imposta nei riguardi della
psicologia. Seppure questa scelta fosse necessaria, in passato, per formulare
un concetto di “attante” inteso come un agente libero da ogni
contaminazione psicologizzante, “oggi appare invece come un’arbitraria
limitazione metodologica l’assenza di strumenti di analisi quando si tratta
di affrontare sentimenti e passioni rappresentati nel discorso” (Greimas,
1983, trad. it. pag. 13).
La semiotica delle passioni si inserisce del resto in un percorso
all’interno del quale tutte le scienze umane e sociali riconsiderano con
interesse le problematiche legate all’affettività ed ai sentimenti. Emerge
infatti che le logiche sociali e culturali in generale, nonché le strategie
comunicative ed interpretative dei linguaggi, non prescindono affatto dalla
passionalità umana.
Analogamente, all’interno del campo semiotico, si giunge alla scelta
fondamentale di prospettare, accanto a quella cognitiva ed a quella
pragmatica, una terza dimensione del senso: quella patemica. Ed è a questo
punto che Greimas sente la necessità di reintegrare la sua ricerca semiotica,
mirata fino ad allora a spiegare, tramite il percorso generativo, le prime due
dimensioni del senso, con gli esiti delle problematiche passionali incontrate
nei discorsi.
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1.1 Dall’azione alla passione: la ricerca di Greimas
1.1.1 L’autonomia della sintassi narrativa
I risultati degli studi di Vladimir Propp sulla fiaba russa, tesi a
dimostrare l’esistenza di forme di organizzazione narrativa universali,
inducono Greimas (già nel 1966, con il volume Semantica strutturale) ad
elaborare un modello attanziale riassunto dallo schema narrativo canonico.
La grammatica narrativa di superficie, situata all’interno del percorso
generativo al livello meno profondo delle strutture semio-narrative,
condensa le trentuno funzioni di Propp nell’iterazione delle tre prove a cui
viene sottoposto l’eroe: quella qualificante, la prova decisiva ed infine
quella glorificante. La prova viene riconosciuta come un sintagma narrativo
ricorrente definito come performanza. Lo schema narrativo canonico
(manipolazione, competenza, performanza, conseguenza, sanzione)
individua inoltre una struttura contrattuale-manipolativa da cui scaturisce
un altro asse attanziale oltre a quello soggetto/oggetto: si tratta del rapporto
tra destinante e destinatario, il primo responsabile della manipolazione e
della sanzione finale, il secondo della competenza e della performanza. Il
contratto stabilito tra i due attanti fa sì che il destinatario-soggetto passi
attraverso una serie canonica di prove al termine della quale egli viene
retribuito (o sanzionato, dal punto di vista del destinante).
All’interno di questo schema le funzioni narrative vengono ad
assumere la forma di enunciati semplici di trasformazione (attinenti al fare)
e di giunzione (attinenti all’essere), interpretati come relazioni fra attanti.
La canonicità delle successioni di tali relazioni, manifestata a livello
discorsivo, costituisce appunto la narratività in forma di grammatica, ossia
di modelli organizzativi.
Un altro aspetto qualificante della sintassi narrativa è la distinzione
che vi si opera tra evento e azione: se quest’ultima dipende dal suo soggetto
essendone l’organizzazione del suo fare, il primo è la descrizione di questo
stesso fare da parte di un attante estraneo all’azione, l’osservatore. Ed è
proprio la distinzione fra attante-soggetto e attante-osservatore a rendere
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possibile l’interpretazione del fare come atto e dell’azione come
programma del fare (cfr. Pezzini, 1998, pag. 43). La comparsa nella teoria
di tale soggetto sintattico qualunque rende in ultima analisi autonoma la
sintassi narrativa, che trova in esso un elemento fungibile
all’interpretazione dei vari “fare” da parte di tutti gli attanti presenti nel
discorso.
1.1.2 L’esistenza semiotica del soggetto di stato
Un altro concetto fondamentale emerso nel processo di
approfondimento della teoria proppiana è la sua struttura polemico-
contrattuale: qualunque racconto sembra in effetti essere il racconto del
percorso di due soggetti che dispiegano le loro competenze in modo
parallelo ed opposto. L’introduzione di questa irriducibile dualità pone il
problema della circolazione degli oggetti di valore, tema al quale Greimas
dedica un saggio del 1973
1
(in Greimas, 1983, trad. it. pp. 17-44). Ciò
avviene perché la stessa definizione di soggetto e di oggetto si basa,
coerentemente all’assunzione secondo cui la semiotica non deve essere né
filosofia né soprattutto psicologia, sulla priorità della relazione che lega i
due termini piuttosto che sui termini stessi. Il soggetto può esistere
unicamente in relazione con l’oggetto ed il suo investimento semantico è il
valore che egli attribuisce all’oggetto con cui si trova in rapporto di
giunzione (congiunzione o disgiunzione).
La definizione topologica di racconto operata da Greimas, nonché il
riesame delle relazioni soggetto-oggetto a cui è stato portato, traduce
dunque la circolazione degli oggetti di valore, in termini di grammatica,
come una serie di trasferimenti dell’oggetto di valore, che viene a trovarsi
in congiunzione e in disgiunzione con i diversi soggetti implicati. I soggetti
in stato di giunzione con il loro oggetto di valore sono i cosiddetti soggetti
di stato.
1
« Un problema di semiotica narrativa : gli oggetti di valore », tratto da Langages, 31, 1973
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Il soggetto di stato va dunque ad affiancare, nel modello di
grammatica narrativa greimasiano, il soggetto del fare nella definizione di
soggetto in termini semiotici. Entrambi sono modi sintattici che a livello
discorsivo possono manifestarsi in unico attore.
Le problematiche inerenti alla “desiderabilità” degli oggetti e alla
maggiore o minore capacità dei soggetti di ottenerli (capacità tradotta
semioticamente in termini di competenza), pongono infine in evidenza la
necessità di elaborare un livello di modalità che, partendo dall’interno dei
processi discorsivi, sovradetermini sia i soggetti che gli oggetti.
1.1.3 Le modalizzazioni dell’essere
Le modalità fondamentali vengono individuate nei termini del
volere, del dovere, del potere e del sapere. Nella struttura sintattica
greimasiana, le modalità possono variamente distribuirsi all’interno
dell’enunciato narrativo. Esse possono concernere sia il soggetto che
l’oggetto, con l’importante differenza che laddove siano inerenti al
soggetto del fare andranno a costituire la sua competenza modale; laddove
riguardino invece l’oggetto, dato che solamente a partire dalla relazione
con esso si può definire il soggetto di stato, esse determineranno l’esistenza
modale del soggetto di stato stesso. Questa distinzione costituisce infine
l’ossatura di quelli che Greimas definisce dispositivi modali: si individuano
tre diverse serie di modalizzazioni:
- le modalizzazioni dell’enunciato determinate dalla mediazione del
suo predicato costitutivo (modalizzazioni accettate come
“modificatorie” anche nella linguistica classica);
- le modalizzazioni del soggetto del fare (competenza modale);
- infine, le modalizzazioni dell’oggetto che, ripercuotendosi sul
soggetto di stato, ne divengono le modalizzazioni dell’essere.
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