4fuori del tempo, lontani dalla quotidianità e dalla contemporaneità
vissuta dai bambini e dalle loro famiglie.
Ripercorrendo le tappe evolutive, che hanno caratterizzato
la trasformazione della famiglia, individuate in tre particolari
periodi storici: anni 50- 70- 90, è possibile evidenziare un
percorso che esprime cambiamenti nella tipologia, nella struttura,
nei modi di comunicare e nelle esigenze espresse della famiglia.
Esigenze, desideri, attese, riferite soprattutto alle attese
della famiglia nel suo rapporto con la scuola. Tali esigenze
emergono in un preciso contesto di routine quotidiana, in un
determinato “modo di vita”. Si tratta di una compenetrazione tra
aspetti culturali e bisogni individuali. L’educazione ha una
dimensione sociale, poiché esprime i bisogni peculiari di una
determinata cultura.
La famiglia intesa come soggetto collettivo nell’attuale
società complessa, esprime diversi bisogni da soddisfare, quali
sono?
Una certa tendenza a considerare il bene comune in
subordine rispetto al bene individuale ha ispirato i servizi che
hanno contribuito a sminuire il complesso simbolico della
famiglia, che invece rappresenta l’ideale positivo, ispiratore delle
politiche sociali.
La lettura della famiglia in situazione di dissoluzione e il
malessere di uno o più dei suoi componenti sono prevalenti nella
filosofia dei servizi, nel loro intervento sono portatori di passività
attraverso l’assistenzialismo.
5Dagli anni ”50 agli anni ”90 si è operata una
“pubblicizzazione” dei bisogni della famiglia e una
“privatizzazione” dei suoi valori, attraverso l’attuazione di
politiche indirette, sui singoli bisogni, politiche non legate alla
famiglia che perciò non vi è riconosciuta. Gli aiuti dati si possono
leggere come finalizzati a prestare sostegno in un ottica
individuale, dati non per incentivare un legame sociale, ma per
tacitare un singolo disagio.
Occorre una logica di famiglia-risorsa, sede di relazioni e
di cure, momento di educazione e solidarietà, esempio di
scambio intergenerazionale.
Le politiche sociali devono favorire la crescita della
funzione progettuale e gestionale della famiglia e considerarla
come interlocutore essenziale nello sviluppo delle politiche
stesse.
La risposta ai bisogni emergenti crea passività,
dipendenza, omologazione e appiattimento.
Oggi si parla di necessità di agire in modo che i servizi
aumentino il potere della famiglia, che le politiche sociali e i
servizi che ne derivano, trasformino la stessa da oggetto di cura
a soggetto di scelta e di gestione.
In ogni fase del suo ciclo di vita, un gruppo familiare, fa
fronte ai suoi compiti evolutivi avvalendosi della disponibilità di
risorse isituzionali messe in campo dalle varie agenzie sociali.
L’asilo nido, la scuola dell’infanzia e la scuola elementare
sono esempi particolarmente significativi a questo riguardo: è,
infatti, da tali agenzie che una famiglia con bambini in età
prescolare e scolare trae una parte non secondaria delle risorse
6necessarie per assolvere la funzione di cura, di allevamento e di
educazione della prole.
La storia di una famiglia è fisiologicamente caratterizzata
da costanti e continui processi adattivo-evolutivi: in essa le
agenzie sociali svolgono una funzione di facilitazione, di
sostegno, di mediazione.
I servizi educativi, rientrano negli interventi di facilitazione
ed implicano la competenza e l’impegno educativo dei genitori.
Importante è il ruolo giocato dalla scuola nella costruzione
dei rapporti tra insegnanti e genitori.
E’ necessario avviare una riflessione, un dibattito sulle
modalità di relazione che sono più funzionali alla creazione di
rapporti interpersonali tra scuola e famiglia, in un’ottica di
collaborazione, di reciprocità e di dialogo.
Una possibile lettura e interpretazione del materiale
bibliografico, evidenzia come gli interventi professionali degli
insegnanti siano strettamente collegati al loro modo di intendere
il ruolo della famiglia all’interno dell’istituzione scolastica.
La scuola ha il compito di non creare una frattura con la
famiglia e nel contempo non deve seguire logiche di
appropriazione del bambino.
Il bambino, nel momento in cui entra a scuola, non è una
proprietà dell’insegnante, e l’insegnante non ha il potere di
sapere ciò che bisogna fare per il bambino al di là di quello che
fanno le famiglie.
Condividere posizioni di complementarietà nei confronti
delle famiglie significa allontanarsi, perpetuare un rapporto di
silenzio e di dipendenza della famiglia nei confronti della scuola.
7La cultura famigliare è una cultura di dipendenza
complementare vale a dire che le famiglie hanno preferito o forse
sono state costrette ad assumere atteggiamenti di non
protagonismo vivendo un senso di impotenza totale nei confronti
della scuola.
Occorre che la scuola sviluppi una riflessione puntuale,
sulle modalità di rapporto con i genitori; questi ultimi, in effetti,
non possono essere considerati semplicemente dei clienti, bensì
dei partner che possono dare un contributo rilevante al processo
formativo dei giovani.
Il genitore concepito come cliente dipende da opinioni dei
cosiddetti “esperti” è passivo verso le proposte della scuola e
spesso è considerato anche inadeguato rispetto all’educazione
dei suoi figli.
Al genitore inteso come partner si chiede di partecipare
all’elaborazione del progetto educativo generale della scuola e di
essere coinvolto nelle decisioni riguardanti suo figlio, sulla base
della convinzione che lui, più di ogni altro, è in grado di
conoscerne le difficoltà e i bisogni. Quindi si tratta di una
relazione attiva quella che considera la famiglia come
risorsa/partner e rende possibile un coinvolgimento e una
partecipazione reale della famiglia al contesto scolastico.
Ovviamente questo non può comportare in alcun caso
un’interferenza sulle scelte didattiche, che restano comunque di
esclusiva competenza degli insegnanti.
E’ di estrema importanza prevedere un progetto di
formazione in servizio per i docenti, al fine di fare acquisire agli
insegnanti una reale capacità di ascolto, partendo proprio dalle
8loro competenze e dalle loro concezioni inerenti alle relazioni
personali.
La famiglia è un’organismo straordinario ed estremamente
importante nell’educazione e nella formazione del bambino che
ha pari dignità se non superiore a quella della scuola.
Assumere questo atteggiamento significa capire
l’importanza che ha il sapere ascoltare le famiglie.
L’ascolto attiva una sospensione del giudizio e induce
l’altro a parlare, si struttura una relazione più democratica dove il
timore è sostituito dalla libertà di parlare nel piacere di
collaborare e occupare un posto di grande rilievo e importanza
all’interno dell’ambito scolastico.
Porsi in una situazione di ascolto è un cammino che deve
essere scoperto, che deve essere appreso da parte della scuola
e da parte delle famiglie.
Occorre strutturare un clima di fiducia, di rispetto, di
collaborazione e lasciar cadere ogni forma di “cultura del
sospetto” che per lungo tempo ha caratterizzato il rapporto tra
scuola e famiglia.
Il prezioso intervento della scuola all’interno
dell’attuale società deve essere un contributo per migliorare
la qualità della vita, per sostenere un equilibrio dinamico fra
le generazioni, in un ottica di alleanza, di solidarietà, di
reciprocità con la famiglia.
9In generale, occorre garantire alla famiglia una
partecipazione e cogestione delle scelte sociali significative,
perché diventi protagonista del suo vissuto.
La nostra società sta diventando il campo di una
rivoluzione nelle relazioni generazionali che produce
sconvolgimenti senza precedenti. In superficie essa si manifesta
come crisi comunicativa e d’identità nei ruoli di genitore e di
figlio, la quale varia in base all’età, al sesso, alle diverse fasi del
ciclo di vita familiare.
Ma bisogna saper vedere il processo nei suoi termini più
ampi e di lungo periodo: il malessere interno alla famiglia italiana
non è solamente un fatto privato ma è un fatto pubblico in quanto
è il prodotto del venire meno -sia nel privato che nel pubblico- dei
confini che sino a ieri definivano le distanze, così come i
passaggi e le solidarietà, fra le generazioni.
Si tratta di una rivoluzione che rende intrinsecamente
problematiche le relazioni attraverso cui le generazioni
dovrebbero attuare la loro “conversazione”, fatta di reciprocità
“comunitaria”.
Donati intende per “sorgente generazionale” il fatto che
persone e coppie si vivano con un’apertura spirituale e culturale
al senso della continuità generazionale, propria e altrui,
manifestata con impegni e azioni concrete. Ci sono persone e
coppie senza figli che praticano in modo stupendo il senso
generazionale della vita e della famiglia e ci sono persone e
coppie con figli che non li hanno mai veramente generati.
10
Riconoscere le generazioni vuol dire osservare la società
come società di famiglie, non solo come società di individui. Si
richiede un punto di vista relazionale.
Ecco che l’intervento della scuola deve inserirsi in un’ottica
di promozione e facilitazione della vita familiare e di legame fra le
generazioni, al fine di aiutare i vari soggetti a gestire le proprie
relazioni inter-generazionali.
Ho realizzato e condotto un indagine presso una Scuola
dell’Infanzia del Comune di Parma, nell’intento di raccogliere i
pensieri e le idee dei genitori in relazione alla loro esperienza di
partecipazione alla vita scolastica.
Attraverso la tecnica dell’intervista i genitori hanno fornito,
con le loro risposte, un prezioso contributo per riflettere ed
approfondire i livelli di interazione e scambio fra scuola e
famiglia.
In una società complessa, come quella attuale, in cui le
diversità tendono a divenire maggiori rispetto alle uguaglianze, è
estremamente importante per gli educatori scolastici il fatto di
conoscere, riconoscere e capire le differenze socio-culturali.
Altrimenti si corre il rischio di attuare programmi normativi
non rispettosi delle varietà di culture dai quali i bambini
provengono.
E’ un impegno necessario che la scuola oggi deve
assumere in un contesto di diversità e molteplicità che
caratterizza la famiglia del terzo millennio.