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che danza sotto ipnosi, Hugo von Hoffmansthal a colloquio con Ruth
St. Denis), la danza libera si è rivelata non un ‘fuoco
dionisiaco’innescato da tendenze irrazionalistiche all’interno della
cultura europea ma l’apparizione organica e dalle affascinanti
sfumature di un lungo percorso meditato e iniziato già nell’Ottocento.
Il caso di Isadora Duncan è esemplare: presentata già da Curt
Sachs, nel suo fondamentale studio degli anni ’30 che risente
comunque dell’impostazione dell’autore e della sua tesi fondamentale
della danza ’vita a un grado più elevato’, come la più rappresentativa
esponente di una generazione, che tornava a interrogarsi sui valori
espressivi dell’arte coreutica, la sua figura ha spesso incarnato, non
tanto l’iniziatrice di un nuovo genere artistico, quanto la capostipite di
una rivolta contro la danza classica in favore della ricerca di una
nuova armonia del danzatore con le forze della natura, in un’utopica,
di cui lei stessa si rendeva conto, rinascita della cultura greca:
Isadora Duncan, e non citeremo che questo
nome, infonde nuova vita alle statue greche. Ella libera
l’antica danza ellenica dalla rigidità delle sculture e dal
sonno dei musei. Guidata dal suo sapere e dalla sua
sensibilità, rianima il movimento e il ritmo, fermati in
un calmo incantesimo dagli antichi scultori.
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Alla Duncan, comunque, nonostante l’ammirazione che da
sempre suscita la sua figura è sempre stata negata un ruolo di teorica
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Sachs Curt, Eine Weltgeschichte des Tanzes, (1933); tr. it. Storia della danza, Milano, Il
Saggiatore, 1994, p.482.
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consapevole, ruolo che si preferisce attribuire ad autori come Laban e
Dalcroze.
Morta l’artista e il mondo cui gravitava, la sua figura si è presto
ammantata di un alone di santità, alimentando il mito struggente della
donna che danza in ricordo degli dei, che di certo non ha aiutato a
comprendere il suo ruolo di teorica e pensatrice.
L’apparizione della biografia della danzatrice da parte
dell’amico Victor Seroff, negli anni ’70, ha gettato luce sulla vita, che
in ogni caso rimane quella di una persona assolutamente
anticonvenzionale, portando a interrogarsi sull’origine della sua arte e
scoprendo la Duncan come la punta di diamante del movimento
sociale nato nell’Ottocento nel continente americano, chiamato
delsartismo.
Attraverso l’analisi della filiazione americana dell’estetologo
francese François Delsarte, la danza libera americana, appare
finalmente come un approdo compiuto e Ruth St.Denis e la Duncan
non delle pioniere ma delle affascinanti colonizzatrici ‘loro malgrado’
del vecchio continente, esponenti di un paese che comincia a liberarsi
dal suo isolazionismo, a comprendere non solo di essere divenuto
maturo ma di aver qualcosa (o meglio molto) da dire e da donare.
Fu il territorio del New England, a rielaborare coscientemente
in forma artistica e come progetto culturale le aspirazioni della
giovane nazione e di lì vennero i vagiti della neonata arte coreutica.
Se i primi allievi di Delsarte furono attori e oratori e velarono le
loro teorie del recupero della fisicità, sarà Genevive Stebbins,
sposando Delsarte e l’espressività all’educazione femminile, ad aprire
una nuova epoca, difficilmente comprensibile dai tradizionali
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parametri europei che guardano all’arte ottocentesca come lotta
titanica dell’artista all’interno della società.
L’America, al contrario cerca un’arte ‘sociale’, un mezzo di
educazione attraverso la riformulazione dell’artista e dell’arte, che
corrano paralleli a un mondo che, tramontato l’elitarismo aristocratico,
si avvia, non senza fratture e intuendone i pericoli, al culto
dell’individualismo, dando la possibilità ad ognuno, almeno in
potenza, di divenire ‘re’.
Come già i maggiori pensatori del trascendentalismo, il
movimento nato a Boston e che svilupperà il pensiero americano,
prima di cedere le forze dagli anni ’70 a New York e all’Ovest, la
Stebbins comprese che se la società voleva prosperare, l’uomo non
doveva divenire padrone del mondo ma padrone di se stesso.
La saggezza trascendentalista fu messa in pratica
nell’educazione femminile, il corpo e la mente della donna il banco di
prova di un liberalismo che per essere vero doveva essere per tutti.
Il delsartismo non fu, almeno negli ideali della creatrice, un
movimento di rivendicazione o emancipazione femminista.
Posto dal trascendentalismo l’inalienabile valore dell’uomo e
della sua natura, il delsartismo cercò una via femminile, non
femminista, al sapere e alla conoscenza del sé. Che la conoscenza del
sé in versione femminile dovesse passare attraverso la rivalutazione
del corpo era un passo probabilmente inevitabile.
Rielaborando educazione fisica, lo studio di Delsarte ed aspetti
estetici e ideologici, già formulati dai maggiori autori
trascendendentalisti, la Stebbins crea la ‘ginnastica estetica’, che si
rivela metodo efficace e apprezzato per l’educazione della giovane
donna americana, senza preclusioni di indirizzi religiosi e politici.
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La riqualificazione delle facoltà psichiche e organiche della
donna portate dal metodo della Stebbins, di certo risvegliò, non istigò,
un discorso femminile di emancipazione che liberasse la femminilità
dai ruoli tradizionali quali casa e educazione dei figli.
Che il delsartismo sposato all’educazione femminile non fosse
un movimento di rivendicazione spiega perché l’allieva Mensedieck
possa estrapolarne elementi (con un’operazione nello stesso tempo
fondata su un'aberrazione e una voluta manipolazione) e avvicinarlo
all’educazione corporale femminile della donna tedesca, creando un
metodo di nuovo di grande successo.
Ma il delsartismo fu anche un movimento artistico-teatrale,
organizzato e lucido, che almeno, nell’impostazione generale si
rivelerà proficuo ben oltre il periodo di massima fioritura dagli anni
’70 agli anni ’90, gli anni in cui l’apprendono Isadora Duncan e Ruth
Saint Denis, con una proposta di temi quali la religiosità, il ritorno
all’antico, il sentimento della vita come ciclo naturale, filtrati
dall’estetica romantica-trascendentalista che da Isadora Duncan a
Doris Humphrey si riveleranno una limpida sorgente cui attingere.
Recentemente rivelata l’importanza dell’opera della Stebbins,
come teorica ed educatrice, la Duncan e la St.Denis, appaiono più
correttamente, non le iniziatrici di una nuova era della danza, ma il
legato tra l’Ottocento e il nuovo secolo.
Il delsartismo, verso la fine del secolo furoreggia in America,
tramite proposte artistiche, nello stesso tempo eleganti e
‘democraticamente’ alla portata di tutti, che non abbisognano di
grandi dispendi economici. Spettacoli semplici e facilmente
riproducibili fondati sulla visualizzazione gestuale dei contenuti
narrativi di poesie, novelle, racconti.
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Isadora Duncan emerge dal rigoroso mondo delsartista come
una personalità esplosiva e coinvolgente.
Abbandona con la famiglia la natia California e si dirige a New
York, da dove il delsartismo è nato. Pur sempre vicina all’ideologia di
cui è permeato il movimento, supera la ieratica gestualità delsartista, e
ispirandosi al cinetismo perpetuo della musica e della natura, imprime
alla danza un ritmo e un’estatica magia che la riallaccia alle tendenze
estetiche più avanzate di Emerson che con il saggio ‘The Poet’ aveva
teorizzato una profonda linea poetica, fondata sul precetto romantico
del poeta capace di creare opere grazie al disvelamento delle
dinamiche stesse della natura.
Se il pubblico americano reagirà con fastidio alle nuove danze
di Isadora, l’Europa, che sta sperimentando nuove soluzioni teatrali
fondate sul concetto di ritmo ‘ come manifestazione di vita’ e che la
Duncan raggiunge a inizio secolo, si entusiasmerà, facendo di Isadora
un’eroina, un artista capace di coniugare istinto, forza, umanità e un
pizzico di delicata sensualità.
Per lei si appassionano Rodin, Gordon Craig, in Russia
Stanislavskij, Fokine, Golovin che come già Levinson e Marinetti,
comprende la grande dote di Isadora ‘l’evocare forme plastiche’, il
rendere organico e pulsante lo spazio vuoto del teatro.
La performance solista, il trarre dall’interiorità l’intensità del
mondo esterno, il marchio di fabbrica degli spettacoli di Isadora che
eludono tutte le logiche spettacolari e pompose dell’arte coreutica
europea cui la danzatrice contrappone la nuova sensibilità americana,
amante dei grandi spazi aperti:
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E questa danza, che si è chiamata “greca”, è
dall’America che è sorta, è la danza dell’America futura.
Tutti questi movimenti donde sono venuti ? Sono usciti
dalla grande natura dell’America, dalla Sierra Nevada,
dall’Oceano Pacifico che bagna le coste della California,
dai vasti spazi delle Montagne Rocciose, dalla vallata di
Yosemite, dalle cascate del Niagara.
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Il delsartismo non nato come rivolta alla danza classica fu una
spontanea e intelligente ricerca di un’arte americana. Il balletto
esisteva in America e stava prendendo sempre più piede. Gli artisti
americani reagirono cercando soluzioni più consone allo spirito
nazionale. La danza classica, profondamente in crisi a inizio secolo,
saprà ritrovare una nuova veste anche grazie alle conquiste della
libera.
La ricerca di un mezzo artistico fondato sull’espressività liberò
le potenzialità insite nell’anima umana. La tensione tra il mondo del
singolo e la società, le aspirazioni personali e il mondo organizzato
che il delsartismo( seppur timidamente), la Duncan e la St. Denis
ereditano dal trascendentalismo e che danza libera trapassa alla
moderna, favoriranno le apparizioni di stili personali, i cui maggiori
appaiono quelli di Martha Graham e Doris Humphrey.
Mettendo al centro delle proprie ricerche non la pura forma, ma
l’Uomo, la cui essenza immutabile accomuna ogni individuo, i
danzatori americani, come i contemporanei architetti Sullivan e
Wright, scoprirono nell’organizzazione organica che dall’interno
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Duncan Isadora, My life, (1928); tr.it. La mia vita, Roma, Audino, 2003, p.173.
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s’espande verso il mondo, l’unica organizzazione formale degna della
democrazia americana.
Ho cercato di seguire la nascita di tale credo percorrendo il
grande tema che accomuna questi autori, il divenire della vita
paragonato a una danza, e che ha sancito la vitalità e la ricchezza dei
fenomeni danza libera e moderna durante tutta la prima metà del
secolo XX.
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CAPITOLO 1
ISADORA DUNCAN E LA CULTURA AMERICANA
OTTOCENTESCA
I.1.Linee generali delle fonti
Le ‘Lettere dalla danza’, la raccolta degli scritti con cui Isadora
Duncan lascia ai posteri l’unico documento autentico per cogliere la
sua avventura di danzatrice, troppo presto cancellata dalla storia per
divenire una figura mitica, furono presentati nel 1928, 3 anni dopo la
morte della danzatrice californiana e comprendono, nella versione
originale pubblicata a New York dalla ‘Theatre Arts Monthly’, 8
sezioni, così suddivise:
La danza del futuro, Il mito greco, Il movimento, vita del corpo
e della natura, Lo spirito della danza, Musica e danza, Pedagogia della
danza, Il sogno sovietico, America che include frammenti di discorsi
da tenere in pubblico, articoli, lettere indirizzate alle allieve.
Pur esigui e generalmente guastati nella scrittura dalla
mancanza d’ordine logico, sovrastati dall’uso di un linguaggio
metaforico e visionario, rivelano una Duncan attenta a riflettere sulla
natura della propria arte più dal punto di vista estetico che pratico.
Se sulla scena la sua arte era spontanea ed armoniosa quasi al
limite del dimesso, la sua concezione della danza si nutre del pensiero
e dell’opera di innumerevoli artisti e pensatori , che rielabora in
maniera del tutto personale e originale, fino a concepire la danza
come immagine della natura colta nella sua veste spirituale.