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INTRODUZIONE
Oggetto della presente indagine è l‟analisi dei rapporti tra
l‟ordinamento comunitario e l‟ordinamento nazionale.
È necessario precisare che la costruzione di un ordinamento
giuridico europeo – tuttora in itinere – è frutto di un processo
graduale, iniziato nel 1957 con la firma a Roma dei Trattati istitutivi
della CEE (Comunità economica europea) e dell‟EURATOM.
Tuttavia, tale percorso non può ancora considerarsi concluso.
Un primo arresto dell‟integrazione europea si era verificato con la
bocciatura del Trattato costituzionale da parte della Francia e dei
Paesi Bassi
1
.
In seguito al vertice di Bruxelles del giugno 2007 si era però arrivati
ad un nuovo accordo che si era concretato nella firma del Trattato di
Lisbona il 13 dicembre 2007
2
.
Anche in questo caso il sistema referendario era stato foriero di un
blocco nell‟evolversi del processo di integrazione comunitaria, in
virtù del no dell‟Irlanda.
1
Il processo di ratifica si è infatti interrotto quando il 54,7 % dell‟elettorato francese ha scelto
di non sottoscrivere il Trattato. Tramite referendum si è espressa anche l‟Olanda, attestandosi
anch‟essa su posizioni negative rispetto all‟entrata in vigore del Trattato.
2
L‟obiettivo, di fatto poi rimasto sulla carta, era di farlo entrare in vigore prima delle elezioni
europee del 2009.
2
In un secondo momento, con il referendum del 2 ottobre 2009, il
popolo irlandese aveva modificato la propria scelta, permettendo
dunque l‟entrata in vigore del Trattato di Lisbona il 1° dicembre
2009.
La ricostruzione delle fasi della costruzione dell‟Unione –
naturalmente del tutto sommaria in virtù del differente tema di
trattazione – è comunque necessaria per capire la complessità dei
rapporti in questione.
Entrando nel vivo dell‟elaborato, occorre precisare che
l‟esposizione si suddivide in quattro capitoli, ai quali corrispondono
altrettante aree tematiche: nel primo capitolo, è stata presa in
considerazione la giurisprudenza della Corte costituzionale relativa
ai rapporti con l‟ordinamento dell‟Unione europea.
A tal proposito, si segnala fin da ora come la Consulta abbia seguito
trend non univoci, assestandosi poi su posizioni chiare a partire
dalla sent. n. 170 del 1984 (c.d. sentenza La Pergola).
Non si può non evidenziare un vizio di fondo, ovvero la
ratificazione del Trattato che istituisce la Comunità europea con
legge ordinaria invece che con una legge costituzionale
3
.
Ragioni di carattere politico hanno sicuramente influenzato la
successiva scelta della Corte costituzionale di ancorare all‟art. 11 il
3
Durante l‟Assemblea costituente venne presentato l‟emendamento Lussu, volto a includere
nell‟art. 11 della Costituzione un riferimento ad eventuali organizzazioni europee; ma esso
andò incontro ad una bocciatura.
3
fondamento del primato del diritto comunitario su quello nazionale;
il rischio era quello di subire l‟esclusione dall‟Unione e
dall‟integrazione che si andava instaurando tra gli Stati membri:
soluzione accompagnata da seri dubbi di legittimità per una serie di
motivazioni che verranno in seguito specificate.
In particolare, ci si soffermerà sulla elaborazione, ricostruzione e
metamorfosi della categoria dei controlimiti, vera e propria pietra
angolare dello studio de quo
4
.
La trattazione proseguirà poi – nel secondo capitolo – con il
centrale tema del rapporto tra la Corte costituzionale e la Corte di
giustizia della Comunità europea, il quale − proprio recentemente −
sembra evolversi nel senso di una maggiore apertura al dialogo
grazie all‟ordinanza dei giudici costituzionali n. 103 del 2008.
In questa, per la prima volta, la Consulta ammette l‟esperibilità del
rinvio pregiudiziale ex art. 234 TCE, sia pure solo con riferimento
alle questioni sollevate in via principale.
Definito da autorevole dottrina uno “strumento di preziosa
collaborazione”
5
, il rinvio in questione rappresenta – come poi si
preciserà in seguito – la chiave di volta dei rapporti
4
Essi si identificano con <<quei principi supremi che appartengono all‟essenza dei valori
supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana e che non potrebbero essere sovvertiti o
modificati neppure da leggi costituzionali>> (Corte cost., sentenza n. 1146 del 15 dicembre
1988). Si fa riferimento, ad esempio, ai diritti inalienabili della persona umana.
5
U. VILLANI, I “controlimiti” nei rapporti tra diritto comunitario e diritto italiano, in Studi
in onore di Vincenzo Starace, Napoli, 2008.
4
interordinamentali, in una prospettiva di piena tutela dei diritti
fondamentali del nostro ordinamento.
Con l‟avvertenza che di “controlimiti” veri e propri si parla solo
con riferimento ai rapporti tra Unione europea e ordinamento
interno, si passerà poi all‟analisi del rapporto tra la Corte
costituzionale e la Corte europea dei diritti dell‟uomo, necessaria
per comprendere pienamente l‟importanza di una comunicazione di
tipo dialogico tra le Corti.
In materia, particolarmente significative sono le sentenze della
Corte costituzionale nn. 348 e 349 del 2007, le quali riconoscono
che le norme CEDU hanno il valore di integrazione del parametro
costituzionale ex art. 117 Cost.; si segnalano, inoltre, fin da ora, le
sentenze nn. 311 e 317 del 2009.
Infine, il quarto capitolo è dedicato all‟analisi dei rapporti tra le
Corti europee di altri Stati membri e l‟ordinamento comunitario.
Diverse sono le posizioni degli Stati membri rispetto al problema
dei rapporti interordinamentali; tuttavia, è certo che il confronto non
può che essere uno stimolo alla crescita dell‟integrazione,
favorendo un‟interazione produttiva tra le giurisdizioni europee e
quelle nazionali
6
.
6
Così F. BALAGUER CALLEJÒN, Le Corti costituzionali e il processo di integrazione
europea,Relazione al convegno annuale organizzato dall‟Associazione italiana costituzionalisti
del 2006, La circolazione dei modelli e delle tecniche del giudizio di costituzionalità in
Europa, in www.associazionedeicostituzionalisti.it.
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CAPITOLO I
I RAPPORTI CON L’ORDINAMENTO COMUNITARIO
NELL’EVOLUZIONE DELLA GIURISPRUDENZA
COSTITUZIONALE
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1. Il cammino comunitario della Corte Costituzionale
italiana.
L‟ordinamento comunitario, per quanto sui generis e non
riconducibile tout court ad un sistema federale, ha una sua
completezza istituzionale e un‟idoneità a fare anche dei singoli
individui, e non soltanto degli Stati membri, i destinatari delle sue
fonti: ciò gli permette di differenziarsi da qualsiasi altra
organizzazione internazionale a causa dell‟avanzato processo di
integrazione con gli ordinamenti degli Stati membri.
Tuttavia, il problema maggiore dei rapporti interordinamentali
risiede proprio nell‟esistenza di due ordinamenti, quello nazionale e
quello comunitario, destinati ad interagire costantemente alla luce
dell‟obiettivo fissato dai Trattati istitutivi: la piena integrazione tra
gli Stati Membri dell‟Unione europea.
Nel quadro di una pluralità di ordinamenti, i conflitti normativi tra
questi sono inevitabili; ciò che è richiesto, in effetti, ad un sistema
giuridico non è tanto l‟assenza di conflitti, quanto l‟esistenza di
principi e criteri che rendano possibili la soluzione di tali conflitti.
7
Va sottolineato, infatti, come il rapporto tra le fonti comunitarie e le
fonti interne abbia creato non pochi problemi agli interpreti
7
, sorti –
fondamentalmente − al momento dell‟esecuzione dei trattati
istitutivi; esecuzione avvenuta con legge ordinaria e non tramite
legge costituzionale, diversamente da quanto è accaduto in altri
Paesi.
Fondamentale, in quello che è stato efficacemente definito il
cammino comunitario del nostro Paese
8
, è stato il ruolo della
giurisprudenza costituzionale.
Le pronunce della Corte hanno evidenziato un passaggio da
un‟iniziale diffidenza nei confronti delle posizioni comunitarie
all‟attuale accettazione della prevalenza del diritto comunitario su
quello interno
9
: più precisamente, si è giunti così al riconoscimento
della supremazia del diritto comunitario e l‟efficacia delle sue fonti
derivate – dai regolamenti alle direttive e alle sentenze
7
Si segnalano, tra gli altri, A. RUGGERI, Continuo e discontinuo nella giurisprudenza
costituzionale a partire dalla sent. n. 170 del 1984, in tema di rapporti tra ordinamento
comunitario e ordinamento interno: dalla teoria della separazione alla prassi della
integrazione sistemica?, in Giur. cost., 1991, p. 1583 ss.; M. CARTABIA-M. LUCIANI, Note
sui rapporti fra Costituzioni nazionali e integrazione sopranazionale nella giurisprudenza dei
tribunali costituzionali europei, in Dir. Pubbl. 1995; G. ZAGREBELSKY, Il sistema
costituzionale delle fonti del diritto, Torino 1984; V. CRISAFULLI, Lezioni di diritto
costituzionale, II, Le fonti normative, Padova 1984; T. MARTINES, Istituzioni di diritto
pubblico, a cura di L. Ventura, Milano 1999; P. RESCIGNO, Corso di diritto pubblico
1999/2000; R. BIN-G. PITRUZZELLA, Diritto costituzionale, Torino 2000.
8
P. BARILE, Il cammino comunitario della Corte, in Giur. cost., 1973, p. 2406 ss.
9
La dottrina ha suddiviso l‟evoluzione del rapporto tra ordinamento comunitario e
ordinamento interno operata dalla Corte Costituzionale in tre fasi. Sul punto, F.
SORRENTINO, Profili costituzionali dell‟integrazione comunitaria, Torino, 1996, 5 ss.,
secondo il quale la prima fase inizierebbe con la sent. n. 14 del 1964; la seconda, con la sent. n.
183 del 1973; la terza, con la sent. n. 170 del 1984 e non si sarebbe ancora conclusa.
8
interpretative della Corte di Giustizia – con prevalenza di queste
ultime sulle fonti del diritto interno confliggenti con esse, in tutte le
materie riservate alla competenza della Comunità europea dai
Trattati istitutivi.
1.1 La copertura costituzionale delle fonti comunitarie.
La Corte di giustizia è pervenuta fin da subito all‟affermazione
della prevalenza delle norme comunitarie sulle norme nazionali,
come riconoscimento complementare a quello relativo all‟effetto
diretto. Invece, in origine l‟orientamento della Corte Costituzionale
era nettamente contrastante con quello della Corte di giustizia, ma
nel corso degli anni la posizione del nostro supremo giudice
nazionale si è progressivamente avvicinata a quella del giudice
comunitario.
In un primo momento, la Corte costituzionale - con la sent. n. 14 del
1964
10
– aveva configurato un sistema basato sulla parità tra le fonti
primarie nazionali e le fonti comunitarie. Da un lato, i regolamenti e
le norme self-executing prevalevano su norme interne precedenti
che fossero incompatibili con essi, mentre, dall‟altro, le norme
10
Corte cost., sent. 24 febbraio 1964, n. 14, in Giur. cost., 1964, p. 129 ss.
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comunitarie potevano essere superate da norme legislative interne
posteriori.
Il problema fu sollevato nei primi anni sessanta, quando la legge
italiana di nazionalizzazione dell‟energia elettrica fu contestata
dinanzi al giudice conciliatore di Milano, sotto il duplice profilo
della incompatibilità con la Costituzione e con il diritto
comunitario.
La Corte Costituzionale, nella sentenza Costa c. ENEL, affermò che
le disposizioni comunitarie non avevano un‟efficacia superiore a
quella della legge ordinaria, considerato che i Trattati erano stati
resi esecutivi con legge ordinaria. Pertanto, il contrasto tra norme di
pari rango andava risolto sulla base del principio della successione
delle leggi nel tempo, con la conseguenza che la compatibilità della
legge interna sulla nazionalizzazione dell‟energia elettrica con il
Trattato non andava neppure verificata, dovendosi applicare la
norma nazionale in quanto successiva alla norma comunitaria.
In altri termini, poiché si trattava di atti (legge di esecuzione e leggi
comuni sopravvenienti e incompatibili con il diritto comunitario)
aventi pari rango nella gerarchia delle fonti, veniva utilizzato il
canone della lex posterior.
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Cfr. sent. n. 14/64, punto 6 del cons. in dir: <<non vale, infine, l'altro argomento secondo cui
lo Stato, una volta che abbia fatto adesione a limitazioni della propria sovranità, ove volesse
riprendere la sua libertà d'azione, non potrebbe evitare che la legge, con cui tale atteggiamento
si concreta, incorra nel vizio di incostituzionalità. Contro tale tesi stanno le considerazioni ora