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INTRODUZIONE
Alla base dello studio di questa tesi vi è l’analisi della condizione femminile nelle questioni per la
conquista del divorzio nel periodo compreso tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni
Settanta. L’elaborato vuole proporre una chiave di lettura di tale fenomeno e di come esso viene
raccontato attraverso i giornali di quell’epoca.
Si compone di tre capitoli che descrivono il cambiamento e l’evoluzione della società italiana non
solo dal punto di vista politico ed economico ma anche e soprattutto da quello sociale e culturale.
Nel dopoguerra l’Italia ha una nuova realtà che propone immagini, idee e modelli di
comportamento, ispirati al consumismo: lavatrici, frigoriferi, aspirapolveri e televisori irrompono
con velocità nelle case degli italiani. La nuova società capitalistica che si ispira all’ esempio fornito
dall’ American way of life.
Le donne, in questo contesto, sono le principali protagoniste del consumismo: sono loro che
diventano lo strumento essenziale di questa società, che altrimenti non potrebbe esistere. Le
casalinghe, in particolare, sono le principali destinatarie del messaggio consumistico. Dietro la
grande attività di mercificazione, c’è una forte campagna di promozione non solo dei beni di
consumo ma anche del tipo di donna a cui aspirare, tutta tacchi e sorriso che si occupa di faccende
domestiche. Ma credere di trovare la felicità nel solo perimetro domestico è stato un grande
sbaglio: l’abbandono sempre più massiccio del lavoro da parte di queste, porta la società a essere
maggiormente macchiata del peccato patriarcale che voleva l’uomo sempre più padrone e la donna
sempre più subordinata. Quest’ultima, dietro una vita apparentemente agiata e confortevole,
nascondeva una condizione di disagio esistenziale, di frustrazione.
Sono gli scritti come quelli di Betty Friedan con La mistica della femminilità e di Simon De
Beauvoir con Il secondo sesso a raggiungere le lettrici italiane e a imporsi come opere impegnate a
dare un impulso alle donne, a destarle da quel sonno che da sempre le rendeva inermi e incapaci di
agire.
Tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi degli anni Settanta si sviluppa un’autocoscienza che porta
le donne a rivendicare i loro diritti e a uscire da quelle che Fiamma Lussana definisce «gabbie
dorate». Sono questi gli anni della contestazione che coinvolge non solo studenti e operai ma anche
molte giovani che cominciano a rifiutare questa società del benessere e del capitalismo; si
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sviluppano, così, diverse associazioni e gruppi di rivolta: nascono, dunque, i movimenti femministi
degli anni Settanta, chiamati «neofemminismi». Si comincia a parlare di parità dei sessi, di pari
opportunità lavorative e a poco a poco arrivano a un nuovo e profondo cambiamento della
concezione del ruolo femminile nella società.
Il movimento femminista si ritiene libero da qualunque appartenenza ai partiti; l’unica forma di
aggregazione sono i collettivi, gruppi di donne che si riuniscono per discutere e confrontarsi su
questioni e tematiche sempre diverse, attuali e quotidiane. Cresce nelle donne una forte esigenza di
un impegno sociale e politico che, giorno dopo giorno, le porta a raggiungere degli obiettivi
importantissimi come la legge sul divorzio che, finalmente, libere nel diritto di scelta, hanno la
possibilità di uscire da situazioni coniugali di violenza e di sopraffazione. Il secondo capitolo di
questa tesi affronta la storia della legge sul divorzio dal 1965, anno che vede nascere la proposta di
legge da parte del deputato socialista Loris Fortuna, al 1974, anno del referendum in cui il popolo è
chiamato a esprimersi per il mantenimento o abrogazione della legge. L’Italia si spacca in due: una
questione sociale si trasforma in una questione politica, da una parte socialisti e radicali e dall’altra
il mondo cattolico, democristiani e neofascisti. Quest’ultimi sono portatori di un’idea della
famiglia sugellata dal vincolo matrimoniale e dunque indissolubile; di contro, un’idea progressista
di tutto il mondo laico e soprattutto dei collettivi femministi che si battono per porre fine a un
matrimonio gabbia.
Già all’indomani dell’approvazione della legge Fortuna-Baslini, comincia un iter travagliato che
sbarra la strada al divorzio: inizia una raccolta firme da parte del CNRD presieduto da Gabrio
Lombardi e, dunque, appoggiato dagli antidivorzisti. La campagna per il referendum abrogativo
della legge inizia ufficialmente il 12 aprile del 1974: al popolo italiano si chiede di votare per un Sì
in favore dell’annullamento del divorzio oppure per NO che lo avrebbe lasciato in vigore. Il 12
maggio diventa una giornata storica per il Paese perché i cittadini di ogni estrazione sociale e di
ogni appartenenza politica votano per il NO e dunque per la vittoria dei diritti civili e per una realtà
sempre più democratica.
La storia di questa svolta epocale è al centro della narrazione condotta da tre fondamentali organi di
stampa di quel periodo: Noi donne, L’Unità, La Stampa. Tutto questo viene analizzato nel terzo e
ultimo capitolo.
Le donne guidano in prima linea la lotta al cambiamento e sempre in maggior numero prendono
coscienza e consapevolezza dei diritti che fino a quel momento erano stati loro negati. Comizi,
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dibattiti, manifestazioni e testimonianze sono stati presi in esame per analizzare la convinzione che,
in quegli anni, andava maturando sempre più verso la ricerca di nuovi valori.
Noi donne è un periodico tutto al femminile di cui l’UDI si serve per affrontare le questioni della
donna e, in particolare, la sua trasformazione che subisce nel processo di emancipazione che va
dalla subordinazione al potere degli uomini passando per la sua soggettività fino ad arrivare alla
ricerca e alla costruzione di sé, in un quadro sociale in forte cambiamento. Giglia Tedesco, Giuliana
Dal Pozzo, Giulietta Ascoli riportano delle testimonianze che rendono conto delle diverse
sfaccettature della condizione della donna di tutte le età, classi sociali e provenienza geografica; una
donna che lotta per sopravvivere, che partecipa alla vita sociale e che, forte di un impegno civile e
politico, può finalmente esercitare il diritto di scegliere.
La massiccia presenza di donne nelle assemblee promosse dall’UDI, collettivo femminista
appoggiato dal Partito comunista, viene riportata anche nelle pagine de L’Unità, quotidiano della
stessa ideologia politica. Dall’analisi degli articoli relativi al tema del divorzio, emerge
un’immagine della donna fortemente minacciata dall’ideologia democristiana, confinata in una
società tradizionalista. La scelta della DC di indire il referendum è un modo per ostacolare il
cambiamento di un Paese che ha sempre maggiore contezza dei propri diritti e, dunque, un mezzo
anche per negare il progresso, tarpare le ali all’emancipazione femminile.
Una linea più moderata viene assunta dal quotidiano La Stampa, che, nelle pagine di quel periodo,
si schiera per il NO al referendum nonostante riporti nei suoi articoli testimonianze che vedono il
divorzio uno «strumento facile» nelle mani degli italiani. Il giornale risponde agli antidivorzisti con
la creazione di una rubrica dedicata alle donne, alle quali viene dato ampio spazio per potere dare
voce ai loro pensieri. Il processo di emancipazione continua e non deturpa il volto della famiglia: i
dati relativi alle richieste di divorzio smentiscono quanto avevano predetto gli antidivorzisti.
Bisogna prendere atto che a cambiare non è la famiglia ma la mentalità delle donne che, rispetto
agli anni Cinquanta, sono ormai consapevoli di vivere in un contesto familiare che le vede accanto
al marito e non più in una posizione arretrata rispetto a lui; sanno anche che da quella famiglia
possono fuggire, se questa minaccia la loro libertà. Sono le donne le vere protagoniste del
cambiamento operato sia sul piano politico ma soprattutto su quello sociale. Nel primo capitolo si
fa riferimento al quadro storico degli anni Cinquanta e Sessanta, in particolare gli anni 1958-1963,
considerati gli anni del «miracolo economico» in Italia, un periodo di grande crescita economica
che ha favorito un momento di forte modernizzazione del Paese. Questo «boom» fu il risultato di
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una serie di fattori concomitanti come l’ampliamento delle richieste di beni di consumo, la crescita
demografica, lo sviluppo delle industrie. Tutte queste componenti portano a una trasformazione
radicale dello stile di vita in una società che diventa sempre più urbanizzata e industrializzata.
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Capitolo 1 - La condizione femminile tra anni Cinquanta e Settanta
1.1LA DONNA NEGLI ANNI DEL MIRACOLO «ECONOMICO»
Gli anni Cinquanta e Sessanta, in particolare il periodo 1958-1963, furono gli anni del cosiddetto
«miracolo economico» in Italia, un periodo di grande crescita che ha registrato notevoli
trasformazioni di carattere culturale e sociale, così come fenomeni di migrazione interna al Paese,
in particolare dal Sud al Nord. Una mobilità della popolazione dalle campagne ai centri urbani, dai
campi al triangolo industriale.
Molte persone provenienti da famiglie contadine poverissime si lasciarono alle spalle uno stile di vita
prevalentemente basato sull’agricoltura di sussistenza, per abbracciare una nuova cultura consumistica urbana che si
ispirava al mito americano.
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Negli anni del boom nascono nuove professioni anche al femminile e diventano una chiave di
lettura del processo di modernizzazione che il Paese sta raggiungendo: si ha chiaramente una
riduzione del numero di donne che lavora nelle campagne e quindi nel settore agricolo, si registra
un aumento moderato nell’industria e l’inizio di un aumento nel terziario.
Come ha affermato Guido Crainz, nella società italiana si verificò una trasformazione «nel modo di
produrre e di consumare, di pensare e di sognare, di vivere il presente e di progettare il futuro»
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Nel dopoguerra l’Italia si deve confrontare con idee, immagini e modelli di comportamento nuovi,
ispirati al benessere e al consumo. Le lavatrici, i frigoriferi, i pantaloni per le donne irrompono sulla
scena degli anni Cinquanta e si assiste alla loro diffusione in tutti gli strati sociali insieme ad altri
prodotti, in alcuni casi del tutto nuovi, come il televisore. Il nostro Paese, seppur con qualche
difficoltà, segue l’esempio americano dell’American way of life e si avvia a diventare una moderna
società capitalistico-consumista. In tale contesto le donne giocano un ruolo di grande rilievo:
principali acquirenti e quindi destinatarie privilegiate del messaggio consumistico, diventano lo
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Perry Willson, italiane. Biografia del Novecento, Editori Laterza, Bari 2011, p. 199.
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Guido Crainz, Storia del miracolo italiano. Culture, identità, trasformazioni fra anni Cinquanta e Sessanta,
Donzelli, Roma 2005, p. 7.