Quando la Rete “fa notizia”
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con il contenuto trattato. Ogni capitolo, così, inizia con una
premessa da intendere come l’indicazione della rotta che in
esso viene seguita. Non solo. È stato anche pensato, a
conclusione di ogni capitolo, un approdo che, tirando le
somme di quella singola sezione, collega i concetti più su
riportati a quelli successivi. Ancora, a mo’ di cuscinetti tra le
tre parti, due appendici faranno da ancoraggio saldando il
discorso appena concluso ai singoli casi oggetto della ricerca
sul campo.
Sarà un percorso solo di rado corredato da informazioni di
tipo “extra-alfabetico”: immagini, grafici e tabelle sono stati
inseriti solo nei casi in cui si è ritenuto potessero arricchire i
dati altrimenti esposti. E casi del genere, data la natura
dell’argomento, sono stati rari.
I contenuti, dal canto loro, seguono una esposizione
lineare. La prima parte riguarda direttamente il mondo del
giornalismo: nel primo capitolo relativamente all’evoluzione
tecnologica nei quotidiani, qui analizzata soprattutto alla luce
delle più recenti tappe di sviluppo (dopo una rapida rassegna
cronologica dei primi secoli, si approfondiranno contesto e
conseguenze delle “nuove tecnologie” nei quotidiani); nel
secondo capitolo, invece, per quanto attiene alle routines
produttive che caratterizzano il lavoro in redazione (dopo
un’analisi del concetto di notizia e dei suoi valori, si
concentrerà l’attenzione sulle fonti giornalistiche e sulle
agenzie in particolare).
La seconda parte sposta il contesto del discorso
all’universo di Internet. Della Rete verranno presi in esame
innanzitutto lo sviluppo storico, dalla nascita dovuta ad una
serie di studiosi di rilievo fino al boom degli ultimi anni,
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attraverso il passaggio intermedio dell’appropriazione da parte
dell’ambiente accademico; quindi i fattori, interni ed esterni,
ai quali si possono attribuire le ragioni del successo del nuovo
medium; infine, la dimensione ipertestuale, alla luce delle
caratteristiche di interattività e multimedialità proprie
dell’online. Fin qui il terzo capitolo. Oggetto della trattazione
del quarto, invece, saranno la presenza e i caratteri
dell’informazione in Rete: dai primi storici fallimenti americani
alle nuove dimensioni assunte dai diversi attori, passando per
le rivoluzionarie caratteristiche dei formati.
Infine, approfondito e completato il quadro scientifico di
riferimento, nella terza parte saranno illustrati metodologia,
risultati e conclusioni dell’attività di osservazione sul campo,
condotta nelle redazioni online di Repubblica, Corriere della
Sera e La Sicilia allo scopo di individuare le modalità dell’uso
di Internet come fonte d’informazione all’interno delle
redazioni dei quotidiani. Sarà la conclusione del nostro lavoro,
la meta in funzione della quale si è tracciato il cammino fin lì
percorso.
Ma perché “l’evoluzione tecnologica nei quotidiani” e,
soprattutto, “Internet come fonte d’informazione”? La volontà
di procedere a una ricerca di questo tipo si deve alla
constatazione dei profondi cambiamenti che stanno
investendo il mondo del giornalismo. Parallelamente
all’introduzione di nuovi formati e nuovi strumenti, cambiano
anche la figura del professionista della notizia e la sua attività:
è successo più volte in passato, sta avvenendo adesso, forse
con maggiore intensità, in seguito alla rivoluzione digitale.
E di questa Internet rappresenta indubbiamente l’aspetto
che riguarda più da vicino il giornalista, non solo in quanto
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mezzo per la diffusione delle notizie attraverso le versioni
online delle testate, ma anche come immenso database a cui
attingere per il reperimento di dati della più diversa natura.
Il giornalista digitale dev’essere un incrocio di
competenze: buon reporter (chi trova, altrimenti, le notizie,
chi le verifica?), ottimo editor (deve confezionare il giornale
al meglio), con le competenze tecnologiche sufficienti (i
software sono pur sempre diversi da quelli editoriali), non
digiuno di marketing (il prodotto va venduto o comunque
fatto conoscere), sicuramente un creativo, certamente
disposto al lavoro di squadra, ovviamente in grado di
lavorare sotto pressione, ma capace di conservare al tempo
stesso le prospettive più lunghe. Oggi il giornalista digitale
dev’essere così. Difficile (ma non impossibile) trovarlo. Più
difficile garantire che tra un anno il suo profilo ideale sia
ancora lo stesso
1
.
Un simile profilo delinea una professione in netta
evoluzione nell’ambito di un contesto informativo in
altrettanto radicale trasformazione. Entrambi sono gli oggetti
che ci si propone di prendere in esame nel presente
elaborato.
1
A. AGOSTINI, “Il giornalismo digitale”, in J. JACOBELLI (a cura di),
Dall’analogico al digitale. Una rivoluzione soltanto tecnologica?, Laterza,
Roma-Bari, 1996, p. 9.
Parte I
Evoluzione tecnologica
e professionalità giornalistica
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1 Un antico connubio
Il giornalista governa il mondo: riceve i ministri di altri
paesi e compone le vertenze internazionali; è il patrono delle
arti e delle scienze, il mecenate di tutti i più grandi
romanzieri; il suo studio di New York è collegato a Parigi non
soltanto da una linea telefonica ma anche mediante un
apparecchio per telefoto, grazie al quale può vedere in ogni
momento le persone con cui sta conversando. Gli annunci
pubblicitari sono proiettati sulle nubi; i giornalisti descrivono
gli avvenimenti a voce, rivolgendosi a milioni di utenti
telefonici; e se uno di questi ultimi è stanco o impegnato,
collega l’apparecchio con il fonografo in modo da ascoltare le
altre notizie quando più gli aggrada. Se a New York divampa
un incendio, gli abbonati di New York possono ascoltare il
resoconto di un testimone oculare e vedere ciò che accade
attraverso il telefono.
J. Verne, La giornata di un giornalista americano nel 2889
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1.1 Premessa: la rotta tecnologica
Non sappiamo cosa sarà alla fine del prossimo millennio,
se la pubblicità arriverà in cielo o se il giornalista diventerà il
padrone del mondo; certo è, però, che in 110 anni alcune
delle fantastiche previsioni di Verne sono state di gran lunga
superate. Il valore di questo brano, comunque, sta nella testi-
monianza che esso rende della riflessione più o meno
scientifica sulla professione giornalistica e sui suoi “attrezzi del
mestiere”.
In questo capitolo iniziale vogliamo appunto condurre
un’indagine, certo tutt’altro che letteraria, sull’evoluzione delle
tecnologie applicate all’attività giornalistica della carta
stampata. Una sorta di breve storia del giornalismo, molto
sintetica (dato lo spazio disponibile) e poco ambiziosa (gli
approfondimenti possibili sarebbero davvero numerosi) sub
specie tecnologica. A tal proposito, come ho notato nel corso
delle mie letture, la letteratura non è avara, né mancano studi
e riflessioni, da parte sia di teorici sia degli stessi giornalisti.
Ma, a parer mio, le direzioni soprattutto percorse sono due: o
un’attenzione che corre parallelamente all’altra storia del
giornalismo, quella dei «comprati e venduti», del
posizionamento politico o delle firme, ritenuta la principale; o
un riferimento finalizzato alle (per lo più malinconiche)
considerazioni sull’attuale quadro della professione
giornalistica.
Forse sono in pochi, e fra questi sicuramente Cavallari e
Lenzi, ad attribuire alla tecnologia un ruolo determinante per
l’evoluzione del giornalismo dai libri di notizie al quotidiano di
oggi. Su questa linea si vuole collocare il presente lavoro. Per
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la cui lettura, infine, è da considerare che la trattazione si
concentra sul caso italiano, che ci riguarda da più vicino e sul
quale le fonti consultate sono ovviamente più ricche.
1.2 Osservazioni preliminari
Prima di entrare nel merito del nostro discorso, è bene
precisare alcuni punti alla luce dei quali non solo sarà più
chiara la trattazione di questo primo capitolo, ma risulterà
meglio spiegato l’intero lavoro.
Si tratta di tre aspetti riguardanti la relazione tra
giornalismo e tecnologia: quelli, in particolare, dei punti di
vista possibili sull’argomento, del ruolo svolto nel tempo dal
fattore in questione, del senso in cui intendere (e delle riserve
con cui leggere) tutte le tappe dell’evoluzione.
Approfondiamo, nell’ordine, ogni punto.
1.2.1 Un binomio necessario
Il rapporto tra giornali e tecnologia è osservabile da diversi
punti di vista. Innanzitutto, il quotidiano può essere
considerato esso stesso tecnologia, se si intende questa come
“tutto ciò che serve da supporto e che è stato ideato o
applicato dall’uomo”; ovvero, in accordo con il concetto di
tecnologia dell’informazione, come “tutto ciò che serve
affinché l’essere umano riceva una conoscenza di qualcosa di
esterno a lui, differente dalla parola o dai gesti umani”. Da un
punto di vista più concreto e materiale, possiamo parlare di
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“tutte quelle tecnologie che registrano, trasmettono,
elaborano e/o distribuiscono l’informazione”
1
.
In secondo luogo, e in relazione a quanto appena detto,
gli stessi quotidiani possono essere visti come una tappa
dell’evoluzione dei mezzi di comunicazione di massa, che, in
quanto essi stessi sono o presuppongono delle tecnologie,
sono passati dalle prime manifestazioni rudimentali alla reti
elettroniche attuali, attraverso stadi di cui il giornale cartaceo
rappresenta un elemento senza dubbio rilevante.
Ma c’è anche un altro punto di vista: quello che tende ad
individuare i perfezionamenti tecnici all’interno della vicenda
del singolo medium. È quanto cercheremo di fare in questa
storia del giornalismo sub specie tecnologica.
1.2.2 Il fattore tecnologia
Si può a ragione sostenere che siano diversi i fattori in
gioco nell’evoluzione del giornalismo. Innanzitutto, svolgono
un ruolo essenziale le esigenze di informazione legate alla
nascita e allo sviluppo della democrazia
2
; altri, come Antonio
Pilati, pongono alla base della diffusione del quotidiano
nell’800 il drastico abbassamento del prezzo per copia, reso a
sua volta possibile da altre combinazioni
3
fra cui le migliorie
1
Per la definizione di alcuni concetti chiave, vedi AA. VV., Dizionario di
scienze e tecniche della comunicazione, San Paolo, Milano, 1996.
2
Ci riferiamo qui, in particolare, a J. HABERMAS, Strukturwandel der
Oeffentlichkeit, Hermann Luchterhand Verlag, Neuwied, 1962, trad. it. A.
ILLUMINATI, F. MASINI, W. PERRETTA, Storia e critica dell’opinione pubblica,
Laterza, Roma-Bari, 1975.
3
“La domanda delle famiglie alfabetizzate e il progresso tipografico (la
rotativa di Hoe), che abbassa il costo unitario per copia, sono i presupposti
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19
nel settore tipografico; oggetto di valide indagini scientifiche,
inoltre, sono stati fenomeni quali l’alfabetizzazione e lo
sviluppo economico, ipotizzati da Schudson alla base della
“rivoluzione del giornalismo americano nell’età
dell’egualitarismo”
4
, di quel repentino cambiamento, cioè, che
ha portato nel mondo dell’informazione americano la novità
della penny press.
Nello stesso testo lo studioso avanza, però, anche un’altra
ipotesi: quella tecnologica. È proprio quest’ultimo aspetto che
qui vorremmo esaminare più da vicino, relativamente a tre
punti di vista: la produzione/fabbricazione dei supporti, il
trasporto/trasmissione del supporto/messaggio e il
trattamento dell’informazione ad opera del giornalista.
Torniamo, dunque, “al tempo in cui le vecchie tecnologie
erano nuove”
5
.
1.2.3 Qualche avvertenza
Ma prima, andando alle radici, c’è da fare un’utile
considerazione di tipo lessicale. Il fatto che il termine stampa
venga correntemente utilizzato sia per sottolineare aspetti
propriamente tecnologici della diffusione scritta delle
di fondo che innescano la formazione del mercato di massa; la riduzione del
costo della carta, l’eliminazione delle tasse sulle pubblicazioni, la creazione
di contenuti particolarmente attraenti […] sono potenti fattori di contorno”.
A. PILATI, Dall’alfabeto alle reti, Seam, Roma, 1995, p. 150.
4
Il riferimento è a M. SCHUDSON, Discovering the news. A social history
of american newspapers, Basic Books, New York, 1978, trad. it. La scoperta
della notizia, Liguori, Napoli, 1988.
5
È il titolo di un’opera di C. MARVIN, When Old Technologies were New,
Oxford University Press, Oxford, 1988, trad. it. Quando le vecchie
tecnologie erano nuove, Torino, Utet-Telecom, 1994.
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informazioni sia per affrontare questioni di tipo socio-
comunicativo ci dice quale fosse la funzione insieme sociale e
culturale da essa esercitata all’interno delle società europee
del XV secolo. Allora, infatti, la possibilità di riprodurre in
modo relativamente rapido e uniforme un testo, soprattutto in
un numero di copie potenzialmente elevato e a costi
notevolmente più bassi rispetto alla riproduzione manuale,
permetteva una diffusione del sapere in termini prima
impensabili. In questo senso il significato della stampa come
tecnologia diventa significato propriamente sociale.
Come sottolinea Alberto Cavallari, il termine che designa
un mezzo tecnologico viene connotato con un diritto umano,
quello della libertà di pensiero e di espressione
6
. Quindi,
anche se la stampa non rappresenta la condizione sufficiente
per lo sviluppo del giornalismo come forma di comunicazione,
ne è sicuramente una condizione necessaria.
A conferma di quanto detto, Giovanni Bechelloni individua
tre grandi fasi del giornalismo secondo il criterio basato sulle
tecnologie a disposizione: quella ante litteram
che precede l’invenzione della stampa attraverso le tante
forme di raccolta e diffusione di informazioni che si sono
manifestate nelle società europee ed asiatiche fin dalle più
antiche forme di civiltà, come la romana e la cinese; quella
che segue l'invenzione della stampa e prende forma in
Europa nella prima metà del XVII secolo dando vita ai veri e
propri antenati dei giornali; quella, infine, che si situa nel
XIX secolo prima negli Stati Uniti d’America, con l’invenzione
6
Cfr. A. CAVALLARI, La fabbrica del presente. Lezioni d’informazione
pubblica, Feltrinelli, Milano, 1990.
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21
della Penny Press, e poi in Europa
7
.
Una volta asserito che l’informazione è sempre stata
condizionata dal mezzo di produzione, conviene però ribadire
una precisazione che lo stesso Cavallari si è preoccupato di
riferire: che, cioè, la tecnologia non è tutto. Non bisogna
sopravvalutarla, come si tende a fare oggi in altri contesti,
considerandola unica protagonista della storia passata o
servendosene come capro espiatorio di gravi questioni;
piuttosto, essa stessa ricorda “che vi sono stati immensi
processi di comunicazione umana anche in periodi di scarsa
evoluzione tecnica; che i media di base hanno avuto una
lunga evoluzione globale non certo connessa a dei mezzi
tecnici; […] che la tecnologia ha cambiato le regole del gioco
solo eccezionalmente, e che questo è avvenuto solamente
quando si sono verificati fenomeni di riproducibilità così
travolgenti da rendere impossibile ogni continuità”
8
.
Analogamente, il già citato Schudson relativizza quanto
dallo sviluppo tecnologico apportato all’evoluzione della
stampa degli Stati Uniti. Avendo affermato l’importanza
cruciale degli sviluppi tecnologici per la nascita di giornali ad
ampia diffusione e a basso prezzo, precisa ulteriormente che
la relazione causale non è a senso unico. La possibilità, cioè,
che quei successi fossero raggiunti decenni o addirittura secoli
prima, testimonia che le invenzioni nel settore della stampa
non furono autonome, ma stimolate da altri fattori.
Il moderno giornale a diffusione di massa non sarebbe
concepibile in assenza degli sviluppi tecnici del primo
7
G. BECHELLONI, Giornalismo o postgiornalismo?, Liguori, Napoli, 1995, p.
18.
8
A. CAVALLARI, cit., p 66.
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22
Ottocento. Essi facilitarono ovviamente la nascita della
penny press. Ma non la spiegano. Il rinnovamento
tecnologico non fu autonomo, e richiede a sua volta una
spiegazione. Se rese possibile l’esistenza di giornali a
diffusione di massa, non la rese tuttavia necessaria o
inevitabile
9
.
Ritenendo di poter generalizzare questa tesi estendendola
al nostro discorso, esaurite le avvertenze considerate
opportune, si può ora iniziare il cammino storico.
1.3 Le tappe storiche dei primi secoli
Si vuole ora tracciare un quadro cronologico delle tappe
che hanno segnato l’evoluzione tecnologica del giornalismo
dalla sua nascita. Si percorreranno velocemente, e quindi
purtroppo schematicamente, i secoli fino alla seconda metà
del Novecento, sulle cui trasformazioni si concentrerà invece
l’attenzione.
Bisogna tuttavia premettere che quelli del giornalismo
costituiscono stadi di relativamente rapida trasformazione
nell’ambito della generale evoluzione tecnologica della
comunicazione. Se, infatti, si confrontasse lo sviluppo di
questa con una giornata di 24 ore in rapporto alla storia
dell’uomo, si avrebbe un risultato bizzarro: nelle prime 21 ore
non si registrerebbe nessun evento; alle 21,33 si avrebbe
l’invenzione del linguaggio, mentre alle 23,52 l’invenzione
della scrittura; 7 minuti e 14 secondi più tardi si noterebbe
l’invenzione della stampa moderna da parte di Gutenberg. Va
9
M. SCHUDSON, cit., p. 43.
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23
da sé che tutto ciò che è avvenuto da allora sarebbe
condensato in 46 secondi dell’immaginaria giornata
10
.
Procediamo, allora, orologio alla mano.
Cominciamo dalle prime pubblicazioni. Non è il caso di
riprendere qui la dibattuta questione della nascita del
giornalismo e del suo periodo di incubazione; piuttosto,
conviene, e basta, riassumere la genesi tecnologica della
“fabbrica del presente” in alcune fasi:
una prima accumulazione di tecniche che dalla produzione
amanuense passa lentamente, nell’arco di tempo che va
dal VII al XII secolo, alle tecniche di stampa, attraverso le
vicende legate principalmente all’introduzione della carta
in Europa per il tramite degli Arabi;
una seconda accumulazione di tecniche che prosegue,
dopo la prima rivoluzione tardo-medievale, fra il 1200 e il
1400 e si attua soprattutto in Cina;
un’espansione della prototipografia in seguito alla riforma
tecnica di Gutenberg del 1439 (ricordiamo che l’orafo di
Magonza ebbe il merito di comporre insieme ciò che altri
avevano ideato o messo a punto altrove), la quale dà il via
alla diffusione di libri di notizie
11
prima, di fogli di notizie
poi, fino alle prime, più o meno regolari, pubblicazioni
10
Cfr. C. SARTORI, La comunicazione e il sistema dei media, Urbino,
Quattro Venti, 1998, p. 15.
11
Il rapporto tra la forma libro e la sua derivazione giornale è analizzato
da McLuhan, il quale giunge a definirli come “confessione personale che
presenta un punto di vista” il primo, “confessione di gruppo che presenta
una partecipazione collettiva” il secondo; elementi caratterizzanti il giornale,
così, sono il legame temporale con quanto rappresentato nel testo, la
molteplicità dei punti di vista esposti, la particolare disposizione spaziale dei
segni. Per approfondimenti vedi M. MCLUHAN, Gli strumenti del comunicare,
Il Saggiatore, Milano, 1990 (1964).
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periodiche, che si diffonderanno particolarmente nel
Seicento. Da segnalare, in questa fase, è il logotype, un
sistema di composizione a mano inventato nel 1682 e
basato sulla fusione di un gruppo di lettere in blocco.
Nel XVIII secolo, quello del quotidiano timido
12
, non si
verificano grandi modernizzazioni tecniche, mentre si ha,
invece, l’importante novità della comparsa dei primi
quotidiani. Siamo di fronte, quindi, a uno di quei casi in cui è
la rivoluzione culturale a precedere quella tecnologica:
l’esigenza di utilizzare la “mirabile invenzione” al fine di
ampliare l’orizzonte della conoscenza anche attraverso forme
più popolari di comunicazione a mezzo stampa non tardò a
manifestarsi, nonostante una lacuna tra il bisogno conoscitivo
generato e le tecniche necessarie a soddisfarlo.
I caratteri mobili e il torchio per la stampa ideati da
Gutenberg, infatti, avevano conferito potenzialità notevoli alla
divulgazione del messaggio scritto. Si era sprigionata
un’ondata possente che stentava, però, a dispiegarsi in tutta
la sua ampiezza: le tecniche gutenberghiane avevano
inaugurato la nuova era della comunicazione scritta, ma gli
strumenti e i supporti della produzione restavano ancorati a
vincoli pre-artigiani che, nella sostanza, avrebbero frenato per
oltre trecentocinquanta anni la sua maturazione.
Agli albori dell’Ottocento, il torchio di Gutenberg,
modificato nella struttura ma pressoché inalterato nella
funzione di strumento manuale, restava l’unico mezzo
utilizzabile per riprodurre testi e illustrazioni. I caratteri
mobili per la stampa continuavano ad essere fusi, uno ad
uno, e i fogli di carta uscivano dalle mani dell’artigiano con
12
È la definizione data da A. CAVALLARI, cit.
Quando la Rete “fa notizia”
25
un processo lento ed estremamente costoso. Poi, quasi
all’improvviso, il processo si è rimesso in moto, assumendo
un ritmo travolgente. In meno di cento anni si è passati dal
torchio a mano al quotidiano a colori
13
.
Tuttavia, la stasi che si registra in questo periodo non
impedisce il raggiungimento di traguardi evolutivi, favorito da
alcuni miglioramenti introdotti nel sistema postale. Le tappe
tecnologiche più rilevanti del secolo, a parte il potenziamento
della rete di trasporto, si possono riassumere nelle seguenti:
nel 1710, l’applicazione della prima stereotipia, ovvero
la prima modifica degna di nota nella presa d’impronte, e
l’abbozzo, ad opera di Henry Mill, della prima rudimentale
macchina per scrivere;
alla metà del secolo, la normalizzazione delle misure
tipografiche e l’adozione del punto che porta ancora il nome
del suo inventore, Didot;
il perfezionamento del telegrafo ottico, realizzato
dall’abate Chappe utilizzando un traliccio e un codice
prestabilito, e la prima trasmissione nel 1794
14
;
a qualche anno più tardi risalgono sia il brevetto della
prima macchina per fabbricare bobine di carta continua, sia
l’adozione del procedimento litografico, necessario per
permettere la graduale introduzione delle immagini e della
caricatura politica nelle pagine dei quotidiani;
13
C. LOMBARDI, “Da Gutenberg all’informatica”, in G. GIOVANNINI (a cura
di), Dalla selce al silicio, Gutenberg 2000, Torino, 1991, pp. 159-160.
Ulteriore sostegno alla tesi del rallentamento del processo evolutivo è in A.
PILATI, cit., pp. 130-131.
14
Un’ampia trattazione è in P. FLICHY, Une Histoire de la communication
moderne, La Découverte, Paris, 1991, trad. it. S. EMANUELLI, Storia della
comunicazione moderna, Baskerville, Bologna, 1994.