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ABSTRACT 
 
Nell’attività di Private Equity assume un ruolo fondamentale l’effettiva capacità degli 
operatori di guidare le aziende oggetto di investimento in un significativo processo di 
crescita, riorganizzazione e sviluppo, attraverso l’apporto di disponibilità finanziarie e di 
rilevanti competenze manageriali. Proprio all’entità e all’efficacia degli interventi realizzati 
durante l’holding period risulta indissolubilmente legata la valorizzazione della 
partecipazione detenuta e, quindi, il rendimento finale dell’investimento. Pertanto, è logico 
presumere che, durante le operazioni, acquisiscano particolare rilevanza tutti i fattori in 
grado di agevolare l’implementazione delle strategie previste dagli operatori specializzati ed 
ottimali per le aziende oggetto di investimento, prima fra tutte l’efficienza della struttura 
proprietaria e decisionale delle aziende target. 
Accanto a una breve descrizione dell’ attività del Private Equity nel recente panorama 
italiano e all’impatto sulle performance aziendali, il presente lavoro intende risolvere alcune 
lacune in letteratura specializzata, investigando l’importanza rivestita durante le fasi 
principali delle operazioni dalle caratteristiche delle strutture proprietarie delle aziende 
familiari oggetto di investimento, quali la concentrazione azionaria e il profilo dei soci più 
rappresentativi. 
Effettivamente, in una fase precedente al deal, alcune caratteristiche della struttura 
proprietaria possono essere fondamentali per agevolare il primo contatto fra le parti e la 
formulazione di strategie di investimento comunemente condivise. Analogamente, in una 
fase successiva, durante l’intervento degli operatori, può risultare essenziale la presenza di 
un processo decisionale efficiente per permettere l’implementazione delle azioni previste, 
senza forme di conflitto o stallo decisionale.
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1. INTRODUZIONE 
 
1.1. OBIETTIVI DEL LAVORO E CONTRIBUTO ALLA LETTERATURA 
 
Il presente studio intende descrivere la relazione fra il Private Equity e le aziende a controllo 
familiare, rivolgendo particolare attenzione alla rilevanza delle caratteristiche della struttura 
proprietaria delle aziende oggetto di investimento. 
 
La scelta risulta motivata dallo stretto legame che nel corso del tempo si sta instaurando fra 
aziende familiari ed investitori istituzionali, che trovano nell’attività di Private Equity il punto 
d’incontro ideale, con opportunità e vantaggi reciproci. 
La prima ragione di questa convergenza risiede nella veloce evoluzione del sistema 
finanziario e nella crisi internazionale degli ultimi anni. Quest’ultima ha determinato il 
fallimento del tradizionale canale bancario come fonte di finanziamento esclusiva per le 
imprese, costituendo al contempo una fondamentale occasione per la consacrazione 
definitiva di forme di finanziamento nuove ed alternative. Fra le altre, il Private Equity 
appare indubbiamente la più importante. Presentandosi, infatti, come perfetto sostituto del 
debito bancario, questo strumento può beneficiare della particolare congiuntura economica 
e svilupparsi significativamente nel prossimo futuro. 
In seconda istanza, il controllo familiare è la struttura proprietaria da sempre più diffusa a 
livello globale e, pertanto, non deve sorprendere come la maggior parte degli investimenti 
degli ultimi anni siano stati realizzati in aziende di questo tipo. Effettivamente,  numerosi 
studi specializzati documentano l’alta incidenza di investimenti di Private Equity verso questa 
tipologia di imprese, ma spesso trascurano le cause che possono essere legate alla 
realizzazione degli investimenti, elemento che il presente lavoro intende investigare. 
 
La ragione dell’attenzione verso la struttura azionaria risiede nel fatto che proprio in quella 
dimensione avviene l’incontro fra le parti coinvolte negli investimenti. L’attività di Private 
Equity si realizza, infatti, tramite la compravendita di rilevanti quote azionarie delle aziende 
target, detenute per un periodo di medio – lunga durata; contemporaneamente sono gli 
esponenti della famiglia ad effettuare la fondamentale e difficile decisione di aprire parte del
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proprio capitale sociale a soggetti esterni. La struttura azionaria diventa quindi strumento ed 
oggetto stesso di scambio. 
La ownership, peraltro, è stata oggetto di numerosi studi in letteratura per lo stretto legame 
con l’efficienza del processo decisionale, con la formulazione delle strategie e degli obiettivi 
aziendali e, conseguentemente, con le performance realizzate. In base alla teoria della 
“Owner Identity”, ad esempio, questi elementi dipendono significativamente dalla natura e 
dalle caratteristiche dei più importanti azionisti. Nelle aziende a controllo familiare, ad 
esempio, la pervasiva presenza della famiglia all’interno del business determina la 
realizzazione di strutture decisionali e gestionali del tutto peculiari rispetto ad altre tipologie 
di imprese, con riflessi inevitabili sugli obiettivi e sui risultati aziendali. 
Inoltre, con riferimento all’attività di Private Equity nelle aziende familiari, sono molto rari i 
casi in cui venga acquisita una quota maggioritaria o totalitaria del capitale delle aziende 
target. Ne discende che gli operatori non riescono a detenere un controllo effettivo e “de 
iure” e abbiano la necessità di instaurare un dialogo costruttivo e collaborativo con la 
famiglia proprietaria che permane in azienda. Per questo motivo si presume che l’efficienza 
della struttura azionaria svolga un ruolo determinante in tutte le principali fasi 
dell’investimento. In una fase precedente al deal, quella di selezione delle opportunità di 
investimento attuata dagli operatori specializzati e di apertura delle aziende verso soggetti 
esterni, alcune caratteristiche della struttura proprietaria possono essere fondamentali per 
agevolare il primo contatto fra le parti e la formulazione di strategie di investimento 
comunemente condivise. Analogamente, in una fase successiva, durante l’intervento degli 
operatori può risultare essenziale la presenza di una struttura proprietaria efficiente per 
permettere l’implementazione delle azioni previste, senza forme di conflitto o stallo 
decisionale.  
Le evidenze empiriche delle ricerche realizzate permettono, peraltro, di risolvere importanti 
gap in letteratura specializzata. Da un lato, infatti, sebbene vi siano numerosi studi che 
forniscono un’analisi delle caratteristiche delle aziende target comunemente apprezzate 
dagli operatori in sede di screening delle opportunità di investimento, tutti si soffermano 
sulle sole performance finanziarie e reddituali, trascurando di fatto le caratteristiche di 
ownership precedenti al deal. Analogamente, la letteratura appare carente riguardo questi 
temi anche durante gli investimenti stessi, malgrado la struttura azionaria costituitasi dopo 
l’ingresso degli operatori rappresenti indubbiamente un elemento cruciale per
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l’implementazione delle strategie e degli interventi previsti. Poiché questi elementi 
dovrebbero incidere sulla variazione di performance osservata nelle aziende target, si è 
deciso di investigarne l’eventuale impatto proprio con riferimento a questa dimensione. 
 
In conclusione, il presente lavoro realizza un duplice contributo alla letteratura. Da un lato 
quella specializzata nel Private Equity viene completata dall’analisi dell’importanza rivestita 
durante le principali fasi dell’operazione dalla struttura azionaria; dall’altro viene offerta 
ulteriore evidenza empirica ad alcune delle teorie descritte in precedenti studi di ownership. 
Infine, nel più limitato contesto italiano lo studio realizzato riveste un ruolo ancora più 
rilevante. Infatti, con l’unica eccezione di alcuni report annuali realizzati dalla Banca d’Italia, 
dal PEM
1
, da AIFI
2
 e dall’ EVCA
3
, al momento non si osservano lavori affidabili e completi che 
descrivano dettagliatamente la recente attività di Private Equity nel territorio italiano, 
l’eventuale successo degli investimenti e gli effetti sulle aziende target. In questa 
prospettiva, l’analisi realizzata nel presente lavoro riguardo l’impatto mediamente 
evidenziato nelle performance delle aziende target può fornire un primo riferimento 
dell’efficacia delle operazioni di Private Equity avvenute nell’ultimo decennio nel territorio 
italiano. 
 
 
 
 
                                                           
1
 PEM identifica il “Private Equity Monitor”, osservatorio dell’ “Università di Castellanza” che, dal 1998 si pone 
l’obiettivo di realizzare una precisa “attività di monitoraggio permanente sugli investimenti in capitale di rischio 
realizzati nel nostro Paese”. 
2
 L'AIFI, “Associazione Italiana del Private Equity e Venture Capital”, è stata costituita nel maggio 1986 al fine di 
sviluppare, coordinare e rappresentare, in sede istituzionale, i soggetti attivi sul mercato italiano 
dell'investimento in capitale di rischio. 
3
 EVCA identifica l’ “European Private Equity and Venture Capital Association” e costituisce il punto di 
riferimento a livello europeo del Private Equity.
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1.2. PRIVATE EQUITY, NON VENTURE CAPITAL 
 
Il termine “Private Equity” identifica l’insieme degli investimenti effettuati da operatori 
specializzati nel capitale di rischio di aziende non quotate, con l’obiettivo della valorizzazione 
dell’impresa oggetto di investimento nella prospettiva di una dismissione entro un periodo 
di medio-lungo termine. Congiuntamente ad ingenti disponibilità finanziarie, l’investitore 
istituzionale offre rilevanti esperienze professionali, competenze tecnico-manageriali e una 
rete di contatti con altri investitori e istituzioni finanziarie, fondamentali per guidare le 
aziende target in un significativo processo di crescita e sviluppo. Da un punto di vista 
prettamente terminologico, in questa sede si fa, dunque, riferimento alla definizione fornita 
dall’EVCA, l’ “European Venture Capital Association”:  
 
“Private  Equity  provides  equity  capital  to  enterprises  not  listed  on  a  stock market.  
Private  equity  can  be  used  to  develop  new  products  and technologies,  to  expand  
working  capital,  to  make  acquisitions,  or  to strengthen  a  company’s  balance  sheet.  It  
can  also  resolve  ownership  and management issues – a succession in family-owned 
companies, or the buy-out or buy-in of a business by experienced managers may be achieved 
using Private Equity funding”. 
 
Come deducibile da una definizione che appare assolutamente aperta e generica, il termine 
Private Equity identifica una categoria molto ampia, cui appartengono differenti tipologie di 
investimenti estremamente variegati per caratteristiche e finalità. Per questo motivo in 
letteratura si sono gradualmente individuate specificazioni del fenomeno maggiormente 
particolareggiate e alcune categorie che raggruppino le operazioni in base ai differenti stadi 
del ciclo di vita dell’azienda target in cui l’investimento si colloca. In particolare, gli interventi 
realizzati nelle primissime fasi di vita dell’azienda (come il seed financing, lo start-up  
financing  e il  first stage financing) sono solitamente identificati come operazioni di Venture 
Capital. Con questo termine ci si riferirebbe ad investimenti realizzati in start-up con un alto 
potenziale di crescita e normalmente operanti nel settore delle tecnologie (Sattin, 2004). La 
definizione teorica dell’ EVCA utilizza le seguenti parole:
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“Venture Capital is, strictly speaking, a subset of Private Equity and refers to equity 
investments made for the launch, early development and expansion of a business”. 
 
Durante le successive fasi di vita di un’impresa, invece, gli investimenti assumono diverse 
declinazioni in base alle specifiche finalità perseguite e vengono solitamente classificati in 
buyout, expansion, replacement o turnaround.  Come anticipato, ogni categoria presenta 
caratteristiche peculiari con riferimento al contenuto dell’attività realizzata dagli operatori
4
. 
 
La relazione fra Private Equity e Venture Capital assume connotati assolutamente differenti 
nella letteratura americana e in quella europea. Mentre la prima considera il Private Equity 
come categoria generale, all’interno della quale il Venture Capital ne rappresenta una 
peculiarità, la seconda, al contrario, tende a separare i due fenomeni. 
Il presente lavoro si adegua alla prospettiva europea e, quindi, si focalizza esclusivamente 
sulle ultime quattro tipologie di deal, tipiche di una visione più limitata del Private Equity. 
                                                           
4
 Le operazioni di buyout prevedono l’acquisto da parte di un gruppo di soggetti (esterni o interni alla target) 
del controllo dell’azienda, tramite anche un utilizzo significativo dell’indebitamento. Il fondo di Private Equity 
può intervenire direttamente nell’operazione o può semplicemente garantire sostegno finanziario ed operativo 
ai soggetti coinvolti. 
Il termine replacement indica l’ingresso di un fondo di investimento che, senza apportare modifiche nel capitale 
sociale, subentra ad una parte dell’azionariato.  
Al contrario, nelle operazioni di expansion il fondo conferisce esclusivamente supporto finanziario e 
manageriale per la crescita, laddove né l’aumento dell’indebitamento né la quotazione azionaria risultano vie 
praticabili. 
Il turnaround si manifesta, invece, nelle fasi di difficoltà e di crisi aziendale: il fondo tenta di risollevare la target 
in crisi attraverso nuova liquidità e un’attenta ristrutturazione e riorganizzazione aziendale.
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1.3. STRUTTURA DELLA TESI 
 
Mentre nelle pagine precedenti è stato definito l’obiettivo e le motivazioni che hanno 
orientato la presente ricerca, in questo paragrafo si intende illustrare la struttura del lavoro, 
fornendo ai lettori le linee guida per una migliore comprensione dei capitoli successivi. 
 
Il tema centrale oggetto di studio è la struttura proprietaria delle aziende target nelle fasi più 
importanti di un investimento di Private Equity. Tuttavia, prima di procedere in questa 
direzione, si ritiene necessario fornire un iniziale quadro introduttivo del fenomeno 
investigato. Il secondo capitolo, illustrando per mezzo di analisi descrittive le caratteristiche 
dei deals avvenuti nel recente panorama italiano e delle principali caratteristiche delle 
aziende oggetto di investimento, è stato realizzato per rispondere a questa finalità. 
Il terzo capitolo introduce la tipologia aziendale verso cui il presente lavoro intende 
focalizzare la propria attenzione: le aziende a controllo familiare. Tramite una rapida review 
della letteratura ne vengono descritte le  caratteristiche più importanti, le peculiarità che 
maggiormente le distinguono da altre strutture proprietarie e il potenziale impatto sui 
risultati aziendali. Riflettendo su queste evidenze e sulla particolare congiuntura economica 
degli ultimi anni, si fornisce altresì supporto ad alcune ipotesi  parzialmente avanzate in 
letteratura riguardo le opportunità che le operazioni di Private Equity sembrano costituire 
per aziende ed investitori.