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A partire dall' inizio degli anni '80 le aziende occidentali, e per prime quelle americane a causa della
invasione dei prodotti giapponesi del loro mercato, iniziarono a rendersi conto non solo della importanza
della qualità per il successo dell' azienda, ma anche di come la qualità non fosse solo un aspetto tecnico che
interessava solo l' area della produzione bensì un sistema che doveva coinvolgere tutti gli aspetti della vita
aziendale
In Italia, invece, diversamente da quanto accaduto negli altri paesi occidentali, si è vissuto un periodo di
"innamoramento" per i circoli della qualità (1986-1987), con alcune aziende pioniere Fiat, Italgel, ecc...
Diciamo che la qualità arriva molto più lentamente ma oggi il suo concetto risulta essere chiaro e, sono chiari
anche i vantaggi competitivi che questa comporta.
Il concetto di qualità non è difficile da comprendere, ma presuppone un’attenzione continua di tutti i soggetti
coinvolti nel progetto; la qualità non implica solo il fatto che un prodotto o un servizio soddisfi le richieste
fatte: la percezione dei clienti, relativa ad un’impresa, e di conseguenza ai sui servizi, si basa anche sul
contatto quotidiano instaurato con l’impresa e il suo personale. Qualunque contatto con ciascun cliente,
interno/esterno, in ogni occasione, contribuisce a formare un’idea positiva o negativa dell’azienda tra gli
utenti.
La qualità nella pienezza del suo significato necessita di essere assorbita profondamente dalle persone che
sono la chiave per la riuscita di una gestione improntata alla QualitàTotale.
Nel dizionario Zanichelli alla voce CULTURA si legge “ Nutrimento, arricchimento delle proprie facoltà
intellettuali perseguito attraverso l'acquisizione critica di cognizioni che provengono dallo studio così come
dall'esperienza, che diventa elemento costitutivo della personalità di ciascuno” .
Tale definizione può perfettamente adattarsi a definire anche l’ approccio alla Qualità Totale. Infatti la
qualità è cultura, non è un insieme di tecniche, un pacchetto di strumenti che possono essere adottati da
chiunque in qualsiasi momento, sic et simpliciter, senza essere stati sufficientemente metabolizzati. La
qualità e un processo continuo, senza sosta che va affrontato da tutti in azienda e che proprio attraverso lo
studio e l'esperienza deve contribuire all'arricchimento della personalità di ogni collaboratore. Solo se la
qualità diventa parte della cultura di tutti nell'azienda potrà esercitare i suoi effetti positivi sulla gestione.
Nonostante la qualità sia un concetto che da anni è presente nelle problematiche aziendali, solo oggi assume
dei contorni così ampi, volti ad abbracciare tutta l’azienda e tutti i soggetti coinvolti nell’azienda.
L’evoluzione dei mercati e la spinta alla globalizzazione hanno rivoluzionato il concetto della qualità e della
sua gestione, modificando i canoni standard che fino a qualche anno fa avevano fatto scuola. Questo
cambiamento nel modo di pensare e gestire l’azienda, ha assunto un ruolo centrale il cliente che è diventato il
fulcro attorno al quale ruota ogni attività aziendale, l’unico “giudice” della qualità, il punto di riferimento
verso il quale vengono diretti tutti gli sforzi dell’organizzazione. Mentre nel passato ci si aspettava che il
cliente accettasse gli standard qualitativi “imposti” dal produttore, oggi la crescente esigenza dei consumatori
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ha spinto tutte le imprese ad offrire prodotti e servizi di elevata qualità per far fronte alla dinamicità e
imprevedibilità dell’ambiente e del mercato, rendendo obsoleto un approccio basato esclusivamente sulla
ottimizzazione dei costi.
Il criterio di fondo che ha ispirato questa evoluzione è che la qualità è una misura importante della
soddisfazione del cliente, che spinge ad una analisi integrata del miglioramento della qualità. Un servizio che
sia considerato di alta qualità per uno scopo o in un dato intervallo di tempo, potrebbe non essere considerato
di alta qualità per un altro uso o in un altro intervallo di tempo. La capacità di evolversi e di modificare i
propri prodotti e servizi, in tempi ridottissimi, in funzione dei loro clienti, porta l’impresa a perseguire come
principale obiettivo strategico la cosiddetta “customer satisfaction”, creando un approccio alla gestione della
qualità, basato su sistemi integrati volti a diffondere la consapevolezza della qualità e del suo
raggiungimento in tutta l’organizzazione, affidando al management un ruolo di indirizzo e di guida in questo
cammino verso il miglioramento. Queste esigenze non sono solo legate alla sfera qualitativa del prodotto, ma
coinvolgono una serie di fattori intangibili, come la tempestività, la cortesia, la disponibilità, la fiducia,
l’affidabilità, che si riconducono ad un filone preciso che va sotto il nome di servizio al cliente.
Seguendo questi principi le imprese non sono più chiamate a fabbricare prodotti e servizi, poiché il loro
compito è di soddisfare bisogni e desideri da offrire sul mercato, utilizzando il cambiamento tecnologico ed
organizzativo.
Quanto detto serve a mettere in risalto ancora una volta l’importanza del concetto di Qualità Totale, come
leva per tutte le attività.
Nel corso degli ultimi anni, la letteratura internazionale ha dedicato ampio spazio all’analisi delle
caratteristiche distintive dei servizi, nettamente diverse da quelle dei beni manifatturieri nel tentativo,
peraltro non ancora concluso, di pervenire ad una definizione, univoca ed esaustiva, di qualità dei servizi,
che consenta di tener conto dei diversi attori coinvolti nel processo di servicing e dei rispettivi ruoli e livelli.
Lo studio del management dei servizi, in particolare della qualità dei servizi, si è sviluppato negli ultimi 15 -
20 anni ed oggi sono state individuate le peculiarità e le complessità che comporta un sistema di
assicurazione della qualità nei servizi. Proprio per questo motivo, la carenza di una “ cultura dei servizi” , e
la complessità della gestione della qualità dei servizi, hanno fatto si che la percezione di qualità nel ambito
servizi sia in “ritardo” rispetto al settore manifatturiero
Partendo dall’ assunto che il servizio è “un’insieme di attività atte alla soddisfazione di pubbliche attività”,
possiamo affermare che si tratta di qualcosa non è possibile “toccare con mano”…per cui è intangibile.
Per capire cosa sia la cultura dei servizi, cercherò di definire, attraverso l’etimologia, il termine “servizio”
Servizio: “prestazione lavorativa”, “attività – incombenza” (tra cui il servizio militare), “uso – impiego (a
vantaggio di qualcuno) – favore”, “complesso di mezzi o persone atti alla soddisfazione di pubbliche
necessità” (nel senso quindi di servizio pubblico e di amministrazione pubblica)
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Una distinzione può essere fatta tra l’ utilizzo della parola servizio al “ singolare” o al “ plurale” . I servizi
infatti indicano un insieme di attività svolte da un settore dell'economia a favore di utenti privati, istituzioni o
collettività (sanità, istruzione, ristorazione eccetera). Il servizio è la prestazione connessa con la fornitura di
un prodotto da parte di un produttore o fornitore. Generalmente la parola servizio o servizi è seguita da un
aggettivo qualificativo (Servizio consegne pizze a domicilio, Servizi Telefonici, Servizi di Trasporto …) che
ne da una maggiore specificazione.
I servizi sono contraddistinti da specificità e peculiarità che manifestano la complessità della gestione di
questi ultimi:
Intangibilità: i servizi sono intangibili quindi, diversamente dai beni fisici, non possono essere
sperimentati e valutati utilizzando i cinque sensi; da ciò deriva l’importanza di cercare di “tangibilizzare” il
servizio, di sviluppare ed enfatizzare i “fattori umani” dell’organizzazione, di pubblicizzare e promuovere
adeguatamente il servizio fornito.
Inseparabilità: un servizio è inseparabile dalla fonte che lo genera (sia essa una persona o
un’attrezzatura). Poiché il cliente è, nella maggior parte dei casi, presente nel momento dell’erogazione,
l’interazione fornitore/cliente (il cosiddetto “momento della verità”) rappresenta un aspetto peculiare del
marketing dei servizi. Sia il fornitore che il cliente, quindi, influenzano il processo d’offerta e la qualità del
servizio stesso.
Variabilità: i servizi sono estremamente variabili in quanto dipendono dal personale che lo fornisce,
nonché dal luogo e dal momento in cui sono erogati. Le aziende di servizi possono intraprendere tre tipologie
di iniziative per il controllo della qualità: 1- investire risorse adeguate nella selezione e formazione del
personale (le persone “giuste” nel posto “giusto”); 2- tentare di standardizzare il processo di
produzione/erogazione del servizio (per mezzo di tecnologie hard che comportano la sostituzione dell’attività
dell’uomo con strumenti o attrezzature tecnologiche, per mezzo di tecnologie soft che consistono nel
programmare razionalmente e “sistematizzare” i processi di erogazione del servizio, oppure con sistemi
“ibridi” che uniscono le due modalità hard e soft); 3- è possibile controllare il livello di soddisfazione del
cliente anche favorendo la raccolta di suggerimenti e lamentele, mediante indagini sulla clientela.
Deperibilità: i servizi non possono essere immagazzinati;
Da quanto detto è evidente come, nel settore dei servizi, gli elementi intangibili ed immateriali rivestono
un’importanza fondamentale.
L’intangibilità è l’aspetto più evidente e caratteristico del prodotto-servizio. La percezione e valutazione dei
servizi (sia per chi li fornisce che per chi li fruisce) è resa difficoltosa dall’intangibilità ed immaterialità che
caratterizza i servizi. È anche vero che gli oggetti materiali in genere, spesso, sono costituiti anche da una
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parte intangibile che è costituita dalla sua utilità, dai vantaggi che derivano dal utilizzo, in altre parole dal
servizio che deriva dal suo utilizzo. L’intangibilità è la prima causa per la quale l’acquirente vive una
particolare “sensazione di rischio” prima del suo acquisto, una sensazione più forte rispetto all’acquisto di un
prodotto materiale: meno un acquirente può misurare e verificare le reali caratteristiche di un prodotto,
maggiori saranno i timori rispetto al suo reale valore e convenienza. L’azienda deve in ogni modo ridurre
l’incertezza dell’acquirente, fornendo la massima quantità di informazioni e di elementi concreti, visibili e
tangibili, che possano facilitare il processo di valutazione da parte del cliente (“processo di
tangibilizzazione”)
I servizi spesso sono vissuti dagli acquirenti solo come dei “conti da pagare”, tanto utili quanto poco
precisamente percepiti in termini di entità e qualità del beneficio che se ne ricava. Spendere dei soldi per un
prodotto i cui vantaggi e benefici sono difficilmente percepibili, crea nell’acquirente uno stato di ansia e di
disagio: uno dei compiti centrali nella gestione dei servizi è quello di ridurre l’incetezza, la “sensazione di
rischio”, di limitare l’inquietudine che precede la scelta. Ciò è possibile fornendo elementi tangibili e
percepibili, indicatori della natura e della qualità del servizio. Alcuni servizi offrono delle “garanzie” rispetto
alla soddisfazione, con lo scopo principale di contenere la sensazione di “rischio percepito” da parte
dell’acquirente. Spesso il servizio è una “scatola nera”, la cui qualità può essere valutata solo dopo
l’acquisto. Il potenziale cliente cerca di utilizzare i pochi segni tangibili come indicatori della qualità, della
serietà della gestione e della professionalità del servizio. Per questo motivo chi si occupa dell’offerta di
servizi deve fare attenzione ai articolari ed ai dettagli, poiché proprio su questi elementi si può decidere il
successo o il fallimento dell’operazione
La componente intangibile svolge un ruolo fondamentale della percezione della qualità del servizio e
l'impresa deve garantirne la manifestazione mediante le manovre degli elementi fisici e delle variabili di
marketing mix.
I servizi dunque presentano delle caratteristiche particolari che si manifestano nella complessità della
gestione. Pertanto, la ricerca sulla qualità dei servizi dovrà, in via prioritaria, perseguire una serie d’obiettivi,
sostanzialmente riconducibili alle seguenti linee d’azione:
creare una nuova cultura della qualità, partendo dalla considerazione che i servizi hanno intense ed
estese implicazioni di ordine sociale e che, quindi, il cambiamento deve necessariamente coinvolgere i
diversi attori che partecipano al processo di produzione/erogazione del servizio.
Rafforzare l’orientamento verso la qualità e la mission di servizio, con riferimento alla struttura
organizzativa, alle strategie e, innanzitutto, alle risorse umane.
Implementare la prosumership idea, mettendo a punto gli strumenti idonei a razionalizzare e ad
incrementare il contributo apportato dai clienti nelle fasi di progettazione e di produzione/erogazione del
servizio. A tale riguardo è assolutamente necessario che i clienti apprendano ad agire in modo “proattivo”
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(specialmente in termini di capacità di risposta e di comunicazione) e che gli addetti al marketing ed al front-
office operino come una rete di sensori atta a rilevare le esigenze e le preferenze dei clienti, nonché le loro
aspettative e le loro percezioni in materia di qualità del servizio.
Interpretare correttamente la voce del cliente, tradurla fedelmente nel linguaggio dell’impresa di servizi
e diffonderla capillarmente all’interno di tutta l’organizzazione, garantendo quelle condizioni di “alta
fedeltà” che favoriscono la congruenza tra input provenienti dal mercato e output realizzati ed offerti al
cliente.
Progettare e realizzare un affidabile sistema per la misurazione oggettiva delle prestazioni e dei quality
grade del servizio.
Definire opportunamente gli obiettivi, strategici e tattici, delle azioni di miglioramento, valutandoli e
selezionandoli nell’ambito di un quadro di riferimento organico e sistematico, che consenta di stimare
l’importanza/priorità, l’effettiva raggiungibilità, la misurabilità, la verificabilità-
Sviluppare, tramite interventi mirati di valorizzazione delle risorse umane,
competenze/capacità/specializzazioni che portino ad attuare, nella realtà della prassi operativa, efficaci forme
di delega di responsabilità ed autorità, estese anche ai dipendenti che occupano posizioni esecutive e/o
periferiche.
Identificare ed eliminare, intervenendo già in fase progettuale, i punti deboli del sistema
produzione/erogazione del servizio e le prassi operative improprie che sono causa di inefficienze e disservizi,
perfezionando le metodologie controllo e valutazione del servizio.
Individuare le cause (anche potenziali) di non-conformità e le componenti o subprocessi critici,
definendo appropriate azioni correttive al fine di prevenire l’insorgenza ed il ripetersi dei problemi,
attuandole, verificandone e valutandone i risultati e migliorando questi ultimi secondo la logica del PDCA
(plan/pianificazione – do/attuazione – check/controllo e misurazione – act/azioni di miglioramento continuo
e standardizzazione).
Puntare a conquistare la fiducia e fedeltà dei clienti e a sfruttare i vantaggi offerti dalla pubblicità del
passa-parola positivo, instaurando con essi rapporti di lungo periodo da coltivarsi secondo i più avanzati
modelli di marketing relazionale. È infatti ben noto che mantenere nel tempo o propri clienti (aumentando la
loro propensione a ripetere l’acquisto del servizio ed a rivolgersi allo stesso fornitore anche per servizi
diversi da quelli comunemente acquistati) è molto più redditizio del doverne cercare continuamente di nuovi.
Gestire la qualità e l’innovazione in base a logiche di partnership, conferendo sempre nuova efficacia ed
efficienza al continuous improvement (miglioramento continuo).
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Analogamente a quanto avviene nelle economie post-moderne più avanzate, anche in Italia il terziario si
impone gradualmente come il principale settore di attività economica e l’analisi dei dati relativi alla
distribuzione settoriale delle unità di lavoro ed all’apporto dei servizi alla formazione del lavoro aggiunto al
costo dei fattori confermano, inequivocabilmente, una netta tendenza alla crescita ed allo sviluppo del
settore. Oggi fattori come tempo, servizio e qualità assumono grande importanza.
Si è passati quindi da un concetto di qualità riferito al prodotto, al Total Quality Management che include
ogni aspetto dell’azienda (prodotto e processi) e si basa sulla customer care and satisfaction. La Cultura della
Qualità enfatizza “l’aspetto umano” dell’impresa, tenta di costruire l’organizzazione “intorno” alle persone,
individuandone i principali fattori motivanti e di valorizzazione, ridisegna i rapporti azienda-cliente e
rimodella le strategie di “generazione del valore” (creazione di “valore aggiunto”), di “struttura del business”
(decentralizzazione, specializzazione, flessibilità), di “approccio gestionale” (gestione aziendale guidata da
vision, mission e priorità) e di gestione della qualità” e dei rapporti con i clienti (concetto di prosumership,
cliente-proattivo, di customer orientation, di customer care and satisfaction, di Qualità Totale), utilizza il
marketing relazionale, invece del marketing transazionale, più focalizzato sui risultati a breve termine di tipo
economico.
Con il concetto di Total Quality Management (TQM) si consolida la consapevolezza che l’impegno al
miglioramento della qualità richiede uno sforzo continuo dell’intera organizzazione tramite un lavoro di
team, che sia in grado di formulare progetti pilota seguiti dalla loro implementazione.
La Qualità Totale è un concetto molto vasto che coinvolge tutte le attività, le risorse e le funzioni
dell’impresa, non configurandosi come la semplice applicazione di uno o più strumenti, data la naturale
interrelazione tra qualità dei servizi, dei processi e dell’organizzazione aziendale.
Normalmente quando “si fa” qualità, si concentra l’attenzione sulle caratteristiche obiettive e su parametri
facilmente misurabili come ad esempio affidabilità, prestazioni e facilità d’impiego; questo si può
raggiungere attraverso un valido sistema di qualità, ma ciò che veramente fa la differenza è la qualità
percepita dal cliente durante la fruizione del servizio.
Ogni membro dell’organizzazione deve essere messo al corrente delle scelte della direzione, per quanto
riguarda le politiche e gli obiettivi aziendali: sono così ogni individuo è messo nelle condizioni di
condividere ed allinearsi alla vision ed alla mission stabilite. I dirigenti devono imparare a guidare l’impresa
valorizzando opportunamente le risorse umane, guadagnandosi la fiducia ed il supporto del personale: la
cultura aziendale deve essere condivisa in modo da ottenere una progressiva convergenza tra il progetto
aziendale (vision) e il progetto di vita di ogni individuo, consentendo in tal modo di trasformare la visione
stessa in realtà.
La visione “clientocentrica” della Qualità Totale induce una rivisitazione delle prassi operative che avviene
attraverso il reengineering ed il rethinking dei processi che finiscono col ridisegnare la struttura e
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l’organizzazione dell’azienda La “creazione del valore” si propone come uno dei principali fattori di
successo, in un mercato che privilegia sempre più il “valore aggiunto” del prodotto/servizio e le componenti
relazionali ed “umane” dell’offerta. Un’adeguata e sistematica rilevazione ed analisi dei “costi della qualità”,
permette di “monetizzare” le eventuali inefficienze ed i possibili disservizi, ma anche di dare la giusta
importanza ai costi che la qualità permette di evitare (grazie a approfonditi controlli ed azioni
preventive/correttive) ed ai corrispondenti maggiori ricavi (dovuti anche a riflessi positivi sull’immagine
aziendale ed all’eliminazione degli sprechi): tutto ciò si traduce in maggiore competitività ed in aumento del
profitto. Lo scenario delineato evidenzia come, in proiezione futura, il valore del servizio tenderà sempre più
a coincidere con la capacità dello stesso di risolvere efficacemente e rapidamente i “problemi” del cliente e
di conferire vantaggi competitivi addizionali ai processi di produzione/erogazione.
Le aziende vincenti saranno, pertanto, quelle che sapranno contribuire ad accrescere il valore di tutte le
catene di cui fanno parte e del sistema complessivo, assicurandone una crescita ed un miglioramento
continuo.
Si è parlato di visione “clientocentrica” e di “soddisfazione del cliente”: ma che significato hanno realmente
questi termini e quali sono le ripercussioni sulla gestione dell’organizzazione? È ormai dato per scontato che
offrire un buon prodotto/servizio ad un prezzo concorrenziale consente all’azienda di acquisire un vantaggio
competitivo solo temporaneo. Il servizio al cliente rappresenta una componente intangibile dell’offerta
globale, che però può garantire all’azienda, se erogato secondo i criteri della qualità, il raggiungimento del
successo.
Il cliente (le sue aspettativa, la sua “cura” e soddisfazione) rappresentano quindi il vero e proprio “punto
focale” verso cui il sistema dei servizi si deve orientare in modo sempre più aperto ed interattivo: in questa
ottica è fondamentale lo sviluppo si un servizio razionale, coerente ed affidabile, in altre parole di un servizio
di qualità.
Nel settore dei servizi, l’erogazione e la produzione dei servizi coinvolgono una serie d’interazioni tra
l’organizzazione ed i suoi clienti; il personale costituisce, poi, una risorsa strumentale per la realizzazione e
la fornitura della qualità del servizio e, pertanto, necessario che tutti i dipendenti, nell’espletamento delle
proprie funzioni abbiano “cura” del cliente. La qualità del servizio erogato e il successo dell’azienda di
servizi dipendono primariamente dalla corretta gestione e dallo sviluppo di elementi che non possono essere
né toccati né visti: la motivazione e l’incentivazione del personale, la comunicazione, la soddisfazione dei
clienti e dei dipendenti, la gestione dei processi, il servizio stesso, etc.
Le aspettative e le richieste sempre più esigenti dei clienti, richiedono che non solo il prodotto finale sia di
qualità, ma anche i processi, il personale, le strutture fisiche, le relazioni interpersonali siano di qualità: per
questo motivo si è passati dal concetto di qualità del prodotto al principio della Qualità Totale.
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Per comprendere la “cultura dei servizi” è importante capire il valore che costituisce per un azienda il cliente,
l’importanza di comprendere le sue esigenze, e il riconoscimento di un ruolo sempre più attivo dello stesso
nei processi di mercato. Tutti questi elementi sono ormai da qualche anno al centro delle strategie di molte
imprese, del loro modo di operare. Che il cliente sia diventato il “centro” ha significato e significa una vera e
propria rivoluzione nel concepire le attività aziendali, che trova radici nel concetto di creazione del valore
per il cliente. La creazione di valore per il cliente, l’obiettivo di creare un superior customer value si
posiziona al centro delle strategie di marketing delle imprese.
Per le aziende è fondamentale considerare i processi di creazione di valore per il
cliente/consumatore come il fulcro della strategia e dell’attività dell’impresa e delle imprese
coinvolte.
Essendo il valore del servizio “costruito”, è fondamentale che tale costruzione avvenga mediante il
coinvolgimento dei clienti: i clienti devono essere considerati non solo come “valutatori”, ma anche come
co-costruttori dei servizi stessi, corresponsabili nella produzione di valore del servizio. In questa logica il
cliente non è più solamente consumer, ma prosumer (elemento attivo nella produzione-erogazione del
servizio). è importante sviluppare una rappresentazione di sé come cliente in soggetti che non pensano o non
sono coscienti di esserlo: spesso le difficoltà nascono dal fatto che i clienti vengono identificati
dall’organizzazione come “controparte” e non come “alleati”.
Abbiamo parlato di creazione del valore. Ma chiariamo meglio il concetto. “Valore” deriva da termine
inglese “value” che, nella prassi quotidiana, significa realizzare un acquisto al miglior rapporto
qualità/prezzo. Il valore può essere espresso dal quoziente “soddisfazione del bisogno/costo”. Un prodotto-
servizio è competitivo quando ha un valore maggiore degli altri in un dato segmento di mercato
Ma cosa significa creare valore? Significa realizzare qualche cosa che valga la pena, cioè che
meriti gli sforzi, le energie, le risorse impiegate per ottenerla. Appare subito evidente che
un’azienda si trova al centro di una complessa catena di giudizi di valore: i suoi clienti potenziali
giudicheranno se i prodotti che essa offre valgono il prezzo da pagare; i suoi dipendenti, se
l’insieme di ricompense (monetarie e non monetarie) che ricevono valgono l’impegno e i sacrifici
loro richiesti; i suoi finanziatori, se il ritorno atteso dal loro impegno di capitale vale il rischio
connesso all’incertezza dei risultati reddituali»
Di regola si pensa a numeri come la crescita del fatturato, la quota di mercato, l’utile realizzato, i
dividendi distribuiti. Negli anni più recenti si è focalizzata sempre più l’attenzione sulla creazione di
valore. S’intende con questo termine apprezzare se e in che misura cresce o diminuisce il valore
dell’impresa. Il significato sostanziale di tale misura è evidente: essa consente di giudicare quanto
l’impresa riesce a remunerare il capitale degli azionisti. Si potrebbe dire che, come il livello di
servizio o la qualità del prodotto misura la soddisfazione del cliente (customer satisfaction), la
creazione di valore misura il grado di soddisfazione dell’azionista.
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Da diversi anni a questa parte, il tema della creazione di valore è cresciuto notevolmente di importanza e ha
fatto il suo ingresso nel linguaggio corrente delle imprese. La creazione di nuovo valore costituisce un
obiettivo la cui realizzazione assicura lo sviluppo e la sopravvivenza nel lungo termine dell’impresa, e ciò
nell’interesse di tutta la società civile, non solo dei diretti partecipanti della singola impresa. Le imprese che
non creano valore sono destinate a decadere e il loro declino si traduce nel rallentamento e nella decrescita
della produzione di ricchezza e di beni per l’intera collettività
Il concetto di valore è forse uno dei meno chiari espressi dagli studi. Tuttavia, pur di fronte a tale
indeterminatezza, il valore, in economia aziendale, non è solo una delle tante definizioni, ma è il perno
intorno a cui ruotano le imprese e la sua creazione è motivo stesso della loro esistenza
La “creazione del valore” si propone come uno dei principali fattori di successo, in un mercato che
privilegia sempre più il “valore aggiunto” del prodotto/servizio e le componenti relazionali ed
“umane” dell’offerta. Un’adeguata e sistematica rilevazione ed analisi dei “costi della qualità”,
permette di “monetizzare” le eventuali inefficienze ed i possibili disservizi, ma anche di dare la
giusta importanza ai costi che la qualità permette di evitare (grazie a approfonditi controlli ed azioni
preventive/correttive) ed ai corrispondenti maggiori ricavi (dovuti anche a riflessi positivi
sull’immagine aziendale ed all’eliminazione degli sprechi): tutto ciò si traduce in maggiore
competitività ed in aumento del profitto
“L’analisi del valore” consiste in un metodo di riflessione d’azione che affronta alla radice la qualità totale:
indica come concepire e realizzare un prodotto-servizio che sia conforme alle aspettative ed alle esigenze del
cliente, migliorandone la competitività, attraverso una combinazione di rigore e creatività. L’analisi del
valore è nata negli Stati Uniti nel difficile periodo della seconda guerra mondiale. Sotto la denominazione di
Value Engineering (“ingegneria del valore”), il metodo trova un vasto campo d’applicazione, dalla
definizione del bisogno (usufruendo delle ricerche di marketing), agli studi dei processi e degli strumenti,
passando per gli studi di definizione del prodotto. Sotto la denominazione Value Analysis (“analisi del
valore”), il metodo può essere utilizzato per la messa a punto e la ridiscussione di un prodotto esistente.
L’analisi del valore si può definire come «un metodo di competitività organizzata e creativa mirante alla
soddisfazione totale del bisogno dell’utilizzatore d’un prodotto, processo o servizio, attraverso un approccio
specifico d’ideazione p di re-ideazione allo stesso tempo funzionale, economico e pluridisciplinare».
L’approccio alla gestione del valore percepito, definito “Customer Value”, va oltre quello della Customer
Satisfaction: quest’ultimo si limita a prendere in considerazione le problematiche della qualità percepita,
mentre l’approccio del valore percepito combina le problematiche della qualità percepita con quelle del
prezzo percepito, analizzando tutte le componenti dell’offerta.
Le analisi di customer value mirano quindi a migliorare la posizione competitiva, ad attrarre e fidelizzare il
cliente ed a creare valore per gli azionisti. Il processo di creazione del valore richiede un’evoluzione che
trasformi l’organizzazione funzionale in una sequenza di processi interfunzionali. In questo modo ogni
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singolo responsabile di processo può sentirsi cliente del responsabile a monte e fornitore di quello a valle. Il
punto di partenza è la qualità rispetto alle specifiche, che sfocia nella soddisfazione del cliente. Lo stadio
successivo è dato dal perseguimento della fedeltà del cliente, che implica l’elaborazione di nuovi metodi di
misurazione. Gli indici di fedeltà del cliente sono guidati dalla percezione del valore della nostra offerta,
rispetto alla concorrenza. L’obiettivo è il valore percepito dal cliente, il cui approccio si focalizza su come le
persone scelgono tra fornitori concorrenti.
La qualità e la creazione del valore mutano, da un sistema per migliorare le caratteristiche del
prodotto/servizio, diventano una “filosofia di vita” che orienta ogni attività ed ogni decisione, una cultura che
pervade l’organizzazione e viene interiorizzata da ogni suo membro. La qualità del servizio, ovviamente,
deve essere continuamente monitorata e migliorata (come continuamente monitorata e misurata deve essere
la soddisfazione dei clienti) al fine di adattarsi alle sempre più esigenti aspettative e richieste del cliente; tale
miglioramento può essere perseguito mediante:
la misurazione delle aspettative di servizio dei clienti, oltre a quella delle percezioni (la sola misurazione
delle percezioni non è sufficiente);
il miglioramento della qualità deve essere considerato un processo costante e continuo, focalizzato non
solo sulle misure esterne, ma anche sui processi interni, al fine di monitorare, analizzare ed eliminare le
carenze organizzative che rendono difficoltosa l’erogazione di servizi di elevata qualità;
è indispensabile il contributo offerto dai suggerimenti ottenuti da ricerche periodicamente condotte sul
personale: essi sono “clienti interni” ed in quanto tali, le loro aspettative e percezioni devono essere
considerate attentamente dall’organizzazione. La qualità del servizio che i dipendenti ricevono dall’azienda,
avrà un forte impatto sulla loro capacità e volontà di erogare ai clienti servizi esterni di qualità. Il personale
diventa “parte” del prodotto/servizio erogato.
Se l’azienda intende instaurare relazioni “forti” e durature con i clienti (cioè “fidelizzarlo”) attraverso la
politica della qualità, è indispensabile che l’erogazione del servizio sia fatta “in maniera corretta fin dalla
prima volta”, inoltre (considerato che gli errori sono difficilmente eliminabili totalmente) che sia attivato un
efficace sistema di accoglimento dei reclami e di recupero degli eventuali disservizi rilevati.
Non è affatto obbligatorio che tutte le organizzazioni affrontino nella sua totalità questo percorso: ogni
azienda deve, infatti, valutare la necessità e la convenienza di affrontare tale cambiamento in quanto, invece
di un miglioramento e della valorizzazione dei punti di forza, tale processo potrebbe comportare (se non
s’innesta su una struttura organizzativa consolidata e preparata al salto di qualità) un la crisi del sistema ed il
fallimento.
Partire, iniziare il “viaggio”, è sempre il momento più difficile, in quanto si deve riuscire a vincere l’inerzia
che caratterizza qualsiasi organismo: l’inerzia e la resistenza al cambiamento è tanto maggiore, quanto più
l’organismo ha una struttura consolidata. È utili allora poter contare su un “agente di cambiamento”
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(processo o individuo esterno o interno all’azienda) e su un certo bagaglio di conoscenze necessarie per
avviarlo.
La Certificazione del Sistema della Qualità dell’organizzazione è uno strumento che può garantire ed
assicurare al cliente determinati standard qualitativi: in tal senso è più facile che il cliente non rimanga
deluso, in quanto egli sa cosa si deve aspettare (è, quindi, anche uno strumento per “gestire” le aspettative
dell’utenza,evitando il rischio di aspettative troppo elevate).
In breve, la sfida della qualità e della valutazione implica un “riorientamento culturale ed organizzativo” di
ampia portata che non si esaurisce facilmente nell’offerta e utilizzazione di strumenti più o meno sofisticati
di monitoraggio e nella messa a punto di decaloghi di condotte necessarie da seguire.
Fare qualità non significa aggiungere un altro elemento al mosaico composito dei ruoli e delle funzioni
presenti in un’organizzazione:sembra invece consistere soprattutto nella possibilità di ripensare alle modalità
con cui l’organizzazione rappresenta se stessa, i suoi compiti primari e l’oggetto del lavoro. Deve essere
creata e diffusa una cultura di “lavoro per risultati ed obiettivi”, ossia centrata sulla valutazione, piuttosto che
“sugli adempimenti e sulle procedure”.
Il processo di miglioramento di un servizio non può prescindere dal confronto con le domande e le
aspettative provenienti dagli utenti. Performance eccellenti possono svilupparsi solo in un contesto
organizzativo che, nel complesso degli obiettivi definiti, cresca collettivamente, utilizzando il
coinvolgimento ed il confronto quali strumenti di miglioramento.
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1. IL CONCETTO DI QUALITÀ TOTALE: UN PO’ DI STORIA
Il problema della qualità si pose per la prima volta, ai produttori di beni e di servizi, agli inizi di questo
secolo, quando le nuove tecnologie diedero inizio alla produzione industriale di massa di prodotti a prezzo
contenuto destinati ad un alto numero di consumatori.
Le prime tecniche per il controllo della qualità furono introdotte, in Giappone, dagli ufficiali dell' esercito
americano, nel periodo tra il 1945 e il 1949, cioè immediatamente dopo la resa del Giappone e la
conseguente fine della seconda guerra mondiale. Ciò fu reso necessario dal fatto che l' intero settore
industriale giapponese, a causa delle distruzioni causate dai bombardamenti alleati del periodo bellico, non
era in grado di sfornare prodotti all' altezza degli standard qualitativi delle forza armate americane, che
invece ne avevano bisogno per supportare logisticamente l' occupazione dell' arcipelago giapponese. Fu
quindi il comando alleato a suggerire alle industrie giapponesi l' applicazione delle tecniche di controllo della
qualità.
Il primo settore ad essere interessato fu quello delle telecomunicazioni. Bisogna però dire che i giapponesi
non erano del tutto estranei al concetto di qualità nella produzione, per cui quelle lezioni trovarono un
"humus culturale" nel quale attecchire. Infatti allo scoppio delle ostilità con gli americani in Giappone vi
erano tre livelli di qualità: al livello più basso c' erano i prodotti destinati all' esportazione, in quanto per anni
i giapponesi avevano sfruttato la maggior parte dei loro capitali, dei loro migliori managers, dei loro
ingegneri e dei loro materiali per le ambizioni imperialistiche della casta militare dominante nel paese, tali
prodotti essendo i soli conosciuti in occidente, fecero identificare in tutto il mondo il "made in Japan" con la
scarsa qualità; poi c' era il secondo gradino, occupato dal materiale militare, spesso qualitativamente
superiore a quello americano (soprattutto siluri ed aeroplani da combattimento); infine c' erano i prodotti fatti
a mano secondo l' antica tradizione giapponese: spade, carta, vasellame laccato, rame e xilografie, che
unanimemente, sin dal XVI secolo, erano ritenuti superiori a qualsiasi altro oggetto conosciuto in occidente.
Quindi, anche prima della guerra, i giapponesi, in alcuni settori, avevano raggiunto un livello di qualità
competitivo ed anche superiore a quello occidentale. Lo stimolo per raggiungere tale traguardo anche nella
produzione su larga scala dei beni di consumo, fu quindi dato proprio dalla sconfitta in guerra.
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Nel 1946, tecnici, professori e ricercatori giapponesi, impressionati dalle nuove metodologie statistiche per il
controllo della qualità introdotte dagli americani, e comprendendo che lo sviluppo ed il miglioramento di tali
tecniche poteva essere una delle strade da battere per risollevare le sorti delle industrie giapponesi, fondarono
il Japanese Union of Scientists and Engineers (JUSE), un' associazione privata dotata di personalità giuridica
e totalmente indipendente sia economicamente che strutturalmente dal governo giapponese, che si poneva
come obiettivo la promozione dello sviluppo e della diffusione del controllo della qualità in Giappone. L'
attività del JUSE, punto d' incontro dei migliori cervelli del Giappone, si rivelò poi una delle ragioni per cui
la Qualità Totale ha riscosso tanto successo nel mondo.
Nacque così l' assicurazione della qualità, intesa come il sistema che attraverso l' integrazione di molteplici
attività concorre a determinare la qualità del prodotto. Rispetto al passato cioè, la novità consisteva in un
approccio sistematico ed integrato alla gestione della qualità: c' è una fase di progettazione dei sistemi di
controllo della qualità, il processo viene affidato al management e si definiscono le unità incaricate della
predisposizione del sistema e dell' ottenimento della documentazione che evidenzia la qualità raggiunta.
Per la prima volta inoltre, sempre in quell' epoca, si riconosceva che la qualità dei prodotti e dei servizi era il
risultato degli sforzi congiunti di tutte le funzioni aziendali, e che ciò che contava era la qualità dei processi
aziendali, e non più solo quella dei prodotti; nacque il Total Quality Control ad opera di A.V. Feigenbaum.
Questi concetti si svilupparono e trovarono un fertile campo di applicazione nel sistema produttivo
giapponese, attraverso il contributo di due studiosi americani, W.E. Deming e J.M. Juran.
Episodio chiave per la diffusione delle tecniche di controllo della qualità in Giappone, infatti, si ha nel 1950,
quando un professore americano, il dott. W.E. Deming, appunto, su invito del JUSE, tenne due seminari ai
quali assistettero presidenti e top managers delle maggiori imprese industriali. "Non feci molto di più che
spiegare che cosa deve fare il management" - spiega Deming - "e che cosa è il controllo della qualità dal
punto di vista del management. [...] Parlai dell' importanza di imparare il controllo statistico della qualità
[...]. Spiegai l' importanza del comprendere il cliente, di fabbricare e progettare per soddisfare le sue esigenze
[...]. Tutto ciò era nuovo in Giappone. Nessuno mi aveva mai ascoltato con maggior dedizione o assorbito le
mie idee più avidamente.". Infine parlando degli analoghi tentativi fatti nel suo paese Deming dice: "Durante
corsi di otto giorni chiedevamo all' azienda di mandarci persone del top management ma quella gente non
veniva. Alcuni vennero per un solo pomeriggio. Non impari concetti come questi in un pomeriggio. Così il
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controllo della qualità scomparve dalla cultura americana". Tali seminari consentirono ai managers di alto
livello di apprezzare l' importanza dell' applicazione del controllo statistico della qualità nelle loro aziende. Il
successo riscosso dallo studioso americano fu tale, che nel 1951, il JUSE istituì addirittura un premio che
prese il suo nome, il "premio Deming" appunto, che da allora viene conferito ogni anno alle imprese
giapponesi dotate del più efficiente sistema di controllo della qualità. Il premio Deming ha avuto un ruolo
essenziale, nell' incentivare le aziende giapponesi all' implementazione dei sistemi di qualità totale. E'
sorprendente constatare come siano stati sufficienti una serie di seminari, tenuti da due studiosi stranieri
(Deming e Juran) ad avviare l' industria giapponese su una strada completamente nuova: quella della qualità
totale.
Sarebbe sbagliato, però, pensare che sia stato esclusivamente merito loro, infatti come precisa lo stesso prof.
Juran: "Secondo alcuni giornalisti e industriali la leadership mondiale del Giappone nella qualità del prodotto
è il risultato delle conferenze tenute quarant' anni fa da due americani - W. Edwards Deming e Joseph M.
Juran. Se Deming e io non avessimo tenuto quelle conferenze, insistono queste persone, la qualità dei
prodotti giapponesi sarebbe rimasta all' età della pietra. [...].
Se Deming e io fossimo rimasti a casa, i giapponesi sarebbero diventati ugualmente i leader mondiali della
qualità. Noi abbiamo dato la spinta iniziale senza la quale i giapponesi avrebbero dovuto lavorare di più e il
lavoro avrebbe potuto essere più lungo: ma essi sarebbero ugualmente davanti agli Stati Uniti nella
rivoluzione della qualità.", gli stessi messaggi, infatti, rivolti ai dirigenti occidentali, erano stati
sistematicamente ignorati per oltre venti anni. Così continua il prof. Juran: "Non ho confidato loro nessun
segreto. Ho detto loro quello che per anni avevo continuato a dire a chi aveva seguito i miei interventi negli
USA. La differenza stava non in ciò che io dicevo, ma in quelli che ascoltavano. Nessuno fu più sorpreso di
me quando le persone che seguivano la mia prima conferenza di due giorni in Giappone risultarono essere
amministratori delegati [...] provenienti dalle più grandi aziende di produzione del paese. [...] Quando ho
tenuto le stesse conferenze negli USA, chi mi seguiva erano ingegneri e dirigenti addetti al controllo
qualità.".