4
In primo luogo l’ambiente fornisce le risorse utilizzate come input dal sistema
produttivo : il carbone, il petrolio, il gas naturale, le foreste, il patrimonio ittico
sono tutti beni ambientali. Pertanto, è possibile modificare la figura precedente in
modo da prendere in considerazione questa capitale funzione svolta dall'
ambiente. Indicando con N le risorse naturali otteniamo :
Figura n.2- Il ruolo delle risorse naturali nel funzionamento del sistema
economico.
Tuttavia l’ambiente non si limita ad assicurare le risorse che alimentano il sistema
economico,ma funge anche da collettore dei materiali di rifiuto prodotti in ogni
fase del “circuito” economico e provvede, per quanto possibile, a trasformarli in
prodotti meno pericolosi o addirittura in prodotti utili. Come già accennato i
rifiuti compaiono in ogni fase del processo produttivo : “la lavorazione delle
risorse genera rifiuti, come testimoniano le discariche colme di rifiuti presso le
miniere di carbone; la produzione crea rifiuti nella forma di reflui delle fabbriche,
di inquinamento atmosferico e di rifiuti solidi; i consumatori finali producono
rifiuti nella forma di liquami, cartaccia e spazzatura municipale”(PEARCE e
TURNER, 1991; p. 47). Alcuni economisti, tra cui spiccano i nomi di Boulding,
Georgescu-Roegen e Daly, richiamandosi alla prima legge della termodinamica,
N P C U
K
5
nota con il motto "nulla si crea e nulla si distrugge", ma che può essere espressa
più compiutamente affermando che non è possibile creare o distruggere l’energia
e la materia, affermano che la quantità di rifiuti prodotta in ogni periodo è uguale
alla quantità di risorse naturali utilizzate.
Basandosi su questa considerazione, Boulding nel suo celeberrimo saggio del
1966 "The economics of the coming spaceship Earth"(L’economia della futura
astronave Terra) paragona la Terra ad un'astronave partita per un lungo viaggio,
alimentata solo da energia solare e dotata di uno stock di risorse costituito dal
carico effettuato prima del decollo, e sottolinea che la sopravvivenza degli
astronauti dipende dalle loro capacità di individuare metodi e strumenti per
riciclare l'acqua e le materie prime e per produrre cibo. Dunque, per la
sopravvivenza stessa del genere umano nel lungo periodo, è necessario che gli
uomini si preoccupino di riciclare i rifiuti prodotti dal sistema economico. Gli
stessi economisti, che si sono appellati alla prima legge della termodinamica per
attirare l'attenzione sull'importanza dell'attività di riciclaggio dei rifiuti,in
considerazione di quanto postula la seconda legge della termodinamica : “i sistemi
tendono sempre verso uno stato di maggiore disordine”, sottolineano che il
riciclaggio non è sempre tecnicamente ed economicamente realizzabile in quanto
le materie prime,utilizzate all’interno del sistema economico,finiscono per
disperdersi, almeno in parte,all'interno di esso. Dal momento che non tutti i
materiali di rifiuto del sistema economico sono riciclabili, inevitabilmente una
parte di essi, invero la gran parte, finisce nell'ambiente, per cui si pone il problema
6
di non immettervi una quantità di rifiuti superiore alla sua capacità di
assimilazione altrimenti sarà intaccata la sua fondamentale funzione di supporto
all'economia. Indicando con R i rifiuti prodotti in ogni fase del “circuito”
economico e con r l’attività di riciclaggio, nonché tralasciando momentaneamente
per semplicità espositiva U e K, è possibile modificare la Figura n. 2 in modo da
considerare la funzione di collettore di rifiuti svolta dall’ambiente e l’attività di
riciclaggio svolta dall'uomo.
Figura n. 3-La funzione dell’ambiente quale collettore di rifiuti e l’attività di
riciclaggio dell’uomo nel funzionamento del sistema economico.
La Figura n. 3 evidenzia l’esistenza di una relazione circolare, e non lineare, tra
sistema economico e ambiente, nel senso che l’ambiente fornisce al sistema
economico le risorse naturali che costituiscono l’input del circuito economico,
raccoglie tutti quei rifiuti che non sono riciclati dall’uomo, li trasforma in prodotti
N P C
R
r
Ambiente come collettore
di rifiuti
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meno nocivi o addirittura utili e di nuovo fornisce al sistema economico gli input
di cui ha bisogno. Tuttavia le risorse naturali non sono tutte uguali; più
precisamente è possibile distinguerle in: risorse rinnovabili e risorse non
rinnovabili.
Le risorse rinnovabili si caratterizzano in quanto sono in grado di autoricostituirsi,
ad esempio le foreste, il patrimonio ittico, l’energia solare, l’energia eolica.
Le risorse non rinnovabili si caratterizzano, invece, in quanto non possono
rigenerarsi, ad esempio il carbone, il petrolio ed i minerali.
La distinzione tra risorse rinnovabili e risorse non rinnovabili diviene
particolarmente importante nel momento in cui si procede ad analizzare il
rapporto fra l'impiego di risorse naturali come input nel sistema economico e la
variazione del capitale naturale nel tempo. L'impiego di risorse non rinnovabili
determina una progressiva riduzione del capitale naturale, mentre l'impiego di
risorse rinnovabili determina una riduzione, un aumento o nessuna variazione
dello stock di capitale naturale, a seconda che esse siano impiegate in misura
maggiore, minore o uguale rispetto alla capacità di rigenerazione della risorsa
stessa. L'ambiente inoltre fornisce direttamente utilità attraverso il godimento
delle risorse naturali e paesaggistiche da parte degli individui.
In conclusione è possibile affermare che l'ambiente svolge tre fondamentali
funzioni:
a) produce e offre risorse al circuito economico;
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b) raccoglie i rifiuti che non possono o non vengono riciclati e li trasforma in
sostanze utili o quantomeno non nocive;
c) offre agli uomini “spazi” per il ristoro psico-fisico.
Più in generale, si può affermare che l'ambiente svolge un'irrinunciabile funzione
di sostegno alla vita e,pertanto, diventa un imperativo utilizzarlo responsabilmente
per non compromettere la qualità della vita e, in ultima istanza, la stessa
sopravvivenza della specie umana.
Da questa presa di coscienza si è affermato il concetto di sviluppo sostenibile,
definito in Agenda 21
1
come uno sviluppo capace di soddisfare i bisogni del
presente, senza compromettere le possibilità delle generazioni future di soddisfare
i loro.
1
Agenda 21 è uno dei documenti adottati dalla Conferenza ONU su Ambiente e Sviluppo tenutasi
a Rio de Janeiro nel giugno del 1992. Gli altri documenti adottati sono la Convenzione sul clima e
la Convenzione sulla biodiversità.
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2. Le regole per uno sviluppo sostenibile.
Lo sviluppo sostenibile, inteso come sviluppo durevole, sottende dunque una
particolare attenzione all'ambiente;pertanto, pare opportuno individuare delle
direttrici da seguire nell’impiego del capitale naturale e nella produzione di rifiuti:
1) impiegare le risorse rinnovabili in modo tale che il tasso di utilizzo non sia
superiore al tasso di rigenerazione naturale;
2) compensare la riduzione dello stock di risorse non rinnovabili con un
incremento dello stock di quelle rinnovabili;
3) incrementare l'efficienza di utilizzo delle risorse;
4) mantenere il flusso di rifiuti immesso nell'ambiente al pari o al di sotto della
sua capacità di assimilazione.
Le concrete possibilità di rispettare queste norme dipendono in maniera
significativa dal fattore crescita demografica . La crescita demografica, in assenza
di un incremento dell’efficienza di utilizzo delle risorse,determina un aumento del
fabbisogno di risorse naturali necessarie per assicurare un dato livello di vita;
inoltre può annullare gli effetti benefici sull’ambiente di un incremento
dell’efficienza d’uso delle risorse,nonché incrementare la produzione di rifiuti.
10
3. Il modello dello sviluppo sostenibile e modelli di
sviluppo alternativi.
Chiarito il concetto di sviluppo sostenibile, evidenziata la necessità di ispirarsi a
tale modello ed esposte alcune regole generali per seguire la via della
sostenibilità, pare opportuno soffermarsi ad analizzare, da una prospettiva più
squisitamente economica il paradigma dello sviluppo sostenibile. Costruiamo un
piano cartesiano e poniamo sull’asse delle ordinate il livello di vita (LDV) e
sull’asse delle ascisse lo stock di capitale naturale (Kn) ; Kmin rappresenta il
livello minimo di capitale naturale necessario a sostenere un livello di vita di pura
sussistenza. Secondo “il paradigma della sostenibilità”, nei sistemi economici
caratterizzati da bassi livelli di Kn si possono ottenere miglioramenti nel livello di
vita solo accrescendo il capitale naturale, ovvero crescita del capitale naturale e
livello di vita sono complementi. Un sentiero attraverso il quale questi sistemi
economici si possono sviluppare è indicato da KminWJ; una volta che il sistema
economico è decollato e raggiunge ad esempio il punto W, è possibile migliorare
il livello di vita non solo aumentando, ma anche mantenendo costante lo stock di
capitale naturale, ossia collocandosi in un punto qualunque dell’area ombreggiata
PWQ. In posizione antitetica rispetto al paradigma della sostenibilità si colloca il
paradigma del “trade off”, secondo cui lo sviluppo ed il miglioramento del livello
di vita sono possibili solo rinunciando a Kn;l’espressione “trade-off” enfatizza il
fatto che, se si desidera aumentare lo stock di capitale naturale, si deve diminuire
11
il livello di vita, mentre se s’intende aumentare il livello di vita, bisogna ridurre il
capitale naturale; graficamente in questo caso il sentiero di sviluppo è
rappresentato dal segmento ZWY.
Figura n. 4-Il modello dello sviluppo sostenibile e due modelli di sviluppo
alternativi.
LDV
P J
Z
Q
W Y
O Kmin Kn
Tra queste due posizioni estreme si colloca un terzo paradigma secondo cui
ambiente e sviluppo sono complementi solo nelle fasi iniziali dello sviluppo; una
volta che il sistema economico è decollato essi divengono sostituti; una
sostituibilità però non infinita in quanto le funzioni dell’ambiente di sostegno alla
vita e di smaltimento dei rifiuti non sono sostituibili. Alcuni economisti ritengono
che la tutela e la conservazione dello stock di capitale naturale esistente non
costituiscano un imperativo, in quanto riduzioni del capitale naturale possono
essere compensate da un aumento del capitale umano (infrastrutture, macchinari,
12
impianti, ecc. …) e/o dal progresso tecnologico, che permette di utilizzare in
modo più efficiente le minori risorse naturali disponibili.
Tuttavia sono diverse le considerazioni che inducono a respingere l’orientamento
sopra esposto e ad impegnarsi a perseguire un modello di sviluppo sostenibile.
In primo luogo va sottolineato che la sostituzione del capitale naturale con il
capitale umano potrebbe risultare ammissibile solo se il capitale umano fosse più
produttivo di quello naturale, ma a parte il fatto che questo non è affatto ovvio, la
multifunzionalità del capitale naturale che provvede alla regolazione del clima,
alla protezione dei bacini idrografici e al mantenimento dello stock di risorse
biologiche, dissuade dal ritenere perfettamente sostituibili capitale naturale e
capitale umano; orientamento quest’ultimo suffragato dalla considerazione che il
capitale umano genera di norma un maggior inquinamento rispetto al capitale
naturale : ad esempio, l’utilizzo dell’elettricità prodotta con combustibile fossile
provoca un inquinamento maggiore dell’utilizzo dell’energia solare.
In secondo luogo, anche se il progresso tecnologico costituisce un’importante
fonte di incremento dell’efficienza nello svolgimento dei processi produttivi, non
è detto che la nuova tecnologia inquini meno del capitale naturale ed inoltre,
anche ipotizzando che il progresso tecnologico prosegua all’infinito, si porrebbe il
problema di individuare delle risorse in grado di rinnovarsi all’infinito che
possano sostituirsi alle risorse non rinnovabili, oggi largamente utilizzate.
Esistono anche altre argomentazioni che inducono a tutelare e preservare il
capitale naturale. Non esistono oggi teorie scientifiche certe circa il ruolo degli
13
ambienti naturali nella sostenibilità dei sistemi economici. Inoltre molto spesso il
capitale naturale una volta distrutto non può essere ricostituito; ad esempio : è
pressoché impossibile rendere nuovamente coltivabili le terre desertificate o far
ricomparire una specie estinta. I paesi più poveri sono in genere quasi totalmente
privi di capitale umano, quindi la loro capacità di riprendersi da shock causati da
siccità, guerre, carestie e crisi dipende dalla disponibilità di capitale naturale e
pertanto è bene tutelarlo. Ultima ragione a favore della sostenibilità, ma non per
questo meno importante delle altre, è l’equità intergenerazionale, definibile come
il diritto delle generazioni future di disporre del nostro stesso stock di capitale
naturale. Per completezza espositiva pare opportuno riportare un’ulteriore
giustificazione della scelta della sostenibilità, addotta dal movimento animalista
che, riconoscendo gli animali quali titolari di diritti ed in primis del diritto alla
vita, ritiene un obbligo tutelare l’ambiente.
14
4. Il rapporto economia-ambiente nel tempo e la
comparsa del concetto di sostenibilità.
Si procederà ora con un rapido excursus storico sul rapporto economia –
ambiente nel pensiero di alcuni illustri economisti fino a giungere alla nascita ed
all’affermazione del paradigma della sostenibilità.
Thomas Malthus e David Ricardo, della scuola classica, evidenziano che la
crescita economica di lungo periodo è vincolata dalla scarsità di terra coltivabile
fertile e dai rendimenti decrescenti. Più precisamente secondo Malthus esiste un
vincolo di scarsità assoluta, nel senso che la terra è disponibile in quantità fissa e,
di conseguenza, al crescere della popolazione i rendimenti decrescenti riducono
l’offerta pro-capite di cibo, il livello di vita ritorna a quello di sussistenza e la
popolazione smette di crescere.
Ricardo, pur ritenendo che la crescita economica si esaurisce nel lungo periodo, a
causa della scarsità delle risorse naturali, afferma che i rendimenti decrescenti non
sono dovuti alla scarsità assoluta di terra, ma al fatto che le terre differiscono per
fertilità e che all’aumentare dei bisogni si procede ad adibire alla coltivazione
terre sempre meno fertili e quindi meno produttive. Si distingue dai due autori
precedenti John Stuart Mill che concepisce la crescita economica come la
risultante di due forze: progresso tecnico e presenza di rendimenti decrescenti in
agricoltura. Mill, mostrandosi molto più ottimista di Malthus e Ricardo, ritiene
che in corrispondenza dello stato stazionario (posizione di equilibrio) il progresso
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tecnico fornisce il necessario per soddisfare i bisogni materiali dei singoli
individui e che la società può realizzare anche obiettivi d’istruzione, artistici e di
altra natura sociale.
Nel pensiero di Karl Marx l’ambiente acquisisce un ruolo molto importante. Egli
definisce il progresso come un processo di sviluppo naturale intrinseco alla storia
dell’umanità e caratterizzato dal miglioramento materiale e tecnologico reso
possibile dallo sfruttamento della natura.
Tra le sue convinzioni, in questa trattazione, pare opportuno ricordare quella che i
sistemi economici capitalisti non sono capaci di autosostenersi perché, tra le altre
ragioni, distruggono l’ambiente. Al di là del fatto che la storia ha sancito il
fallimento dei sistemi economici socialisti nell’URSS e nei Paesi dell’Est europeo
e che anche in tali realtà lo sviluppo ha comportato gravi fenomeni di
inquinamento, si vuole sottolineare il merito dell’autore di aver evidenziato non
solo il legame fra sviluppo economico ed ambiente, ma anche come un sistema
economico possa autodistruggersi distruggendo l’ambiente. L’attenzione rivolta
dagli economisti all’ambiente fu comunque minima se non nulla fino agli anni ‘60
quando iniziarono ad essere evidenti l’inquinamento di aria, acqua e terra causati
dallo sviluppo economico.Fino agli anni settanta molti economisti ritengono che
la crescita economica possa essere sostenuta senza limiti; dopo il 1970 la maggior
parte degli economisti continua a ritenere che la crescita economica sarebbe stata
realizzabile e desiderabile, ma inizia a ritenere indispensabile mantenere un livello
accettabile di qualità ambientale. In realtà dal 1970 si sono sviluppate diverse
16
visioni sul rapporto economia-ambiente, le più significative sono tre: la prima dà
la priorità alla crescita economica ed a questa è disposta a sacrificare l’ambiente;
la seconda, invece, suggerisce una conciliazione tra crescita e conservazione delle
risorse naturali attraverso una gestione razionale di quest’ultime; la terza invece
rifiuta la crescita economica, ritenendola incompatibile con la tutela dell’ambiente
e propone una difesa incondizionata dell’ambiente.
La seconda visione coincide con lo sviluppo sostenibile. Nell’affermazione di
modelli di sviluppo sostenibili hanno ricoperto un ruolo importante le istituzioni
politiche.
Nel 1972 in occasione della Conferenza di Stoccolma sull’Ambiente fu varato un
Programma per l’Ambiente nell’ambito dell’ONU. In seguito alla Conferenza
furono istituite nei Paesi più sviluppati delle agenzie nazionali per la protezione
dell’ambiente e nel corso degli anni successivi anche i Paesi in via di sviluppo
sembrarono aver iniziato a comprendere la necessità della salvaguardia
dell’ambiente, fondamentale strumento di supporto allo sviluppo economico.Nel
1987 il termine sostenibilità apparve per la prima volta nel rapporto “Il futuro di
tutti noi” redatto dalla Commissione ONU su Ambiente e Sviluppo presieduta
dalla Brundtland.
A seguito del rapporto Brundtland fu indetta nel giugno del 1992 una Conferenza
mondiale a Rio de Janeiro su “ Ambiente e Sviluppo” ed in tale sede fu adottata
Agenda 21 Locale, un programma per lo sviluppo sostenibile nel XXI secolo.
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Sottoscritta dai governi di 173 Paesi del mondo, Agenda 21 impegna i governi
locali a promuovere, attraverso il coordinamento ed il confronto con tutti gli attori
della scena urbana, un piano d’azione per il miglioramento della qualità della vita
e per lo sviluppo sociale ed economico in armonia con l’ambiente.
Agenda 21 dunque può essere definito uno strumento per raggiungere la
sostenibilità urbana.
Nel maggio del 1994 ad Aalborg, Danimarca, si tenne la Prima Conferenza
Europea sulle città sostenibili
2
, sotto il patrocinio congiunto della Commissione
europea e della città di Aalborg e organizzata dal Consiglio Internazionale per le
Iniziative Ambientali Locali (ICLEI).In seno alla conferenza è stata approvata la
“Carta delle città europee per uno sviluppo durevole e sostenibile”, nota anche,
più semplicemente, come “Carta di Aalborg”. La Carta di Aalborg prevede la
costituzione della Campagna Europea delle Città Sostenibili, al fine di
promuovere la diffusione di Agende 21 Locali nelle città europee attraverso lo
scambio di informazioni, esperienze,idee e la ricerca di partners transnazionali per
l’avvio di progetti e gemellaggi. In Italia l’attuazione concreta di processi di
Agenda 21 Locali è abbastanza recente. L’approvazione del “Piano nazionale per
lo sviluppo sostenibile in attuazione dell’Agenda 21” è del 1993,ma solo nel 1998
con l’approvazione del “Nuovo programma per la Protezione dell’Ambiente”
2
Nel 1996 si è tenuta a Lisbona la Seconda Conferenza europea sulle città sostenibili “Dalla Carta
all’azione”;in tale sede le città europee si sono impegnate ad adottare A21L. Nel 2000 ad
Hannover si è tenuta la Terza Conferenza europea sulle città sostenibili. Nel 2004 si è tenuta ad
Aalborg la Quarta Conferenza europea sulle città sostenibili “Aalborg + 10 , ispirare il futuro” in
cui si è discusso su come il concetto di sviluppo sostenibile può esser trasformato in azione a
livello locale basandosi sulle esperienze realizzate a partire dalla Prima Conferenza di Aalborg.