4
economici e politici, che quindi non si adattano nel migliore dei modi ai nostri variegati
micro e macro contesti.
Personalmente l'interesse per questo ambito è sorto durante un'esperienza lavorativa
presso una casa di riposo, dove svolgevo il ruolo di animatrice. Lavorando per la
maggior parte del tempo in reparto ed a contatto con varie figure professionali, mi sono
resa conto di quanto differente fosse la visione che avevano sui residenti della casa di
riposo rispetto alla mia. Certo molto era dovuto alle nostre differenti esperienze
formative: io provenivo da una laurea triennale in Scienze dell'Educazione e loro da
lauree e diplomi in ambito medico-assistenziale. Il fatto scatenante che mi fece pensare
alla connessione tra formazione, qualità e miglioramento continuo e all’importanza che
questi assumono in ambito sanitario, fu un breve dialogo che ebbi con una ragazza che
ai tempi frequentava un corso per divenire OSS (Operatore Socio Sanitario);
pressappoco disse: "sto frequentando un corso per diventare ASA. Ci stanno facendo
fare un corso sulla psicologia delle emozioni: come riconoscerle, come gestirle e come
rapportarsi con persone in difficoltà. E' molto interessante, ma io mi chiedo a cosa mi
servirà? Dovrò solo cambiare i pannolini ai vecchi!". Restai allibita non riuscendo a
concepire come una persona, che già da tempo frequentava la casa di riposo e aveva
quindi avuto modo di osservarla, potesse non andare al di là della semplice azione
meccanica ed abitudinaria di cambiare una persona anziana, non pensando a tutte le
implicazioni psicologiche che vi sono connesse.
Dal mio punto di vista, il modo di leggere la qualità ospedaliera dovrebbe essere
differente: come sottolineato nel titolo della tesi la qualità è un processo complesso, ma
molto spesso viene letto ed interpretato come un processo complicato. Si tratta di
adottare un approccio costruttivista, che si rapporta alla conoscenza includendo
l’individuo e la sua struttura cognitiva nel processo, e vedendo la realtà non come
qualcosa di oggettivo, indipendente dal soggetto che ne fa esperienza, perché è proprio
il soggetto stesso che la crea, partecipando in maniera attiva alla sua costruzione. “Il
cuore teorico della complessità consiste nell’accettare che i possibili non siano
numerabili e ciò in relazione al fatto che la realtà non è svincolata da colui che
5
l’osserva. In altre parole, soggetto e oggetto co – evolvono in quanto sottosistemi
interagenti nel sovra – sistema che li contiene.”
1
Se si adotta invece un approccio bipolare del tipo complicato – semplice, si parte dal
presupposto che la realtà è semplificabile dall’osservatore, il quale può arrivare a
conoscerne ed enumerarne tutte le componenti e le regole, così come spiega Daniela
Seddone: “usare la categoria del “complicato/semplice” implica la assunzione
epistemologica classica che l’oggetto esista indipendentemente da colui che l’osserva.
Secondo tale ottica, il punto di vista dell’osservatore è esclusivamente misura della
distanza dalla conoscenza completa. […] Se la realtà è data indipendentemente da colui
che la osserva, le sue forme possibili sono enumerabili in un insieme finito. Una mente
che contenga tale insieme è onnisciente e gode di razionalità istantanea. Per essa la
realtà è semplice. Semplice significa completamente prevedibile. Conoscere tutti gli
elementi e la regola che li governa, significa conoscere e enumerare tutte le possibili
combinazioni”
2
. In questo caso ci si rapporterebbe alla qualità in sanità in modo tale da
semplificare i processi, cercando di depurare l’oggetto di studio da ciò che non è
ritenuto importante per arrivare ad un metodo di indagine chiaro e standardizzato da
applicare nel tempo per quantificare i dati. In questo modo si perdono però molte
sfumature a causa di una tendenza ad omologare sistemi differenti tra loro, ma che per
comodità si è tentato di analizzare nel modo più simile possibile con strumenti
considerati obiettivi, con il fine di arrivare a formulare asserzioni e strutturare metodi di
indagine stabili nel tempo, applicabili illimitatamente a svariati contesti, standardizzanti
e standardizzati.
La qualità in sanità, invece, comprende molte componenti differenti tra loro, ma tutte in
un certo qual modo importanti, se si desidera leggere al meglio la realtà ospedaliera che
si sta cercando di valutare. Per questo è auspicabile un approccio epistemologico che si
rifaccia alla categoria complesso – implesso, che veda nel confronto tra differenti punti
di vista e in un continuo lavoro di ricerca – azione il metodo più idoneo per indagare la
qualità, senza attuare semplificazioni e standardizzazioni che impediscono di avere una
visione più dinamica e ampia.
1
GATTICO E. – STORARI P., Costruttivismo e scienze della formazione, UNICOPLI, Milano, 2005
p. 182
2
Idem p. 180
6
In questo lavoro verranno affrontate differenti tematiche; non si vuole giungere a delle
conclusioni definitive, ma al contrario si vuole portare a ragionare sulle molte
sfaccettature che la qualità può assumere. Il primo capitolo si addentrerà nel panorama
dei cambiamenti culturali che sono ancora in atto in Italia; trasformazioni che
interessano svariati campi di studio, e che hanno modificato i paradigmi epistemologici
delle scienze mediche e sociali, il rapporto medico – paziente e relazione tra il soggetto
e la malattia.
Nel secondo capitolo invece si affronteranno i cambiamenti legislativi che hanno
interessato il nostro Sistema Sanitario Nazionale nel corso dei decenni: dalle norme
della Costituzione, passando per leggi che hanno riformato il sistema sanitario, per
terminare con alcune caratteristiche delle famose norme ISO.
Il terzo capitolo verterà sulla customer satisfaction, molto in voga in questi ultimi
tempi: che cosa sia, che tipologie di metodi di indagine vi sono. Vi sarà anche un
confronto tra tre questionari di gradimento utilizzati da altrettante regioni d’Italia per
misurare la soddisfazione di coloro che utilizzano i servizi sanitari.
Nel quarto capitolo vi sarà un breve excursus su aspetti della qualità organizzativa e
professionale: le componenti tenute in considerazione e gli stadi per monitorare ed
implementare la qualità secondo Avedis Donabedian.
Nel quinto capitolo, per concludere, sarà riportata un’esperienza pratica svolta presso
l’Ospedale Maggiore di Crema, dove poco più di un anno fa ho potuto seguire
un’indagine di customer satisfaction.
7
1. Cambiamenti d’orizzonte
In questi anni si è assistito a molti cambiamenti in ambito sanitario, non solo in Italia,
ma in molti paesi occidentali. Queste trasformazioni riguardano molto spesso i cittadini;
ad esempio il rapporto medico – paziente si è evoluto, come è andata modificandosi
anche la centralità del paradigma biomedico che caratterizzava la medicina occidentale.
Tutto questo è inserito in un cambiamento culturale, ancora in divenire e di difficile
attuazione a causa di molte resistenze da parte di correnti di pensiero che si sono
solidificate nei secoli, e sono perciò restie al cambiamento, e anche a causa dello
scontro di differenti orizzonti epistemologici tra discipline che molto spesso faticano a
trovare punti di incontro. Questi cambiamenti d’orizzonte non interessano soltanto
l’ambito sanitario; quest’ultimo, infatti, rientra nella sfera del sociale, campo che ha
visto a sua volta molti cambiamenti, soprattutto per quanto riguarda il welfare state.
La domanda che mi vorrei porre in questa parte introduttiva del capitolo è la seguente:
perché la qualità in sanità ha assunto tutta questa importanza, anche per il welfare state?
Al termine della seconda guerra mondiale, i paesi occidentali si sono interessati alla
qualità delle cure sanitarie nell’ambito di un più vasto movimento di riforma sociale. Vi
fu infatti la presa di coscienza civile e politica che il paziente è anche un cittadino a tutti
gli effetti: da qui la centralità della relazione positiva tra l’efficienza delle prestazioni
dei servizi e i bisogni umani dell’utenza (Ardigò A., 2002).
Il primo modello di welfare state postbellico, creato in Gran Bretagna negli anni 50 del
secolo ventesimo, vedeva come principi fondamentali nell’ambito della qualità delle
cure per la salute l’universalismo, vale a dire il superamento dell’assistenzialismo
ovvero la differenziazione della cure tra ricchi e poveri nel momento del bisogno, e il
monopolio da parte dello stato della produzione e gestione diretta di beni e servizi.
Questo modello ha retto sino alla fine degli anni settanta, quando è entrato in crisi
soprattutto a causa del crescente impegno che rappresentava per le spese pubbliche.
Così intervennero delle modifiche e nuove sperimentazioni, che sono tutt’oggi in via di
sviluppo; questi cambiamenti hanno portato a comprendere che laddove si pensava vi
fosse un reale esercizio di diritti e doveri civili, i diritti sociali garantiti dallo stato
continuavano a provocare, insieme ai benefici, anche effetti negativi di clientelismo e
assistenzialismo (Ardigò A., 2002), ovvero proprio ciò che si tentava di evitare.
8
Due sono state le più diffuse variazioni del welfare state postbellico: la prima si è
rivolta ad una gestione più economica di mercato in termini di efficienza; la seconda si è
sviluppata verso una maggiore solidarietà e sussidiarietà. Questa divaricazione si è
ripercossa anche sulle metodologie d’indagine
3
:
1. chi ha seguito la correlazione dello stato sociale più dalla parte del mercato e
delle sue logiche concorrenziali, ha cercato di ricercare la qualità come
misurabile in termini aziendali, secondo metodologie e pratiche gestionali e
organizzative già affermatesi a livello industriale;
2. altri hanno puntato a misurare la qualità delle cure come connessa alla
soddisfazione dei consumatori (customer satisfaction);
3. c’è infine chi ha seguito con maggiore interesse la linea della partecipazione
degli utenti come cittadini puntando a cercare forme consultive di controlli,
anche all’interno delle strutture di welfare sanitario; il tutto per allargare la
relazionalità sociale, per accrescere comunicazione e integrazione sociale tra
operatori e pazienti, pure a contenimento degli eccessi di specializzazione del
mondo clinico ospedaliero separanti la malattia del malato.
Tornando alla domanda iniziale, ovvero quando e dove è nata l’esigenza della verifica
della qualità in ambito sanitario, Achille Ardigò elenca quattro stimoli, oggettivi ed
intersoggettivi, che hanno appunto spinto a sviluppare questa necessità:
1. un primo stimolo è rappresentato dalle continue espansioni della spesa pubblica
sanitaria, anche con aumenti superiori a quelli del PIL e aumenti dei contributi;
2. ci si accorge che il vecchio modello di welfare state universalistico non è più
adeguato ai cambiamenti sociali della popolazione. Si riducono i bisogni che
possono essere soddisfatti con compensi in denaro o beni materiali, e crescono
soprattutto i bisogni di servizi di promozione e recupero verso le persone che
sono divenute povere per deficit di integrazione e di identità personale (ad
esempio gli extra – comunitari);
3. il miglioramento dei redditi medi, dei livelli di istruzione, l’esplosione dei ceti
medi, l’aumento informativo dei media, sono tutti quei fenomeni sociali che
portano ad alzare il livello di interessamento personale della gente alla propria
3
CIPOLLA C. – GIARELLI G. – ALTIERI L. (a cura di), Valutare la qualità in sanità, Franco Angeli,
Milano, 2002 p. 38
9
salute e alla ricerca di benessere, non più soltanto dal punto di vista prettamente
materiale;
4. un ultimo stimolo proviene dal fenomeno della crescente attenzione dei pazienti
verso varie tipologie di cura e dalla personalizzazione del rapporto medico –
paziente.
Una delle rappresentazioni più interessanti riguardanti il welfare state, i modelli
economici utilizzati in occidente e la qualità della vita di una persona è, a mio parere,
quella di Coburn. Egli sostiene che il Neo-liberalismo economico mina il welfare state,
andando a diminuire il livello di benessere e a minare la salute dei cittadini, come
illustra nello schema intitolato “The Class/Welfare Regime Model”
4
[figura pagina 4].
In un regime dove la globalizzazione economica e il Neo-liberalismo (nel quale le
persone, la loro salute e il loro benessere dipendono quasi totalmente dal mercato
economico, avendo quindi un basso grado di decommodification, ovvero l’indice che
misura il grado in cui i cittadini possono avere uno standard di vita adeguato
indipendentemente dalla loro posizione nel mercato), connessi con il potere del capitale,
assumo importanza e forza, cosicché i mercati economici e finanziari ne traggono
giovamento, mentre il regime di welfare ne risente in negativo.
Accade così che il cattivo funzionamento del welfare va ad aumentare le ineguaglianze,
la povertà e rende più difficile a una grande fascia di cittadini l’accesso a numerose
risorse sociali; mentre i mercati provocano una diminuzione della fiducia e della
coesione sociale. Mercati e welfare si influenzano ed alimentano a vicenda. Infine
welfare e mercati vengono direttamente condizionati dalla globalizzazione, dal Neo-
liberalismo e dal potere del capitale. Tutto questo porta a una diminuzione del livello di
salute nei cittadini e del loro stato di benessere, influenzati anche dalla diminuzione
della ricchezza economica.
Come sostiene Coburn “[…] different welfare regimes and rising inequalities of various
kinds have important implications for health inequalities within nations since social
inequalities of many kinds are related to health status differences. In general the higher
a group’s Social-Economic Status or income, and, it is assumed the lower forms of
4
COBURN David, A brief response, in Social Science & Medicine, Numero 51, 2000 Figure 2
10
inequality, the higher its health status. […] Despite ‘expanding economies’, health
inequalities have increased.”
5
La figura 1.0 illustra uno schema di Coburn che mostra appunto il rapporto intercorrente
tra regimi di welfare e mercati economici, e l’effetto che hanno sulla salute e sul
benessere del cittadino.
Benché l’Italia non sia un pieno regime Neo-liberale, ma venga inserita in un gruppo
intermedio definito dall’autore Conservatore o Famigliare, caratterizzato da schemi di
classe sociale, un’assicurazione di base per la prestazione di cure sanitarie e un
considerevole affidamento sulla famiglia per offrire un supporto, si sta assistendo a un
mutamento degli schemi culturali, i quali si avvicinano sempre più ad una visione più
individualista e di mercato. Inoltre, il nucleo famigliare si va modificando: meno
matrimoni, più divorzi, famiglie allargate hanno modificato il quadro sociale ed
economico del nostro paese che si trova sempre più in difficoltà nel venire in contro a
persone che necessitano di aiuti e/o assitenza per migliorare la loro qualità della vita.
Tutto questo va anche a pesare sulla qualità dei servizi offerti dallo Stato, che fatica a
monitorare e migliorare le prestazioni offerte.
Si può quindi dire che il welfare è in crisi, sia dal punto di vista teorico che dal punto di
vista economico – operativo. Questa crisi è avvenuta in concomitanza con l’evoluzione
della figura del paziente: in questi ultimi anni il paziente da figura passiva che “subiva”
le cure sottostando al volere del medico (relazione paternalistica one – up / one – down),
e frequentemente anche dei famigliari, è divenuto un soggetto attivo, che molto spesso
si informa sulla patologia che gli è stata diagnosticata, potendo scegliere se farsi curare
o accettare di vivere la malattia e di aspettare che questa faccia il suo decorso. Questa
maggior consapevolezza e responsabilizzazione del paziente ha coinciso, nel nostro
paese, con una evoluzione del sistema sanitario, il quale, a seguito del decreto 517/93,
ha subito delle modifiche che hanno trasformato gli ospedali pubblici in aziende; “a
livello generale l’innovazione consiste nell’immettere nelle amministrazioni del sistema
pubblico criteri di previsione e di controllo normalmente adottati da organizzazioni
produttive che fondano la loro sopravvivenza sulla possibilità di ottenere ricavi dalla
vendita o dallo scambio di beni e servizi.”
6
5
COBURN David, Ibidem p. 1121
6
OLIVETTI MANOUKIN Franca, Produrre Servizi. Lavorare con oggetti immateriali, Il Mulino,
Bologna, 1998 p. 13
11
Figure 2. The Class/Welfare Regime Model
A B C D
Figura 1.0: The class welfare/regime model
Così “accanto a verifiche di tipo quantitativo vengono disposte anche verifiche di tipo
qualitativo, che sono collegate alla determinazione di «rendimenti» e all’individuazione
di indicatori di valutazione delle prestazioni, che dovranno essere fissati a livello
regionale.”
7
Nasce in questo modo la Cutomer satisfaction, ovvero i questionari atti a
monitorare la qualità percepita dal paziente che usufruisce dei servizi medico – sanitario
– assistenziali di un azienda ospedaliera.
7
Ibidem
Globalizzazione
Neo-Liberalismo
Potere del
Capitale
Regimi del
Welfare
Mercati
Income inequality,
povertà, e accessi
differenziati a
numerose riscorse
sociali che includono il
tipo di lavoro,
l’educazione, la cura
della salute, casa,
trasporto, nutrizione,
eccetera.
Salute
&
Benessere
Ricchezza
economica
12
Vediamo ora quali sono stati i cambiamenti accennati in precedenza per quanto riguarda
il paradigma biomedico, il rapporto medico – paziente e il rapporto soggetto – malattia.
1.1 Un cambiamento di paradigma
1.1.0 Da un approccio alla malattia strettamente biomedico…
La malattia ha conosciuto un processo di medicalizzazione dove è divenuta oggetto di
una competenza non etica ma tecnica (Angelini G., 2000).
A questa prospettiva appartiene il modello biomedico, detto anche meccanico in quanto
vede le malattie come entità biologiche e psico - fisiologiche, delle anomalie che
producono nel meccanismo corporeo delle disfunzioni, dei sintomi, quantificabili grazie
all’utilizzo di procedure cliniche di laboratorio (Good Byron J., 1999). Il corpo è visto
come un insieme di parti che contribuiscono a formare una macchina che il medico ha il
compito di riparare (Bertini M.).
L’approccio biomedico cerca quindi di ripristinare il corretto funzionamento delle parti
guastate, a volte addirittura sostituendole, intendendo in questo modo ripristinare lo
stato di salute presente prima che la malattia subentrasse. La salute è intesa in senso
statico come “normalità”, e lo scopo è quello di arrivare il più vicino possibile all’idea
ideale di corpo che la medicina si è costruita (Bertini M.). Si cura il sintomo acuto non
guardano molte volte alla causa della sintomatologia.
L. Tannini ha individuato uno specifico approccio medico alla malattia che va a
caratterizzare il “ragionamento” medico; eccone i tratti salienti
8
:
• il soggetto si presenta al medico con una storia in cui sono presenti dei disturbi,
delle interpretazioni e dei vissuti;
• alla storia del paziente il medico aggiunge un controllo visivo e tattile del corpo
(successivamente intervengono anche controlli più approfonditi tramite
tecnologie diagnostiche più avanzate, più o meno invasive), ovvero un esame
più obiettivo;
• la storia viene a questo punto tradotta dal medico in storia clinica, una storia più
scientifica, dove compaiono i sintomi, i segni, qualcosa che è in atto e/o che è
successo e che è andato a modificare l’equilibrio;
8
ZANNINI L., Salute, malattia e cura, Franco Angeli, Milano, 2001 pp. 209 - 210
13
• dopo tutti gli accertamenti viene formulata una diagnosi;
• il medico, dopo aver agito per comprendere perché si è assistito alla rottura
dell’equilibrio, si adopera per ristabilirlo.
Questo genere di approccio è diagnostico, nel senso che si indagano i sintomi e i segni
per scoprire quale sia la causa, o le cause, che hanno scatenato la malattia. E’ un criterio
empirico, basato su una serie di esami e di osservazioni, sullo studio delle probabilità e
della ricorrenza della malattia derivata dal confronto con la letteratura.
Un altro mezzo utilizzato per individuare la malattia con precisione è la “classificazione
delle malattie”, che etichetta ogni tipo di patologia; ogni etichetta viene poi attribuita a
gruppi di pazienti (Wulff H.R., Pedersen S.A., Rosenberg R., 1995). Questo processo
facilita l’approccio più oggettivo alla persona che viene vista come un insieme di
sintomi e “catalogata”, se così si può dire, con il nome di una malattia.
Questa idea del corpo – macchina, mutuata dal meccanicismo cartesiano, ha portato alla
creazione della medicina scientifica che, grazie alla sua attenzione rivolta a capire come
difendere il corpo (Bertini M.), ci ha portato si a vivere più a lungo e meglio, ma si è
concentrata troppo sulla malattia perdendo così di vista i malati (Zannini L., 2001).
Come prima conseguenza dell’aumentato potere della medicina sulla malattia, il
soggetto ha conquistato debolezza nei confronti della stessa. Inoltre si è assistito ad una
“crescente estensione dei tempi di malattia in rapporto all’arco di vita complessivo”
9
.
La cronicità dei vari disturbi ha portato il soggetto a dover convivere con essi, quindi la
netta distinzione tra tempo della malattia e tempo della salute viene a mancare. “Qui
l’uomo deve evidentemente imparare ad accettare l’infermità e a vivere con il suo male,
almeno nella misura in cui esso lo consente”
10
.
Le verità oggettive di questo genere di scienza vengono registrate nel linguaggio
dell’astrazione, ma divengono importanti soltanto nel momento in cui vengono
collegate all’esistenza di un singolo paziente (Wulff H.R., Pedersen S.A., Rosenberg R.,
1995).
1.1.1 …ad una visione globale ed ermeneutica
Al giorno d’oggi non è possibile rapportarsi al paziente soltanto nel modo appena
descritto, ma si sente la necessità di adottare un approccio alla persona più globale.
9
ANGELINI G., La malattia, un tempo per volere, Vita e Pensiero, Milano, 2000 p. 47
10
GADAMER Hans-Georg, Dove si nasconde la salute, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1994 p. 85
14
Questo è sentito maggiormente nelle strutture di lungo degenza o in presenza di malattie
croniche, ma anche le persone con stati patologici acuti stanno prendendo maggior
consapevolezza nei riguardi della propria salute. Ci si auspica quindi che i metodi
biomedico e psicologico (che si interessa della salute) siano posti su “due crinali
assolutamente complementari” nei quali l’ambito medico e quello psico – sociale
abbiano pari responsabilità (Bertini M.).
Ma in cosa consiste l’approccio ermeneutico?
Questo metodo, differentemente da quello biomedico, vede la salute e la malattia come
strutture dell’esistenza, delle reti di significati; esse hanno inizio dagli eventi, da ciò che
ha luogo nell’esistenza umana (Kugelmann R., 2004).
La malattia non è vista come entità, ma come un modello esplicativo, ovvero
appartenente alla cultura. Questa tesi deriva da “un’argomentazione costruttivista
secondo cui la malattia organica (sickness) è costituita ed è conoscibile solo grazie
all’interpretazione”
11
. Ciò che conta, oltre alla verità oggettiva, è anche la verità
soggettiva “che è associata all’io e varia da individuo a individuo”
12
.
“Coloro che cercano la verità oggettiva si interessano solo della realtà indipendente dal
soggetto, e per loro la relazione fra soggetto e oggetto non ha importanza. Al contrario,
coloro che riflettono soggettivamente non possono separare l’oggetto dal soggetto,
perché la realtà soggettiva riguarda la relazione tra questi due elementi. […] La ricerca
della verità soggettiva richiede l’uso del metodo ermeneutico, vale a dire
l’interpretazione e la riflessione.”
13
La medicina è anch’essa una pratica ermeneutica, in quanto è un’attività di
interpretazione di segni e sintomi, a volte è inscritta però in un orizzonte riduzionistico
che vede la malattia come mero evento patologico. Il paziente può essere paragonato a
un ordito, a una trama, un insieme di parti che ne forgiano l’aspetto; “può essere inteso
come «testo», che viene «attualizzato» dal medico, in un processo interpretativo che,
comunque venga realizzato, porta alla costruzione di un significato della malattia”
14
.
Se l’approccio biomedico era caratterizzato da un “ragionamento medico”, la visione
ermeneutica si ricollega al pensiero narrativo. Quest’ultimo cerca di dare
11
GOOD BYRON J., Narrare la malattia, Edizioni di comunità, Torino, 1996 p. 83 - 84
12
WULFF H. R., PEDERSEN S. A., ROSENBERG R., Filosofia della medicina, Raffaello Cortina,
Milano, 1995 p.163
13
Ibidem
14
ZANNINI L., Salute, malattia e cura, Franco Angeli, Milano, 2001 pp. 148 - 149
15
un’interpretazione a una storia di malattia, evento discrepante per eccellenza in una
storia di vita
15
. Anche il pensiero narrativo presenta alcune caratteristiche (Zannini L.,
2001, p. 138 - 140):
• è intenzionale, idiografico (l’oggetto di studio è specifico) e molto legato alla
situazione particolare in cui si viene a creare;
• possiede una sequenzialità che ordina gli eventi secondo una determinata
temporalità;
• c’è sempre un riferimento a eventi particolari e concreti, ovvero vi è una
dimensione intenzionale che indica come i soggetti della narrazione possiedano
degli scopi;
• gli individui della narrazione vanno sempre intesi come rappresentazioni di
qualcosa, riflessi dell’esperienza. Questa caratteristica è detta “opacità
referenziale” (Smorti, 1994);
• gli eventi di una storia possono essere compresi soltanto se li si rapporta al
contesto più generale che li contiene (compatibilità ermeneutica) (Smorti, 1994).
Infatti il contesto aiuta a capire le intenzioni di un soggetto, come sono nate e
sviluppate, e guida attraverso l’interpretazione dei fatti. Questa caratteristica
ermeneutica apre così all’interpretazione che dipende sia dal modo in cui sono
raccontati i fatti, sia dall’attività interpretativa di chi legge;
• il pensiero narrativo ha una composizione pentadica, nel senso che la narrazione
è composta da: attore, azione, scopo, scena, strumento.
La ricostruzione narrativa della trama ad opera di tutto il personale sociosanitario,
rispettando i differenti approcci e le diverse competenze, consentirebbe l’elaborazione
del racconto terapeutico, in cui trova spazio il vissuto e la rappresentazione della
malattia del soggetto narrante, ma anche quella dell’operatore (Zannini L., 2001).
Questo molto spesso non è possibile in un ambiente ospedaliero caratterizzato da ritmi
ben scanditi e da competenze tecniche contrastanti con l’approccio narrativo. Le
indagini di gradimento potrebbero invece andare ad indagare queste aree, benché in
modo a volte superficiale: visto il rapido flusso di pazienti che caratterizza molti
dipartimenti medici, spesso è impossibile andare a fondo delle storie di malattia. Ma
questo non significa abbandonare del tutto l’impresa.
15
Il corsivo è mio
16
Dal pensiero ermeneutico si può comprendere come derivi un’idea di cura che non è
mai solo guarigione, nel suo aspetto terapeutico, ma è anche una presa in carico della
persona finalizzata ad un cambiamento che si esprime attraverso una progettualità
nuova (Zannini L., 2001). L’aspetto terapeutico della cura si avvale di metodi scientifici
e chimici, quali i farmaci, per porre rimedio al guasto formatesi nel meccanismo
corporeo. Ma la cura si relaziona anche con altri aspetti della persona, intesa nella sua
globalità: biologico, assistenziale, sociale, psicologico, cognitivo, psicomotorio.
Dal punto di vista del paziente, nel concetto di cura sono radicati sia i significati di
guarigione che di comprensione di un’esistenza, nella quale è inclusa un storia di
malattia. “Le narrazioni di coloro che sono soggetti alla sofferenza rappresentano […]
la malattia come radicata nella vita. La malattia è fondata nella storicità umana, nella
temporalità dei singoli, delle famiglie e della comunità”
16
. Questa malattia, radicata
nell’immaginazione e nell’esperienza, è aperta al mutamento. La cura va quindi intesa
come crescita, come empowerment dell’individuo a partire dalla comprensione della
storia di malattia (Zannini L., 2001).
“La cura è intrinsecamente costitutiva della nostra esistenza, perché esprime il nostro
essere costantemente «protesi verso qualcosa» cioè la nostra intenzionalità, il nostro
«andare verso» le cose del mondo e gli altri che inevitabilmente ci caratterizza come
esseri umani che si rapportano alla realtà che li circonda.”
17
E’ un prendersi cura non
solo a partire dai bisogni ma anche dal desiderio, ovvero dall’esistenza dell’altro, dal
suo poter essere. E’ un prendersi cura del ben – essere dell’altro, della sua progettualità,
anche nella malattia, nel mal – essere, e nella morte
18
.
1.2 Il rapporto medico – paziente
Questo cambiamento di paradigma influenza anche il rapporto che s’instaura tra medico
e paziente.
Qual è la situazione attuale in Italia? Cosa è cambiato in questi anni nel rapporto medico
- paziente, e cosa si potrebbe ancora fare? Per rispondere a queste domande servirebbe
molto tempo e con molta probabilità non si riuscirebbe nemmeno ad arrivare ad una
conclusione definitiva, in quanto la situazione nel nostro paese è in continua evoluzione.
16
GOOD BYRON J., Narrare la malattia, Edizioni di comunità, Torino, 1996 p. 241
17
ZANNINI L., Salute, malattia, cura. Teorie e percorsi di clinica della formazione per gli operatori
sanitari, Franco Angeli, Milano, 2001 p. 303
18
Idem pp. 303 - 304
17
Quello che posso fare è tentare di disegnare un quadro d’insieme illustrando i tratti
fondamentali dell’evoluzione di questo rapporto interpersonale medico - paziente.
Una prima domanda fondamentale è che cosa si intende con consenso informato,
termine che si utilizza molto spesso. L’attuale consenso informato ha le sue radici nella
prima legge sull’autodeterminazione del paziente, entrata in vigore negli Stati Uniti il
primo dicembre 1991. Questo codice legislativo sanciva l’obbligo, per ogni istituzione
sanitaria, di fornire ad ogni paziente, al momento dell’ammissione in ospedale, tutte le
informazioni riguardanti le leggi statali relative alle disposizioni previe che la persona
ha impartito per il caso in cui non si sia più in grado di intendere e di volere, col fine
appunto di sollecitare l’autodeterminazione del paziente (Spinanti S., 2002).
L’esigenza di un regolamento di questo tipo non è soltanto una risposta alla grande
diffusione di cause legali per cattiva pratica medica o per prevenire episodi di
malasanità: è nato sull’onda dei movimenti per i diritti civili, quindi come
preoccupazione etica al fine di tutelare in modo migliore la volontà del malato. Spinanti
sostiene che “il consenso informato nella pratica medica è l’equivalente dell’esercizio
della libertà nel movimento dei diritti civili”
19
, e che esso è composto da importanti
elementi quali l’informazione, la libertà da pressioni nelle scelte e la capacità del
paziente di prendere una decisione in modo competente.
Alla base di questa legge americana sta la necessità di avere delle indicazioni sulla
volontà del paziente, come si è appena detto, ma questo può comportare anche dei rischi
(Spinanti S., 2002):
- può accadere che l’attenzione nei riguardi della volontà e dei valori del paziente
slitti dal piano dell’etica a quello della legge, la quale è troppo grossolana per
poter cogliere i molti aspetti che caratterizzano il mondo di una persona;
- vi è il pericolo che il consenso informato divenga un atto imposto per legge e
perciò etichettato come atto burocratico qualsiasi;
- dai precedenti rischi ne deriva un terzo molto importante: l’ulteriore
impoverimento della dimensione relazionale in medicina.
Resta inoltre da sottolineare il fatto, molto importante, che il consenso informato è un
elemento di cultura, e per questo motivo non può essere trasferito da una cultura ad
un’altra senza apportarvi i dovuti cambiamenti.
19
SPINSANTI S., Chi decide in medicina?, Zadigroma, Roma, 2002 p. 22