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INTRODUZIONE
Il rinnovato interesse verso il recupero del costruito, unito allo stato di
emergenza e sofferenza che vive al giorno d’oggi il Patrimonio Edilizio
Scolastico esistente, hanno costituito l’ispirazione e il punto di avvio per
l’elaborazione del presente lavoro di tesi. Esso intende partire da un
caso reale, la Scuola Materna “M. Lopopolo” sita nel quartiere San
Paolo di Bari, per instaurare una dialettica sulle criticità che affliggono il
comparto del costruito, con particolare attenzione all’ambito scolastico
e, parallelamente, all’edilizia a struttura mista dei primi decenni del
Novecento, che caratterizza l’oggetto esaminato e buona parte delle
città italiane ed europee, e mostra oggi segni evidenti di obsolescenza,
legata ad un approccio non sempre metodico ed organico alla materia,
spesso frutto della cultura costruttiva tradizionale di matrice empirica.
Il presente lavoro rivendica con forza, invece, il ruolo della conoscenza
dell’oggetto come condicio sine qua non per avanzare ipotesi
progettuali di un recupero coerente con l’essenza formale, costruttiva e
funzionale dell’edificio.
La qualificazione del manufatto oggetto di studio si serve del quadro
operativo messo in campo dalla diagnostica, un processo conoscitivo
che opera per gradi di complessità crescenti e punta alla messa in luce
delle criticità che caratterizzano l’edificio, la loro genesi, le cause,
l’evoluzione e lo stato di fatto, per mettere in campo tecniche risolutive
tessute ad arte sul singolo elemento degradato. In analogia al settore
medico, anche in ambito architettonico l’operatore deve acquisire
quanti più input qualitativamente importanti, da rielaborare per
estrapolare un responso oculato e attento ai reali bisogni ed alle
emergenze dell’immobile.
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Così il quadro conoscitivo acquisito in corso d’opera spazia dalla ricerca
bibliografica e cartografica, alle fonti archivistiche, ai manuali tecnici e
alle imprescindibili indagini sul campo; settori di essenza
profondamente varia, interrelati per condurre ad un grado di
qualificazione del manufatto, se non assoluto, sufficiente ed ottimizzato
per un proseguo coerente e ragionato del lavoro. L’iter procedurale
trova poi nel disegno intelligente il canale comunicativo principe per
conoscere e far conoscere la materia di studio in modo semplice ed
immediato.
Esso sottende l’intero lavoro, e relaziona la fase di qualificazione alla
successiva progettazione di un’azione di recupero che attinge da quanto
indagato e opera secondo un duplice intento: la risoluzione della singola
emergenza e la contemporanea programmazione di linee guida per la
rifunzionalizzazione dell’oggetto in un’ottica più generale ed armonica.
Anche qui conoscenza, scienza e comunicazione grafica dialogano
apertamente per restituire un prodotto tessuto sulla pelle del
manufatto atto a dirimerne le criticità occorse negli anni.
Nel suo fondere tecniche e teorie, approcci multidisciplinari,
metodologie complesse e rappresentazioni simplesse dei fenomeni, il
presente lavoro vuole porsi non come principio e fine di un processo
progettuale, bensì come momento di conoscenza, trasformazione e
riflessione all’interno della vita dell’oggetto indagato, e delle macro
categorie formali e costruttive di cui esso si fa portavoce nel presente
studio.
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CAPITOLO 1. QUALIFICAZIONE E RECUPERO DEL
PATRIMONIO EDILIZIO ESISTENTE
Il campo delle costruzioni in Italia è stato caratterizzato da sempre, e
soprattutto nel corso del XX secolo, da una costante attenzione alle nuove
costruzioni.
Negli anni Sessanta del ‘900, i corpi normativi internazionali erano oggetto di
profondi mutamenti, mentre l’Italia viveva nell’anomalia di disporre di un
quadro normativo inerte, immutato fino a fine secolo.
Le strategie edilizie erano essenzialmente rivolte alle nuove costruzioni,
giustificate dalla necessità dell’espansione di reti ed infrastrutture tipica
dell’epoca del boom economico.
Solo negli ultimi decenni la società ha iniziato a convertire il bisogno di
espandere con la consapevolezza di riconvertire l’esistente, e da qui l’idea di
porre in primo piano la riqualificazione del costruito, piuttosto che il
proseguimento della politica del nuovo.
1.1. LA QUALIFICAZIONE DEL PATRIMONIO EDILIZIO ESISTENTE
In Italia si stima che ai giorni nostri il turnover del mercato immobiliare sia
esiguo e che si aggiri tra i cinquanta e i cento anni. Ciò ha portato a un forte
incremento del settore delle ristrutturazioni, che supera notevolmente
quello delle nuove costruzioni; s’ipotizza che nei prossimi anni il primo possa
rappresentare il 70% dell’intero mercato immobiliare.
Un tale incremento, oltre che dalla necessità d’interventi sul PEE (Patrimonio
edilizio esistente), si giustifica con la tangibile recessione economica e sociale
che ha interessato negli ultimi anni qualsiasi comparto produttivo, compresa
l’edilizia.
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La crisi ha determinato l’esigenza di trovare campi di sviluppo architettonici
alternativi. Un primo risultato importante si è raggiunto con la crescente
attenzione negli ultimi decenni al patrimonio storico, culturale e artistico e
alla sua conservazione. Esso, sebbene cruciale per un paese detentore di uno
dei patrimoni storico-culturali più corposi del mondo, non può e non deve
trainare in solitaria il comparto edile odierno. Si apre, allora, la strada per la
riqualificazione di quell’edilizia “minore”, ossia non soggetta a vincoli e
valenze culturali, che, di fatto, costituisce la maggior parte del Patrimonio
Edilizio Esistente.
Prima di compiere qualsiasi anamnesi sui processi di recupero dell’esistente,
è bene porre l’attenzione su un concetto basilare: la qualificazione
dell’oggetto edilizio.
L’intervento concernente qualsiasi organismo architettonico non può
prescindere da una corretta indagine preliminare. In effetti, vi sono tecniche
e procedure del tutto analoghe tra nuova costruzione e manufatti esistenti;
la sostanziale differenza sta nella necessità di reperire informazioni ad ampio
spettro che portino l’oggetto a “dialogare” circa le sue caratteristiche
storiche, materiche e costruttive.
Dall’accurata conoscenza della fabbrica è possibile programmare l’iter
progettuale delle strategie di recupero o restauro in modo da evitare
interventi incompatibili con la struttura, che col tempo possano trasformarsi
in ulteriori forme di degrado.
La qualificazione del costruito rappresenta un momento iniziale di
appropriazione di tutte quelle informazioni multidisciplinari utili a definire le
strategie, sempre più dettagliate, che definiscano il progetto di recupero da
adottare, la successiva fase di diagnosi delle cause di degrado, ed infine la
predisposizione delle tecniche di intervento atte ad eliminare la fonte del
problema.
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Questa prima tappa fondamentale è da molti studiosi associata al modus del
medico diagnosta: egli, prima di prescrivere una qualsiasi cura, necessita
della conoscenza approfondita del paziente, da conseguire con opportune
visite ed analisi. Per analogia, nel recupero edilizio: l’approfondimento della
conoscenza, essendo un’operazione complessa, interrelata e multidisciplinare, non potrà
essere acquisita tutta in una volta, ma dovrà procedere per gradi. Pertanto, l’indagine
relativa ad un organismo edilizio rappresenta la prima fase per un qualsiasi intervento sul
costruito; essa è, quindi, finalizzata a determinare un’effettiva comprensione della
fabbrica in esame, effettuando una valutazione comparativa tra i diversi ambiti (storico,
architettonico, metrico-geometrico, tipologico, tecnologico, ecc.), che si integrano a
comporre un complesso quadro d’insieme, valutazione che interagirà nelle fasi successive
d’intervento
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1.1.1. IL PROBLEMA DELLA QUA LIFICAZIONE DEL PATR IMONIO EDILIZIO
ESISTENTE
La qualificazione dell’oggetto rappresenta un momento estremamente
delicato e cruciale per la buona riuscita di una campagna di recupero.
Conoscere significa reperire e mettere a sistema una moltitudine di
informazioni che attingono a numerose discipline anche molto lontane tra
loro. L’oggetto d’indagine non è analizzato dal mero punto di vista fisico, ma
entrano in gioco fattori storici, sociali, artistici, chimico-fisici, tecnici, che nel
loro insieme conducono alla definizione della nascita, crescita, sviluppo e
degrado dell’organismo edilizio.
La multidisciplinarietà non implica la conoscenza a fondo da parte del
professionista di ogni campo d’indagine; coinvolge piuttosto la sua capacità
di programmare un iter conoscitivo e progettuale che si serva di ogni
informazione utile alla definizione dell’oggetto.
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F. Lanzarone., Progettare il recupero edilizio, Dario Flaccovio editore, Palermo 2010
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Lavorare sull’esistente, tuttavia, comporta la costante presenza di un fattore
talvolta invalidante per le indagini: il grado di incertezza dell’organismo
edilizio. Purtroppo non è raro imbattersi in circostanze che inficiano la
completa qualificazione dell’organismo. Spesso la documentazione storica
risulta scarsa, danneggiata o addirittura andata perduta. Non poche difficoltà
possono insorgere, poi, durante il rilievo diretto del manufatto. La carenza di
informazioni scritte, unita all’impossibilità di recarsi fisicamente presso parti,
anche significative, dell’oggetto di indagine, potrebbero sfociare in un lavoro
parzialmente eseguito, poco consapevole e inadatto ad un corretto progetto
di recupero.
Nasce un vero e proprio problema della qualificazione del Patrimonio Edilizio
Esistente; per risolverlo sarà necessario far lavorare in sinergia l’esperienza,
la formazione multidisciplinare, l’ausilio di bibliografia storica e manualistica,
ed una corretta programmazione delle indagini.
Quest’ultima si è affinata con il tempo e con l’incessante implementazione di
tecniche conoscitive che, applicate in maniera ragionata sullo specifico
oggetto di studio, conducono ad una risoluzione della questione della
qualificazione.
L’iter progettuale non è ufficialmente normato; possiamo tuttavia
schematizzare alcune fasi salienti, che definiscono il modus operandi per
giungere alla conoscenza dello stato di fatto dell’organismo e del grado di
convenienza di eventuali interventi.
Il percorso d’indagine generalmente seguito, infatti, consta di passaggi con
livelli di approfondimento che crescono con gli obiettivi puntuali del
progetto. A seguito di ogni fase è possibile estrapolare i risultati e chiedersi,
ad esempio, se sussiste la necessità di proseguire le analisi o meno, o se
preferire un intervento di recupero alla demolizione (o viceversa).