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INTRODUZIONE
Non è esagerato affermare che dalla Seconda Guerra Mondiale l’intera
popolazione terrestre non aveva più vissuto una minaccia globale come quella
determinata dalla pandemia Sars Cov-2. Difficile da gestire per l’estensione temporale
(ormai sono trascorsi oltre due anni dalla sua individuazione e riconoscimento ufficiale
dall’Org. Mondiale della Sanità, nel gennaio 2020, e non se ne vede ancora la fine),
difficile per l’elaborazione di cure preventive e terapie (rispetto a un virus in continua
“variazione”), ma soprattutto difficile da affrontare dal punto di vista sociale, relazionale,
comportamentale (per gli effetti diretti e permanenti, i decessi e l’isolamento dei malati,
ma anche per tutti gli effetti indiretti, legati alle prescrizioni comportamentali,
all’isolamento preventivo e alle crisi sociali, culturali ed economiche conseguenti a
queste inevitabili ma destabilizzanti limitazioni o privazioni).
Come hanno vissuto gli adolescenti questo stravolgimento delle abitudini e delle
percezioni della realtà? “Non è andato tutto bene”, a differenza di quanto si ripeteva e si
esternava, come forma collettiva di auto-rassicurazione esorcizzante e ottimistico
mantra: le ricerche effettuate a livello mondiale e nazionale forniscono dati statistici
inequivocabili sull’impatto devastante del Cov-2 sulle componenti emotive,
comportamentali, cognitive. Non solo in relazione allo sviluppo di processi patologici
conclamati, ma più diffusamente e quasi impercettibilmente rispetto alla costruzione
identitaria, in una fase cruciale per la vita di ciascun individuo, come quella
adolescenziale: <<per lo sviluppo cerebrale, fisico ed emotivo, la pandemia e le
restrizioni sociali hanno rappresentato non solo un cambiamento radicale delle proprie
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abitudini, ma una vera e propria interruzione forzata e improvvisa dei loro progetti di
crescita>> (Vicari e Pontillo, 2022).
Ecco che la costruzione della Dimensione del Sé, lo sviluppo biologico e cognitivo
armonico, la proiezione temporale del Sé e l’orientamento al futuro entrano
prepotentemente in gioco, e le conseguenze pandemiche rischiano di avere in questo
senso una prospettiva molto più ampia e un effetto carsico, profondo ben oltre questi
anni di emergenza: l’incapacità di relazionarsi e amare l’altro, lo “sconosciuto e
l’incognito”, il ritiro sociale, la sfiducia nel futuro, l’abuso delle tecnologie digitali come
filtro verso il mondo, i comportamenti oppositivi sono solo alcuni dei temi che
cercheremo di affrontare come minacce per la costruzione adolescenziale del Sé, e che
sono in larga misura anche testimoniate dai racconti e dalle manifestazioni di richiesta
di aiuto.
Peraltro, proprio il fatto che gli adolescenti siano tra le principali vittime della
pandemia chiama inequivocabilmente i genitori, gli educatori, gli adulti significativi
(cargiver), gli operatori di supporto psicologico a costruire e attuare strategie di
resilienza, di sviluppo del pensiero e dei processi identitari, ad assumere in definitiva (in
modo forse più sistematico e diffuso di quanto non sia stato fatto ad oggi) un
fondamentale ruolo vicario e di supporto nell’attribuzione di significato a questi eventi
drammatici. Daremo a riguardo una panoramica delle iniziative e dei progetti educativi
sviluppati, degli obiettivi che ci si sta ponendo, delle sperimentazioni di nuovi modi di
fare assistenza, finalizzati in definitiva ad aiutare le nuove generazioni a guardarsi dentro
e a guardare al futuro positivamente, nonostante tutto.
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CAP.1- STATISTICHE E DATI EMERGENTI DELL’IMPATTO PANDEMICO
SUGLI ADOLESCENTI
1-Premessa
E’ indispensabile fornire innanzitutto una rappresentazione, seppur non risolutiva
né evidentemente definitiva, di alcune delle principali ricerche statistiche effettuate a
livello nazionale e internazionale nel corso del 2020 e 2021 sugli impatti della pandemia
sulla salute psichica degli adolescenti, considerando tali i giovani rientranti
convenzionalmente nella fascia di età tra i 12 e i 20 anni (secondo la teoria degli Stadi
della vita di Erikson (1966)).
Preliminarmente, è da sottolineare che i dati si riferiscono o ai primi lockdown del
2020 o, nei casi più aggiornati, al 2021; è inoltre una ricerca su un oggetto “in
compimento” e che si sta rinnovando costantemente, con tutte le difficoltà di analisi che
ne conseguono. Soprattutto tale oggetto, qualificato “Stress da Coronavirus”, appare
come una condizione del tutto nuova: << non si tratterebbe, infatti, di un disturbo da
stress post-traumatico […] ma di uno stress individuale-comunitario “non
convenzionale”, sospeso, subacuto, persistente, di una situazione stressante perdurante
che può evolvere in modi subdoli. […] La condizione di stress perdurante e di miscela
di stress non convenzionale, che non colpisce solo il presente ma dissesta il futuro (“furto
del futuro”), fanno dello stress da pandemia una condizione clinica del tutto nuova >>
(Biondi e Iannitelli, 2020).
A ciò si deve aggiungere che il provvedimento di chiusura delle scuole e
l’attivazione della Didattica a Distanza (DaD), adottato nel primo semestre del 2020, in
parte nell’autunno successivo e nei primi mesi del 2021 in gran parte dei Paesi del mondo
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(con più di 1,5 miliardi di bambini e adolescenti coinvolti), non ha una letteratura storica
di riferimento e quindi una qualche forma di guida sui probabili impatti
sull’apprendimento e sulla salute psicofisica. In particolare in Italia, le scuole primarie e
le scuole medie inferiori sono state chiuse per sette mesi consecutivi, mentre le scuole
secondarie per quasi un anno, dalla fine di febbraio 2020 alla fine di gennaio 2021
(Minozzi et al., 2021).
Considerate anche le ulteriori misure prescrittive di distanziamento sociale, la
popolazione giovanile appare tra le più colpite proprio per il venire meno di quel senso
di visione indeterminata e “invulnerabile” del futuro, della capacità di autodeterminarsi
e di relazionarsi che possono alimentare ansie e paure profonde, e mettere seriamente a
rischio la crescita evolutiva dell’adolescente (Santovecchi e Tumietto, 2021).
La portata di ciò è fornita, prima di svolgere una descrizione più analitica, da un
dato di sintesi su cui convergono diversi studi, che fornisce una comune visione
d’insieme sull’impatto devastante del Covid-19 sugli adolescenti: << uno su quattro, in
Italia e nel mondo, ha i sintomi clinici della depressione e uno su cinque quelli di un
disturbo d’ansia >> (Vicari e Pontillo, 2022), citando uno studio di Racine et al. (2021).
Valutazione analoga negli studi di Panchal del 2021, che evidenziano un sostanziale
raddoppiamento delle problematiche di salute mentale nei paesi europei, con dati italiani
che risultano allineati con quelli internazionali e le medesime -e drammatiche-
percentuali complessive, come richiamate da Santovecchi e Tumietto (2021).
2-Attività di ricerca sulle patologie
Una prima visione di maggiore dettaglio è fornita da una significativa ricerca
bibliografica su scala internazionale relativa al primo impatto del lock-down, svolta su
11 banche dati fino al 1° settembre 2020 (Minozzi et al., 2021). Sono stati inclusi 64
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studi, di cui 27 valutavano l’impatto sul benessere psicologico. Tutti gli studi sono stati
condotti durante la prima ondata della pandemia e hanno valutato gli effetti a breve
termine di misure di distanziamento, implementate per periodi relativamente brevi. La
maggior parte degli studi è stata condotta nel Regno Unito (37,6%) e in Cina (27%), ma
altri in Italia, negli USA, Turchia, Irlanda Giappone, Canada, Brasile e Bangladesh; il
42,3% degli stessi è stato giudicato di alta qualità metodologica dai ricercatori. Nel
merito:
a) rispetto ai suicidi, nello studio condotto nel Regno Unito sono stati inclusi
soggetti di età <18 anni e il confronto è stato effettuato fra il periodo 1° gennaio-maggio
del 2020 e lo stesso periodo del 2019. In entrambi i confronti si osservava un aumento
dei suicidi, benchè non raggiungesse la significatività statistica; lo studio inglese ha
inoltre analizzato i dati disponibili relativi alle possibili cause del suicidio e ha rilevato
che il 48% delle morti del 2020 risultava associato alla pandemia o alle misure restrittive.
Analoghi risultati venivano riportati nello studio condotto in Giappone, che includeva
soggetti di età minore di 20 anni ed effettuava un confronto fra i mesi di marzo-maggio
2020 e gli stessi mesi del 2018-2019.
b) Rispetto all’accesso ai Servizi psichiatrici, e analogamente per i casi di abuso e
maltrattamenti, la riduzione del tasso di ricoveri sia in Inghilterra (-40% rispetto al
triennio 2016-2019), sia negli Stati Uniti (-50% rispetto al 2019) veniva motivato in
modo plausibile dall’assenza del primo “sensore” di allarme e individuazione, cioè la
scuola.
c) Relativamente all’ansia e alla depressione, una indagine condotta in Cina su
9.554 ragazzi riportava che, complessivamente, il 19% dei ragazzi soffriva di disturbo
di ansia, di cui il 14,5% aveva disturbi di media intensità, il 3,1% di moderata intensità
e l’1,5% di intensità grave. Un studio svolto successivamente e condotto su 8.079 ragazzi
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cinesi riportava una prevalenza di ansia del 37,4% e di depressione del 43,7%. Il 31,3%
soffriva di entrambi i sintomi.
Una ricerca pubblicata nel 2021 negli Stati Uniti sugli adolescenti ospedalizzati,
tra aprile e settembre 2020, ha evidenziato una marcata correlazione tra ideazione
suicidaria (SI) tentativi di suicidio (SA) e fattori di stress (eventi speciali, problemi
finanziari, conflittualità familiari e cambiamenti delle condizioni di vita) conseguenti al
Covid -19, in aumento rispetto all’anno precedente (Thompson, Tommaso et al., 2021).
Il sondaggio, fatto sulla base di una batteria di questionari sulla salute mentale auto-
compilati con l’assistenza degli operatori sanitari, ha rilevato un tasso di SA passato dal
15,8% del 2019 al 24,6%, mentre il SI, collegato esplicitamente al Covid, è stato espresso
dal 47% degli adolescenti (non c’è evidentemente un dato di raffronto).
Sebbene questi studi abbiano il limite fondamentale di essere stati condotti durante
la prima fase di pandemia, con un periodo di osservazione limitato al primo semestre
2020, hanno contribuito a una revisione della letteratura internazionale (Loades et al.,
2020), << volta a valutare la relazione fra solitudine e problemi mentali in bambini e
adolescenti altrimenti sani >>. In particolare, la misura dell’isolamento sociale
(determinato dal lockdown e dalla chiusura delle scuole) viene valutato come fattore di
rischio di futuri problemi psicologici, includendo l’associazione più importante, con
disturbi di tipo depressivo, secondo una variabilità che dipende anche dalla durata
dell’isolamento (Minozzi et. al., 2021).
Considerando dati più aggiornati a livello nazionale, in particolare in riferimento
a quelli forniti per il Lazio (ma che ha un ben più ampio bacino di riferimento
extraregionale) dall’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma, tra la prima e la seconda
ondata pandemica (marzo-giugno 2020 e ottobre 2020-gennaio 2021), sono quasi
raddoppiate le richieste di aiuto e supporto neuropschiatrico, e il 61% ha riguardato