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Ma quali sono esattamente i motivi per cui si guarda con tanta preoccupazione
alla presenza così consistente degli anziani nella società?
Il concetto di dipendenza riassume in sé le ragioni di tali preoccupazioni: la
popolazione anziana è inattiva sul mercato del lavoro ed è maggiormente esposta al
rischio di non autosufficienza, quindi dipendente dai familiari, dal sistema
pensionistico, dal sistema dei servizi sociali e sanitari.
Un problema che si pone, poi, per gli anziani confinati nella propria abitazione
è quello di fornire un livello di prestazioni sociali e sanitarie in grado di soddisfare un
bisogno di assistenza regolare e continuativa, che non sempre può essere garantito
dai responsabili di cura familiari.
II Determinanti della perdita di autosufficienza
I fattori che possono portare un soggetto anziano alla non autosufficienza possono
essere così rintracciati:
- disturbi della memoria e dell’orientamento: le demenze rappresentano un
importante problema sanitario e sociale, che, considerato il progressivo
invecchiamento della popolazione, è destinato ad avere un peso sempre
maggiore;
- vista udito, masticazione e comunicazione: la situazione per quanto riguarda la
vista e l’udito si aggrava rapidamente oltre i 75 anni, i problemi di udito sono
maggiori rispetto a quelli della vista, con evidenti problemi legati alla sfera
comunicativa;
- appetito e peso: nei soggetti in età avanzata la perdita di appetito e di peso
può essere indice di problemi di salute fisica o psicologica;
- muscolatura: valutare il trofismo ed il tono muscolare è importante. Negli
anziani è frequente una ipotrofia muscolare, conseguente a malnutrizione,
ipocinesia, patologie croniche. Il tono muscolare tende ad aumentare. La forza
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muscolare si riduce. La valutazione della forza mediante dinamometro viene
considerata parametro predittivo di autosufficienza;
- attività fisica degli anziani: una buona attività fisica modifica i rischi di
morbilità e mortalità e gioca un ruolo importante nella prevenzione delle
cadute;
- cadute: le cadute nell’età avanzata sono un evento generalmente da
considerarsi grave, sia per le possibili conseguenze di ordine traumatico (come
fratture, traumi cranici), sia per le ripercussioni di ordine psicologico. Queste
ultime sono caratterizzate dall’insicurezza e quindi dalla tendenza ad un
progressivo isolamento, alla riduzione delle attività quotidiane e dei rapporti
interpersonali;
- presenza di malattie croniche e comorbilità: morbo di Alzheimer, sclerosi
multipla, malattie cardiovascolari gravi, ictus, infarto miocardico, malattie
polmonari croniche e cancro sono determinanti nel causare perdita di
autosufficienza;
- presenza di specifiche patologie neurologiche: Parkinson, emiplegia
1
, sindrome
pseudobulbare
2
, varie forme di atassia
3
, altre più aspecifiche (per il concorrere
di varie turbe neurologiche e muscolo-scheletriche), ecc..
In geriatria la misura della autosufficienza viene effettuata con strumenti
validati ed ormai universalmente accettati.
Si valutano:
ξ le Basic Activities of Daily Living
4
, cioè le attività basilari della vita quotidiana
(muoversi, vestirsi, lavarsi, espletare le funzioni fisiologiche, mangiare);
1
La emiplegia è un deficit motorio che può essere dovuta a varie cause: vascolari (ictus o emorragia),
traumatiche, tumorali, degenerative, infettive e malformazioni.
2
Si fa riferimento ad un complesso di sintomi determinati da deficit delle funzioni del bulbo spinale,
disturbi di tipo piramidale, deambulazione “a piccoli passi”, disartria (disturbo dell'articolazione della
parola) e disfagia (difficoltà a deglutire sia cibi solidi che liquidi). La sintomatologia bulbare non è
dovuta a lesione dei nuclei bulbari, ma all'interruzione bilaterale delle fibre cortico-bulbari
3
L'atassia (dal greco ataxiā, disordine) è un disturbo consistente nella progressiva perdita della
coordinazione muscolare che quindi rende difficoltoso eseguire i movimenti volontari
12
ξ le Instrumental Activities of Daily Living, cioè le attività della vita quotidiana
che richiedono una certa abilità nell’uso di strumenti, quali l’uso del telefono e
dei mezzi di trasporto, fare la spesa, preparare i pasti, eseguire i lavori
domestici, assumere correttamente i farmaci e gestire il denaro.
In genere si considera perdita dell’autosufficienza l’impossibilità fisica, totale e
permanente, derivante da qualsiasi causa (infortunio e/o malattia), di poter compiere
autonomamente le principali azioni del vivere quotidiano.
Nel caso in cui la perdita dell’autosufficienza sia conseguenza di un infortunio
subito in ambito lavorativo o di una malattia professionale, sarà l’Inail a intervenire a
tutela del lavoratore con la corresponsione di un assegno mensile – assegno per
assistenza personale e continuativa – in aggiunta alla rendita Inail.
Nel caso in cui la perdita dello stato di autosufficienza non derivi da infortunio
occorso in ambito lavorativo o da malattia professionale allora sarà l’Inps a
intervenire con l’erogazione di un’indennità di accompagnamento
5
, in aggiunta alla
pensione.
III Obiettivi di ricerca
Oggetto del presente caso di studio è indagare la tipologia e le caratteristiche degli
strumenti di offerta attivati da tre ASL italiane, una del nord (ASL Provincia di Milano
3), una del centro-nord (AUSL di Piacenza) e una del sud (ASL di Brindisi).
4
Per una più approfondita analisi si veda il Capitolo 3.
5
L’indennità di accompagnamento è una prestazione di natura assistenziale a cui hanno diritto gli
invalidi civili totali, cioè coloro a cui è stato riscontrato un grado di invalidità permanente del 100%,
riconosciuti altresì non in grado di camminare senza l’aiuto di un accompagnatore e bisognosi di
assistenza continuativa. Il riconoscimento dell’invalidità spetta alle Regioni, che verificano i requisiti
sanitari attraverso Commissioni mediche istituite presso le aziende sanitarie locali (ASL). In linea
generale, l’Inps ha solo il compito di provvedere al pagamento mensile dell’assegno e a effettuare le
eventuali verifiche sanitarie dell’invalidità civile successive al suo riconoscimento.
13
L’obiettivo del caso è quello di intercettare, ove possibile, le determinanti che
hanno portato all’attuale configurazione del sistema di offerta delle tre ASL rivolta
agli anziani non autosufficienti di età superiore a 75 anni.
A tal proposito si sono esclusi dall’analisi gli interventi promossi direttamente
dai Comuni, dalle Regioni, da Inail e Inps e da qualsiasi altro soggetto pubblico che
non sia la ASL.
Analiticamente lo sviluppo logico del presente lavoro avviene attraverso i
seguenti passaggi:
a. dopo aver definito i concetti di bisogno, domanda e consumo in sanità, si
passeranno in rassegna diversi contributi teorici che spiegano la formazione
dell’offerta in sanità (capitolo 1);
b. analisi dei possibili interventi che possono configurare l’offerta di servizi socio
sanitari delle ASL a favore degli anziani non autosufficienti (capitolo 2);
c. definizione delle metodologie utilizzate per analizzare e descrivere i casi di
studio (capitolo 3);
d. presentazione delle reti di offerta di servizi socio sanitari agli anziani non
autosufficienti delle tre ASL oggetto di studio (capitolo 4);
e. descrizione e analisi dei risultati d’offerta delle tre ASL in relazione ai contributi
teorici dando uno sguardo alla non autosufficienza in Europa (capitolo 5).
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CAPITOLO 1
Driver esplicativi del welfare mix
1.1 Bisogno, Domanda, Consumo in sanità
Nel settore socio sanitario è importante distinguere i concetti di bisogno, di domanda,
di consumo (Berki, 1972; Becker, 2001) e di offerta.
Iniziamo proprio da quest’ultimo concetto. Per offerta non deve intendersi il
fine ultimo di un sistema socio sanitario, bensì lo strumento attraverso cui
raggiungere il “prodotto finale”. Il prodotto effettivo (o finale) in questione è
rappresentato dal miglioramento dello stato di salute dei pazienti o, se si preferisce,
dall’apporto che l’attività sanitaria fornisce nel tentativo di evitare riduzioni nello stato
di salute (Clerico, 1984).
Secondo Berki (1972), quando un individuo percepisce che il proprio stato di
salute sia inferiore a quello atteso, si concretizza lo stato di bisogno sanitario: il
paziente presenta dei sintomi, dei segni che lasciano presumere un’anomalia.
Il soggetto può decidere di non intervenire, accettando implicitamente un
deterioramento delle proprie condizioni oppure intervenire in modo autonomo
(automedicazione) o infine sottoporsi a visite specialistiche e decidere quindi di
acquisire medicine.
Nella realtà, la carenza di informazioni e la conseguente inadeguatezza nel
processo di valutazione delle proprie condizioni di salute, spingono l’individuo a
ricorrere a personale competente. Il passaggio dalla percezione dell’insoddisfazione
(bisogno) alla concretizzazione della scelta di intervenire, fa si che il bisogno sia
trasformato in domanda, di informazioni o di aiuto; in effetti, l’individuo manifesta al
medico la propria sensazione di bisogno e quest’ultimo, dopo averla valutata, decide
15
se il processo deve interrompersi o continuare, ricorrendo al consumo di prestazioni e
servizi socio sanitari (visite, farmaci, ricoveri, ecc..).
Nel migliore dei modi possibili ogni bisogno dovrebbe diventare domanda
esplicita e attivare una prestazione e quindi un suo consumo. Nel mondo reale,
invece, non tutti i bisogni si trasformano in domanda; molta domanda è
inappropriata e non corrisponde ad alcun bisogno o corrisponde a un bisogno
differente rispetto alle prestazioni richieste e alcune domande esplicite non vengono
soddisfatte e quindi non risultano correlate al consumo.
Non è negli scopi del presente lavoro indagare sui fattori che influenzano le
possibili scelte di un individuo, ma si vuole osservare piuttosto il tema da un’altra
prospettiva, ossia cercare di individuare i fattori che influenzano l’offerta dei servizi
socio sanitari cui l’individuo può fare ricorso per soddisfare il proprio bisogno di
salute.
Seguendo questa prospettiva, nelle prossime pagine si passeranno in rassegna
alcuni contributi, anche teorici, che potrebbero essere d’aiuto nella definizione delle
determinanti del welfare mix. È da sottolineare come possono essere diverse le
determinanti che intervengono per configurare un sistema di offerta del mix di
interventi; per tale motivo, i contributi seguenti, non sono escludibili a vicenda, ma
anzi posso interagire tutti contemporaneamente.
1.2 Profili di evoluzione della struttura dell’offerta
Un primo contributo che si analizza è quello relativo all’evoluzione della struttura
dell’offerta secondo cui, nel settore socio sanitario è l’offerta che trasforma il bisogno
in domanda e non il contrario: non esiste la domanda in sé che possa essere
orientata, è l’offerta che crea e orienta direttamente la domanda. Pertanto, il governo
della domanda, non indica unicamente l’indirizzo degli utenti verso determinate
scelte, ma si collega direttamente al governo dell’offerta, le cui strutture sono in ogni
caso capaci di creare tutta la domanda che ritengono opportuno soddisfare.
16
Questo ha sicuramente ripercussioni sulla programmazione, che può infatti
avere una doppia focalizzazione: un focus sulle strutture di offerta per definirne
volumi e mix di produzione coerenti ai fattori produttivi disponibili, in base a un certo
tasso di efficienza e di produttività attesa, e un focus sull’analisi della coerenza tra
bisogni e consumi (che coincidono con la produzione) per verificare l’appropriatezza e
la priorizzazione sociale.
Qualche esempio chiarificatore.
Se una determinata struttura presenta un tasso di occupazione dei posti letto
pari al 70% della propria capacità “ricettiva” (o meglio produttiva), si cercherà di
incrementare tale tasso, attraendo nuovi pazienti (e non cercando di eliminare
l’offerta in eccesso); oppure ci si potrebbe non preoccupare tanto del tasso stesso o
dei volumi di produzione, ma piuttosto del livello di appropriatezza della produzione
e, in alcuni casi, ci si potrebbe indirizzare verso una riduzione della stessa e quindi
una riduzione della saturazione dei fattori produttivi disponibili: banalmente si
potrebbe pensare di indirizzare verso altre forme di intervento (ADI, centri diurni) i
pazienti che non necessitano in assoluto di essere ricoverati in una struttura
residenziale ad alto livello di specialità.
Seguendo questa prospettiva ed estremizzandola, si potrebbe ipotizzare che,
in assenza di strutture capaci di produrre ed offrire prestazioni e servizi sanitari e
socio sanitari, la domanda sarebbe pressoché inesistente (o meglio, rimarrebbe
inespressa). Questo naturalmente non significa che il bisogno stesso sia inesistente,
ma piuttosto che il bisogno venga espresso, ma che sia il medico a non permettere
che lo stesso sia trasformato in domanda, perché sa già che non esiste sul mercato
alcuna offerta di salute che possa essere consumata al fine di soddisfare quel
determinato bisogno.
Nel mondo reale ciò potrebbe anche non essere perfettamente così. Il bisogno
potrebbe essere espresso in domanda, e la domanda potrebbe comportare il
consumo di un qualche servizio sanitario; ma poiché non esistono servizi tali da
permettere il pieno soddisfacimento del bisogno, si rischierebbe di ricadere
nell’inappropriatezza della prestazione. Inappropriatezza intesa sia come inutilità
17
della prestazione, in quanto non rispondente al bisogno, sia come privazione del
consumo di quel servizio da parte di un utente cui gioverebbe meglio la prestazione
stessa, e magari l’indirizzamento di quest’ultimo verso servizi anche per lui
inappropriati.
A conferma di tutto ciò c’è la possibilità per i produttori di indurre una tipologia
e una quantità di domanda coerente alla propria capacità produttiva, talvolta a
prescindere dai reali bisogni dei cittadini, a volte in buona fede, altre per
comportamenti opportunistici degli erogatori in cui viene indotta domanda utile
soprattutto a esaurire la propria capacità produttiva oppure vengono trascurati i
bisogni rispetto ai quali non si detiene la necessaria competenza o forza erogativa.
Per di più il medico dipendente da un ente ospedaliero, pubblico o privato,
ricopre un doppio ruolo: infatti oltre ad essere l’“agente” del paziente opera anche
per conto dell’amministrazione ospedaliera da cui dipende e può quindi essere
portato a aumentare il numero di prestazioni o di DRG per favorire l’azienda stessa.
Si tratta della ben nota induzione della domanda da parte dell’offerta, che può
investire anche il singolo professionista che opera in regime libero professionale.
Questa dinamica fa sì che si debba intervenire soprattutto sul versante
dell’offerta per governare efficacemente la domanda.
Altro tema importante e attuale è la libertà di scelta dei pazienti.
Sia se per libertà di scelta viene intesa l’autonomia in testa all’utente di optare
per un erogatore piuttosto che un altro (dopo, per esempio, che sia stato il medico di
medicina generale a permettere la trasformazione del bisogno in domanda), sia se si
intende l’assoluta indipendenza del paziente di richiedere ed ottenere tutte le
prestazioni che desidera, a prescindere da un eventuale parere di congruità e
appropriatezza della struttura di erogazione, si può collegare il tema del governo
dell’offerta, poiché sono sempre i professionisti della struttura sanitaria, in ultima
istanza, a determinare le prestazioni necessarie; e queste ultime rientrano all’interno
della programmazione (nazionale o regionale) sia dal punto di vista delle dotazioni
infrastrutturali, sia dal punto di vista dei volumi e dei mix di prestazioni.