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INTRODUZIONE
Il lavoro presentato è frutto dello studio sulla popolazione Romanì, e degli
interventi che si sono attuati a favore di questo popolo.
La tesi nasce dalla voglia di conoscere il popolo Romanì, così
affascinante, ma oggetto di molti pregiudizi. Tante volte, infatti, si sente parlare
dei rom e spesso il parlare si dirige verso gli aspetti negativi che li
contraddistinguono.
Le motivazioni, sopradescritte, hanno portato chi scrive ad iniziare un
percorso di conoscenza verso questo popolo, ma soprattutto ad entrare a far
parte da maggio 2011 del progetto dell’Area sanitaria della Caritas Diocesana di
Roma: “Costruire nell’emergenza:percorsi di orientamento sanitario “con” e “per” i
Rom” in qualità di volontaria; anche con la consapevolezza che chi intraprende
un percorso di studi come quello dell’Assistente sociale, deve cercare di avere
meno pregiudizi possibili, per poter lavorare nella massima obiettività ed
oggettività.
Il lavoro è diviso in tre capitoli: il primo descrive la storia, le principali
caratteristiche socio-demografiche ed i bisogni esistenziali del popolo Romanì;
il secondo capitolo è uno studio sugli interventi che sono stati fatti a loro favore
a livello europeo e nazionale; il terzo invece è la descrizione del progetto
dell’Area Sanitaria della Caritas Diocesana di Roma, progetto che lavora presso
il Comune di Roma, negli gli insediamenti spontanei.
Nelle conclusioni viene infine messo in evidenza il ruolo dell’assistente
sociale per la realizzazione di percorsi di aiuto all’interno di varie strutture. Si
sottolinea l’importanza del rapporto di fiducia per la realizzazione di progetti
di aiuto, anche in relazione all’esperienza del progetto “Costruire nell’emergenza:
percorsi sanitari “con” e “per” i Rom” dell’Area Sanitaria della Caritas Diocesana
di Roma.
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Partendo da una vera conoscenza di queste persone e da un rapporto di fiducia
instaurato nel tempo, l’assistente sociale può divenire una figura ponte tra le
istituzioni ed la popolazione autoctona e i cosiddetti ‘Zingari’, coinvolgendoli
attivamente e rendendoli protagonisti di un qualsiasi intervento a loro favore.
In campo sanitario l’assistente sociale può svolgere una funzione di
orientamento e di accompagnamento, favorendo in tal modo la continuità degli
interventi assistenziali e divenendo così un nodo importante di quel lavoro di
rete necessario per agire sull’ampio raggio di determinanti sociali che
influenzano la salute degli individui.
L’intervento sanitario, e la fruizione autonoma dei servizi sanitari possono
essere considerati i punti di partenza per un vero processo di inclusione sociale,
come descritto nel recente Piano Nazionale per l’inclusione dei Rom, Sinti e
Caminanti, approvato dal Consiglio dei Ministri il 24 febbraio 2012.
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1. IL CONTESTO DI RIFERIMENTO
… Ora alzatevi spose bambine
che è venuto il tempo di andare
con le vene celesti dei polsi
anche oggi si va a caritare
e se questo vuol dire rubare
questo filo di pane tra miseria e sfortuna
allo specchio di questa kampina
ai miei occhi limpidi come un addio
lo può dire soltanto chi sa di raccogliere in bocca
il punto di vista di Dio …
Korakanè (a forza di essere vento), F. De Andrè
Parigi, Laura Russo, per gentile concessione
1.1 Il popolo Romanì e le sue origini
Le origini del popolo Rom e Sinto sono antichissime. La loro cultura è
prevalentemente orale, motivo per cui è difficile ricostruire con esattezza la loro
storia. Quello che si sa su loro e sui rispettivi spostamenti lo dobbiamo agli
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studi linguistici e
filologici, nonché alle
testimonianze che
troviamo nelle
storiografie, nelle
leggende e nei racconti
dei paesi interessati al
loro passaggio
(Narciso, 1990).
Alla fine del 1700
studi di linguistica comparata avanzano l’ipotesi che la lingua Romanès derivi
da parlate popolari vicine al sanscrito e che sia quindi originaria dell’India del
nord ovest. A tale proposito François de Vaux de Foletier afferma: “La maggior
parte degli indianisti fissano la patria dei Rom-Sinti nel Nord-Ovest dell'India e,
insieme, li collegano alla casta dei paria. Questo in parte a causa del loro aspetto
miserabile […]; in parte a causa dei mestieri subalterni e spesso disprezzati,
esercitati nell'India contemporanea da Indiani che sembrano essere loro
strettamente parenti” (De Foletier 2010).
Sulla base dei mutamenti linguistici si ricostruisce il percorso migratorio
dei rom sviluppatosi per ondate successive a partire dall’VIII-IX sec d.C. Le
cause di queste ondate migratorie sono sconosciute; probabilmente guerre e
motivi economici costrinsero questi popoli a spostarsi.
Causa del primo spostamento fu l’invasione dell’India avvenuta tra il
1001-1027 da parte dell’imperatore Mahmud Ghazni (da cui Gaggè)
1
. Nel 1056
in Grecia venne annotato da un monaco del monastero Iviron, sul monte Athos,
il passaggio di “nomadi, maghi, indovini e incantatori di serpenti”, denominati
Atsingano, che erano soliti insediarsi tra le rovine di castelli abbandonati,
oppure in capanne, creando piccole comunità chiamate Gyphtokastra (Narciso,
1990).
1
Nella lingua romanes o romanì il termine gagè sta ad indicare i non Rom.
Figura 1 illustrazione dei movimenti migratori del popolo
Romanì (Ricordy 2011)
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Nella seconda metà del XIV secolo con l'espansione dei Turchi ottomani,
Rom e Sinti si allontanarono dalla Grecia, dove vissero per circa tre secoli, e si
dispersero nei Balcani.
Si ipotizza che questo popolo sia arrivato in Europa passando per
l’Armenia e l’Impero Bizantino, per l’Anatolia e i Balcani. In Spagna arrivarono
passando per l’Egitto (da cui Gypsis) e per i paesi dell’Africa del Nord; con le
deportazioni e la diaspora dei sec. XVII-XVIII-XIX raggiunsero le Americhe e
l’Australia, disperdendosi in tutti i continenti; ogni migrazione, infatti,
prevedeva che una parte del gruppo si stabilizzasse.
Ad oggi la stima del Popolo Rom e Sinto è di circa 12.000.000 presenti nel
mondo, in Europa tra i 8.000.000 e i 10.000.000, in Italia tra i 120.000 e 170.000, di
cui 70.000 sono cittadini italiani (Ricordy,
2011).
Gli zingari, apparentemente
immuni al progresso, vivono in un eterno
Adesso, in un perpetuo ed eroico
presente, come se avessero scelto di
vivere al margine della storia (Yoorks,
2008).
Il popolo Zingaro, meglio definito
come popolo Romanì, è il Popolo di una nazione transnazionale, senza
territorio, costituito da un mosaico di gruppi e sottogruppi differenti uniti da
un’origine comune:
Geografica: tutte le popolazioni romanì discendono da un’unica etnia
proveniente dall’India del Nord.
Linguistica: tutti parlano la lingua romanès, derivata dal sanscrito e
mantenuta gelosamente segreta, che nei secoli ha dato origine a
numerosi dialetti.
Culturale: condivisione di alcuni aspetti culturali quali la struttura
sociale, la dimensione simbolica, lo spirito nomade.
Figura 2 rappresentazione grafica della società
Romanì (Ricordy 2011)
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L’organizzazione sociale dei Rom è estremamente fluida e possiede una
grande vitalità interna. La coesione e la solidarietà interna della comunità
zingara si basano sulla famiglia, nucleo fondamentale della società. La famiglia
è l’insieme solidale e indivisibile, l’individuo è visto solo come parte di essa. I
ruoli all’interno di questa sono ben definiti: la donna ha un ruolo economico, un
ruolo educativo ed un ruolo di collegamento con la tradizione; i bambini sono
quelli che fondano la famiglia, (che è realmente tale solo nel momento in cui
nascono i figli); l’uomo è il capo famiglia, colui che gestisce le relazioni sociali,
il tutore del prestigio della famiglia stessa. L’organizzazione sociale del popolo
Romanì si articola in più livelli identitari definiti dalle relazioni tra i gruppi
come matrimoni, alleanze, conflitti. Questo insieme dà origine alla trama
dell’identità Romanì. La ridefinizione continua dei confini relazionali e degli
equilibri attraverso accordi e matrimoni, fa sì che ci sia una costruzione di reti
di solidarietà, definita nella loro lingua viene kumpania. Un’identità
estremamente mobile che si aggrega e disperde a seconda dell’annodarsi e dello
scioglimento delle alleanze e del mutare dei rapporti di interesse, mantenuti in
collegamento tra loro attraverso una rete di contratti segreti. Il mosaico della
società diventa così un caleidoscopio poiché le trame segnate dalle relazioni si
ricombinano ogni volta in diverse configurazioni. L’organizzazione sociale
diventa organizzazione politica. La popolazione zingara ha difeso la propria
identità culturale costruendo un elaborato sistema di schemi protettivi che
spesso li fanno apparire il contrario di ciò che sono(Yoorks, 2008).
L’accattonaggio, praticato dalla maggior parte dei bambini e da tutte le
donne, è una delle maggiori fonti economiche. Il lavoro non è visto come una
necessità, ma come uno scopo che deve lasciare l’uomo libero di poter gestire il
suo tempo. La famiglia è vista come un’unità economica e per questo tutti
partecipano all’accrescimento della “ricchezza”. In linea generale considerano il
mondo dei Gagè (la parola con cui i rom indicano tutti quelli che non sono
zingari), nel suo complesso, come un patrimonio pubblico.
Negli ultimi decenni i rom tendono sempre più alla sedentarizzazione; il
nomadismo come stile di vita è adottato o abbandonato a seconda delle
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opportunità offerte dal contesto autoctono. Il nomadismo come stato mentale
implica un pensiero e una cognizione di spazio e tempo particolari, infatti ai
giorni d’oggi i rom si spostano per problemi economici, sociali o istituzionali
(sgomberi degli ultimi anni).
La sopravvivenza del popolo e della cultura rom esiste grazie alla
continua ridefinizione dei confini simbolici tra mondo Rom e mondo non rom.
A partire da questa “opposizione flessibile” nasce e si sviluppa l’identità
culturale romanì che rielabora elementi esterni e influenze della società
ospitante, riconducendoli sempre a un ordine socio culturale coerente e dotato
di senso.
D’altra parte la possibilità di emancipazione economica è scarsa e il
sistema tende a penalizzare le categorie più svantaggiate che vengono
facilmente assorbite nei circuiti criminali. Oggi comunque cominciano a vedersi
i primi segni del processo adattivo: la scuola, l’età dei matrimoni più elevata,
l’incremento di nuove attività lavorative (riciclo di metalli, vendita dell’usato,
svuotamento di cantine e manutenzione del verde) consentono un loro
maggiore inserimento nella società.