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L’identità non è un pezzo da museo, calmo e
tranquillo nella teca di vetro, ma la stupenda
sintesi, che ogni giorno si compie
delle nostre contraddizioni.
(Galeano Edoardo, Il libro degli abbracci,
Bompiani, Bologna, 2000, pag. 111).
Introduzione
La dissertazione che qui presento, più che sostenere una “tesi”, intende fare il punto sul
dibattito interno alle scienze socio-antropologiche circa la questione identitaria, focalizzandosi sugli
aspetti connessi all’appartenenza religiosa. L’identità è, infatti, antropologicamente un concetto
troppo aperto per poterlo incastrare in un facile nozionismo classificatorio, perché, se per un verso
appare chiaro e innocuo, per un altro, si rivela anche subdolo e pericoloso. “Di identità si può anche
morire” diceva Bauman. Di identità può morire una comunità, un paese l’umanità, la democrazia e
finanche il buon senso. Della parola “identità” sono pieni i giornali, i discorsi dei politici, i libri, le
riviste. La parola “identità” è divenuta un passe-partout buono per tutte le occasioni, tanto facile da
utilizzare quanto accattivante. L’identità è una sorta di “coperta di Linus” che ci piace portare con noi
in questo tempo complesso. Non sappiamo che cosa sia più la destra e la sinistra, il maschile e il
femminile, l’essere adolescenti o adulti, cattolici o buddisti, ma sappiamo (o pensiamo di sapere) che
cosa sia l’identità. Per questa ragione, ho pensato questa ricerca più come un tentativo di fare il punto
sulla questione piuttosto che l’occasione per afferrare qualcosa di troppo scivoloso e, insieme,
nebuloso.
La tesi, così, presenta tre capitoli. Nel primo introduco la questione dell’identità nel dibattito
antropologico e sociologico. Nel secondo analizzo la sua natura plurale, relazionale, fittizia e il suo
essere costruzione sociale. Analizzerò inoltre il suo rapporto con l’alterità, con il meticciato e mi
soffermerò in particolare sul concetto di identità etnica e culturale. Nel mio lavoro viene dato largo
spazio alle analisi di antropologi come Remotti, Fabietti, Aime che sottolineano il pericolo insito
nell’abuso del concetto di identità (identitarismo e razzismo).
Nel terzo capitolo, poi, specificatamente analizzerò l’identità e l’appartenenza religiosa, cercando di
chiarire che cosa possiamo intendere con identità religiosa, ponendone in evidenza alcune derive
negative come il fondamentalismo. Va detto che la tematica è vastissima e il lavoro presentato vuole
indicare solo la strada di un possibile cammino di ricerca, nell’intento di sollevare domande più che
di offrire risposte, cercando di posizionare le questioni in chiave antropologica.
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Ciò che appare evidente da questo lavoro è la rilevanza del tema identitario e i pericoli insiti in una
eccessiva sottolineatura di termini quali identità, radici, tradizioni, popolo etc. Concetti che sono
divenuti programma politico di una destra identitaria che si è radicata velocemente in tutta Europa.
Il senso di questo lavoro è quindi di analizzare e riflettere sul concetto dell’identità con un approccio
antropologico e di soffermarsi (cap. III) in particolare sull’identità religiosa. La scelta di una tale
curvatura nella ricerca è stato fatto, non soltanto perché si trattava di una ricerca nell’ambito del Corso
di specializzazione in Scienze Religiose, nella disciplina Antropologia delle religioni, ma anche e
soprattutto perché sono convinto che “se l'identità è cosa morale e spirituale, è impossibile che non
c'entri la religione”
1
.
1
Vedi M. Pera, Siamo in tempo a difendere la nostra identità? Incontro a Padova promosso dall'Associazione
Padovadomani e dall'Associazione Antenore, 20 Aprile 2007. Tratto da: marcellopera.it/salastampa/interventi
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I. IL CONCETTO DI IDENTITÀ NEL DIBATTITO ANTROPOLOGICO
CONTEMPORANEO
Il capitolo vuole presentare il dibattito contemporaneo sul concetto di identità in una prospettiva
antropologica. È nota la rilevanza che ha assunto in questi anni la questione identitaria nella
discussione pubblica. Il concetto è passato da una visione statica a una dinamica e costruttivista.
L’identità non è un’entità o una struttura, ma una realtà costruita, ricercata, inventata.
I.1 La questione identitaria nell’ambito del nostro tempo complesso
Da alcuni anni nel dibattito pubblico e nei numerosi saggi in materia è centrale la questione
dell’identità.
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C’è da una parte chi invita alla difesa dell’identità
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, e suggerisce una riscoperta delle
tradizioni e un recupero degli valori passati
4
e chi invece ha un atteggiamento critico verso l’identità
e ne mette in evidenza il suo carattere fittizio.
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In questi anni il tema delle varie forme di identità è “esploso nella letteratura antropologica e nelle
preoccupazioni dei politici e dei media”. Esso si occupa della progressiva importanza attribuita dai
diversi attori sociali alle caratteristiche del proprio gruppo sociale, nei confronti degli altri gruppi.
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La questione dell’identità
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costituisce un “rompicapo tra i più intriganti”, una sfida aperta. L’identità
è un argomento di scottante attualità, un problema, “un compito non ancora realizzato”, “un appello”,
2
Secondo Francesco Remotti l’emergere dell’interesse per l’identità comincia ad affiorare quando nelle scienze umane
scemano le impostazioni universalistiche, e l’attenzione si sposta verso contesti locali e particolari. Vedi L. Arcari,
Identità collettive, identità etniche, identità religiose. Elementi per una trattazione nella prospettiva della longue durée
(tra antichità e medioevo), Reti Medievali Rivista, 16, 1 (2015) <http://rivista.retimedievali.it>.
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La difesa dell’identità, ci fa notare Remotti, è diventato anche un tema di sinistra, da quando Renzi rivolgendosi agli
immigrati ha affermato: “chi viene qui deve fare i conti con la nostra identità. Che è innanzi tutto identità culturale, civile,
sociale, spirituale” (le radici cristiane dell’Europa). Egli afferma infatti che “la parola identità è una parola positiva, non
negativa”. La mancata menzione delle radici cristiane nei testi fondativi dell’Unione Europea ha rappresentato “un tragico
errore”, in quanto “ha nascosto la nostra identità”, ovvero “quello che siamo dal punto di vista oggettivo della cultura
continentale” generando una babele di differenze. È proprio la difesa dell’identità, il “dialogo aperto e trasformativo” che
ci apre alla contaminazione. Vedi F. Remotti (a cura di), Somiglianze. Una via per la convivenza, Editori Laterza, 2019,
Roma – Bari, introduzione.
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Vedi ad esempio Giovanni Paolo II, Memoria e identità, Rizzoli, Milano, 2005, in cui il papa difende concetti quali
memoria, tradizione, patria, nazione e identità. Vedi inoltre M. Pera, Perché dobbiamo dirci cristiani, con una Lettera-
prefazione di J. Ratzinger (Benedetto XVI), Mondadori, Milano 2008.
5
F. Remotti, Contro l’identità, Editore Laterza, Roma - Bari, 2001 e F. Remotti, L’ossessione identitaria, Editori Laterza,
Roma - Bari, 2010.
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A. Colajanni, La rappresentazione identitaria come “fatto sociale” prefazione in: L. Pandolfi, Caleuche. Gente
trasformata, gente che si trasforma. Rappresentazioni identitarie dei Williche di Chiloé, Armando Editore, Roma, 2013,
p.11.
7
Secondo Maalouf l’identità “è ciò che fa sì che non sia identico a nessun’altra persona”. Vedi A. Maalouf, L’identità,
Bompiani, Milano, 2005, p.18.
6
“un dovere e un incitamento ad agire”
8
.
La questione identitaria nella discussione pubblica è divenuta estremamente rilevante, se non una
ossessione che catalizza le ansie e i sentimenti di insicurezza di una società precaria, spaesata,
smarrita.
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L’identità, afferma Bauman, “è un grappolo di problemi piuttosto che una questione unica” e ci si
rivela “come qualcosa che va inventato piuttosto che scoperto; come il traguardo di uno sforzo, un
obiettivo, qualcosa che è ancora necessario costruire da zero … qualcosa per cui è necessario
lottare”
10
.
I fautori della difesa dell’identità sostengono che la “rimozione di ogni tensione identitaria è un
atteggiamento erroneo, e potenzialmente catastrofico”. Inoltre si afferma che “fare a meno di questa
dimensione tacita è un’illusione.” “Nessuna legge o regola funziona da sola, se i cittadini non
partecipano in quanto investiti di un’identità collettiva.”
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“L’esigenza identitaria è tanto ineludibile quanto sensibile a degenerazioni”. A monte di questa
tendenza sta un fraintendimento dell’idea di identità, che viene concepita come “qualcosa di statico e
retrospettivo-nostalgico, dimenticando che ogni identità storica degna di memoria
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è stata
caratterizzata sì dalla coltivazione di quanto ereditato, ma in vista dell’assimilazione del buono
altrui”.
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La crisi dell’identità ha indotto il passaggio da una visione predefinita a una visione
dinamica; da concezioni pregiudiziali e unitarie a una aperta, posta tra il locale e l’universale.
In tale contesto, l’identità e la sua formazione è divenuta piuttosto problematica. Sia a livello
individuale che a livello di gruppo, di nazione e di civiltà, l’identità sembra costituire il “tentativo
talvolta eroico di salvazione rispetto all’inesorabilità del flusso e del mutamento”.
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L’identità si irrigidisce e cristallizza fino a misconoscere le connessioni con lo sfondo cui appartiene.
L’identità personale si costruisce e si elabora dentro una cultura
15
, che rappresenta lo sfondo e il
luogo privilegiato che permette di dare specificità ad ogni persona. L’identità non si riceve alla nascita,
8
Ibid., p.19
9
Vedi Z. Bauman, Intervista sull’identità, Editori Laterza, Roma-Bari, 2003, p. VII.
10
Ibid. p.13.
11
Vedi L’identità come valore e come rischio, L’Espresso, 19 Novembre, 2017. Tratto da:
antropologiafilosofica.altervista.org
12
“La memoria” afferma Giovanni Paolo II: “ci dona le radici dalle quali prendiamo il senso della vita”. “Senza memoria,
senza radici, non può vivere né la comunità né la singola persona”. “Dove non si conosce più il passato si perde anche il
futuro in favore di un presente vuoto”. Vedi Giovanni Paolo II, Memoria e identità, Rizzoli, Milano, 2005, n.21. Dello
stesso avviso anche papa Francesco per il quale: “i popoli hanno una memoria, come le persone”. “Se la smarriscono, e
con essa smarriscono le loro radici, sono inevitabilmente destinati a morire, perché privi di identità e di spessore culturale.
Non avere memoria di chi si è e a cosa si appartiene porta all’autodistruzione”. Vedi Papa Francesco, Disciplina e passione:
le sfide di oggi per chi deve educare, Bompiani, Milano, 2013.
13
Vedi Z. Bauman, Intervista sull’identità, Editori Laterza, Roma-Bari, 2003, p.13.
14
F. Remotti, Contro l’identità, Editore Laterza, Roma-Bari, 2001, p. 10.
15
Per Marco Aime cultura è quella straordinaria capacità di adattamento e di trasformazione dell’ambiente specifica degli
esseri umani. Vedi M. Aime, Cultura, Bollati Bolinghieri, Torino, 2013, p.15. La cultura è “qualcosa che l’uomo indossa
per poter abitare il mondo”. Vedi Clyde Kluckhohn , cit. in M. Aime, op.cit., p.16.