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INTRODUZIONE
Il presente lavoro ha come scopo quello di esplorare soluzioni di asset allocation
alternative al modello di Markowitz. Non si tratta di abbandonare il modello presentato
dallo stesso Markowitz, ma di intervenire sullo stesso nel tentativo di migliorarlo.
Difatti la base di tutti i modelli in seguito proposti resta il modello di programmazione
quadratica, seppur vengano apportate alcune variazioni allo stesso.
I modelli alternativi di asset allocation analizzati in questo lavoro vanno ad
intervenire o sul modo in cui in cui l’ottimizzazione agisce o sul modo in cui si
ottengono i dati input da utilizzare per lanciare l’ottimizzazione . Tali modelli sono stati
ideati nel tentativo di rimuovere le numerose perplessità caratterizzanti i portafogli
output dell’ottimizzazione classica à la Markowitz.
I portafogli à la Markowitz si caratterizzano infatti per l’instabilità della
composizione, la poca ragionevolezza e l’eccessiva esposizione agli errori di stima. Il
punto di partenza dei modelli alternativi è il riconoscere l’incertezza sottostante ai
rendimenti attesi stimati, che rappresenta la causa principale delle problematiche appena
descritte. Seppur operanti in modo diverso, tutte le tecniche esposte nel corso di questo
lavoro hanno come obiettivo quello di costruire portafogli meno esposti a tali
problematiche.
Prima di esporre nel dettaglio le varie tecniche di asset allocation, si è andati a
presentare, in via generale, le basi dell’asset allocation. Dopo aver esposto le fasi
caratterizzanti il processo di costruzione dei portafogli di investimento, si sono definiti i
principali indicatori di rischio e di efficienza. Si è inoltre ritenuto opportuno analizzare
le differenze tra asset allocation strategica, asset allocation tattica e stock picking,
nonché evidenziare i principali vantaggi della gestione passiva e di quella attiva. Si è
infine fatto un breve excursus delle principali anomalie riscontrate nelle scelte di
investimento prese dagli investitori.
Il lavoro procede poi nell’illustrare il modello di Markowitz e le tecniche di
asset allocation alternative allo stesso. Con riguardo ad ogni modello è stato illustrato
nel dettaglio il modo in cui agisce, anche con riferimento alla matematica dietro ai
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modelli. Si sono poi evidenziati i pregi e i difetti di ogni modello, anche attraverso
l’applicazione pratica ad un esempio costruito dall’autore. Tutte le tecniche di asset
allocation, ovvero il modello di Markowitz, i vincoli di peso, il Resampling™ e il
modello di Black-Litterman, sono state accuratamente approfondite nel dettaglio.
Prima di esporre le tecniche di asset allocation alternative, si è approfondito
nello specifico il modello di Markowitz, nel tentativo di evidenziare in modo completo
il funzionamento di tale modello. Questo permette di cogliere i motivi per cui si
ottengono portafogli efficienti ex-ante ma esposti a tutta una serie di problemi operativi
che li rendono impresentabili agli investitori.
Nel corso dell’ultimo capitolo si è andati ad attuare un caso concreto di asset
allocation. Sono state selezionate 12 asset class reali rappresentate da indici negoziati
sul mercato finanziario. Tali asset class sono state poi utilizzate come dati input per il
modello di Markowitz, per i vincoli di peso, per il Resampling™ e per il modello di
Black-Litterman. I risultati ottenuti sono stati commentati dall’autore e, seppur
chiaramente relativi alle specifiche asset class selezionate, in molti casi forniscono dei
risultati validi a livello generale.
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CAPITOLO 1
LE BASI DELL’ASSET ALLOCATION
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1.1 Introduzione
Uno degli assunti della teoria classica consiste nell’ipotizzare la razionalità assoluta
degli investitori. Secondo questa teoria, gli investitori posti di fronte ad alternative di
investimento sarebbero in grado di valutarle e classificarle, e quindi di effettuare le
scelte di investimento in modo efficiente. Nella realtà dei fatti la razionalità assoluta è
spesso sostituita da una razionalità limitata, che si manifesta in comportamenti non
sempre efficienti e non sempre in linea con quanto la teoria prevede. Gli investitori,
infatti, di fronte a più attività finanziarie, potrebbero prendere in considerazione
parametri diversi da quanto prescritto dalla teoria oppure compiere errori di valutazione
nella stima dei parametri.
Per questi e per altri motivi viene a crearsi una figura professionale per la
gestione dei portafogli di investimento: l’asset manager. Egli dispone di una
conoscenza finanziaria superiore a quella dei suoi clienti ed è pertanto in grado di
prendere scelte finanziarie in modo più consapevole ed efficiente. Egli supporta il
cliente nella valutazione delle attività finanziarie e nelle scelte di composizione di
portafoglio, con il fine di ottenere portafogli che generino performance migliori rispetto
a quanto sarebbe in grado di fare il cliente se operasse senza supporto di un
professionista.
L’asset manager, che figura come un consulente in tema di scelte di
investimento, provvede alla costruzione del portafoglio di investimento più adatto al
cliente. Per fare ciò deve innanzitutto indagare sulle caratteristiche e sulle preferenze
dell’investitore, dopodiché provvede a procurarsi i dati su tutte le asset class che
potenzialmente possono entrare nel portafoglio, ed infine provvede alla selezione dei
titoli avvalendosi di un modello di ottimizzazione.
Durante le diverse fasi caratterizzanti il processo di costruzione del portafoglio
di investimento sono necessarie svariate competenze di natura finanziaria/statistica.
L’asset manager si pone dunque come un professionista il cui compito è quello di
affiancare l’investitore per migliorare e razionalizzare le scelte in tema di investimenti
finanziari prese dallo stesso.
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1.2 La strategia di investimento
L’asset manager è chiamato a costruire un portafoglio di investimento coerente con le
caratteristiche del cliente per cui opera. Ne deve pertanto valutare le caratteristiche,
anche sottoponendogli un questionario
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i cui ambiti di interesse possono toccare la sua
conoscenza e preparazione finanziaria, la sua situazione familiare, la sua situazione
finanziaria, nonché le sue aspettative su entrate/uscite future.
L’asset manager raccoglie una serie di informazioni sull’investitore che
utilizzerà poi per determinare quale portafoglio di investimento più si adatta al profilo
dell’investitore. In particolare, la strategia di investimento si sviluppa attraverso tre fasi
che riguardano:
Le preferenze dell’investitore ;
L’andamento futuro dei mercati;
L’ottimizzazione.
1.2.1 Le preferenze dell’investitore
Le preferenze sono soggettive e variano da investitore a investitore. Questi potrebbero
esprimere le loro preferenze in relazione a:
Orizzonte temporale;
Numerosità delle asset class;
Grado di diversificazione del portafoglio;
Asset class preferite;
Obiettivi d’ investimento.
1
Oggi tale questionario è obbligatorio e deriva direttamente dalla direttiva MIFID.
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L’investitore è chiamato ad esprimersi sull’orizzonte temporale di riferimento, ovvero
sull’holding period. Questo rappresenta il periodo di tempo per il quale si ha intenzione
di lasciare il denaro in gestione presso l’ asset manager. La sua corretta definizione si
rivela fondamentale in quanto portafogli efficienti per il breve periodo presentano una
composizione radicalmente opposta da quella di portafogli costruiti per il lungo periodo.
L’investitore potrebbe esprimere preferenze sulla numerosità delle asset class e
sul grado diversificazione. Una definizione di tali preferenze andrebbe a vincolare il
portafoglio, in quanto rappresenterebbe una restrizione in sede di composizione del
portafoglio. L’ asset manager è comunque tenuto a considerare tali restrizioni, se
formulate, per assicurare che l’investitore percepisca il portafoglio come ragionevol e
sulla base delle sue preferenze.
Potrebbero poi essere formulate indicazioni relativamente a quali mercati
considerare. Il cliente potrebbe desiderare l’esclusione di alcune asset class perché
giudicate “perdenti”
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o perché relative a mercati sconosciuti. Escludere a priori alcune
asset class conduce a portafogli sub-ottimali, ma giudicati ragionevoli dagli investitori.
Sul lato opposto, essi potrebbero premere affinché venga inserita in portafoglio una
determinata asset class che abbia ben performato nel recente passato.
L’investitore deve chiarire i propri obiettivi d’investimento. Questi possono
essere esplicitati in termini di media-varianza oppure considerare altre variabili. Con
riguardo al criterio media-varianza, si presume che gli investitori percepiscano in modo
positivo il rendimento atteso mentre considerino in modo negativo la volatilità,
evidenziando avversione al rischio. Tra le altre variabili che gli investitori possono
considerare vi sono:
Skewness;
Curtosi;
Altre misure di rischio diverse dalla deviazione standard.
Skewness caratterizza il grado di asimmetria della distribuzione dei rendimenti
attorno alla propria media. Una Skewness positiva indica un orientamento dei
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Le asset class “perdenti” sono quelle che l’investitore, attraverso proprie valutazioni e normalmente
senza affidarsi a modelli matematici, considera inefficienti e pertanto indesiderate.
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rendimenti verso valori positivi, mentre una Skewness negativa ne indica un
orientamento verso valori negativi. Gli investitori solitamente dimostrano una
preferenza verso una Skewness positiva.
La curtosi descrive la tendenza dei rendimenti ad assumere valori molti positivi
o molto negativi. Tali valori sono rappresentati dalle code della distribuzione dei
rendimenti, che potrebbero pertanto essere più spesse di quanto previsto dalla
distribuzione normale, indicando una maggiore probabilità che si verifichino eventi
estremi. Gli investitori solitamente dimostrano una avversione alle code spesse (fat tail).
La deviazione standard è la misura di rischio più spesso utilizzata in finanza e
rappresenta pertanto il punto di riferimento. Molto spesso, però, la deviazione standard
non viene considerata dagli investitori come una reale misura di rischio. Questi non
percepiscono come rischio lo scostamento positivo dei rendimenti,
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ma solo lo
scostamento negativo degli stessi.
In tal caso percepiscono il rischio perché si apre la possibilità di guadagnare
meno di quanto previsto, se non addirittura di ottenere rendimenti negativi. Per alcuni
investitori l’idea di rischio è legata unicamente a l verificarsi di eventi fortemente
negativi, rappresentati da perdite di ingenti dimensioni. Si può pertanto prendere in
considerazione la sostituzione della deviazione standard con altre misure di rischio che
meglio rappresentano l’idea di rischio così come viene percepita dagli investitori.
Le preferenze dell’investitore hanno un forte contenuto di soggettività che
rende complessa la traduzione in termini matematici. Tuttavia, l’esigenza di facilitare il
processo di ottimizzazione induce a creare una funzione obiettivo all’interno della quale
incorporare i parametri a cui l’investitore è sensibile .
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1.2.2 L’andamento futuro dei mercati
La stima dell’andamento futuro dei mercati è un’operazione che si pone a stretto legame
con la definizione delle preferenze degli investitori. Le stime che l’ asset manager è
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La possibilità di guadagnare più di quanto era atteso è vista in modo positivo; non è quindi percepita
come rischio, ma bensì come un’opportunità.
4
U. Pomante, Asset allocation razionale, Bancaria Editrice, 2008, pg. 20.
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tenuto a produrre riguardano il rendimento atteso delle asset class, la loro deviazione
standard e le correlazioni tra le stesse. Tali parametri non sono immutati nel tempo e
variano in modo consistente al variare dell’holding period co nsiderato.
Nella fase in cui l’investitore ha esplicitato le proprie preferenze di investimento,
potrebbe aver escluso a priori alcune asset class. Queste, non rientrando più tra le asset
class input del processo di ottimizzazione, non richiedono all’ asset manager di ottenere
le stime sulle stesse.
La scelta di stimare rendimenti attesi, deviazioni standard e correlazioni si
concretizza nel caso si voglia ottimizzare mediante il modello di programmazione
quadratica. Nulla vieta che l’investitore richieda all’ asset manager la stima di altri
parametri statistici come Skewness e Curtosi, o la sostituzione della deviazione standard
con altri indicatori di rischio.
1.2.3 L’ottimizzazione
L’ottimizzazione è la fase in cui, dopo aver identificato le preferenze dell’investitore e
aver effettuato le stime dell’andamento futuro delle asset class, si costruisce il
portafoglio che massimizza la soddisfazione dell’investitore. I principali modelli di
riferimento per effettuare l’ottimizzazione sono i due seguenti :
Modelli matematici;
Modelli naive.
I modelli matematici utilizzano un processo rigoroso che a partire dagli input inseriti
esplora le possibili soluzioni per cercare la composizione di portafoglio in grado di
massimizzare la funzione di preferenza dell’investitore, nel rispetto dei vincoli.
5
I modelli naive sono invece meno rigorosi poiché l‘ottimizzazione viene effettuata
dall’asset manager in termini qualitativi. Non viene utilizzato un modello matematico
per la selezione le asset class, ma ci si affida all’esperienza e alle capacità dell’ asset
5
U. Pomante, Asset allocation razionale, Bancaria Editrice, 2008, pg. 21.
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manager. Tale soluzione, su un piano teorico, è completamente irragionevole in quanto
rinuncia a massimizzare l’utilità dell’investitore, avendo come obiettivo l’ottenimento
di portafogli sub-ottimali.
Dato il minor rigore metodologico, usualmente si provoca una perdita di efficienza
ex-ante rispetto ai modelli matematici. Si consente però di ottenere portafogli
notevolmente diversificati, anche senza effettuare previsioni sull’andamento futuro delle
singole asset class. Un tipico portafoglio appartenente a questa categoria è il portafoglio
Equally Weighted in cui tutte le asset class selezionate vengono inserite in portafoglio
con lo stesso peso.
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1.3 Le basi delle scelte di investimento
Dietro alle decisioni relative alla costruzione dei portafogli di investimento vi è tutta
una serie di decisioni finanziarie da assumere in modo consapevole. L’obiettivo che gli
investitori si pongono deve essere quello di incrementare in modo consistente il valore
del patrimonio nel tempo. Per raggiungere tale obiettivo in modo stabile e duraturo nel
tempo vi è bisogno di una solida conoscenza a livello statistico-finanziario.
Ancor prima di entrare nel dettaglio su come costruire portagli di investimento
efficienti, si vogliono introdurre ed illustrare alcuni aspetti fondamentali che
rappresentano le basi per effettuare le scelte di investimento in modo razionale ed
efficiente.
1.3.1 Rischio e rendimento
La teoria di portafoglio si basa su due grandezze fondamentali:
Rischio;
Rendimento.
L’effettuazione di ogni investimento si fonda sulla possibilità di ottenere un
rendimento sopportando un rischio. Tra le due grandezze vi è un trade-off, nel senso che
è possibile ottenere rendimenti maggiori solo sopportando rischi maggiori. Allo stesso
tempo è possibile diminuire il rischio al costo di ridurre il rendimento atteso. Non
potendo massimizzare contemporaneamente entrambe le grandezze, l’obiettivo risulta
essere l’ottimizzazione del trade-off rendimento/rischio in modo da costruire un
portafoglio efficiente.
Vi sono diverse metodologie per esprimere il rischio insito in un investimento.
Queste possono essere suddivise nel seguente modo:
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Misure di volatilità;
Misure di perdita potenziale.
La volatilità altro non è che la variabilità dei rendimenti nel tempo. E’ una
misura utilizzata per rappresentare la dispersione dei rendimenti. La misura di volatilità
più conosciuta è la deviazione standard . La sua formula è la seguente:
dove:
R è il rendimento realizzato;
è la media dei rendimenti;
n è il numero di periodi che compongono il periodo di valutazione.
La deviazione standard, che è pari alla radice quadrata della varianza,
rappresenta la dispersione dei rendimenti dalla loro media. E’ una misura di rischio in
quanto rappresenta gli eventi in cui i rendimenti si allontanano dalla loro media. Alcuni
investitori faticano a considerare questa misura come espressiva del rischio in quanto
considerano il verificarsi di rendimenti sopra la media come eventi positivi e pertanto
non li assoggettano al rischio.
Un’altra misura di rischio utilizzabile è la Downside Deviation. Questa misura
considera come rischio solamente i rendimenti al di sotto di una determinata soglia
obiettivo:
se
Dove
rappresenta il rendimento obiettivo.