7
Un solo termine di paragone. Fra tutti i mercati in cui Barilla è presente, ho scelto la
Francia, perché il processo d‟internazionalizzazione è cominciato proprio in questo Paese e
soprattutto perché, in virtù dell‟orgoglio francese per la propria cultura gastronomica –
l‟ingresso in Francia è stato una bella scommessa (stravinta!).
Una sola forma di comunicazione. Quella più sviluppata,la più divertente, forse anche la
più inguaiata, ma sicuramente la più vicina al consumatore: la pubblicità.
Un solo canale pubblicitario: ho scelto il mezzo pubblicitario più diffuso e comune ai
due paesi: la pubblicità televisiva. La televisione occupa più della metà del tempo libero
dei Francesi, quasi la totalità per gli Italiani. Ottimo canale per la diffusione di massa, la
Tv – sia in Italia che in Francia – è il media più gettonato in assoluto. La nascita di
numerose reti ha originato una forte concorrenza e quindi evoluzioni generali nel canale,
finanziate soprattutto dalla pubblicità.
Un arco temporale circoscritto: 1979-2003. Come avremo modo di vedere, Barilla si è
appropriata del mezzo televisivo fin dalla nascita del primo Carosello e i suoi comunicati
hanno appassionato il pubblico italiano già dai suoi primi, timidi passi verso la conquista
del successo di cui, oggi, gode. Tuttavia, dato che la mia analisi si concentrerà sul raffronto
con la Francia, ho scelto, come punto di partenza, la nascita di Barilla France (1979),
seguendo l‟evoluzione parallela delle campagne pubblicitarie nei due Paesi, fino ai nostri
giorni.
Questo lavoro non vuole essere retorico, semiotico o tanto meno economico. Mi è
sembrato il caso di chiamare in causa, all‟occorrenza, ogni tipo di contributo in materia, al
di là della disciplina di pertinenza, allo scopo di definire una realtà che va ben oltre una
statica categorizzazione in schemi già fissati da altri: l‟Identità.
Paradossalmente, riconoscere la propria identità implica un distinguersi dall‟Altro3;
questo, a sua volta, percependo un “riflesso-immagine” del primo soggetto, gli confermerà
la sua corrispondenza... con sé stesso.
Qui, si riconosce l‟esigenza di fare tutto il possibile perché l‟essenza individuale del
singolo coincida con l‟immagine percepita dall‟esterno.
La filosofia definisce l‟Identità come il perdurare di una cosa, nello spazio e nel tempo,
malgrado il variare degli attributi.
3
J. M. Floch (1996), Identità visive, Franco Angeli, Milano.
8
Fondamentalmente, l‟Identità fa parte del patrimonio genetico di un soggetto e perciò
essa può mutare nella forma, mai nell‟essenza, e allo stesso modo, essa può essere
“comunicata” in un certo modo piuttosto che un altro, ma resterà sempre tale e quale a se
stessa.
Come ogni individuo, anche la Marca, nel momento in cui viene al mondo, si connota di
una precisa identità – erigendo la propria struttura su precisi valori e differenziandosi da
altre marche – ed il suo principale obiettivo sarà quello di favorire una gradevole – quanto
coerente – percezione di sé (in termini di immagine), funzionale ad una qualche forma di
accettazione sociale.
L‟impresa ha bisogno di farsi conoscere. L‟identità è la sua forza, la sua ragion
d‟essere; la sfida sarà riuscire a darsi nel proprio territorio e vivere anche al suo esterno.
Il mio lavoro traccerà le coordinate dell‟Identità globale di Barilla. Avremo modo di
conoscere i progetti di una grande Azienda, la cui fama ha – ormai da molti anni – superato
i confini nazionali, nel proseguimento del suo progetto d‟internazionalizzazione.
Per svolgere il mio compito, ho utilizzato un criterio non propriamente singolare nella
forma: l‟analisi delle campagne televisive; in compenso, ho cercato di costruire una
metodologia alternativa ed originale, rifiutando – in parte – i metodi utilizzati ed i giudizi
espressi da chi, come me, ha scelto di avventurarsi nel “problematico mondo” della
pubblicità.
Il mio interesse per la pubblicità, mi ha spinto alla ricerca di un metodo personale per la
lettura delle Identità di marca. Ho voluto, innanzitutto, guardare la realtà con gli occhi di
un consumatore normale, quotidianamente coinvolto nella spirale pubblicitaria con una
violenza inaudita ed una possibilità di sottrazione ad essa pari a zero.
Ho definito “normale” il consumatore moderno, per distinguerlo da quelli come me, che
nella ricezione di un messaggio pubblicitario non mancano mai di chiedersi: <<Cosa ha
voluto dire?>>. La mia passione per la pubblicità è vecchia quanto me e sono soddisfatta
per essere riuscita, oggi, ad interpretare alcuni fenomeni che un tempo mi sarebbero
sembrati solo coincidenze.
Ripensandoci, forse fino a venti anni fa, si trattava realmente di coincidenze, poiché
solo a partire dagli anni 80 – gli anni del Boom pubblicitario – la pubblicità, soprattutto
quella televisiva, è diventata come oggi la conosciamo. Istrionica, ammiccante, seducente;
oggi la pubblicità è vera comunicazione, e riesce a farci comprendere i suoi messaggi
passando per i sentieri più imprevedibili della mente umana.
9
Che chiami in causa la razionalità piuttosto che puntare dritta al cuore, poco importa; la
pubblicità è il mezzo più diretto che un‟impresa ha a propria disposizione, per farsi
conoscere, per comunicare al pubblico la propria Identità.
Il percorso che ho ideato, rivelerà l‟Identità italiana di Barilla e proietterà i lettori nella
nuova dimensione internazionale dell‟Azienda; scopriremo che all‟estero c‟è qualcuno che
ha molto da imparare da noi – per esempio come si cucina la pasta! – ma che anche noi
siamo chiamati ad imparare qualcosa da loro: l‟entità dei nostri valori tradizionali. Scrive
Mauro Ferraresi:
In Italia le differenze che corrono tra Milano e Palermo sono certo enormi. Vista da vicino, la
struttura armonica dei valori della nostra Nazione sembra spezzarsi e frammentarsi alla stregua
di uno specchio che deflagra. … Ma è di fronte alla globalizzazione economica… che Milano e
Palermo si rassomigliano molto di più. È un po‟ quello che accade quando si decolla in aereo.
Guardando la nostra realtà da “lontano”, osservandoci attraverso gli occhi dell‟altro, ci
appaiono molto più chiari i valori in cui l‟Italia si riconosce. Barilla ci aiuterà in questo
cammino: promovendo se stessa come rappresentante dell‟Italia nel Mondo, allo stesso
tempo, incoraggerà gli Italiani a riconoscersi nella rappresentazione simbolica del proprio
Paese. Tutto ciò avviene all‟insegna dell‟inevitabile avvento dell‟economia globale,
momento – questo – in cui restare uniti significa preservare la propria identità e fagocitare i
valori incoraggia, viceversa, la standardizzazione dell‟esperienza umana.
A titolo di chiarimento, avrei bisogno di fare un‟importante precisazione. Quando
parlerò dei valori su cui Barilla si fonda, enuncerò congiuntamente i due principi di Qualità
e Tradizione; vorrei sottolineare che ambedue compaiono come valori dell‟Azienda, ma
mentre la <<Qualità>> rappresenta l‟aspetto più schiettamente tecnico e raziocinante
dell‟identità Barilla – ma comunque riconosciuta anch‟essa come Valore – il termine
<<Tradizione>> racchiude – al contrario – tutti i valori “astratti”, non tanto perché relativi
ai sentimenti e quindi intangibili, ma soprattutto perché, mentre la qualità si riferisce alle
caratteristiche del prodotto – ma non solo, come vedremo – la Tradizione invita più
all‟adesione ad un particolare stile di vita. In virtù di ciò, essa sarà declinata secondo le più
diverse manifestazioni, volte a rappresentare la società italiana, di cui naturalmente anche
l‟Impresa fa parte. L‟insieme di questi due elementi definisce, per il consumatore,
l‟identità Barilla.
10
La prima parte del mio lavoro sarà dedicata ad una definizione generale dei concetti-
chiave dell‟intera opera. Verranno descritti i presupposti dell‟internazionalizzazione
economica e le motivazioni che conducono le imprese a scegliere tra la standardizzazione e
l‟adattamento delle proprie attività di marketing, nonché alcune precisazioni sul concetto
stesso di Identità; saranno approfonditi, inoltre, alcuni aspetti relativi alla comunicazione
pubblicitaria, configurandola specialmente nelle sue implicazioni con il consumatore e con
la globalizzazione; infine, cercherò di fornire un quadro preciso della “cultura della pasta”,
con specifici riferimenti al “significato” che, tanto l‟Italia quanto la Francia – scelta come
termine di paragone – attribuiscono a questo prodotto.
Nella seconda parte, saranno definiti i caratteri del Gruppo Barilla. Spiegherò le
dinamiche evolutive dell‟Azienda – storiche ed economiche – e le modalità del suo
assestamento strategico ed operativo in relazione al processo d‟internazionalizzazione, con
particolare attenzione alla strategia di comunicazione.
La terza parte sarà dedicata all‟analisi vera e propria delle campagne televisive di Pasta
Barilla in Italia ed in Francia. Dopo la presentazione della mia metodologia d‟analisi –
preceduta da una sintesi delle tappe di una strategia pubblicitaria – ricostruirò, a partire
dalla visione degli spot, le diverse strategie seguite nei due Paesi, mettendo in risalto gli
aspetti più salienti ai fini di una corretta individuazione dell‟identità della Marca.
A volte sono stati introdotti elementi critici e di riflessione nei confronti di alcune teorie
esposte ed alcune – ambigue – decisioni strategiche, ma in generale ho cercato di
mantenere la mia obiettività fino in fondo, giungendo ad una conclusione che metterà in
luce i caratteri dell‟Identità Barilla e il nuovo percorso intrapreso dall‟Azienda nel suo
progetto di creazione di un‟Identità Globale.
I miei ringraziamenti vanno a Paolo ed Andrea per il loro apporto “tecnologico”, a
Maria ed Elena per il supporto “informatico”, a Mamma e Simona per l‟aiuto “sintattico-
stilistico”, a Carmela e Rossella per il sostegno morale. Grazie a Benedicte Stephan per le
preziose informazioni sulla cultura francese e a Cecilia Farinelli per la tempestività con cui
mi ha assistito in questo lungo anno di lavoro.
11
Parte prima
12
1. Internazionalizzazione dell’economia mondiale.
Il marketing ha la duplice funzione di orientare l‟impresa verso opportunità di mercato
che presentino un potenziale di crescita e di profitto e di fungere, altresì, da braccio
commerciale dell‟ impresa per il conseguimento degli obiettivi, attraverso le strategie di
marketing operativo (product, price, place, promotion).
L‟ambiente di marketing delle imprese, è cambiato profondamente negli ultimi decenni
soprattutto in seguito alla diffusione del progresso tecnologico. I consumatori si sono
animati di un nuovo spirito d‟iniziativa: cresce il bisogno di informazione e questo li rende
più esigenti; per questo le strategie del marketing di massa appaiono superate e si tende
maggiormente verso una sorta di marketing su misura, in seguito a quella che viene oggi
chiamata “Rivoluzione del sul misura di massa”4.
L‟internazionalizzazione dell‟economia mondiale, sensibilizza le imprese alle
ripercussioni socioculturali della propria attività economica ed industriale. Sul piano
internazionale, la crescente interdipendenza dei mercati solleva il dilemma della
standardizzazione o dell‟adattamento. La nuova filosofia è quella di un‟impresa orientata al
mercato dove il marketing non è più inteso come reparto a sé stante, bensì come processo
d‟integrazione di tutte le funzioni.
1.1. Motivazioni storiche.
In seguito alla globalizzazione dell‟economia e all‟accelerazione del processo
tecnologico, molte imprese hanno deciso di superare i confini nazionali per lanciarsi alla
conquista dei mercati esteri. Questa tendenza non è vista come opzione strategica di
marketing ma come il naturale percorso di crescita di qualsiasi realtà aziendale; lo sviluppo
internazionale non riguarda, quindi, solo le imprese più grandi: per crescere o anche
semplicemente per continuare a sopravvivere, numerose piccole imprese decidono di
muoversi su scala internazionale.
4
Intesa come ideale punto di equilibrio tra le due possibili (e necessarie) scelte di standardizzazione ed
adattamento delle attività di marketing.
13
La crescita internazionale non si verifica notte tempo, ma è il risultato di un lungo
processo che vede il graduale passaggio dalla semplice esportazione del surplus produttivo
alla tappa finale che è quella dell‟impresa globale dove il mercato internazionale viene
gestito, in relazione a tutte le leve del marketing mix, come se si trattasse di un unico,
grande mercato. È bene tener presente che questa evoluzione è molto lenta e spesso le
imprese si fermano agli stadi intermedi, semplicemente perché per alcuni prodotti risulta
impossibile definire una strategia unica, che possa andar bene per tutti i Paesi; ma è sempre
vivo il desiderio di riuscire nel proprio intento e realizzare i propri obiettivi e per far questo
si è pronti anche a modificare i presupposti della propria Mission.
1.2. Standardizzazione o adattamento?
Qui entra in gioco il dilemma “standardizzazione o adattamento?”. Bisogna fare delle
scelte che influiranno direttamente sul modo in cui l‟impresa ha deciso di gestire la propria
relazione internazionale, e non solo. Costi e benefici saranno analizzati caso per caso: è
ovvio che, se da una parte standardizzare le operazioni di marketing significa ridurre i costi
di produzione e quanto altro, dall‟altra, senza l‟adattamento ai bisogni locali alcuni prodotti
non potrebbero mai trovare posto nei mercati esteri e, nella peggiore delle ipotesi, neanche
nei mercati di nicchia5.
Ogni impresa deve, dunque, confrontarsi sul problema relativo alle modalità di
organizzazione per affrontare il mercato globale, al fine di guadagnarsi un vantaggio
competitivo6 difendibile.
La strategia d’adattamento, pone l‟accento sulle differenze esistenti tra i mercati – in
termini di comportamento degli acquirenti, di organizzazione dei mercati e di ambiente
competitivo – e propone una politica localizzata diversa e adatta per ogni esigenza
culturale ed economica.
La strategia di standardizzazione, sottolinea, invece, i vantaggi che possono derivare da
un approccio fondato sulle similitudini tra i mercati di riferimento.
5
G. Pellicelli (1999), Marketing internazionale, Etas Libri, Milano.
6
“Per vantaggio competitivo si intende l‟insieme delle caratteristiche o attributi detenuti da un prodotto o
da una marca e che gli conferiscono un grado di superiorità in rapporto ai concorrenti più immediati”. [Cfr.
Lambin 2000].
14
Uno dei più grandi promotori del concetto di standardizzazione è Theodore Levitt7. Egli
sostiene che questo tipo di strategia è basata su tre ipotesi: innanzitutto, i bisogni mondiali
si omogeneizzano sotto la spinta della tecnologia, dei trasporti e della comunicazione; in
secondo luogo, i consumatori sono pronti a sacrificare le preferenze specifiche per
beneficiare di prodotti a prezzo ridotto e di buona qualità8; infine, la standardizzazione che
permette di uniformare i mercati mondiali, sarebbe in grado di generare forti economie di
scala, fattore fondamentale per la riduzione dei costi9.
Levitt riduce tutto il marketing globale a quest‟unica, indifferenziata, strategia; eppure,
numerose contro-argomentazioni, possono indebolire le sue ipotesi.
Anche se esiste un‟effettiva, seppur discutibile, omogeneità dei bisogni, si tratta sempre
e solo di “sotto-segmenti” di individui con le stesse aspettative, che possono certamente
ritrovarsi in tutto il mondo, ma anche entro segmenti diversi.
Cercherò di chiarire questo concetto attraverso dei brevissimi passaggi che possano
fornire un quadro completo della situazione. All‟interno di ogni mercato di riferimento,
l‟impresa individuerà il proprio prodotto-mercato – generalmente più di uno – attraverso
l‟analisi congiunta di tre fattori: acquirenti, tecnologia (stabile, perché dipende dal
patrimonio aziendale) e bisogni – generici, visti più come “soluzione” ad un problema –
del consumatore. Successivamente, attraverso un‟accurata analisi, ogni prodotto-mercato
verrà ulteriormente suddiviso in microsegmenti individuati e categorizzati per “diversità”
di bisogni, così che, nella totalità, avremo un segmento diviso in tante piccole parti che
chiameremo segmenti-bisogno.
Quando l‟impresa organizza la propria strategia, seleziona un certo bersaglio target per
il proprio prodotto – o, eventualmente, per il proprio servizio – riconoscendo di poter
rispondere ai precisi bisogni di un preciso consumatore. Il target definito, percorrerà
trasversalmente tutti i segmenti del prodotto-mercato in cui si riscontra la presenza del
bisogno che l‟impresa si propone di soddisfare per mezzo del proprio prodotto.
Quindi, tornando alle supposizioni di Levitt, se è vero che i bisogni possono uniformarsi
in segmenti diversi, è anche vero che ogni segmento-bisogno si differenzia da altri pur
comprendendo – di fatto – tra le proprie peculiarità, lo stesso bisogno da soddisfare10; una
7
Th. Levitt (1983), The Globalization of Markets, Harvard Business Review, Vol.61, p. 92 e segg.
8
Limitando i costi e favorendo l‟avvento delle economie di scala, la globalizzazione dovrebbe, in teoria,
ridurre i prezzi finali dei prodotti.
9
J. J. Lambin (1998), Marketing strategico e operativo, McGraw-Hill, Milano, p.50.
10
Una riflessione ancora più approfondita, chiama in causa anche il sistema dei valori degli individui.
Esistono bisogni universali e più o meno individuali, ma certamente ciascun individuo ha una propria scala di
15
strategia totalmente indifferenziata, in questa situazione, risulta praticamente impossibile
da realizzare.
Potremmo contestare la teoria di Levitt anche da un altro punto di vista; non vi sono
prove che i consumatori diventino universalmente più sensibili al prezzo. Alcuni prodotti,
come gli apparecchi fotografici Canon e, perché no, anche la pasta Barilla, riscuotono un
grande successo commerciale in tutto il Mondo, eppure non si distinguono in particolare
per il loro basso prezzo11.
A tutto ciò aggiungiamo che “Economia di scala” non significa necessariamente
standardizzazione, poiché le nuove tecnologie di produzione “flessibili a cambio di
comando istantaneo” e i concetti di “differenziazione ritardata” permettono di mantenere i
benefici della standardizzazione, pur garantendo l‟introduzione di adattamenti a seconda
delle esigenze personali12.
Direi che, come in tutte le cose, la verità sta sempre in mezzo. Sarebbe impossibile
voltare le spalle al processo d‟internazionalizzazione dell‟economia globale, ma sarebbe
altrettanto impensabile soggiogare i valori di culture millenarie e pretendere di vendere un
prodotto uguale per tutti. Non si tratta di scegliere tra “tutto e niente”; il vero segreto
consiste nel saper conciliare i due approcci e nell‟adottare un approccio globale adatto per
ogni situazione.
In definitiva, bisogna a tutti i costi “armonizzare” le forze globali – che spingono verso
la globalizzazione – e quelle locali – che sostengono l‟adattamento alle differenze culturali
– in un tutt‟uno che definisca una posizione chiara nell‟ambiente internazionale13.
valori ed attribuisce alla soddisfazione di un bisogno, un‟importanza maggiore rispetto ad altri, in un dato
momento. Se X e Y riconoscono entrambi che acquistare una confezione di pasta possa soddisfare un certo
bisogno, è molto probabile che X vuole che la sua pasta non si attacchi al palato quando la mastica, mentre
Y, molto più semplicemente, ama la cucina italiana.
11
Barilla è riuscita a conquistare una fetta rilevante del mercato in Francia posizionandosi come prodotto
di alta gamma. I consumatori non hanno avuto nessun problema a pagare un prezzo superiore, consentendo
all‟impresa di uscire dal suo mercato di nicchia, verso la conquista degli altri segmenti. Solo
successivamente, il prezzo della pasta si è uniformato a quello delle marche concorrenti.
12
J. J. Lambin (1998) Marketing strategico e operativo. McGraw-Hill, Milano, p.51
13
Goshal e Noria suggeriscono un‟analisi dell‟ambiente internazionale fondato sul maggiore o minore
influsso delle suddette forze, nella loro reciproca interazione: con forze globali elevate e forze locali deboli
avremo un c.d. Ambiente Globale; con forze Globali deboli e forze locali forti, avremo un c.d. Ambiente
multi-domestico; se entrambe le forze sono deboli saremo in presenza di un Ambiente internazionale calmo;
se entrambe le forze sono elevate avremo un Ambiente Transnazionale, che richiede forte centralizzazione e
coordinamento e, al contempo, la conservazione di forti organizzazioni locali: è questo l‟ambiente in cui
Barilla opera. [Cfr. Lambin 1998: 52].
16
1.3. I presupposti di un’Identità Globale.
Quando parliamo di globalizzazione, è consigliabile tenere ben distinti gli ambiti in cui
essa agisce, poiché non sempre – soprattutto in Italia – le imprese, decidono di buttarsi a
capofitto in una dimensione talmente ambigua senza procedere per gradi, né una forma
totale di globalizzazione – come Nike o Mc Donald‟s, per intenderci – è la massima
aspirazione di tutte le imprese.
Propongo, quindi, una scomposizione alternativa delle attività aziendali, funzionale
all‟individuazione dei possibili ambiti di intervento della globalizzazione.
Impresa Globale.
Potremmo, paradossalmente, considerarlo il caso più semplice, nella misura in cui
l‟esistenza di tutte le altre forme sono ammesse solo grazie ad una struttura, più o meno
tangibile, da cui partono le idee ed i progetti, nonché le vere e proprie strategie globali.
Marchio Globale.
Coca-Cola, Mc Donald‟s e la stessa Barilla, sono marche globali; sono riconosciute a
livello mondiale per le caratteristiche del proprio prodotto. Indipendentemente dal processo
attraverso il quale si è giunti ad assumere questa posizione di rilievo, in tutto il mondo,
Coca-Cola vuol dire Coke, Mc Donald‟s vuol dire Fast-food, Barilla vuol dire Pasta. Non
tutte le imprese globali rappresentano marche globali: l‟esempio più classico è quello di
Unilever e Coccolino in Italia, il quale diventa Snuggle negli USA, Mimosin in Spagna e
Cajoline in Francia14.
Pubblicità Globale.
Il dibattito sulla personalizzazione e sulla standardizzazione delle attività di marketing,
è particolarmente acceso quando si considera la pubblicità (internazionale). Il dubbio più
grande riguarda la scelta tra un approccio pubblicitario indifferenziato e uno che rispecchia
la capacità della marca-prodotto di identificarsi con le diverse culture15.
Consumatore Globale.
Esiste un modo per conciliare la globalizzazione e le diversità nazionali? Per la maggior
parte dei prodotti la risposta è, a mio parere, negativa. Nella definizione di un target, si
14
Unilever ritiene che, se si armonizzano i valori associati al marchio, il nome passa in secondo piano. La
direzione Unilever è restia a spingere la propria politica di armonizzazione fino alla variazione del nome dei
propri prodotti.
15
Questo aspetto risulta, in realtà, molto più complesso. La scelta di adattarsi o meno alle culture locali è
collegata alle decisioni strategiche sul posizionamento della marca-prodotto nei diversi segmenti di
riferimento dei mercati internazionali. Uno stesso prodotto – come ad esempio la pasta – può soddisfare
bisogni diversi in Paesi diversi o, addirittura, lo stesso bisogno per segmenti-target diversi. Una volta decisa
la strategia di posizionamento, l‟agenzia pubblicitaria potrà decidere se è il caso di standardizzare o
personalizzare la pubblicità internazionale.
17
ricorre sempre più spesso alla sua precisazione in termini psicografici (cfr. §6.1.3); ci si
rende conto che i criteri sociodemografici e di comportamento di consumo, sono
insufficienti per definire un consumatore ideale nella sua totalità. Ciò che può fare la vera
differenza sono gli stili di vita, le tipologie dei consumatori e le aggregazioni di individui
in funzione della cultura prevalente nel proprio Paese16. Utilizzando una metodologia
analoga in ogni paese, è possibile confrontare più agevolmente le diverse situazioni17.
Attraverso uno studio del genere, si può giungere ad una prima, generica conclusione:
esistono alcuni prodotti i cui aspetti funzionali – attributi e primi benefit oggettivi – non
cambiano da Paese a Paese. Lombardi18 individua alcuni di questi prodotti e tra essi
ritroviamo proprio quello che fa al caso nostro. Ecco cosa ha dichiarato19: <<Possiamo
affermare che esistono solo pochi cibi veramente transnazionali: Coca-Cola, frankfurter,
hamburger, birra, pizza, pasta>>. Pasta.
Tuttavia, il fatto che il prodotto-pasta sia intitolato ad un consumatore globale, non vuol
dire che esso venga recepito allo stesso modo in ogni mercato estero, né appare così
scontato che debba essere prodotto, commercializzato, “rappresentato” da una sola marca o
da una sola impresa.
In realtà, si tratta di effettuare delle scelte – non necessariamente definitive – per gestire
armoniosamente i quattro aspetti della globalizzazione che abbiamo appena discusso.
Armonizzare vuol dire mutare senza mai tradire il profilo genetico della marca. Nella
fase (relativamente) matura del suo processo di internazionalizzazione, Barilla offre un
esempio di armonizzazione strategica ed esecutiva fra l‟Italia e l‟estero. Dal 1997, la
Marca “invade” i diversi paesi: a livello di Promessa – Barilla è <<al dente>> – non vi è
alcuna differenza fra le campagne pubblicitarie italiane ed internazionali. Diversi sono,
invece, la Reason why – <<miscela di grani duri>> in Italia e <<specialità italiana>>
all‟estero – ed il Brand character: <<legame familiare>> in Italia e <<italianità>>
all‟estero.
Ovviamente, è molto diverso l‟approccio espressivo nell‟esecuzione dei vari messaggi.
Il mio lavoro mira principalmente a chiarire che, nonostante le apparenti divergenze
strutturali, Barilla agisce nell‟ottica di un‟identità globale. Naturalmente questo processo
16
M. Lombardi (1998), Nuovo manuale di tecniche pubblicitarie, Franco Angeli, Milano, p.380.
17
Una delle metodologie più diffuse per l‟individuazione di target internazionali è il 4C‟s di Young &
Rubicam, che avremo modo di conoscere più dettagliatamente nei prossimi capitoli. (Cfr. §7.2.).
18
M. Lombardi (1998).
19
Cit. p. 380, M. Lombardi (1998).
18
richiede una serie di adattamenti circostanziali; nei prossimi capitoli, vedremo quali sono
state le tappe della crescita fisiologica verso l‟internazionalizzazione della marca.
1.3.1. Intorno all’Identità.
Forse è il caso di definire in partenza un concetto che incontreremo spesso a partire da
questo momento.
Se la marca, in sé, è un principio astratto, un‟istanza semiotica, un motore per la
fabbricazione della significazione da attribuire ad un prodotto, il concetto di Identità ha
invece una maggior concretezza e precisione: potremmo affermare che la marca è
afferrabile e osservabile solo attraverso la propria identità20.
La marca è, innanzi tutto, un luogo, un insieme di caratteristiche fisiche ed oggettive
riconoscibili al primo impatto. Reboul21 fornisce una triplice definizione del termine: nel
senso più antico e semplice, il luogo (topos) è un argomento-tipo che può essere collocato
ad un certo punto del discorso per dare rilievo all‟argomentazione, le sue rappresentazioni
variano tra le diverse culture; in senso più tecnico, il luogo viene definito come tipo di
argomento, uno schema che può assumere i contenuti più diversi; infine, nel senso dei
Topici22, il luogo è una domanda-tipo che permette di trovare argomenti e
controargomenti.
La marca è un luogo nella misura in cui se dico <<basket>>, ho detto Nike, se chiedo
<<È nuovo?>> mi si risponde <<No, lavato con Perlana>>, se penso al Blu, mi viene in
mente Barilla.
Sempre relativamente alla marca, possiamo poi individuare una sua personalità: è il
modo in cui parla dei suoi prodotti; da quando inizia a comunicare, la marca acquista un
carattere: Marlboro è serena, Renault è audace, Barilla è affabile.
La marca è un universo culturale, un sistema di valori, tra i quali, il Paese d‟origine
rappresenta una copiosa risorsa23.
La marca è una relazione: Baileys è voglia di stare insieme, IBM assicura ordine,
Barilla aggrega la famiglia.
20
A. Semprini, (1993), Marche e mondi possibili. Franco Angeli, Milano, p. 72.
21
O. Reboul (1996), Introduzione alla Retorica. Il Mulino, Bologna.
22
La Topica è l‟arte di trovare i luoghi e gli argomenti probabili per dimostrare una tesi. Essa prende una
posizione nei confronti dell‟Eristica – degenerazione della Sofistica – sostenendo che il suo obiettivo non è
quello addestrare alla dimostrazione di qualsiasi assunto (veritiero o fallace), bensì quello di reperire
argomenti che possano dimostrare una tesi, indipendentemente dalla sua verità. Se applichiamo questo
concetto al mondo della marca, risulta sorprendente l‟attualità delle tecniche della retorica classica
nell‟ambito della moderna pubblicità.
23
M. Lombardi (1998), Nuovo manuale di tecniche pubblicitarie, Franco Angeli, Milano, p. 76