7
libere e soprattutto delle prime televisioni commerciali)
2
, e alle nuove
tecniche di comunicazione promozionale come il direct marketing, che
negli ultimi anni stanno cambiando in maniera considerevole il modo di
utilizzare i fondi per le spese pubblicitarie a favore di metodi promozionali
di tipo below the line
3
. Questo dimostra che nel campo della pubblicità e di
ogni forma di comunicazione, conta di più la qualità che la quantità. Grandi
investimenti possono essere sprecati se non gestiti ottimamente e con rigore
strategico. D’altro canto, investimenti di piccolo valore economico, se ben
amministrati possono portare ad ottimi risultati. Il valore degli investimenti
in termini quantitativi è però sempre utile per considerare l’importanza che
un paese concede al mezzo pubblicitario. Dalla seconda metà degli anni
'70, c’è stata una continua crescita. Nel 1975, rispetto al decennio
precedente, il totale degli investimenti pubblicitari risulta triplicato in
valori correnti, ovvero ha subito un aumento in termini reali di circa il 50%.
Negli anni successivi si è poi registrato un altro incremento. Nel 1989,
infatti, il totale risulta essere nuovamente triplicato. Dalla fine del 1989 il
trend cambia. Si registra, infatti, una diminuzione di investimenti tra il
1993 ed il 1995, dovuti in larga parte alla crisi economica di quegli anni.
C’è stato subito dopo un periodo di sviluppo a partire dal 1996, culminato
nei primi anni del 2000, per poi ritornare ad una certa staticità del mercato.
Si è registrata nel 2004 una debole crescita, che si è mantenuta quasi
costante nel 2005, ma sembra quasi certo che trattasi di una situazione che
preannuncia scarsi sviluppi per il futuro
4
.
Una delle cause storiche dell’indecisione nell’investire in pubblicità è un
atteggiamento comune di sfiducia nei confronti della comunicazione
2
Cfr. Brigida, Baudi de Vesme e Francia 2001, op. cit.,99
3
Cfr. Ph. Kotler, Marketing management, Isedi, Torino, 2001, 878
4
http://www.gandalf.it/dati.pub.htm visitato il 10 Novembre 2005
8
pubblicitaria e di chi fa pubblicità. Gli attacchi di Vance Packard nel suo
testo “I persuasori occulti” non hanno fatto altro che gettare benzina sul
fuoco su tutte le dicerie che si sono dette sulla pubblicità, alimentando di
fatto uno scetticismo di fondo già esistente. Lo scenario nel quale lavora
Packard vede la fonte di informazione pubblicitaria come un qualcosa che
lavora in modo subdolo nella mente del target, la quale piuttosto che
informare tende a persuadere, manipolando le coscienze attraverso i suoi
richiami emotivi. La pubblicità è stata così accusata di essere una fonte di
bisogni non necessari, di condizionare lo spettatore, di essere un mezzo di
diffusione per messaggi subliminali ingannevoli, di pesare in maniera
sostanziosa nel prezzo di un prodotto
5
. C’è da ben credere che il mestiere
del pubblicitario sia molto difficile e che avendo a che fare con così tante
variabili sia anche molto dinamico. Cambiando infatti le condizioni
esterne, la pubblicità si è saputa trasformare con esse. Anzitutto si è
assistito ad un salto qualitativo nel modo di intenderla. Il passaggio dalla
rèclame dei primi anni dell’ '800 fino alla pubblicità scientifica dei nostri
giorni ha visto un ruolo sempre più importante dato al messaggio veicolato
e soprattutto alla reazione (o alle reazioni) delle persone che vi si
esponevano. Le stesse agenzie pubblicitarie si sono trasformate nel corso
degli anni
6
, diventando da semplici centri di ideazione e produzione
pubblicitaria above the line, a centri plurivalenti e ben organizzati che
offrono molti servizi below the line anche diversi, quali:
• consulenze per il marketing aziendale;
• consulenze per le relazioni pubbliche;
5
Cfr. F. Tizian, Comunicare. Elementi di tecnica di comunicazione d’impresa, Zanichelli, Bologna, 1999,
293/296
6
Cfr. M. Lombardi, Manuale di tecniche pubblicitarie. Il senso del valore della pubblicità. Franco
Angeli, Milano, 1998, 31/35
9
• organizzazioni di eventi promozionali;
• creazione di nuovi packaging;
• creazione del servizio businnes to businnes, che si occupa della
comunicazione pubblicitaria tra un’impresa, che commissiona il
servizio, alle altre con cui è in affari, o con quelle con le quali
potrebbe entrarvi;
• consulenze e ideazioni per attività promozionali che utilizzino i new
media.
Anche i linguaggi della pubblicità si sono modificati col tempo adattandosi
alle esigenze mostrate dalle società moderne. Non solo i contenuti, ma
anche le forme della pubblicità si sono di molto evolute.
Il più semplice esempio da fare in merito è il famoso Carosello, andato in
onda per la prima volta sul primo canale della Rai il 3 Febbraio 1957 alle
ore 21:00
7
.
Gli anni in cui il Carosello si affaccia al pubblico televisivo sono gli stessi
durante i quali gli italiani vedono gli Stati Uniti d’America come un paese
da imitare, anche e soprattutto dal punto di vista dei consumi. Nelle case
del nostro paese fecero per la prima volta la loro apparizione
elettrodomestici come il frigorifero per esempio. Si registrò un amento
considerevole dei mezzi di trasporto privati quali i motocicli e le
automobili e perfino i gusti alimentari si modificarono con la nascente
distribuzione organizzata che si andava velocemente espandendo
8
. Non
stupisce, quindi, che le imprese già presenti nella realtà economica italiana
abbiano cercato di investire nel nascente mercato pubblicitario televisivo.
Il programma prevedeva due sigle, una all’inizio ed una alla fine. Al suo
interno vi stavano cinque scenette di uguale durata, ovvero gli spot veri e
7
Cfr. F. Brigida, P. Baudi di Vesme e L. Francia, op. cit., 143
8
Cfr. F. Brigida, P. Baudi di Vesme e L. Francia, op. cit, 15/16
10
propri. Gli stessi spot erano a loro volta divisi in due parti: nella prima,
chiamata pezzo, erano contenute delle allegre storielle che solitamente
avevano dei personaggi famosi come interpreti principali; nella seconda
parte dello spot, detto codino, era contenuto il messaggio pubblicitario vero
e proprio. La durata in tempo di un messaggio pubblicitario poteva arrivare
fino a 135 secondi. Le storie e le simpatiche sceneggiature fungevano da
impalcatura al vero messaggio promozionale, al quale potevano essere
destinati solo gli ultimi 15 o 30 secondi di codino.
Dagli anni del Carosello, il tempo destinato al singolo spazio pubblicitario
è notevolmente diminuito. Oggi, le pubblicità in televisione durano
raramente 30 secondi.
Le regole a cui sottostavano gli utenti che investivano in pubblicità erano
severissime: il prodotto non doveva essere pronunciato, né doveva
comparire nel pezzo; viceversa non poteva essere scritto o pronunciato per
più di sei volte nella parte del codino. I comunicati non potevano essere
replicati, e all’azienda era vietata la promozione di più di un prodotto alla
volta. C’era pure l’obbligo per le aziende di comprare “pacchetti” di cicli
già confezionati precedentemente dalla Rai costituiti da sei passaggi, ma fra
un passaggio e l’altro dovevano passare almeno dieci giorni, mentre fra la
fine di un ciclo di “pacchetti” acquistati e l’altro dovevano passare almeno
due mesi.
Anche i contenuti degli spot sottostavano ad una rigida disciplina. Non
dovevano essere presentate scene nelle quali il pubblico potesse provare
simpatia per azioni criminose; non dovevano essere raccontate storie
volgari, e non doveva esserci alcun riferimento alla sessualità. Perfino i
baci dovevano essere proibiti, a meno che non fossero casti e non
inducessero il pubblico a “morbose esaltazioni”. Le storie poliziesche erano
ammesse, ma solo se il crimine non fosse stato raccontato nei particolari e
11
la condanna arrivava rapidamente e puntualmente. Infine, non era concesso
fare pubblicità ai beni di lusso quali gioielli, pellicce e crociere
9
.
Le aziende, quindi, dovevano sottostare a queste rigide condizioni, e non
stupisce il fatto che con l’avvento delle reti commerciali, avvenuto dopo la
storica sentenza della Corte Costituzione del 1976, venivano garantiti nelle
nuove emittenti un numero assai maggiore di messaggi pubblicitari, non
solo durante la mezz’ora di tempo nella quale era inserito il Carosello, ma
anche in tutto il resto della giornata, con la possibilità di ospitare messaggi
di soli 15/30 secondi. Il mercato pubblicitario premiò così la filosofia
pubblicitaria delle rivali della Rai, causando così in tempi brevi un
disinvestimento di fondi per il Carosello
10
. Oggi, in quella definita da
Umberto Eco neotelevisione,
11
dove la pubblicità commerciale entra a
pieno titolo nel palinsesto televisivo accanto ai programmi, ci sono
addirittura forme promozionali di comunicazione pubblicitaria che durano
anche solo 5 secondi. Lo scopo più importante di questi messaggi è quello
di integrarsi perfettamente alle trasmissioni, facendo credere al
telespettatore che facciano parte di esse, o meglio, che gli stessi messaggi
siano parte della programmazione piuttosto che un fastidioso break.
Anche altri mezzi di comunicazione, come Internet, hanno assunto questa
filosofia dei contenuti. Nel caso della rete, infatti, gli spazi pubblicitari, i
cosiddetti banner, stanno sempre sulle pagine web.
Sono degli spazi all’interno delle pagine web che mutano di dimensione a
seconda delle esigenze volute. La loro prima caratteristica deve essere la
resa grafica con la quale sono realizzati, perché è assai importante che
venga attirata l’attenzione dell’utente al fine di indurlo a cliccare il banner
sopra per avere più informazione dei contenuti pubblicizzati. Il messaggio
9
Cfr. D. Pittèri, La pubblicità in Italia. Dal dopoguerra ad oggi, Editori Laterza, Roma, 2002, 68
10
Cfr D. Pitteri, op. cit., 123/125
11
Cfr. F. Brigida, P Baudi di Vesme e L. Francia, op, cit., 100
12
veicolato da un banner può essere semplicemente il nome di un’ azienda, di
una marca o di un prodotto/servizio.
Le animazioni che caratterizzano molti banner sono costituite da alcune
immagini fisse che si susseguono velocemente tra di loro, creando così
degli effetti di animazione
12
.
Tra le tante innovazioni che hanno fatto parte della realtà pubblicitaria
rientra anche la pubblicità sociale. A differenza delle pubblicità
commerciali, quelle sociali si rivolgono al cittadino e non al consumatore e
la loro mission non consiste nel fare comprare prodotti, ma nell’incentivare
a stimolare atteggiamenti, promuovere idee o valori
13
.
All’interno di questa categoria si possono individuare vari tipi di
classificazioni, a seconda dei criteri utilizzati. Zanacchi fa una
classificazione ed individua quattro tipologie di pubblicità sociale in
funzione degli obiettivi:
• pubblicità sociale: consiste nel rafforzare o nel rafforzamento di
condotte e costumi socialmente condivisi;
• pubblicità pubblica: utilizzata dai soggetti pubblici a favore di
finalità pubbliche. Da come si evince, sia il soggetto promotore, sia
la finalità proposta in questo tipo di campagne pubblicitarie sono
pubbliche;
• pubblicità politica: emanata da soggetti politici quali partiti o
movimenti di vario genere, è tesa a diffondere le proprie idee ai
cittadini-elettori;
• pubblicità religiosa: promossa da soggetti religiosi per conseguire
obiettivi di carattere religioso
14
.
12
Cfr. F. Brigida, P. Baudi di Vesme e L. Francia, op. cit., 236
13
http://www.comunitazione.it/leggi:asp?id_art=484 visitato il 23 Novembre 2005
14
Cfr. A. Zanacchi, La pubblicità. Potere di mercato. Responsabilità sociali. Lupetti, Milano, 1999,
250/277
13
Molto è passato dal 1971, quando la prima campagna di Pubblicità
Progresso, che incentivava i cittadini a donare il sangue, diede un primo
impulso per l’avvio di molte altre campagne di interesse collettivo
15
.
Oggi le cose sono migliorate e vi è un gran numero di associazioni che
diffondono i loro messaggi sociali attraverso la pubblicità. Secondo uno
studio del 2003 a cura dell’Osservatorio Campagne di Comunicazione
Sociale, dal titolo “La comunicazione sociale in Italia”
16
, sono proprio loro
le principali committenti delle campagne di interesse sociale, e
rappresentano circa il 50% degli annunci di pubblicità sociale in televisione
e nella stampa. A seguire ci sono le campagne ministeriali con una quota
che si attesta attorno al 40% e infine ci sono quelle ordinate dai privati.
Tale rapporto rappresenta per il nostro paese la prima fotografia che
riguarda un fenomeno che al giorno d’oggi coinvolge molti soggetti diversi
come le nonprofit, la pubblica amministrazione ed i professionisti della
comunicazione, che si rivela sempre più decisivo da un punto di vista
economico e sociale.
In questo rapporto sono presentati dei dati significativi:
1) dal 1995 ad oggi gli investimenti in pubblicità sociale sono cresciuti
del 365%;
2) nel 1995 rappresentano l'1,6% del mercato complessivo, nel 2003 il
4,5 %;
3) nel 2003 il totale degli investimenti in pubblicità sociale è pari a
327.040.000,00 euro.
La tendenza al rialzo della pubblicità di tipo sociale rimane costante anche
se gli investimenti per la pubblicità commerciale calano. Nel 2002, anno in
15
Cfr. G. De Liso, Creatività & Pubblicità. Manuale di metodologie e tecniche creative. Franco Angeli,
Milano, 1997, 323
16
http://www.nonprofitonline.it/tid/4029807 visitato il 17 Ottobre 2005
14
cui gli investimenti complessivi sono crollati, il settore sociale ha raggiunto
un +14% rispetto all’anno precedente.
Parallelamente cresce sempre di più il numero degli italiani che ritengono
che le imprese, oltre che soddisfare i bisogni del consumatore, si debbano
impegnare in favore di cause sociali e in comportamenti di corporate social
responsabilility:
Dei consumatori intervistati (ricerca della GPF associati) il 36%
considera etica un'azienda se garantisce la qualità del prodotto e se opera
con trasparenza nei confronti dei consumatori stessi; il 32% se opera nel
rispetto dei diritti dei lavoratori; il 60% se riduce al massimo il proprio
impatto ecologico
17
.
Assieme all’aumento di pubblicità sociale nel nostro paese, come è stato
appena accennato prima, uno dei più importanti e significativi processi
socioeconomici degli ultimi anni è l’aumento delle attività di quello che
viene definito settore del nonprofit. È un fenomeno di vasta portata
mondiale, che ha riguardato numerosi paesi in modi differenti e che il più
delle volte si caratterizza per
1) l’assenza di lucro;
2) per l’importanza sociale delle attività svolte.
In particolar modo si distinguono in questo panorama:
• le cosiddette ONG (Organizzazioni Non Governative);
• i comitati;
• le cooperative sociali;
• il mondo del volontariato;
• le fondazioni.
• le associazioni.
17
http://www.nonprofitonline.it/tid/4029807 visitato il 17 Ottobre 2005
15
Alla base della nascita e della crescita del settore nonprofit e dell’economia
sociale c’è la crisi del Welfare State, soprattutto nei paesi europei e in
quelli latino-americani. Questo ha comportato una perdita di competenze
che prima spettavano ai singoli stati, e che adesso sono ad appannaggio di
queste associazioni che si occupano del sociale
18
.
Ma non solo le associazioni si impegnano a comunicare delle informazioni
di interesse collettivo, in quanto da diversi anni altri soggetti si sono
interessati a questa pratica.
Vi sono per esempio le aziende private, le quali fanno propri e comunicano
i principi della responsabilità sociale. Accanto ad una responsabilità di tipo
economico e ad un’altra di tipo legale, esistono infatti per le aziende delle
responsabilità attese da parte dei consumatori, che se assunte con
responsabilità daranno un valore aggiunto all’immagine delle stesse ed
infine c’è una responsabilità che si può definire filantropica che riguarda il
coinvolgimento diretto delle aziende in iniziative create per portare
benessere collettivo
19
. Il consumatore d’oggi è sempre più attento e
consapevole delle implicazioni sociali, economiche ed ambientali delle
proprie scelte di consumo e cerca di comportarsi all’atto dell’acquisto in
modo coerente rispetto ai propri valori. Stanno così crescendo quelle
tendenze che spingono ad una progressiva responsabilizzazione del
consumatore che lo inducono a prendere coscienza di essere, nel momento
dell’acquisto, un giudice dell’operato delle aziende. Le stesse aziende
stanno comprendendo che un nuovo modo di intendere il loro operato e di
comunicare i loro prodotti e le loro marche non potrebbe far altro che
giovargli. Quindi, esse, sempre più spesso comunicano non solo sul loro
ruolo produttivo ed economico, ma anche sulla loro visione del mondo e
18
Cfr. R. Briganti, Organizzazioni «Nonprofit» e Onlus, Ipsoa, Milano, 2000, 11
19
Cfr. G. Gadotti, La comunicazione sociale. Soggetti, strumenti e linguaggi. Arcipelago edizioni,
Milano, 2001, 238
16
sui loro valori guida. Per fare ciò si servono di tutte le leve che il marketing
della comunicazione gli mette a disposizione.
Le ricerche di Giaretta indicano che comunicare la responsabilità sociale
dell’impresa rende assai bene. Secondo questi studi ben il 60% dei
consumatori americani è disponibile a cambiare punto vendita o marca in
favore di quelle aziende che si impegnano nel sociale e che comunicano i
propri valori, e anzi sono disposti anche a pagare prezzi più cari per i loro
prodotti
20
.
Altro grande protagonista della comunicazione nel nostro paese è lo Stato.
Negli scorsi decenni si è assistito ad un forte incremento degli interventi da
parte dello Stato in favore di politiche sociali. Lo Stato sociale rispondeva
alla logica di una società sempre più complessa e necessitavano delle
istituzioni che sapessero rispondere bene e velocemente alle esigenze delle
società moderne. Questa necessità portò l’ente pubblico all’adozione di
specifiche politiche che prevedevano delle forme di comunicazione esterna:
nacque così la comunicazione pubblica, che aveva come scopo quello di
informare i cittadini sui fatti di interesse pubblico
21
. Nelle sue
comunicazioni pubblicitarie ai cittadini l’ente pubblico assolve a quattro
compiti:
• stato educatore. In questo caso l’ente pubblico si fa promotore di
valori e si pone l’obiettivo di rinforzare certi stili di vita di interesse
sia individuale che collettivo
22
.
Il messaggio dell’ente pubblico deve riuscire ad attirare l’attenzione
dei cittadini, senza essere confuso con i vari messaggi proposti dalla
20
Cfr. E.Giaretta, Businnes Ethics e scelte di prodotto, in G. Gadotti, Pubblicità sociale. Lineamenti,
esperienze e nuovi sviluppi, Franco Angeli, Milano, 2003,
21
Cfr. R. Grandi, , La comunicazione pubblica. Teorie, casi, profili normativi, Carocci editore, Roma,
2003, 29/30
22
Cfr. E. Zuanelli in G. Gadotti, Pubblicità sociale. Lineamenti, esperienze e nuovi sviluppi, Franco
Angeli, Milano, 2003, 184
17
pubblicità commerciale e, allo stesso tempo, deve farsi accettare dai
propri cittadini. Proprio per questo si tende a non adottare un
linguaggio né di tipo gergale, né di tipo ufficiale, ed il tono da usare
non deve essere paternalistico o povero in termini di credibilità. In
questi casi sarebbe preferibile un linguaggio chiaro comprensibile e
diretto, che possa essere recepito da tutti i cittadini.
Sono molti naturalmente i soggetti pubblici che investono in
pubblicità. Non solamente le autorità statali più conosciute, come la
Presidenza del Consiglio dei Ministri o i singoli Ministeri, ma tra i
soggetti pubblici vanno annoverati anche i numerosi enti locali del
nostro paese nonché alcune aziende municipalizzate di alcune città.
I comuni per esempio si sono fatti portatori di varie tematiche di
interesse educativo soprattutto a livello ambientale, sanitario e di
crescita della personalità
23
;
• stato informatore. Un altro modo d’intendere la comunicazione
della pubblica amministrazione è quella che proviene dai messaggi
che hanno contenuti informativi che riguardano i provvedimenti
adottati e come essa funziona. Gli scopi di questi modelli di
comunicazione sono due: da una parte si informa il cittadino sul
modo di funzionare della “Cosa” pubblica, dall’altra si cerca di
rendere condivisibile le modalità con cui l’ente pubblico lavora,
creando così un consenso diffuso fra i cittadini. Lo scopo primario di
questo tipo di comunicazione è quello di rendere partecipi le persone
su tutti gli interventi burocratici e legislativi che hanno, o che
avranno, a che fare, con la vita quotidiana dei cittadini. Questo tipo
di forma pubblicitaria di tipo informativo assume un aspetto più
importante quando è legato all’aspetto dell’informazione verso i
23
Cfr. Gadotti, op. cit., 186/189
18
cittadini, cioè quando viene spiegato che la norma o l’atto è una reale
concretezza per tutta la comunità e quindi questi ultimi si dovrebbero
trovare disposti a collaborare assieme all’amministrazione
pubblica
24
;
• stato autopromotore. In questa forma pubblicitaria ci sono due modi
con cui una pubblica amministrazione si mette in contatto col
cittadino.
Nel primo caso si tratta di una comunicazione detta corporate
advertising, ovvero di promozione dell’immagine, nello specifico di
un ente pubblico, cioè di una autopromozione più che una
promozione di un certo prodotto o servizio.
Attraverso questo tipo di lavoro, lo Stato, allo stesso modo delle
aziende private, tenta di migliorare la propria immagine per le
attività svolte. Negli ultimi anni hanno fatto ricorso a questo tipo di
comunicazione molti enti pubblici: dall’Esercito Italiano, all’Arma
dei Carabinieri, alla Guardia di Finanza, alle aziende
municipalizzate, fino ad arrivare alle regioni. Ci si presenta così alla
cittadinanza comunicando la propria identità ed il ruolo concreto che
si riveste nella società, mostrando anche l’impegno assunto
nell’interesse di tutti quanti.
L’altro tipo di comunicazione di autopromozione riguarda la
pubblicità degli enti pubblici sui propri servizi, sia di tipo
commerciale che non, sulla loro esistenza anzitutto, ma anche sulla
loro fruibilità. In questo caso si tratta semplicemente di fare
informazione.
24
Cfr. Gadotti, op. cit., 191
19
• stato che comunica la politica. Lo Stato è anche composto dai
partiti, i quali comunicano ai cittadini, soprattutto
considerandoli degli elettori a proposito de:
[…] lo scambio e il confronto dei contenuti di interesse
pubblico-politico prodotti dal sistema politico, dal sistema
dei media e dal cittadino-elettore […]
25
.
Nella comunicazione spolitica vi sono dunque tre attori: i cittadini-elettori,
la politica e i mezzi di comunicazione di massa. I rapporti tra questi attori
politici assumono una grande importanza quando si fa comunicazione
politica durante le campagne elettorali.
Trent e Friedenberg ritengono che le campagne elettorali siano il momento
più alto della comunicazione della politica in un’entità statale moderna
nelle quali i candidati presentano le proprie idee, attraverso i mezzi di
comunicazione ai cittadini
26
.
La pubblicità però va sempre più estendendo i propri confini, tanto che
parlare dei messaggi al solo livello nazionale o locale non completerebbe
pienamente un discorso in merito. In tale contesto, al giorno d’oggi, le
forme di comunicazione si aprono a nuovi orizzonti e così creano nuove e
impensate possibilità di dialogo anche tra persone assai lontane, in quanto
utilizzando le reti telematiche e i mezzi di comunicazione di massa
vengono estese in portata e dimensione tanto da arrivare ad interessare tutto
il globo e tutte le culture che lo abitano. La pubblicità, assieme alle altre
attività commerciali e di marketing, si trova così a operare su un mercato,
quello globale, dotato di enormi potenzialità dove è importante il modo di
incontrarsi tra chi ha qualcosa da offrire e chi ha qualcosa da ricevere, sia
25
Cfr. G. Mazzoleni, La comunicazione politica. Il Mulino, Bologna, 1998, 34
26
Cfr. Trent e Friedenberg, Political Communication Campain, in G. Mazzoleni, La comunicazione
politica. Il Mulino, Bologna, 1998,176/177
20
che si parli di un messaggio sociale, sia che si tratti di un
prodotto/servizio
27
.
Sempre più spesso, infatti, assistiamo a campagne pubblicitarie sia
commerciali, sia sociali di rilievo internazionale. Il nome però non deve
indurre a considerare un mero fenomeno di livello mondiale che investe
tutte le culture che passivamente si fanno dominare da una sola. Prova ne
sia il fatto che pure le grandi catene internazionali, come Coca-cola e
McDonald’s hanno dovuto adottare degli accorgimenti, o declinazioni,
nelle loro azioni promozionali di livello internazionale
28
.
Bisogna dare massima attenzione ad ogni cultura prima di offrire uno
specifico servizio ai consumatori locali o prima di esporli a dei messaggi
pubblicitari che non potrebbero capire, o peggio, potrebbero offenderli, e
che quindi li indisporrebbero all’acquisto di un determinato servizio.
Proprio per questo motivo è già capitato che in alcuni casi le campagne
pubblicitarie siano state cambiate in modo più o meno radicale da una
nazione all’altra proprio per rispondere a queste esigenze
29
.
Mai come in questi casi vale il vecchio adagio di chi si occupa di
comunicazione a livello internazionale:
[…] pensa globalmente e agisci localmente […]
30
.
In questa ottica di analisi dei messaggi pubblicitari globali, stiamo vedendo
crescere negli ultimi anni il peso del cosiddetto planning strategico, a cura
della figura dell’account planner, colui che all’interno delle agenzie
pubblicitarie si occupa della trasmissione al team creativo delle reali
esigenze del mercato, e quindi dei consumatori.
27
Cfr. A.Gallotti, Comunicazione globale e condizione umana, Edizioni del Leone, Venezia, 2000, 41/42
28
Cfr. V. Codeluppi, Che cos’è la pubblicità, Carocci, Roma, 2001, 59/61
29
Cfr. M. Lombardi, Manuale di tecniche pubblicitarie. Il senso del valore della pubblicità. Franco
Angeli, Milano, 1998, 427/431
30
Cfr. M. Lombardi, op. cit., 416