5
In tutte le cellule che utilizzano come vie metaboliche quelle aerobie, le specie reattive
principalmente prodotte sono quelle dell’ossigeno, principali responsabili delle reazioni
radicaliche cellulari in fisiopatologia (3).
Tra le varie sorgenti endogene di radicali liberi ricordiamo:
¾ la membrana plasmatica, dove avviene il metabolismo dell’acido arachidonico ad
opera di vari sistemi enzimatici come le prostaglandin-sintetasi, le lipossigenasi e le
NADPH ossidasi che generano radicali dell’ossigeno e radicali organici centrati su
atomi di carbonio e ossigeno (2);
¾ il reticolo endoplasmatico liscio, dove il cit b
5
e le rispettive reduttasi, contenenti
gruppi flavinici ridotti, vanno incontro a delle reazioni di autossidazione formando
anione superossido e acqua ossigenata;
¾ il sistema farmaco metabolico, dove avviene la trasformazione di molti xenobiotici, che
vengono resi più idrosolubili e facilmente eliminabili attraverso reazioni di ossidazione
e coniugazione che danno origine a radicali liberi (4);
¾ la membrana interna dei mitocondri, dove si trovano componenti altamente ossidabili
come la NADH-deidrogenasi e l’Ubichinone (2, 3) che, in condizioni di bassa tensione
di ossigeno, si trovano allo stato ridotto e producono intermedi reattivi dell’ossigeno
(anione superossido, perossido di idrogeno e radicale idrossile), mentre in condizioni di
alta tensione di ossigeno producono solo H
2
O
2
(2).
Un’altra importante fonte cellulare di specie reattive sono le numerose ossidasi presenti nella
cellula, come le ossidasi perossisomiali e gli enzimi citosolici quali la xantinossidasi, l’aldeide
ossidasi e la triptofano diossigenasi, che forniscono H
2
O
2
direttamente o tramite la produzione
di O
2
(2, 3).
6
Tra i principali radicali liberi dell’ossigeno, il radicale idrossile OH
•
è
molto reattivo e
reagisce rapidamente con le macromolecole biologiche, mentre l’anione superossido O
2
-
•
,
molto meno reattivo, può, attraverso la circolazione sanguigna, arrivare ai vari organi bersaglio
(3).
Altre specie reattive dell’ossigeno possono interagire con i meccanismi che modulano il
metabolismo cellulare, come l’ossigeno singoletto O
2
↑
che agisce come vasodilatatore e
interferisce con i sistemi intracellulari e di regolazione della crescita, e il radicale nitrossido
NO
•
che attacca la muscolatura liscia dei vasi causando rilassamento. Il perossido di idrogeno
H
2
O
2
attraversa facilmente le membrane e può causare alterazioni nell’espressione genica.
Le reazioni radicaliche vengono promosse in presenza di metalli di transizione, come la
reazione di Fenton che, in presenza di ferro, porta alla formazione di radicale idrossile dal
perossido di idrogeno (3):
H
2
O
2
+ Fe
2+
→ OH
-
+ OH
•
+ Fe
3+
I radicali liberi possono potenzialmente reagire direttamente con i vari componenti cellulari
come proteine, DNA e lipidi di membrana, alterandone struttura e funzionalità.
Questi costituenti cellulari possono essere considerati come siti bersaglio dei radicali liberi e
conseguentemente target dello stress ossidativo.
7
Target dello stress ossidativo
Proteine
L’inattivazione delle proteine strutturali ed enzimatiche viene spesso attribuita ad un danno
ossidativo generato dai radicali liberi. Gli aminoacidi più sensibili all’azione dei radicali liberi
sono quelli contenenti gruppi tiolici (cistina, cisteina e metionina), gruppi aromatici
(fenilalanina, tirosina, istidina e triptofano) e residui di prolina ed istidina. I radicali liberi
causano decarbossilazione e deaminazione delle proteine (4).
La reazione tra i radicali liberi e le proteine (PH) inizia con l’estrazione di un atomo di idrogeno
dalla proteina (P
•
) con formazione di un sito radicalico a livello proteico, che può avvenire:
su un atomo di carbonio α della catena polipeptidica;
a livello dei residui laterali, come ad esempio nel residuo di cisteina, dove il gruppo
sulfidrilico (-SH) può essere trasformato in un radicale tiile (-S
•
), che successivamente
dimerizza formando un disolfuro.
E’ in questo modo che i gruppi sulfidrilici di molti enzimi e proteine strutturali vengono
ossidati e vengono alterate le loro vie metaboliche (5).
Le proteine radicaliche hanno un’emivita molto breve e sono degradate da enzimi proteolitici.
Le proteine idroperossidi hanno un’emivita maggiore e potrebbero dare origine ad altre forme
radicaliche (4).
DNA
Una delle conseguenze più gravi legate all’attività dei radicali liberi è quella che essi esplicano
a livello del DNA (6, 7). I radicali liberi producono una serie di lesioni al DNA e alle
nucleoproteine agendo sul ribosio, sulle basi, sulle singole catene dell’elica, causando rotture,
8
distorsioni della doppia elica e cross-link fra le basi azotate (8). Le specie reattive in grado di
esplicare questa azione sono: l’ossigeno singoletto, i radicali idrossilici e alcossilici RO
•
(estremamente reattivi se generati vicino alla doppia elica), contrariamente al radicale
superossido, gli idroperossidi dei lipidi e il perossido di idrogeno che non sono
sufficientemente reattivi per attaccare il DNA (8).
La trasformazione in radicale libero di una base purinica o pirimidinica, ancora situata nella
sequenza di DNA, comporta una maggiore reattività con la trasformazione in un composto
ossidato che darà origine ad una mutazione (6, 7).
Le basi pirimidiniche, che vengono attaccate in posizione 5-6 nel doppio legame, vengono
trasformate in idroperossidi in presenza di ossigeno, l'attacco alle basi puriniche, dove
l’ossidazione è simile a quella delle pirimidine, porta alla formazione di idroperossidi instabili
(5).
Esiste anche la possibilità che un DNA radicale libero formi un legame covalente con un'altra
molecola di DNA situata sullo stesso filamento o su un cromosoma diverso (6, 7).
Un’altro sito d’attacco possono essere gli zuccheri, come il deossiribosio, che subisce un
attacco radicalico in corrispondenza del carbonio I, dove si forma un radicale libero, e in
presenza di acqua si ha il distacco della base azotata e quindi la rottura della catena (5).
Lipidi di membrana
L’attacco da parte di un radicale libero R
•
ai lipidi poliinsaturi, presenti nelle membrane
biologiche, porta all’avvio del processo di perossidazione lipidica che è un processo di
deterioramento O
2
-dipendente degli acidi grassi poliinsaturi (9).
9
Questo processo porta alla compromissione dell’integrità delle membrane biologiche, infatti
l’ossidazione dei fosfolipidi danneggia la struttura delle membrane, alterandone la fluidità, la
resistenza elettrica e le proprietà di fase (9).
L’ossidabilità degli acidi grassi cresce con il numero dei doppi legami; quelli saturi e
monoinsaturi sono poco ossidabili, quelli con due o più doppi legami sono tra le molecole più
ossidabili presenti nei sistemi biologici (2, 10).
La perossidazione lipidica è una reazione radicalica a catena che può essere suddivisa in tre
fasi: iniziazione, propagazione e terminazione (11).
Durante la fase di iniziazione, l’estrazione dell’atomo d’idrogeno dal carbonio metilenico di un
acido grasso poliinsaturo (LH) porta alla formazione di un radicale libero centrato nel carbonio
(L
•
), che, nella fase di propagazione in ambiente aerobio, reagisce con l’O
2
originando un
radicale lipoperossilico LOO
•
(11). E’ una reazione rapidissima, non è comunque da escludere
che, in particolari condizioni, si possa avere un trasferimento dell’elettrone da parte di un’altra
molecola, come uno scavenger, per cui si forma da L
•
nuovamente un acido grasso in cui però
la posizione del doppio legame è cambiata (12).
Normalmente avviene però la formazione del radicale LOO
•
che può estrarre un atomo di
idrogeno da un’altro acido grasso poliinsaturo trasformandosi in idroperossido LOOH, con una
struttura a dieni coniugati, e formando un nuovo radicale L
•
che si
comporta esattamente come
il precedente innescando una reazione a catena (12).
La perossidazione lipidica, da questo punto di vista, dovrebbe progredire indefinitamente a
seguito di una singola iniziazione, fino al completo consumo degli acidi grassi poliinsaturi.
Ciò non avviene poiché i cicli di propagazione nelle membrane biologiche sono raramente più
di due o tre, in quanto gli acidi grassi poliinsaturi non sono disposti in maniera contigua, ma
10
generalmente sono distanziati da altri acidi grassi saturi, monoinsaturi o da colesterolo che
interrompono la catena (12), definendo in tal modo la fase di terminazione del processo di
perossidazione (11).
Gli idroperossidi, principali prodotti della reazione di un acido grasso insaturo con l’ossigeno,
subiscono successivamente una serie di reazioni di frammentazione, addizione, riarrangiamento
e ciclizzazione, generando diversi prodotti carbonilici volatili e non (aldeidi e chetoni),
biologicamente attivi (13) e in grado di propagare il processo perossidativo (14).
Mentre i radicali perossilici non hanno una notevole mobilità, alcuni dei prodotti secondari,
come la malonildialdeide (MDA), diffondono dal sito di produzione e possono estendere il
danno ossidativo (13). La malonildialdeide è in grado infatti di reagire con i gruppi funzionali di
diverse biomolecole, come i gruppi amminici e sulfidrilici, alterandone la struttura, e di formare
addotti con le basi azotate degli acidi nucleici, con proteine e fosfolipidi, esplicando un potere
mutageno/cancerogeno (15).
La perossidazione lipidica nei tessuti animali è spesso associata ad una serie di condizioni
patologiche e alterazioni strutturali e funzionali, nelle quali è implicato un eccesso di
produzione di radicali liberi (11).
L’ossidazione incontrollata dei lipidi è uno dei principali fattori che determina il deterioramento
o l’irrancidimento dei prodotti alimentari e cosmetici nelle varie fasi di produzione e
conservazione. E’ stato inoltre dimostrato che l’ingestione cronica dei prodotti della
degradazione ossidativa di un acido grasso aumenta, negli animali da esperimento, la frequenza
dei tumori e l’incidenza di aterosclerosi (16, 17).
Il controllo di questo processo risulta perciò di particolare importanza commerciale sia per
garantire la qualità del prodotto che per le implicazioni sulla salute dell’uomo.