Capitolo 1: Analisi psicologica dei comportamenti di consumo
mgm 2
Il modello tradizionale del consumo fu così soppiantato da altri bisogni non più
considerabili secondari per la maggior parte degli individui, vorticosamente
invischiati nella nuova etica dell’apparire come base essenziale dell’essere: un
tempo un bene era scelto in base alla sua utilità, vagliando possibilità di risparmio,
oggi invece il “costoso” trionfa come forma di garanzia.
L’industrializzazione si realizzò con la produzione di massa: grandi stabilimenti
funzionanti grazie ad investimenti di ingenti capitali, caratterizzati da una costante
gettata produttiva che aveva il vantaggio di ridurre i costi grazie alla produzione in
grande scala, con il risultato di avere dei prezzi di vendita accessibili al consumo di
massa (Gallino, et al., 1988).
A oltre due secoli dall’inizio della Rivoluzione Industriale il fenomeno ha
assunto implicazioni oltre che economiche, anche sociali e politiche. Gli individui
sembrano orientare e affidare la propria felicità e la propria realizzazione alla sfera
del consumo. Le smisurate possibilità di scelta di beni sono stimoli che sollecitano
desideri di possesso che spingono alla ricerca di continue soddisfazioni: con il
crescente senso di frustrazione per chi vive in difficoltà economiche, o per chi pur
non avendone, sente costantemente il bisogno di “avere” insoddisfatto, perché
sollecitato da sempre più affascinanti novità che il mercato propone, è per questo
che spesso il post-acquisto è caratterizzato da insoddisfazione.
In tali casi si può dire che la crescita industriale produce la versione moderna
della povertà, nel senso che si crea dipendenza dal mercato: la libertà e il potere di
agire autonomamente, di vivere in maniera creativa é fortemente messa alla prova,
e molti vi rinunciano senza alcun rimpianto (Illich, 1981).
In Italia il consumo di massa sorse con il “miracolo economico” fra il 1950 e il
1970: il reddito pro capite aumentò e i nuovi costumi legati a modelli
comportamentali si fusero con i modelli tradizionali, legandosi però alla
stratificazione sociale (sia per la qualità che per il tipo di prodotti consumati: ogni
classe ha i suoi valori di base e le aspirazioni si alimentano mirando all’emulazione
dei nuovi miti proposti).
Capitolo 1: Analisi psicologica dei comportamenti di consumo
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Con velocità sorprendente i beni durevoli “importanti” entrarono sempre di più
nelle famiglie; la nuova cultura del consumatore non mirava più solo alla
soddisfazione delle necessità primarie: gli oggetti, i beni assumono valenza
comunicativa, parlano e offrono una fotografia della persona, del suo status, del
suo vivere, delle preferenze date agli aspetti materiali e puramente simbolici, per
una esasperata valorizzazione narcisistica di sé.
Gli anni ’60 erano caratterizzati da una civiltà che mirava all’avere, si iniziò a
parlare di consumismo, ma allora si trattava essenzialmente di beni di consumo
durevoli a carattere familiare (frigorifero, lavatrice, radio, ecc.). Molti di essi, oltre
che a testimoniare nei confronti di terzi le disponibilità economiche di una
famiglia, avevano l’indubbia funzione di alleggerire il lavoro domestico, (oggi al
contrario, gran parte dei nuovi beni di consumo introdotti nel mercato servono a
svolgere delle attività di svago).
Gli anni ’70 erano dominati dall’essere (logica di gratificazione
individualistica), negli anni ’80 dall’apparire (anche se si veleggiava verso un
parziale ritorno ai valori tradizionali della famiglia, religione, privato, c’era una
forte spinta alla ricerca del successo), crescevano significativamente i consumi
delle famiglie grazie alle maggiori disponibilità economiche. Engel notò che
all’aumentare del reddito, il consumatore abbandona progressivamente i beni
inferiori e aumenta il consumo dei beni di lusso: legge di Engel (Giorni, 1991).
Negli anni ’90 il consumatore ha raggiunto un livello di saturazione tale da
spingerlo alla “vecchia e cara” semplicità e ad un maggior rispetto ecologico: sta
più attento a come spende, anche perché disoccupazione e instabilità politica
generano incertezza verso il futuro (Censis, 1987).
Possiamo definire gli anni ’80 l’era del surf, dove domina l’esibizionismo e il
consumo sfrenato, gli anni ’90 l’era del sub, caratterizzati da un consumatore più
maturo che cerca equilibrio e rapporto qualità/prezzo.
Capitolo 1: Analisi psicologica dei comportamenti di consumo
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Ma il consumismo ormai è radicato in tutte le classi sociali e con motivazioni
“forti”, se pur diverse. Non dimentichiamo però che i desideri di avere di più
hanno contribuito al progresso socio-economico dei paesi.
1.2. Rapporti tra psicologia ed economia
Lo studio delle leggi del comportamento economico dell’uomo, relativo alla
produzione, alla distribuzione e al consumo dei beni e servizi, non può essere
completo, se non si cerca di comprenderlo tenendo conto anche delle variabili
economiche e psicologiche a cui l’uomo spesso è oggetto.
Le indagini economiche hanno bisogno di utilizzare la psicologia per
individuare e analizzare le forze che, stando alla base dei processi economici,
provocano azioni, decisioni e scelte economiche. L’economia senza psicologia è
incapace di spiegare importanti processi di scelte economiche, mentre la psicologia
senza economia non è in grado di far luce su alcuni dei più comuni aspetti del
comportamento umano di consumo (Katona, 1964).
I primi studi di economia consideravano il sistema economico dal punto di vista
di chi produceva, massimizzazione della ricchezza materiale a vantaggio del
produttore. La Scuola Classica non arrivò ad elaborare una teoria dei bisogni in
quanto secondo questo orientamento il comportamento del consumatore e le sue
decisioni di acquisto erano il risultato di un calcolo razionale in termini economici:
il compratore investiva il suo denaro in quei beni che gli davano il massimo di
utilità, a seconda delle sue necessità e delle sue disponibilità finanziarie.
La Scuola Neoclassica, ad indirizzo soggettivistico, invece sposta l’attenzione
sul consumatore, superando così l’unilateralità di veduta degli economisti classici.
Gli studiosi appartenenti a questa linea, nell’intento di dare una determinazione
concreta ai bisogni, fecero ricorso alla psicologia edonistica per conoscere le vere e
recondite motivazioni d’acquisto. Inoltre si rilevò che, gran parte dei
comportamenti dei consumatori e delle loro scelte non erano solo guidati dal
Capitolo 1: Analisi psicologica dei comportamenti di consumo
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principio dell’utilità e della razionalità economica, ma anche, e soprattutto, da moti
d’animo, accidentali e fortuiti (Dogana, 1990).
I fatti economici devono essere considerati “fatti umani”: riflettono tutta la
ricchezza e le contraddizioni della natura umana; come ogni altro comportamento
quello del consumatore è dotato di significati, di finalità, anche se possono essere
nascosti, è importante conoscere le circostanze obiettive a cui la gente reagisce
differentemente. Al consumatore viene attribuita la capacità di saper misurare
l’utilità o il benessere che gli deriva dal consumo di ciascun bene, e lo si considera
in grado di scegliere al fine di massimizzare le sue utilità finali, ma in realtà non
sempre ciò avviene.
Gli atteggiamenti, le motivazioni, gli schemi di riferimento condizionano il
comportamento degli individui e il loro modo di percepire l’ambiente, per questo è
nata l’esigenza di studiare le variabili soggettive per comprendere i processi
economici. La psicologia serve a rendere l’analisi economica più dinamica, per
comprendere i processi economici, come provocano le azioni, le decisioni e le
scelte (Katona, 1964).
E’ importante utilizzare congiuntamente gli strumenti offerti da queste due
scienze, che insieme offrono una particolare visione prospettica.
1.3. La metamorfosi dei bisogni
Un tempo essere “bisognosi” era segno di povertà, oggi invece l’essere tali ha
acquisito rispettabilità. Si è consumatori perché si é “bisognosi” non solo del
necessario, ma anche, e soprattutto, di tutti quei beni e servizi che gli slogan
pubblicitari ci propongono: i consumatori tendono a sostituire i bisogni sentiti con
quelli acquisiti. E’ nata una nuova arte, quella di imparare a provare bisogni, la
capacità di modellare i propri desideri in funzione di una personale ricerca di
soddisfazione, fra tutte le possibilità offerte (Illich, 1981).
Capitolo 1: Analisi psicologica dei comportamenti di consumo
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Oggi chi vive senza “bisogni” genera sospetto, pensiamo per esempio agli
eremiti, alle suore di clausura, spesso ci chiediamo: “Ma come faranno a vivere
senza la radio, senza il balsamo profumato al kiwi. Chissà se lo sanno che lo
shampoo e balsamo adesso sono insieme... così si fa prima !”
Bisogna conoscere non solo ciò che la gente fa, ma anche perché lo fa: alcuni
impulsi di base sono comuni a tutto il genere umano (per esempio gli impulsi
relativi al nutrimento, al benessere, al sesso, all’approvazione sociale, ecc.). Essi
sono le molle fondamentali dell’attività umana che soggiacciono a tutti gli schemi
del comportamento, questi a loro volta sono modellati da un’enorme varietà di
circostanze esterne, che canalizzano gli impulsi di base trasformandoli in bisogni
sociali.
Il cibo indeterminato corrisponde al bisogno, mentre la voglia di un particolare
cibo corrisponde al desidero, cioè a una situazione motivazionale più complessa.
Una dalle caratteristiche fondamentali del consumo odierno sta proprio nel fatto
che esso è volto alla realizzazione dei desideri almeno tanto quanto serve alla
soddisfazione di bisogni. Ma il consumo avrebbe fatto ben poca strada se si fosse
fermato a ciò che è elaborabile partendo da bisogni di natura biologica. Ciò che
sembra superfluo, acquista importanza ed esercita funzioni che in realtà sono
essenziali.
Maslow classificò i bisogni umani in cinque gruppi secondo una gerarchia di
importanza: bisogni fisiologici primari (cibo, bevande, abbigliamento
indispensabile, abitazione), bisogni di sicurezza (condizioni ambientali che
favoriscono il libero svolgimento della vita individuale e sociale), bisogni di
socializzazione (appartenenza a gruppi sociali diversi come la famiglia, la scuola, il
lavoro), bisogni di stima (autostima e stima degli altri), bisogni di
autorealizzazione.
Quanto più si è poveri o piccoli, ci si interessa al necessario, al soddisfacimento
dei propri bisogni primari, (quantitativamente, qualitativamente e culturalmente);
quando sono soddisfatti questi, emergono bisogni di sicurezza sociale, poi si
Capitolo 1: Analisi psicologica dei comportamenti di consumo
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cercano altre cose culturalmente più qualificate, legate alla realizzazione di sé e
delle proprie aspettative. Maslow la chiama crescita motivazionale, è
trasformativa, nel senso che evolve con la persona, a seconda delle sue
trasformazioni culturali, esperienziali e sociali (Castegnaro, 1994).
Figura 1: Scala dei bisogni di Maslow
PIRAMIDE DEI BISOGNI INDIVIDUALI
(M ASLOW )
gerarchia dei bisogni
=
un bisogno soddisfatto non costituisce più una
motivazione di comportamento e diventa più importante il
livello di bisogno superiore
bisogno di
autorealizzazione
bisogni di stima e di status
bisogni sociali
bisogni di sicurezza
bisogni fisiologici
bisogni superiori
egoistici
bisogni superiori
associativi
bisogni elementari o
di sopravvivenza
Nell’applicazione delle teorie di Maslow le imprese debbono far giungere i
propri messaggi di invito ai consumi nei luoghi, tempi e modalità che li rendono
idonei ad essere realmente recepiti. La nostra società è caratterizzata da un
evolversi continuo e frenetico di bisogni, i consumatori ne sono talmente assorbiti,
da non poterne più fare a meno. Avere un bel vestito, una invidiabile autovettura,
per molti, rappresenta il punto di arrivo, per partire verso un nuovo traguardo, in
una corsa senza sosta.
Capitolo 1: Analisi psicologica dei comportamenti di consumo
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1.4. Psicologia dei consumi
Lo studio dei consumi è un crocevia interdisciplinare e l’atto di acquisto non è
semplicemente un “fatto” oggettivabile, va interpretato dal punto di vista
psicologico e sociologico oltre che economico. Esso è il risultato dell’azione di
attori che danno un senso al loro agire, i consumatori spendono in base alla moda,
influenzati dall’abilità dei commercianti, dalla pubblicità, da particolari condizioni
sociali, da considerazioni di prestigio da certe insicurezze di natura psicologica, dal
piacere che l’attività mentale ed emozionale connesse all’acquisto permettono di
vivere, da conflitti emotivi... il comportamento dei consumatori è suscettibile a
indagini empiriche (Castegnaro, 1994).
Il contributo della psicoanalisi sta nel sottolineare che le motivazioni relative al
comportamento dell’individuo sono generalmente di tipo inconscio; pertanto
sarebbe errato ritenere vera la motivazione “apparente”. Le scelte dei consumatori
hanno le loro radici in spinte che si collocano al di fuori della consapevolezza,
spesso riflettono il bisogno di appagare pulsioni e conflitti rimossi.
Il contributo della psicologia sociale sta nel ridimensionare l’importanza delle
componenti strettamente individuali. Tra le motivazioni che determinano la scelta
di un prodotto ve ne sono altre di pari importanza: il bisogno di prestigio e di
riconoscimento, di comunicazione agli altri di una determinata immagine di sé, la
competizione, il bisogno di identificazione... sono variabili psicologiche che hanno
la loro origine nella convivenza sociale e che esercitano un influsso notevole anche
sui comportamenti di consumo (Dogana, 1990).
Nel complesso della vita sociale, il consumo, ha differenti ruoli e significati,
oltre la sfera economica assume importanza l’equazione: consumo individuale =
definizione di sé, contribuisce infatti alla valorizzazione narcisistica: il benessere,
il bello, il comodo, il telecomandabile, narcotizzano.
Nei consumi sembra si voglia appagare, gratificare quei bisogni, che un tempo si
attingevano dal vivere sociale: ora per una vera immagine di sé l’uomo deve fare
Capitolo 1: Analisi psicologica dei comportamenti di consumo
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sempre più appello a nuovi beni che soddisfino la sua richiesta di credibilità, come
se il valore dell’oggetto potesse trasferirsi magicamente su di lui rinnovandolo
nell’aspetto da offrire alla società. Questa è la società in cui conta più “avere” che
“essere”, anche Fromm (1960) ha messo in luce l’irrazionalità di gran parte dei
comportamenti di consumo, che non hanno quasi più un rapporto con l’effettivo
godimento e utilizzazione delle cose comprate, ma svolgono la funzione, non del
tutto propria ed efficace, di tentativi di appagare illusoriamente l’angoscia e di
colmare il vuoto esistenziale dell’individuo.
L’uomo naviga ora su una nave di bisogni imposti dalla produzione,
l’incremento del reddito è una spinta per una rapida accelerazione dei consumi, e
c’è sempre un acquisto che esula dalla normale routine di spesa.
“Ogni uomo spera di creare nell’altro un nuovo bisogno, per costringerlo ad un
nuovo sacrificio, per indurlo in una nuova dipendenza e ad un nuovo modo di
godimento che é però di rovina economica. Ognuno cerca di creare sopra l’altro
una estranea forza sostanziale, per trovare in ciò la soddisfazione del suo bisogno
egoistico” (Marx, 1884, pag. 236).
Il consumatore non acquista solo le caratteristiche oggettive e pratico-funzionali
di un oggetto, ma anche i significati, i simboli, le valenze emotive che esso riveste.
Tra questi significati alcuni possono essere collegati a dinamiche istintuali di
natura inconscia, altri possono essere di natura più superficiale, prodotti culturali di
tradizioni sociali.
La fuga nel consumo come grande riempitivo. L’uomo cerca di contenere il
senso di vuoto, di futilità, di mancanza, evita il confronto con se stesso, corre, oggi,
in questa nuova possibilità offerta dai consumi: fuggire dalla realtà per cercare
riparo nelle esperienze illusorie.
Capitolo 1: Analisi psicologica dei comportamenti di consumo
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1.5. Il comportamento del consumatore
Sfoggia quanto di più intrigante ci sia nell’agire umano: le variabili personali e
situazionali, che lo influenzano, sono permeate da necessità e da desideri distintivi
della sua personalità, da un intreccio di motivazioni, oltre che le sue tradizioni
culturali ed economiche (Weber, 1961). Nelle variabili personali vanno inclusi gli
scopi, gli atteggiamenti, le credenze e l’esperienza passata; nelle variabili
situazionali vengono incluse la pubblicità, le attività di promozione e di
distribuzione dei prodotti. Il consumatore cerca sempre di distinguersi,
circondandosi spesso di oggetti superflui, non funzionali, costosi (mito dominante
nella società capitalistica: potenza del denaro come metro universale per tutte le
cose). Spesso il desiderio di competizione, di ascesa sociale, stuzzica i
consumatori, dominati dall’importanza data all’apparenza, dall’impegno a
richiamare su se l’attenzione e la curiosità altrui per sentirsi “essere unico”.
Fondamentale è che vi sia massimizzazione dell’interesse personale (Sen, 1988).
L’uomo si è fatto imbrigliare da bisogni materiali, quantitativi, imposti dal
consumismo, dall’avidità soddisfatta dal possesso: quanto tutto ciò è dovuto al
vuoto esistenziale, al declino dei sentimenti? (Ceserani, 1994). I bisogni nascono e
si diffondono in seguito all’esposizione di modelli di comportamento ritenuti
migliori, quindi emulabili, ma si tratta spesso di bisogni fittizzi avvallati da forti
sentimenti di rivalità che aleggiano nella società capitalistica, soddisfacendoli si
crea l’illusione di felicità e benessere (Vitale, 1975).
Una versione più ottimista, vede il comportamento del consumatore mosso
“esclusivamente” da interesse personale, con tre caratteristiche distintive,
interdipendenti:
• benessere personale egoistico: il benessere di una persona dipende solo dai
suoi consumi (non comporta nessuna simpatia o antipatia verso gli altri),
Capitolo 1: Analisi psicologica dei comportamenti di consumo
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• obiettivi di benessere personale: l’obiettivo di una persona è massimizzare il
proprio benessere o del valore atteso ponderato su basi probabilistiche di tale
benessere,
• scelte basate su obiettivi personali: ciascun atto di scelta delle persone è
guidato dal perseguimento di obiettivi personali (Sen, 1988).
I consumi richiamano l’esperienza del sogno. Molti rappresentano dei veri e
propri sogni ad occhi aperti: ci si immagina di essere qualcuno, di fare qualcosa, di
vivere certe esperienze e si spera che tutto ciò possa rendere più felici. Il piacere
che comporta il consumo molto spesso non deriva da stimolazioni che coinvolgono
direttamente i sensi, ma da quelle che sgorgano dalle emozioni evocate
dall’immaginazione (Castegnaro, 1994).
Il mondo fenomenico dei consumi è certamente artificioso, ma è nato dalla
volontà umana, quindi ritengo si possa inserire in tutti quei progetti che mirano a
migliorare l’uomo, a renderlo padrone delle sue condizioni, delle sue possibilità di
scelta.
Tabella 1: Tendenze nella cura di sé e nel valore simbolico dell’agire di
consumo, percentuali.
1986 1988 1990 1992
Uso abitualmente creme per il viso 25,1 26,1 29,0 30,9
Uso prodotti dietetici 8,0 8,7 12,0 14,2
Spendo molto per il mio abbigliamento 21,1 22,7 24,1 24,3
Trascuro la mia alimentazione 22,1 21,5 21,4 20,3
Mi vesto con lo stile dei giovani 45,5 48,9 48,4 51,5
Acquisto solo capi alla moda 32,5 34,3 37,8 39,2
Ho capi di abbigliamento firmati 23,3 30,0 30,0 37,0
Indosso solo collane, anelli, bracciali di
valore
17,0 19,7 20,7 21,8
Mi vesto come capita 50,9 48,3 46,0 42,8
Mi vesto in modo pratico 79,0 78,9 77,2 75,5
Fonte: Sondaggi Eurisko-Sinottica 1986-1992
Capitolo 1: Analisi psicologica dei comportamenti di consumo
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La Tabella 1 alcuni indicatori relativi alla cura di sé e alla valorizzazione della
propria immagine in termini estetici, valorizzazione degli elementi simbolici del
consumo. Più che l’attenzione per la salute, di cui sono un indizio il leggero
aumento percentuale di chi evita lo zucchero o l’uso di grassi per una maggior
attenzione all’alimentazione, risulta in crescita la cura del proprio aspetto esteriore
(“uso prodotti dietetici”, “uso abitualmente creme per il viso”), e il desiderio di
esibire un’apparenza giovanile.
L’intento è chiaramente comunicativo e si conferma anche nell’uso degli
accessori di abbigliamento, in cui si investono molte risorse, al fine di proporre
l’immagine desiderata di sé.
1.6. Categorie di consumatori e stili di acquisto
E’ importante conoscere i consumatori e il loro modo di consumare per orientare
le scelte di marketing. Sono stati individuati da Eurisko (1996), le seguenti
categorie di consumatori con i relativi stili d’acquisto:
• i marginali (16%, circa 3,1 milioni di persone): sono persone anziane
pensionate che vivono sole, fanno attenzione ai prezzi, per nulla interessati
alle “sirene promozionali”.
• gli aspirazionali (20%, circa 3,9 milioni di persone): sono giovani con
reddito ed istruzione bassi, provenienti da famiglie monoreddito, che
pensano che attraverso acquisti e consumi si possa passare da uno status
scarso ad uno di maggior rispettabilità sociale. Puntano alla marca
prestigiosa, anche se il risparmio è importante, per questo le grandi
promozioni hanno su di loro molto successo.
Capitolo 1: Analisi psicologica dei comportamenti di consumo
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• gli oculati (15%, circa 2,9 milioni di persone): sono per lo più casalinghe
esperte, di mezz’età, con poca istruzione e reddito medio; valutano qualità e
prezzi a livello quasi professionale, quindi le offerte promozionali sono
attentamente valutate.
• i distaccati (19%, circa 3,7 milioni di persone): persone per cui la spesa è un
dovere da adempiere velocemente, non c’è nessun coinvolgimento emotivo
verso marche.
• gli esibitivi (11%, 2,1 milioni di persone): persone stile anni ’80, coppie
giovani in carriera con molte attese in termini di riconoscimento sociale.
• i razionali (9%, 1,8 milioni di persone): persone di alta istruzione e reddito
medio-alto che hanno un approccio equilibrato e razionale verso l’acquisto.
Sono molto attenti al prezzo, alla qualità del servizio, all’immagine del
punto vendita.
• i tradizionali (10%, 2,0 milioni di persone): soggetti maturi e raffinati,
pensionati, reddito alto. Ritengono importante la sicurezza in termini di
qualità garantita, quindi sono acquirenti fedeli alle marche che reputano
migliori.
Figura 2: Categorie di consumatori e loro percentuali
Marginali
16%
Aspirazionali
20%
Oculati
15%
Distaccati
19%
Esibitivi
11%
Razionali
9%
Tradizionali
10%
Capitolo 1: Analisi psicologica dei comportamenti di consumo
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Gli stili di acquisto parlano del consumatore, delle priorità da lui esibite, delle
influenze a cui è sottoposto, delle sue possibilità economiche, dell’ambiente
sociale, variabili interne ed esterne che influenzano i processi decisionali.
Le variabili interne includono sia i bisogni fisiologici di base che la struttura
psicologica dell’individuo, analizzabile nei termini di processi come la percezione,
la motivazione, l’apprendimento, la formazione degli atteggiamenti, i valori e le
credenze.
Le influenze esterne sono quei fattori presenti nell’ambiente che incidono sulla
condizione psicologica dell’individuo e quindi sul suo comportamento. Possono
essere modificate con un’adeguata strategia di marketing: creando variabili
“stimolo” si possono orientare i comportamenti dei consumatori, i quali però
conservano un margine di scelta, grazie anche all’esperienza passata, ai confronti
con amici, ai loro stili di vita, alle alternative possibili.
L’esperienza passata, sotto forma di apprendimento precedente, aiuta a
comprendere i modi di reazione di fronte a determinate situazioni, il consumatore
può essere consapevole o meno, di questa influenza.