tradizioni e di quegli elementi che formano e caratterizzano i tratti della personalità
della popolazione sarda. Inoltre si cercherà di determinare alcune linee guida per
un’adeguata promozione ed un interessante piano di sviluppo di quella regione.
Nel quarto ed ultimo capitolo riprenderò gli obiettivi preposti della mia ricerca,
descriverò gli strumenti utilizzati per condurla, e darò ampio spazio all’analisi dei
risultati.
Concluderò il mio lavoro valutando se i risultati finali e il metodo utilizzato per la
ricerca abbiano confermato o “deluso” le mie aspettative.
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CAPITOLO 1
VIAGGIO E CULTURA
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CAPITOLO 1
VIAGGIO E CULTURA
1.1. La Psicologia del Turismo: cenni storici.
Al fine di comprendere come sia avvenuta un’integrazione tra il turismo e la psicologia
e come poi queste due materie abbiano formato un unico campo d’indagine, è doveroso
soffermarsi sull’evoluzione storica del turismo e, di conseguenza, compiere un’analisi
sugli studi inerenti tale disciplina.
Per poter parlare del fenomeno turistico, si dovrà attendere fino ai primi anni
dell’Ottocento quando cambieranno le modalità e la concezione del viaggio.
Ai primordi del turismo sta il concetto di “ Viaggio”.
Esso può essere inteso come lo spostamento fisico di un individuo nello spazio e nel
tempo ed è considerato un elemento importante per la creazione di una condizione
umana.
Durante un viaggio la persona va incontro, a mio avviso, a profonde alterazioni della
sua personalità, del suo Sé, del suo Io
1
. Quindi nel movimento vi è una continua
trasformazione, una lunga, se non illimitata, esperienza di mutamento.
1
Intendo questi concetti come sinonimi. I termini “Sé” e “Io” hanno, in questo contesto, il medesimo
significato, ossia stanno ad indicare la personalità di un individuo.
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Ecco perché è importante conoscere la storia del viaggio, quale testimonianza dello
sviluppo e della “metamorfosi” di questa esperienza e come presupposto per “capire”,
per studiare sotto prospettive differenti le dinamiche motivazionali.
In origine il viaggio dell’eroe era considerato come una prova, un patimento (Leed, “La
mente del viaggiatore”, pag. 16 – Villamira, “Psicologia del viaggio e del turismo”,
2001), non rappresentava un piacere e non era neppure volontario. Era sancito dagli Dei.
Nel viaggio, il prescelto doveva affrontare pericoli e fatiche, e solo così poteva
dimostrare il suo valore, la sua gloria. Inoltre l’esperienza del viaggio costituiva una
fonte di significazione del fato, e molto spesso una sofferenza, una punizione, una
strada, una “Conditio sine qua non” per l’espiazione delle proprie colpe.
Le frequenti mutazioni dell’ Io del viaggiatore sono accompagnate da differenti
emozioni, positive o negative, a seconda del mutamento del luogo, delle situazioni in
cui egli si viene a trovare e dalla difficoltà delle prove cui è sottoposto.
Nel Rinascimento è il termine “Utopia” che funge da parola chiave nella nuova
concezione di viaggio.
L’Utopia è definita come un “Non – Luogo”, come qualcosa che non esiste. Un viaggio
irreale, quindi, quello del periodo rinascimentale, in cui vi è una tendenza alla fuga dalla
quotidianità e ove l’utopia rappresenta il “Luogo di ogni bene”.
Legata alla concezione utopica del viaggio è l’idea settecentesca ed illuminista del
viaggiatore “Filosofo”, quale individuo che viaggia nello spazio e nel tempo, che torna
alle origini, all’infanzia della civiltà e ricostruisce i passi del suo sviluppo. E’ in questo
modo ed in questo periodo che nasce la figura dello “studioso itinerante”.
Nell’Ottocento invece, l’idea di viaggio muta radicalmente; esso viene vissuto come
un’esperienza che rappresenta la base delle scelte costitutive della scienza moderna.
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L’individuo diventa un viaggiatore cosciente di sé all’interno e all’esterno delle frontiere
liminali di una civiltà.
In questo periodo si delinea una concezione di oggettività come non integrazione tra
culture, si presuppone una distanza tra osservatore ed osservato; il punto di vista
scientifico è visto come un “Punto di vista esterno”.
Il mondo è concepito come un Sistema aperto piuttosto che chiuso.
Tutto ciò corrisponde alla condizione esistenziale del viaggiatore nelle differenti fasi del
suo percorso fisico, psicologico ed emozionale.
I termini Oggettività e Distanza presentano tuttavia un limite non indifferente e quindi
molto influente sulla definizione del viaggio ottocentesco, esprimono cioè la parzialità
dell’osservazione.
In particolare, nell’esperienza di transito vi è da parte del viaggiatore, dell’osservatore,
poco coinvolgimento emotivo, poco trasporto e conseguentemente una minore
attenzione agli aspetti naturali, sociali, economici, psicologici caratterizzanti una
determinata civiltà, un dato popolo e un dato luogo.
Il viaggio è considerato dai moderni anche come una manifestazione di libertà e di fuga
dalla necessità e dallo scopo. “ E’ un piacere ed un mezzo per ottenerne”.
E’ in questo contesto che si inseriscono le prime concezioni e forme di turismo quale,
inizialmente, fenomeno globale dalla “natura massificata e massificante dei
comportamenti umani contemporanei”.
Ora il viaggiare è un fatto ordinario, di routine, è fonte della nostra vita in comune, ed è
questo che fa nascere una serie di problemi inerenti all’indagine interpretativa.
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Tuttavia, le forme di turismo culturale, storico ed artistico testimoniano un importante
ritorno alle tradizioni stanti alla base della cultura occidentale.
Si viene a creare, quindi, una ricerca delle proprie origini culturali, sociali, nonché del
significato primario del viaggio che, attraverso le epoche e nella sua evoluzione storica
diacronica ha scarnificato, ridotto ed infine condotto intere generazioni alla completa e
significativa coscienza di sé.
E’ fondamentale ora capire come sia stata possibile un’interazione tra la psicologia ed il
turismo.
I primi studi sulle esperienze di viaggio risalgono alle antiche civiltà medio – orientali,
mediterranee ed asiatiche e ci informano sull’arte del viaggiare, sui costumi, l’ospitalità
e i linguaggi delle popolazioni straniere e, dal XVI secolo, con il conseguente sviluppo
della cartografia, si sviluppano rapidamente e con un grande incremento i resoconti di
viaggio, quali importanti testimonianze dell’esistenza di un popolo, dei suoi usi e
costumi, della sua cultura.
Con il XIX secolo nasce il “Turismo di massa”. Il viaggio non è più un fenomeno
eccezionale ma interessa un numero sempre maggiore di individui.
Si è avuto un passaggio “dal viaggiatore al turista” quando l’atto individuale si è
trasformato in una “pratica codificata di classe”.
Il turismo diviene quasi uno strumento di diffusione della cultura ed un mezzo di
comunicazione.
“E’ invece la curiosità ciò che spinge il turista a scoprire il diverso e, in certi casi, ad
assimilarne la cultura”.
E’ importante quindi ricordare che il turista ha un rapporto sociale ma non di possesso.
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Se ciò accadesse, si cadrebbe nella “trappola mortale” dell’Etnocentrismo,
quell’atteggiamento di chi tende a giudicare le culture di altre epoche e di altri popoli a
partire dai valori e dai criteri vigenti nella propria cultura di appartenenza (M. Crespi,
“Manuale di Sociologia della Cultura”, pag. 17).
Senza alcun dubbio vi sono delle differenze tra le culture “Altre” e la propria.
Ogni popolo ha una sua cultura, i suoi costumi, i suoi valori che come tali devono essere
rispettati. Si dovrebbe costruire una strada verso il cosiddetto “Relativismo Culturale”,
ossia “ il riconoscimento che ogni cultura ha una sua propria validità e coerenza, e che
ciascuna di esse non può essere giudicata a partire dai criteri prevalenti in quella che
più ci è familiare” (M. Crespi, “Manuale di Sociologia della Cultura”, pag. 17). (M.
Crespi, “Manuale di Sociologia della Cultura”, pag. 17)..
Agli albori del XX secolo si verifica una forte frammentazione delle scienze sociali che
avrà gravi conseguenze per lo studio sul turismo, in quanto sarà sempre meno possibile
definire e considerare quest’ultimo come fenomeno sociale totale.
E’ a partire dalla I Guerra Mondiale che prende il via una rivoluzione in campo
turistico: come reazione al rapido processo di industrializzazione, infatti, si sviluppa un
crescente apprezzamento nei confronti del turismo come svago.
Tra il 1930 ed il 1940, gli psicologi incominciano ad interessarsi alle problematiche
generate dall’influenza psicologica del viaggio sull’individuo.
Solo dopo la 2^ Guerra Mondiale iniziano gli studi empirici sul turismo.
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Gli anni ’50 vedono il fiorire della “Psicologia Ambientale”, volta a comprendere
l’interazione fra le persone ed il loro ambiente, fisico e sociale. Il turismo e l’ambiente
vengono considerati l’uno come attore, l’altro come “ Palcoscenico della sua azione”.
Il fenomeno turistico viene analizzato da altre due importanti branche della psicologia:
- Psicologia cognitiva che si occupa delle Mappe Mentali create dagli individui
nell’elaborazione delle informazioni inerenti ai concetti del turismo.
- Psicologia sociale. Essa s’interessa particolarmente alle “ Relazioni
interpersonali, considerando il comportamento come risultato del contesto
relazionale. Questa disciplina analizza quindi il ruolo sociale del turista,
evidenziando le influenze, positive e negative, sulla popolazione locale di una
determinata area “turistica” visitata.
Pur se con alcuni deficit teorici e carenze metodologiche nella ricerca, un’interazione tra
psicologia e turismo si è rivelata e può essere ancora utile ai fini di un’individuazione
dei bisogni e delle motivazioni del turista (considerando quindi il fenomeno turistico
come frutto di un processo di scelta) e, in base a questi elementi, della costruzione di
una tipologia di turismo.
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1.2. Il processo decisionale del turista.
Le differenti tassonomie ed accezioni del turismo mettono in rilievo un importante
aspetto del campo psicologico del turista: le motivazioni.
Nel recente libro “Perché le persone vanno in vacanza?”, Dall’Ara analizza le variabili
influenti il processo decisionale ed afferma che è proprio la “motivazione” la
componente principale che spinge al viaggio.
E’ tuttavia essenziale porre una netta distinzione tra motivazioni e fini.
Le motivazioni sono un elemento fondamentale di creazione di un processo decisionale
di viaggio.
I fini sono invece il punto d’arrivo di tale processo, generato appunto dalla motivazione
psicologica, quale mezzo di propulsione al viaggio. Paradossalmente, i fini sono
considerati come “ mezzi di soddisfazione” delle motivazioni.
E’ possibile classificare le motivazioni e dedurre quindi le tipologie di turismo ad esse
connesse:
- Fisiologiche, che attengono alla riscoperta del corpo e
presuppongono un Turismo di salute e un turismo sportivo.
- Interpersonali, ovvero nascenti dal desiderio di inserimento
in un gruppo e dalle occasioni di contatto con altre persone. In questo caso ci
troviamo dinnanzi ad un Turismo sociale e ad un Turismo conformista ( si
presuppone una vacanza caratterizzata da attività che non siano troppo differenti
dal quotidiano).
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- Psicologiche, che ottemperano al bisogno di tranquillità, relax, svago. Siamo
quindi in presenza di un Turismo puro, generato dal desiderio di conoscere il
diverso, e di un Turismo religioso, che trova la sua massima espressione nel
“Pellegrinaggio”.
- Culturali, identificabili nel desiderio di visitare luoghi storici e artistici. Il turista
s’interessa alla cultura, architettura, storia, al linguaggio dell’area visitata. Le
motivazioni culturali generano perciò un:
a. Turismo educativo
b. Turismo di conoscenza
c. Turismo congressuale
d. Turismo di studio
- Di Status, legate ad una vacanza, ad un viaggio che conferisca prestigio o che dia
la possibilità di conoscere persone di classe uguale o superiore al proprio ceto
sociale.
- Di Esplorazione, che soddisfano il bisogno di conoscenza attraverso escursioni,
passeggiate etc e che danno origine ad un Turismo avventuroso, innovativo e, se
così si può chiamare, di “adattamento”.
- Di Partecipazione ad un gruppo, che spingono quindi a viaggiare in un gruppo di
persone ove vi siano un’interazione e uno scambio reciproco di valori e una forte
congruenza di interessi e di opinioni. All’interno del gruppo deve esserci
“Coesione Sociale”. I viaggi sono organizzati da club sportivi, imprese (viaggi
incentive), associazioni musicali etc.
- Ambientali, connesse con l’interesse del turista per la bellezza e la particolarità del
paesaggio naturale della meta da raggiungere.
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- Casuali, per cui il “Turista Accidentale”, grazie ad un imprevisto, ha la possibilità
di visitare una certa località.
Da questa grande classificazione possiamo dedurre la complessità del processo
decisionale del turista. Data la molteplicità delle motivazioni, Dall’Ara, 2000, ha
pensato di raggrupparle in tre grandi aree:
Area del Sé
Area dell’Altro da Sé
Area del Dentro di Sé
La prima tipologia fa riferimento ai viaggi che hanno lo scopo di rigenerare il corpo e la
mente dell’individuo.
L’area “dell’altro da sé” è caratterizzata da vacanze all’insegna della trasgressione e da
una spasmodica ricerca dell’ “alterità” e dell’ “anormalità”.
Scopo dell’area “Dentro di sé” è riscoprire il senso e l’essenza della vita, in luoghi
lontani e sconosciuti (quest’area sarà meglio ampliata successivamente).
Riassumendo, possiamo affermare che il comportamento turistico è condizionato da due
forze che agiscono simultaneamente:
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- Fuga dall’ambiente e dalla routine quotidiana, i cosiddetti “ Push Factors”,
originati da cause sociali che, agendo sulla sfera psicologica, creano il desiderio di
partire.
- La ricerca di ricompense psicologiche, altrimenti detta “Pull Factors”, fattori che
spiegano la scelta della località. Sono fattori di attrazione che intervengono su chi
ha già deciso di fare una vacanza, nel momento di decisione del “dove”
trascorrerla. Tra i fattori di attrazione sono importanti la ricchezza della novità e
l’arricchimento culturale.
Infine, nell’analizzare sotto l’aspetto motivazionale e psicologico il processo decisionale
di un turista, non deve essere dimenticata la “Scala dei bisogni umani” di Abraham
Maslow, che può essere così schematicamente riassunta:
- Fisiologici
- Di Sicurezza
- Di Appartenenza (ad un gruppo)
- Di Stima
- Di Autorealizzazione
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Figura 1: Scala dei bisogni di A. Maslow (1954)
Dal punto di vista sociologico, secondo gli “Interazionisti simbolici”, il comportamento
turistico e le motivazioni sono influenzati dal processo di socializzazione dell’individuo
e dalle sue modalità di interazione con altri soggetti o oggetti significativi.
Ogni azione è appresa tramite simboli e significati creati dalla società e trasmessi
attraverso l’interazione. Le persone, i ruoli, le situazioni sono quindi dei “gruppi sociali
di riferimento” e fungono da contesto per il verificarsi di comportamenti sempre nuovi.
Uno dei principali obiettivi del processo decisionale del turista è sicuramente la
“Soddisfazione”.
Partendo dal presupposto che un “decisore” (individuo) ottimizza quando prende una
decisione scegliendo la miglior alternativa possibile, questi, quando si trova di fronte ad
un problema complesso, tende ad optare per la scelta più soddisfacente, e non ottimale.
Una volta individuata l’alternativa più consona alle sue esigenze, il soggetto deve
procedere alla raccolta delle informazioni.
Fisiologici
Autorealizzazione
Stima
Appartenenza
Sicurezza
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Occorre sapere cosa l’ambiente ci possa offrire, quali possano essere i comportamenti
che servirebbero poi ad arrivare alla decisione ottimale.
L’Informazione è quindi un “Ponte” che congiunge le alternative agli esiti possibili.
Figura 2: Possibile schematizzazione degli elementi che intervengono nel processo di decisione
razionale (M. A. Villamira, “ Psicologia del viaggio e del turismo”,pag. 87, 2001)
Nel processo decisionale giocano un ruolo rilevante anche le emozioni. Esse sono la
testimonianza che un obiettivo importante necessita di attenzione.
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