Psicoanalisi e neuroscienze: una analisi di un dibattito attuale. 7
psichiatria partendo dalle prime ricerche sull’afasia e gli studi
sull’isteria condotti insieme a Josef Breuer. Poi descriverò Il
progetto di una psicologia, opera fondamentale per capire le basi
teoriche ed epistemologiche su cui Freud innalzò il proprio edificio
concettuale ed opera necessaria per chiunque si avvicini alle
neuroscienze contemporanee, in quanto si tratta di uno dei primi
tentativi di sistematizzazione modellistica del funzionamento
psichico scientificamente e metodologicamente valido, in un epoca
in cui il cervello era, per questioni storiche, ancora un vero mistero.
Analizzando, seppure in modo sintetico, il progressivo
allontanamento di Freud dal modello neurologico fino ad arrivare
alle ultime produzioni metapsicologiche, approderò poi alle prime
revisioni dei concetti psicoanalitici applicate dai teorici revisionisti
per far fronte alla caduta di alcuni dei pilastri portanti della
metapsicologia e delle teorie cliniche freudiane. Caduta avvenuta
sotto l’influsso dei modelli relazionali e soprattutto a seguito delle
principali scoperte provenienti dall’infant research e dagli studi
etologici, che con la focalizzazione sulla predisposizione del
bambino alla ricerca dell’oggetto hanno fatto vacillare gli assunti
delle teorie strutturali freudiane. Il paragrafo conclusivo del primo
capitolo inizierà ad anticipare invece il vero scopo di questa tesi: la
possibile compatibilità cioè tra psicoanalisi e neuroscienze.
Il secondo capitolo inizierà con uno dei quesiti maggiormente
dibattuti tra gli studiosi della disciplina, quello cioè sulla reale
possibilità di effettuare correlazioni valide tra psicoanalisi e
neuroscienze con i dati attuali della disciplina, quesito rimasto
Psicoanalisi e neuroscienze: una analisi di un dibattito attuale. 8
ancora irrisolto nonostante i numerosi tentativi di risposta
definitiva, ma sempre più vicino, sembra, a produrre ipotesi
fondatamente accreditate. Il capitolo proseguirà poi con la disamina
delle maggiori confutazioni sulla validità scientifica della
psicoanalisi inoltrata dai maggiori critici e filosofi della scienza del
novecento. Non sarebbe possibile infatti proporre una ipotesi
metodologicamente valida dal punto di vista scientifico, senza
analizzare le fratture e le problematiche aperte dagli studiosi del
nostro secolo sulla validità epistemica della psicoanalisi. Fratture
che hanno sicuramente ridimensionato la possibilità di basare su
forti basi scientifiche l’onnicomprensività della spiegazione
psicoanalitica del comportamento umano, ma che, d’altra parte, non
sono neanche riuscite a demolire la validità scientifica della gran
parte delle intuizioni freudiane e di alcune ipotesi causali della
teoria psicoanalitica stessa. Passate in rassegna le critiche, inizierò
ad introdurre il nocciolo della questione, ripercorrendo le tappe e gli
studi principali nell’ esplorazione del funzionamento mentale con
approccio neurologico, con particolare attenzione a memoria,
apprendimento e coscienza, iniziati nella seconda metà del
novecento da scienziati quali Donald Hebb, fino ad arrivare ai più
completi risultati degli studiosi contemporanei quali Kandel,
Damasio, Edelman e Solms. Nel capitolo conclusivo mi permetterò
invece di proporre un modello di funzionamento mentale che
coniugherà i contributi degli studiosi su menzionati, e che sarà
arricchito di alcuni spunti personali.
Psicoanalisi e neuroscienze: una analisi di un dibattito attuale. 9
Capitolo 1
1.1) Freud e la scienza dell’epoca: i primi studi
pionieristici nel campo della neurologia.
Ai fini della presentazione delle possibili correlazioni tra
psicoanalisi e neuroscienze e per una comprensione di quali fossero
le basi culturali, gli interessi scientifici, nonché la personalità dello
stesso Freud, di primaria importanza risultano essere gli studi e le
opere del ventennio prepsicoanalitico, scritti dopo pochi anni dal
conseguimento della laurea dall’ancora poco conosciuto dottor
Sigmund Freud. Procedendo in questa direzione, come sottolinea
Ellenberger (1970), vedremmo che “Freud aveva seguito una linea
di evoluzione che andò dall’anatomia microscopica (attraverso lo
studio dell’ apparato riproduttivo delle anguille) alla neurologia
anatomo-clinica e da qui alla neurologia clinica e non clinica,
espressa invece nel suo libro sull’afasia”. Questa evoluzione era
segnata da un lato da un atteggiamento che contraddistingueva la
gran parte dei maggiori studiosi del tempo, quello cioè che
poggiava le basi della ricerca sull’anatomia e la fisiologia del
cervello, dall’altro con una particolare “tendenza a fare ardite
generalizzazioni che dette luogo a numerose critiche” e che si
ispirava all’anatomofisiologia cerebrale speculativa. Questo
Psicoanalisi e neuroscienze: una analisi di un dibattito attuale. 10
secondo orientamento ha raggiunto l’acme con il “Progetto di una
psicologia” del 1895. Negli anni trascorsi nel laboratorio di Brucke,
Freud imparò infatti quale fosse lo spirito e la rigorosa metodologia,
fatta di osservazione e disciplina, che contraddistingueva la scienza
medica del tempo. Dapprima studiò le cellule del midollo spinale di
alcune specie di pesci come il Petromyzon, dopodichè si cimentò
nell’analisi del sistema nervoso lavorando sul funzionamento e la
struttura del nervo acustico, introducendo nelle allora neonate
tecniche di colorazione artificiale, il cloruro d’oro, tecnica che però
poi non fu adottata dalla comunità scientifica a causa della poca
uniformità dei risultati che produceva. Nello stesso periodo scrisse
un articolo sulla “Struttura degli elementi del sistema nervoso”,
articolo considerato da molti una anticipazione della teoria del
neurone esposta da Cajal, che procurò nel 1906 il premio Nobel a
quest’ultimo insieme all’altro celebre studioso del neurone, Camillo
Golgi, di cui famosa è invece la scoperta del colorante al cloruro di
argento tuttora applicato nell’anatomia cerebrale. Sottolineo infatti
che all’epoca in cui Freud iniziò a concepire le sue ipotesi di
carattere psicofisiologico, il grado di avanzamento delle scienze
mediche e dell’anatomia cerebrale in particolare, era molto scarso.
Basti pensare che nel 1896 ancora non era stato appurato se gli
assoni del neurone fossero interconnessi tramite contatto o se
costituissero fascicoli continui di fibre, disputa che si concluse per
l’appunto col nascere della teoria del neurone su citata, messa a
punto da Rajmond Cajal
1
nel 1897. Inoltre i modelli utilizzati per
1
( Bear et al. 1996)
Psicoanalisi e neuroscienze: una analisi di un dibattito attuale. 11
spiegare il funzionamento del cervello erano mutuati dalla fisica del
tempo, o meglio da modelli energetici provenienti dall’idraulica.
Queste premesse sono estremamente necessarie per capire come
numerose critiche rivolte successivamente al sistema
metapsicologico freudiano (nato come vedremo in questo periodo e
mai abbandonato in quanto ad impostazione concettuale), non
possano essere valide confutazioni degli assunti psicoanalitici. Ciò
per due principali motivi:
1)Freud apparteneva ad un contesto storico-culturale nonché ad una
comunità scientifica, che non condivideva le nostre attuali
conoscenze sulla materia posta sotto osservazione, cioè il
funzionamento del cervello. Alcune delle intuizioni di Freud
riguardo i meccanismi di tale funzionamento, che poggiano le
fondamenta sui modelli positivistici ottocenteschi, potrebbero
quindi semplicemente essere sostituite da dati accertati dalle
odierne neuroscienze, senza per questo togliere rilevanza scientifica
a molte ipotesi che, con i dati attuali della disciplina, possono
essere riadattate con una minima perdita di potere esplicativo.
Cambiando il modello di riferimento non si toglierebbe infatti peso
e validità ad alcuni concetti che sono invece indipendenti, secondo
il mio parere, dal modello utilizzato.
Come afferma Holt infatti, “un modello è una struttura formale le
cui parti sono manipolabili per generare certe conseguenze, e che è
significativamente isomorfo rispetto ad alcune caratteristiche della
realtà osservata”.
2)Come è stato dimostrato da Adolf Grunbaum (1984) (autore di
cui parlerò in seguito a proposito delle teorie ermeneutiche), pur
Psicoanalisi e neuroscienze: una analisi di un dibattito attuale. 12
abbandonando il tentativo di spiegare neurologicamente il
funzionamento psichico, Freud sistematizzò con continue revisioni
ed aggiustamenti la propria teoria, proprio per mantenere una rigida
aderenza alla metodologia scientifica, riadattando il corpus teorico
da lui stesso formulato alle disconferme che provenivano dall’
osservazione clinica, manifestando così un atteggiamento di grande
onestà intellettuale.
Per non anticipare argomenti che verranno approfonditi nei
prossimi capitoli torniamo comunque a Freud.
Le prime ipotesi psicopatologiche di Freud nel campo delle
psiconevrosi compaiono infatti intorno al 1893, anno in cui iniziò
un particolareggiato studio sull’isteria in collaborazione con Josef
Breuer e anno in cui fu pubblicata la “Comunicazione preliminare”,
scritto in cui vengono formalizzati i primi concetti di quella che da
lì a poco sarebbe stata la futura teoria psicoanalitica. I concetti di
isteria traumatica, che erano già ampiamente stati introdotti da
Charcot, vengono estesi dagli autori all’isteria generica,
introducendo per la prima volta la possibilità che i sintomi isterici
abbiano una correlazione anche simbolica con un evento patogeno.
Per quanto riguarda l’aspetto terapeutico invece, (come sottolinea
giustamente sempre Ellenberger) gli autori si rifacevano ai modelli
introdotti da Janet per la cura di quelle che lui definiva “idee fisse
inconsce”
2
e che consistevano nel riportare tramite ipnosi il trauma
alla coscienza, permettendo all’affetto di scaricare, ristabilendo
l’equilibrio psichico.
2
Janet: “L’automatisme psycologique”.
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Nel 1894 Freud propone invece un nuovo concetto di grande
rilevanza per una concezione dinamica della psiche: il concetto cioè
di difesa. L’accezione del termine aveva un significato del tutto
nuovo e di natura più squisitamente psicologica, indicando la
dimenticanza di ricordi o idee penose che l’individuo non riusciva a
sopportare. Non sarebbe quindi il trauma in sé la reale causa della
patogenesi, come ritenevano gli studiosi del tempo, ma una
rappresentazione divenuta inconscia a causa della sua
intollerabilità. Con la definizione del concetto di difesa Freud iniziò
un processo di progressivo allontanamento dall’impostazione
teorica dell’amico Breuer, allontanamento che è già visibile nel
capitolo conclusivo degli studi sull’isteria, dove Freud dichiara
esplicitamente che l’unico fattore determinante dell’insorgere dell’
isteria sarebbe proprio la difesa. Da questo punto in poi, la
propensione alla teorizzazione di Freud si amplificherà, aprendo la
strada alla nascita della psicoanalisi in quanto teoria autonoma ed
innovativa nello studio del funzionamento psichico.
Psicoanalisi e neuroscienze: una analisi di un dibattito attuale. 14
1.2) Il Progetto di una psicologia
Nel 1895, anno di uscita degli studi sull’isteria, Freud decise di
scrivere un saggio per formalizzare un modello che coniugasse le
sue scoperte nel campo della psicologia (che con il metodo analitico
stavano portando a grossi passi in avanti nello studio delle nevrosi),
con le conoscenze di anatomia e neurofisiologia del sistema
nervoso che in quegli anni iniziavano ad accumularsi, e a cui lo
stesso Freud aveva dato un certo contributo. Questo, che
inizialmente potrebbe apparire un proposito pretenzioso, era quindi
un obiettivo a cui ambivano molti medici dell’epoca che operavano
anche nel campo della psicologia. Il concetto di neurone come unità
del sistema nervoso era infatti stato introdotto da Wilhelm
Waldeyer nel 1891, ed è ampiamente comprensibile che gli studiosi
del tempo fossero curiosi di esplorare la materia, attraverso la
formalizzazione di modelli teorici che poi potessero essere
dimostrati dalle scoperte che affluivano da tutti i campi. Freud non
fu da meno, ed in pochi mesi, con un lavoro incessante, completò il
Progetto ponendolo sotto la costante supervisione epistolare di
Fliess, studioso a cui Freud inviava regolarmente i propri
manoscritti, per avere un parere riguardo la qualità del modello. Nel
momento in cui Freud abbandonò l’idea della validità della teoria
esposta nel Progetto, arrivò però a disinteressarsi del tutto del
manoscritto, lasciandolo nelle mani di Fliess e rinunciando
Psicoanalisi e neuroscienze: una analisi di un dibattito attuale. 15
completamente all’idea di una eventuale pubblicazione. Il
“Progetto”fu pubblicato quindi postumo, e precisamente intorno
agli anni ’50. Freud aveva infatti capito che i tempi erano ancora
immaturi per un tentativo così azzardato e complesso, quello cioè di
integrare le conoscenze neurologiche del tempo con la psicologia,
dal momento che le scienze stesse non erano evolute al punto da
permettere un passo così grande. Proseguire su quella strada lo
avrebbe portato alla costruzione di una mitologia del cervello, e non
alla reale comprensione del funzionamento psichico a cui
l’ambizioso Freud invece aspirava.
Nonostante questo, il Progetto di una psicologia è un testo
essenziale per la comprensione del pensiero freudiano. La gran
parte delle idee formulate in esso sarebbero infatti riapparse sotto
varie forme nelle successive teorie psicoanalitiche e, come
affermato da Merton Gill
3
, le intuizioni contenute nel modello non
appaiono troppo lontane dai dati neuroscientifici odierni, sempre se,
come anticipato precedentemente, vengano dovutamente
ricontestualizzate e storicizzate.
La concezione dinamica, la tendenza a tradurre i fenomeni in
termini quantitativi e la descrizione dei processi in termini
economici, sono infatti delle costanti che mai abbandoneranno le
future teorizzazioni freudiane.
In particolare nel “Progetto” Freud ipotizza l’esistenza di tre
tipologie di neuroni. I neuroni 1 sono deputati alla ricezione degli
stimoli esterni: ciò renderebbe possibile la percezione, dal momento
che questi neuroni sono regolati nel funzionamento da quello che
3
Karl Pribram; Merton Gill: “Freud neurologo”.
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lui definisce il principio di inerzia, la tendenza cioè alla completa
scarica dell’energia da parte del sistema. I neuroni 2 sono invece la
base neuroanatomica del processo di consolidamento mnestico,
essendo regolati dal principio di costanza e dalla possibilità di
trattenere la Q. Alla terza tipologia di neuroni, cioè i 3, è attribuita
la capacità di convertire i processi fisici del sistema nervoso in stati
soggettivi esperibili dal soggetto, dando luogo alla coscienza. Per
spiegare il funzionamento del sistema Freud introduce invece il
principio di piacere-dispiacere, il quale determinerebbe la qualità
delle sensazioni provate. L’aumento della quantità Q di energia
provocherebbe il dispiacere ed il dolore, mentre la diminuzione
della stessa, darebbe luogo al piacere.
Da un punto si vista storiografico, rilevanti sono anche i concetti di
scarica dell’affetto e del desiderio. Concetti che grande spazio
avranno nelle teorie formulate successivamente da Freud e che
iniziano a prendere vita proprio in questo scritto. La scarica
dell’affetto era descritta come “improvvisa emissione di energia”,
mentre il desiderio era provocato dalla “sommazione” della quantità
Q presente nel sistema.
Emerge per la prima volta nel “Progetto di una psicologia” anche
il concetto di Io. Con esso era inteso l’apparato deputato
all’inibizione della quantità di energia totale del sistema,
trasformando quello che Freud chiamò per la prima volta il
processo primario, caratterizzato da processi psichici primitivi, in
un funzionamento secondario. Quest’ ultimo aveva la funzione di
mantenere costante il livello di energia del sistema, regolando i
processi di scarica e dando vita così ai processi psichici superiori
Psicoanalisi e neuroscienze: una analisi di un dibattito attuale. 17
che caratterizzano gli esseri umani civilizzati. A riguardo Freud
afferma:
“L’Io deve quindi essere definito come la totalità delle cariche dei
neuroni 2 in un dato momento….
…E’ facile vedere che le facilitazioni tra i neuroni 2 fanno parte del
dominio dell’Io, in quanto rappresentano la possibilità di indicargli
l’ammontare dei suoi cambiamenti nei momenti successivi. Mentre
questo Io non può tentare di liberarsi dalle sue cariche mediante il
soddisfacimento, ciò non può avvenire altrimenti che esercitando
un’influenza sulla ripetizione delle esperienze di dolore e degli
affetti; e deve esercitarla nel seguente modo, che è generalmente
chiamato inibizione”
4
.
Reinterpretando le affermazioni su riportate in chiave
contemporanea, si potrebbe affermare quindi che, con
l’impossibilità del sistema di scaricare le quantità di energia Q
istantaneamente, diverrebbe possibile modulare, per utilizzare un
termine attuale e mutuato dall’informatica, l’attività neuronale,
incanalandola verso pattern di attivazione correlabili ai processi
psichici evoluti. Questo processo richiede quindi l’inibizione dei
processi di scarica attraverso una modulazione effettuata da un
sistema che Freud chiamò Io. Vedremo nel capitolo 3 come questo
“rudimentale” modello di funzionamento mentale descritto da
Freud, pur antropomorfizzando le strutture neuronali e ricadendo
nella creazione dell’homuncolus filosofico attraverso la definizione
4
(1895)
Psicoanalisi e neuroscienze: una analisi di un dibattito attuale. 18
dell’ Io, non si allontani poi dalle più attuali conoscenze sugli stati
psichici superiori della neurofisiologia, come affermato poco sopra.
Prosegue infatti Freud poco dopo:
“Di conseguenza l’inibizione operata dall’Io rende possibile un
criterio per distinguere tra la percezione ed il ricordo. L’esperienza
insegnerà poi a non iniziare il processo di scarica finchè non sia
arrivato il segno di realtà, e che, per questa ragione, l’investimento
dei ricordi desiderati non deve essere portato oltre il limite”
5
.
Ed anche in questa affermazione è difficile non ravvisare forti
analogie con i modelli di Damasio o di Edelman. Torneremo più
avanti su tali analogie, nei capitoli successivi.
Per concludere la sintetica analisi del “Progetto di una psicologia”,
esaminerò quindi un’altra osservazione di grande rilevanza storica
ed epistemologica presente nel testo, cioè la rilevazione operata da
Freud di una similarità del funzionamento psichico nel sogno e nei
sintomi nevrotici. L’osservazione compare per la prima volta nel
“Progetto” e sarà sviluppata in maniera più sistematica nell’
“Interpretazione dei sogni”(1900), l’opera che spalancò le porte
alla nascita ufficiale della psicoanalisi come scienza autonoma e
che, non a caso, è forse la più conosciuta dal vasto pubblico. Dopo
aver ipotizzato la causa della mancanza della scarica motoria
corporea durante i sogni come attribuibile all’assenza di una
precarica spinale e alla cessazione del funzionamento del sistema 1
e dopo aver spiegato la apparente illogicità dei nessi onirici come
5
(1895)
Psicoanalisi e neuroscienze: una analisi di un dibattito attuale. 19
“coazione ad associare” derivante dall’inattivazione del sistema
inibitorio dell’Io, Freud scrive:
“Le rappresentazioni oniriche sono di natura allucinatoria; esse
risvegliano la coscienza e vengono credute. Questa è la
caratteristica più importante del sonno. Essa diventa
immediatamente evidente con l’alternarsi del sonno alla veglia: si
chiudono gli occhi e le allucinazioni si producono, si aprono e si
pensa in parole
6
.
Comprendendo l’implicazione del linguaggio nel forgiare la
peculiare modalità logico-sintattica che governa il pensiero conscio
e contrapponendola alla illogicità ed atemporalità del
funzionamento onirico, Freud istituisce un vero e proprio
collegamento causale. Per spiegarlo utilizzerà i dati clinici raccolti
durante gli studi sull’isteria con il metodo catartico, dati che lo
avevano portato all’introduzione del concetto del suo sistema
teorico più controverso e difficilmente confermabile
empiricamente, cioè quello della rimozione. La rimozione infatti,
concetto che già aveva preso forma con gli studi di Janet e di
Breuer, si autonomizzerà nel pensiero di Freud attraverso la
formulazione di specifiche ipotesi causali a partire proprio dal
“Progetto”, arrivando ad una sistematizzazione, seppur parziale,
nell’ ”Interpretazione dei sogni”.
6
(1895) Pag.242.
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1.3) Abbandono del modello neurologico
Le linee guida del sistema teorico psicoanalitico erano già state
tracciate, quindi, intorno al 1896 con una specifica impostazione
scientifica. La gran parte delle ipotesi causali presenti nella neonata
teoria psicoanalitica avevano infatti una solida base osservativa,
come voleva la scienza dell’epoca, una forte impostazione medica
di stampo anatomo-fisiologico e neurologico, nonché una
impostazione filosofica che proveniva dal fisicalismo del
contemporaneo movimento bio-fisico di Herbart e Fechner, di cui
Freud peraltro riconosce esplicitamente l’influenza. I pilastri
concettuali di quella che Freud, per la prima volta nel 1896 in una
lettera a Fliess, definirà metapsicologia, quali la rimozione, la
differenziazione tra processo primario e secondario, la dicotomia tra
inconscio e conscio, il concetto di Io, la difesa, l’equiparazione del
processo psicopatologico al funzionamento onirico o primario,
erano quindi oramai stati sviluppati con il “Progetto”, ed erano nati
nello Zeitgeist che guidava qualunque scienziato che operava in un
campo conoscitivo, dal fisico al biologo, dal medico allo
psicologico. Quello che serviva ora a Freud, era solo una
riorganizzazione dei risultati raggiunti sulla psiconevrosi negli anni
di studio precedenti. Dopodichè era necessario ricercare una
sistematizzazione più organica, che potesse collocare di diritto la
neonata psicoanalisi nel mondo delle scienze naturali. La