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formazione reattiva), o controreagendo a essa con una forza opposta
(diniego, rimozione). La scarica di tale energia era ritenuta in sé
benefica: manteneva l’organismo umano nell’appropriata omeostasi.
Tra tutti gli individui di questa società che possono servirsi di questa
difesa gli artisti rappresentano la classe di persone che si serve della
sublimazione per la creazione di opere d’arte (musicali, pittoriche,
scultoree, comiche, ecc.) e fa di questa il motivo centrale della propria
esistenza.
A questo punto ritengo interessante domandarmi: come può vivere la
sessualità una persona che dirige gli impulsi sessuali nel versante della
creazione artistica? Riesce l’artista a vivere una serena vita sessuale di
coppia con un partner? Quali sono i comportamenti sessuali più
frequenti degli artisti? Se l’artista necessita della spinta pulsionale per
creare un’opera, riesce a trattenere parte di questa spinta per esprimere
anche la propria sessualità con un partner nei suoi momenti di
maggiore creazione?
A tutte queste domande cercherò di rispondere nel mio lavoro
sperando di riuscire ad indagare, in base alle mie possibilità, sul
comportamento sessuale degli artisti di oggi nella loro vita quotidiana.
Nel primo capitolo di questo lavoro ho esplicato le varie concezioni
psicoanalitiche dell’artista e del processo creativo presenti negli autori
più significativi che hanno scritto su questo argomento.
E', quindi, introdotto nel secondo capitolo l’argomento dello sviluppo
dell’arte umana nella storia, cioè quali cambiamenti ha subito l’arte da
quando è comparso l’uomo sulla Terra fino ai nostri giorni.
Nel capitolo 3 affronto i temi della perversione, della creatività,
dell’esperienza estetica e di alcuni aspetti letti dal punto di vista
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sociologico dell’arte e dell’artista, concetti teorici che mi portano ad
introdurre poi la ricerca.
La seconda parte del seguente lavoro è interamente dedicata alla
ricerca qualitativa effettuata a 100 soggetti creativi e 100 soggetti di
controllo (persone che hanno a che fare quotidianamente con la
razionalità) attraverso un questionario creato da me atto ad indagare
vari aspetti del comportamento sessuale delle persone.
Nel capitolo 4 è introdotta la ricerca e sono analizzati i risultati
ottenuti dalle risposte dei soggetti alle 20 domande del questionario.
Nel capitolo 5, infine, sono spiegate le conclusioni che ho potuto
trarre dalla seguente ricerca.
Per concludere, in appendice ho pensato di mettere le tabelle e gli
istogrammi delle frequenze e delle percentuali di risposta ad ogni
domanda con la speranza che possano aiutare il lettore ad avere subito
a prima vista una chiara visione di tutti i risultati.
Colgo l’occasione per ringraziare il professor Spano per la sua
disponibilità e tutte quelle persone che, aiutandomi nelle difficoltà
incontrate in questo cammino, hanno contribuito alla stesura di questo
lavoro.
PARTE PRIMA
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CAPITOLO 1
CONCEZIONI PSICOANALITICHE DELL’ARTISTA E DEL
PROCESSO CREATIVO
Iniziamo col vedere varie proposte interpretative di base
psicodinamica sulla creatività dell’artista messe a disposizione dalla
letteratura specialistica. Quasi tutte le interpretazioni psicodinamiche
del processo creativo si collocano entro lo schema descrittivo e
funzionale della psicoanalisi freudiana, si propongono talvolta come
una sua specificazione ed un suo approfondimento settoriale, tal altra
come una sua rettifica o una vistosa modificazione degli elementi
d’insieme. Il punto focale però rimane sempre lo stesso ed è quello
che vede la comprensione della creatività come una modalità di
rapporto tra le componenti consce ed inconsce e nei meccanismi di
espressione dell’inconscio nel comportamento manifesto.
1. Il concetto di sublimazione di Freud
S.Freud ha spesso affrontato l’argomento all’interno di saggi che
avevano altri obiettivi esprimendo, in modo rapido e parziale il suo
punto di vista, secondo il quale le forze motivanti l’artista sono di
carattere inconscio ed hanno le stesse intensità e connotazioni di
quelle che conducono altre persone alla nevrosi.
La vita inconscia, alla cui conoscenza il soggetto non ha un accesso
diretto, costituisce una riserva individuale di cariche energetiche
costantemente attive denominate pulsioni, istinti o bisogni. Ad esse si
attribuiscono una violenta vivacità ed un dinamismo interno illogico e
disordinato (processo primario delle cariche energetiche libere o
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slegate), con crescenti livelli di tensione che cercano uno sfogo
immediato nel comportamento manifesto.
L’individuo, quindi, deve difendersi dalla primitività istintuale e dalle
eccessive pressioni ambientalistiche cercando di preservare gli
equilibri tra le istanze contrapposte. I meccanismi di difesa lavorano
su questi fronti con vari gradi di inconsapevolezza da parte del
soggetto per mantenere questi equilibri.
Nell’“Introduzione alla Psicoanalisi” (1915) Freud scrive che l’artista
è predisposto alla introversione e che non gli ci vuole molto per
diventare nevrotico:
“Insidiato da fortissimi bisogni pulsionali, vorrebbe conquistare
amore, potenza, ricchezza… gli mancano però i mezzi per
raggiungere queste soddisfazioni; perciò, come qualsiasi altro
insoddisfatto, egli si stacca dalla realtà e trasferisce tutto il suo
interesse… sulle formazioni di desiderio della vita fantastica, dalle
quali potrebbe essere condotto alla nevrosi”
La creatività, quindi, secondo Freud, rappresenta uno scarico di
energie inconsce, socialmente inaccettabili se espresse nella loro
forma primaria, che premono però per manifestarsi, determinando il
comportamento fantastico dell’artista.
La sua convinzione che vuole esprimerci è quella di una maggior
complessità psicologica della persona creativa rispetto a quella
normale: essa deve fare i conti con conflitti inconsci acuti ed intensi,
che la persona adattata rimuove o controlla per altre vie.
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Solo in questo l’artista è simile al nevrotico, che tuttavia dalle tensioni
inconsce si lascia incapsulare, manifestando rigidità, coazioni, disagio
e malessere.
Nel saggio “Il poeta e la fantasia” (1907) Freud trova nel paragone
con il gioco infantile uno spunto di interpretazione: come il bambino
nel gioco dà un nuovo ordine fantastico agli elementi della realtà
investendoli di significati e valori affettivi inconsci similmente il
poeta, non potendo in quanto adulto trasformare a suo piacere la realtà
che lo circonda, crea un mondo di immagini che carica di forti valenze
affettive. In questo l’attività fantastica assume la funzione di valvola
di sfogo di tensioni inconsce che non trovano altra adeguata
espressione.
Per Freud l’uomo felice non fantastica infatti sono proprio i desideri
insoddisfatti le forze propulsive della fantasia. Fantasia, quindi, che
viene ad assumere lo stesso significato dinamico del sogno, che
tramite trasformazioni elaborate, dà vita ai desideri rimossi e ricacciati
nell’inconscio.
Nello scritto su “Leonardo da Vinci” Freud fa un tentativo di
interpretazione globale del carattere poliedrico inconsueto e pieno di
contraddizione di questo uomo bizzarro e stravagante, ancora oggi
pieno di fascino e per alcuni aspetti incomprensibile, e dice che la
spiegazione dell’indole e del comportamento delle persone creative
dipende dai modi in cui vengono trattate le pulsioni inconsce.
Secondo Freud già nel bambino si manifestano intensissimi bisogni
che si muovono nella sfera sessuale. Se tali bisogni vengono rimossi
possono aversi varie possibilità di sviluppo. Può accadere che
l’inibizione rimanga permanente e non trovi in futuro dei modi
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alternativi di espressione: in questo caso si crea la strada per lo
scoppio di una nevrosi. Può accadere anche che l’intelligenza,
irrobustendosi gradualmente, offre il suo aiuto per eludere la
rimozione delle pulsioni primarie alimentando le attività mentali
superiori.
Infine un terzo caso più raro e privilegiato si ha quando, in forza di
una particolare disposizione personale, le fondamentali forze inconsce
vengono sin dall’inizio inviate ad altri usi attraverso la sublimazione,
vale a dire attraverso uno specifico meccanismo difensivo che
permette al soggetto di ottenere un certo grado di soddisfazione,
compatibile con le limitazioni imposte dall’ambiente.
Concludendo il saggio su Leonardo, Freud scrive che la psicoanalisi
non spiega il dato dell’arte leonardesca.
L’analisi non può spiegare le doti dell’artista né scoprire i mezzi con
cui egli lavora.
Per finire il discorso possiamo vedere come Freud ha due diversi
risvolti nel modo di considerare il problema della creazione artistica.
Per un aspetto, egli ritiene che il processo creativo richieda la messa in
azione di funzioni mentali di tipo secondario, che nell’insieme
definiscono il corredo attitudinale dell’artista e si evidenziano nella
tipica abilità a sollecitare l’ammirato interesse del fruitore dell’opera
d’arte: ma su questo aspetto sorvola.
Per l’altro aspetto egli sottolinea la base inconscia e il valore dinamico
della creazione artistica, dato che secondo lui essa costituisce un
benefico mezzo per attenuare il disagio psicologico connesso al
riacutizzarsi di intense conflittualità primarie.
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2. Il tema della creatività artistica secondo M. Klein
Anche M.Klein ha affrontato il tema della creatività artistica nei suoi
lavori accettando il modello psicoanalitico di base, ma descrivendo in
modo diverso da Freud il graduale formarsi delle strutture
psicologiche. Secondo M.Klein (1948) un passaggio rilevante
nell’evoluzione infantile avviene quando il bambino riconosce
l’esistenza d'oggetti e persone intere e reali riconducendo ad unità la
serie d'immagini frammentarie e parziali che costituiscono il suo
mondo mentale nei primissimi mesi di vita. Nel rapporto precoce con
questi oggetti scissi e parcellizzati il bambino esprime istinti erotici ed
aggressivi, che lo portano ad attribuire a loro significati buoni e
cattivi, protettivi e persecutori. Il suo mondo fantasmagorico si
riempie d'immagini che ispirano amore ed odio (posizione
schizoparanoide). Quando successivamente scopre le persone e gli
oggetti completi, tutto l’oggetto amato è introiettato a costituire il
nucleo centrale dell’Io, ma con esso viene introiettata anche la
conflittualità ansiogena della prima fase. Nella fantasia inconscia,
l’oggetto esterno rimane destinatario d'incontrollabili impulsi avidi e
sadici che tendono a distruggerlo, ma con ciò si distrugge anche
l’oggetto interno e sorge una complessa situazione dinamica, dove
convivono insieme il desiderio dell’oggetto amato e perduto, il
rimorso della propria aggressività distruttiva e la paura di questa stessa
distruttività (posizione depressiva). L’Io infantile e messo di fronte
alla necessità di riconoscere la sua ambivalenza affettiva e al compito
di ricostruire l’unità dell’oggetto buono.
Se la fiducia nella capacità di ricostruire l’oggetto è scarsa, l’oggetto
buono interno ed esterno è sentito come irrimediabilmente perduto ed
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il soggetto rimane implicato in sentimenti di colpa, abbandono e
persecuzione che forma un sistema nevrotico. Nevrosi, quindi, creata
da questo sentimento di perdita dell’oggetto.
Se invece lo sviluppo procede in maniera equilibrata ed una costante
esperienza d'affetti positivi, alimentata dai genitori, rassicura il
bambino circa i suoi oggetti, aumenta anche la fiducia nelle proprie
capacità di ricostruire la componente buona della realtà.
Le difese inadeguate possono così essere abbandonate e risulta
possibile compiere sempre più riusciti tentativi di riparazione.
Attraverso la continua esperienza della perdita e della ricostruzione
degli oggetti interni questi si fissano all’Io, portando ad un
superamento delle ansie depressive e arricchendo le strutture coscienti
che maturano la disponibilità a tollerare istinti aggressivi ed affetti
positivi.
La creatività nasce quindi dal rimorso conseguente la distruzione
aggressiva. Quando le parti dell’oggetto distrutto si trasformano in
persecutorie si crea nell’individuo un sentimento spiacevole di perdita
e di colpa. Da qui si forma la spinta a ricostruire e ricreare l’oggetto
amato e perduto, una spinta che si esplica in forme adeguate proprio
nella produzione artistica. In questo sta la premessa dell’uso sublimato
delle risorse inconsce in forma creativa.
3. Segal e la ricreazione di un oggetto amato e perduto
H.Segal, riconducendosi alla teoria kleiniana, afferma che tutti gli
artisti creano un mondo proprio e personale anche quando lavorano
con intenti realistici e descrittivi: ogni loro creazione è la ricreazione
di un oggetto un tempo amato ed integro, e poi perduto e rovinato; per
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cui creare è ricreare il mondo interno che si è frantumato con il
frantumarsi dell’oggetto. Il bisogno della ricostruzione interiore è
radicato nella posizione depressiva, ma la sua attuazione dipende dalla
capacità di superare l’ansia situazionale, che invece il nevrotico deve
inibire con comportamenti difesivi sterili per quel che riguarda la
possibilità di trasformarsi in arte.
Dice in proposito Segal:
“Il nevrotico adopera il suo materiale in modo magico (a scopi
difensivi) e così fa l’artista mancato. L’artista genuino, essendo
consapevole del mondo interno che deve esprimere e dei materiali
esterni con cui lavora, può con piena consapevolezza servirsi di quel
materiale per esprimere la sua fantasia. Egli condivide col nevrotico
tutte le difficoltà di una depressione non risolta, la costante minaccia
di crisi del suo mondo interno; ma da lui differisce in quanto ha
maggiore capacità di sopportare l’ansia e la depressione” (Segal,
1952)
4. Chasseguet-Smirgel e lo sviluppo infantile anomalo dell’artista
Utilizzando le informazioni derivate dai casi patologici per
confermare le basi fondamentali dello schema kleiniano, Chasseguet-
Smirgel identifica due tipi di atti creativi.
Il primo è quello che permette di riparare l’oggetto distrutto dalla
aggressività ed al quale si connette un'indiretta riparazione del proprio
Io.
Il secondo è quello che ha una motivazione nel bisogno di ricostruire
direttamente l’integrità dell’Io stesso compromessa dall’intensità delle
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scariche pulsionali. La sublimazione permette questo tipo di creatività,
in quanto trasforma la valenza degli impulsi e ne fa un'utilizzazione
più diretta e adeguata.
Per la Chasseguet-Smirgel il soggetto creativo ha uno sviluppo
infantile anomalo, per la precocità con cui si costituisce la separazione
dell’Io dalla realtà esterna in rapporto a frustrazioni e drammi psichici
troppo intensi, che impediscono gli siano erogate dosi di gratificazioni
narcisistiche sufficienti per una solida maturazione dell’Io attraverso il
controllo, la manipolazione e la padronanza degli oggetti.
L’atto della creazione permette di colmare le carenze di questo iniziale
stadio evolutivo, i cui effetti dannosi si trascinano in ogni successiva
fase di passaggio. Con esso il soggetto riafferma autonomamente il
valore dell’Io senza bisogno di interventi esterni, quali si ricevono da
parte materna nei primissimi mesi di vita, e ciò con evidente valore
terapeutico.
Chasseguet-Smirgel riassume i risultati della sua esperienza clinica
affermando che questi soggetti, “ privati di apporti narcisistici esterni
nel corso dell’infanzia, arrivano per il tramite dell’attività creativa a
colmare il loro deficit in maniera autonoma. In questo senso la
creazione è autocreazione, e l’atto creativo trova il suo impulso
profondo nel desiderio di mitigare con mezzi propri le mancanze
provocate da altri”. In altri termini, nella creazione artistica i bisogni
affettivi primari hanno un'incidenza motivazionale determinante.