pensieri e dei sentimenti umani come espressione,
comunque, di un "comportamento", teso a finalità "biologiche".
La seconda, se da un lato rinuncia ad un giudizio sul problema
della mente, dall'altro fa proprio I'assunto da noi espresso al
numero 3), per cui la spiegazione del meccanismo biochimico
include la spiegazione della realtà della mente e rinuncia alla
comprensione dell'essenza delta mente. Tutte queste linee di
ricerca, per vero, sono utili alla conoscenza; esse stesse
sono prodotti della mente e del cervello dell'uomo, I'unico organo
esistente in natura che si interroga su se' stesso, e come tale
è capace di un'evoluzione fatta di consapevolezza, quindi di
informazione consapevole e non solo adattativa. Sull'importanza
dell "'informazione" torneremo più avanti.
I riduttivismi moderni poggiano sulla rinuncia alla sintesi
su questa antinomia di fondo. Fin qui niente da obiettare;
trattandosi di un’antinomia di fondo non si può operare
euristicamente
2
se non accettandola come tale e dirigendosi ad un polo della
figura. II problema è che è necessario esserne consapevoli;
essere, cioè, consapevoli che I'assioma limitante di partenza
e, appunto, tale; un artificio e non una realtà: i riduttivismi
moderni in psichiatria originano, invece, dalla reificazione
degli assunti di base. Cosi, per lo psichiatra "organicista" o
"biologico", la depressione, simplicemente è un’ alterazione
del metabolismo della serotonina, non un qualcosa che si
esprime attraverso tale alterazione; lo psichiatra dinamico, da
parte sua, non si cura di quest’ultimo aspetto e tende a
ridurre, "in primam figuram", la condizione ai suoi moventi
causali psicogeni; il fenomenologo è interessato al modo di
essere in sé della depressione, non alle sue cause né ai suoi
meccanismi; eppure, sembrerebbe ovvio che un
atteggiamento meno riduttivo da parte di coloro che ricercano
in qualsiasi direzione possa essere un punto di partenza
3
importante per il futuro di una psichiatria dagli approcci
maggiormente integrati e dunque proficuamente
maggiormente olistici. Ma tali limitazioni ideologiche hanno
radici profonde, in differenti weltanschauung pregiudiziali, di
stampo positivista o neopositivista nel caso della psichiatria
biologico-organicista, di stampo idealista nel caso della
psichiatria dinamica. Risanare questo strappo puo significare
volere tornare indietro alle origini stesse del pensare
psichiatrico moderno per potere di nuovo pensare in quei
termini più olistici che erano propri di tale pensiero prima che
tale "strappo" si allargasse a dismisura. Freud, nella lezione
34 della seconda serie di lezioni della "Introduzione alla
psicoanalisi" scriveva che "la weltanschauung della
psicoanalisi e quella della scienza" e non aveva mai
disdegnato I'attenzione ai fatti biologici, ad esempio quando si
interessava al morbo di Basedow ipotizzando le nevrosi
cosiddette “attuali” come una
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endocrinotossicosi endogena. II viennese sosteneva sempre
con evidente chiarezza che la ricerca psicologica non doveva
mai abbandonare anche la via della biologia e che la
psicoanalisi andava considerata come un metodo per la cura
delle nevrosi che poteva, anzi era auspicabile che lo fosse,
essere usata insieme ad altri metodi ed in collaborazione con
specialisti che li utilizzassero. (Freud, 1934; Introduzione alla
Psicoanalisi, Seconda Serie di lezioni.)
II problema della inconoscibilità del confine ultimo
mente-cervello, d'altra parte, e quel livello antinomico ed
essenziale in cui la riduzione, ferma restando la necessità di
essere maggiormente aperti alle osservazioni di chi segue
differenti vie, si fa necessaria. Se, infatti, noi non possiamo
ridurre la mente al comportamento o, come fa taluno, al
linguaggio, in effetti ciò che e "mente", "psiche", "anima" è
qualcosa che è difficilmente definibile, è qualcosa che è “in
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sé " non conoscibile, ovvero "non conoscibile in sé". Noi
riteniamo che una linea che possa permettere una maggiore
apertura di vedute su questo problema è un atteggiamento di
tipo materialista-dialettico. Tale atteggiamento epistemologico,
che intendiamo qui rivalutare, è differente, come vedremo, sia
dall'idealismo puro (e quindi dallo psicologismo) che dal
positivismo puro (e quindi dall'organicismo-comportamentismo).
Questa via, oggi per lo piu abbandonata, non ha
avuto gli sviluppi positivi che avrebbe potuto avere e ciò per
due ragioni essenziali: la prima è che I'applicazione pratica di tali
teorie ha dato luogo ad un grande sviluppo delle conoscenze
neuropsicologiche e comportamentali ma scarsa attenzione alle
componenti psicologiche individuali priorizzando un interesse
psicosociale comportamentale non dissimile dalle vie
maggiormente battute oggi dal pensiero
6
"ufficiale" americano; la seconda è che tali idee scientifiche
si sono storicamente legate ad ideologie politiche che sono
risultate perdenti ed inadeguate nella storia dell'uomo
occidentale e del suo pensiero. In questo lavoro, d’interesse
prevalentemente epistemologico, osserveremo come
pensatori del secolo scorso, come il filosofo francese Auguste
Comte, iniziatore del positivismo, e alcuni pensatori
materialisti, come alcuni Autori della scuola Sovietica ed
alcuni positivisti brasiliani, in particolare il Prof. Silveira, di S.
Paolo del Brasile, seguendo un positivismo il primo, un
materialismo gli altri, non ancora inariditi in un meccanicismo
tecnicista "biologista" avevano una visione del mondo psichico
e cerebrale umano maggiormente ampia che andrebbe, a
nostro parere, rivalutata. Noi proponiamo che per una visione
moderna del problema mente-cervello da un punto di vista,
per I'appunto "materialista" sia necessario dare ampio spazio
a quelle
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moderne conoscenze scientifiche che hanno rivoluzionato la
concezione della materia vivente e non vivente nella scienza
umana; concezioni che hanno interessato paradossalmente
più gli idealisti ed Autori dal pensiero sui generis come
C.G.Jung che non gli studiosi di tipo "biologico", the
preferiscono ignorarle volutamente. Del resto ognuna di
queste acquisizioni relativamente "obiettive" può essere
utilizzata, operando sul suo ultimo confine, in maniera da
amplificarne di volta in volta I'aspetto "idealista" o "positivista"
che vi è insito, trattandosi, come abbiamo detto, di posizioni
per loro natura antinomiche, quindi non risolvibili in una
sintesi. Le acquisizioni scientifiche cui facciamo riferimento
sono di tre ordini: 1) lo sviluppo della fisica posteinsteniana ha
portato ad una differente concezione della stessa materia
vivente e non vivente e dei suoi fenomeni, a livello
submolecolare. A questo proposito discuteremo alcune teorie
dovute ad Autori moderni, come il francese Charon,
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fondatore della cosiddetta "psicofisica" e come, prima di loro,
il duo Popper- Eccles. 2) L'aspetto informazionale della
materia; settore di osservazione scientifica che è maturato
dagli stessi progressi della fisica, dall'acquisizione delle
concezioni della teoria dei sistemi di Von Bertalanffy, che,
come noto, è stata applicata a molti campi del sapere
psicologico-psichiatrico, a partire dal linguaggio, alla struttura
della famiglia, alla struttura della stessa psiche, cosa,
quest'ultima che interessa noi in questo contesto. 3) Un terzo
campo di osservazione è lo studio obiettivo delle
localizzazioni funzionali nel cervello. Mentre alla fine del
secolo scorso e all'inizio del secolo, piuttosto ingenuamente,
si cercava una localizzazione anatomica cerebrale di
complesse funzioni intellettive superiori quali i sentimenti e i
pensieri, per esempio da Gall e dalla scuola cosiddetta
"frenologica" che ne deriva, le acquisizioni moderne della
psicologia funzionale hanno potuto permettere
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di complicare di molto il quadro, eppure la ricerca intorno alla
"localizzazione" di funzioni psichiche superiori, molto
embrionale, molto alle origini, dopo un breve periodo
"antilocalizionista", oggi, con mezzi particolarmente avanzati
quali la PET e la RMN e I'apporto della psicochimica, vive un
periodo di rinnovato impulso.
Quindi, per concludere, noi disponiamo oggi di vari mezzi
di osservazione, da quello psicologico, a quello exjuvantibus
a quello direttamente sperimentale. Ognuno di questi punti di
osservazione può permetterci di osservare frammenti di
conoscenza sulla realtà della mente e dell'uomo; un
atteggiamento epistemico di carattere meno riduttivo potrà
permetterci di unificare le conoscenze in teorie della
personalità maggiormente olistiche. Crediamo che un
atteggiamento di carattere materialista-dialettico, nel suo
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tenere conto della complessità e della dinamicità della
materia, possa essere fecondo di sviluppi in questo senso.
In questo lavoro svilupperemo, dunque, elementi di tale
riflessione epistemologica, alla ricerca dei prolegomena per
una nuova sintesi.
Nella prima parte discuteremo delle teorie microfisiche e
bioinformazionali d’autori come Charon ed altri, che
rappresentano un estremo confine moderno della
teorizzazione sulla natura della mente. Nella seconda parte
osserveremo, in una prospettiva storica, la straordinaria
similitudine di conclusioni sulla struttura della mente che
osservatori differenti, da punti di vista differenti e con
metodologie ed alla luce di conoscenze obiettive differenti,
hanno raggiunto. Si partirà dalla teorizzazione di Comte, nel
secolo scorso, si descriveranno le concezioni anatomo-
funzionali di Kleist e di Luria; il primo ad osservare la
correlazione esistente tra tali
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teorizzazioni indipendenti fu Silveira, che tali concezioni ha
unificato e rivalutato in un lavoro storico di grande importanza
teorica, sconosciuto in Italia, che riportiamo integralmente in
appendice. Da un punto di vista "sistemico", vedremo come gli
studi di Miller, per vie delle tutto diverse, faci arrivare ad una
concezione simile della mente. Questa correlazione
rappresenta un nostro contributo originale. E' possibile, infatti,
considerare la mente come fondata su diciotto sistemi
funzionali fondamentali, anatomicamente noti dagli studi di
Kleist e di Luria e, in gran parte, sovrapponibili a quelli che
aveva postulato Comte e che Gall aveva ipotizzato per via
logica e creduto ingenuamente di riconoscere nella primitiva
concezione frenologica. Tali "settori" funzionali della mente
umana sono straordinariamente sovrapponibili a quelli intuiti
per via della logica dei sistemi da Miller.
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La nostra riflessione sul confine mente-cervello ci ha
portato a rivedere il pensiero dei diversi Autori e Scuole the
classicamente si sono occupati di questo problema. E' ovvio
che l’uomo si potrà sempre più avvicinare alla risoluzione di
tale dilemma, e lo sta facendo, ma esso rimarrà sempre di
natura essenzialmente antinomica. Ciò che ci riguarda nella
pratica della medicina psichiatrica è soprattutto un problema
di impostazione metodologica. Abbiamo visto come poteva
essere necessario superare la limitata prospettiva dei
riduttivismi organicistici o psicologistici verso una visione più
ampia ed olistica dell'uomo. Ciò può aiutarci a capire, a
progredire ed a curare meglio; non si tratta, dunque, di un
problema astrattamente speculativo.
Abbiamo visto come una visione complessa della realtà
che ricuperi in parte le concezioni del primo positivismo
(Comte), diversissimo nella visione del mondo dall'attuale, e
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del materialismo dialettico possa essere una possibile valida
via, e come vi sono acquisizioni moderne irrinunciabili se si
voglia adire vie maggiormente olistiche: in particolare le
considerazioni che ci vengono dal mondo della fisica sulla
natura bioinformazionale della materia (Charon, Popper ed
Eccles, ecc.) e la concezione sistemica della mente (Comte,
Miller, ecc.) non possono essere ignorate oggigiorno.
A questo punto abbiamo voluto introdurre un esercizio di
logica materialista per verificare come questa logica dialettica
ci possa nella pratica permettere realmente d’approcciare i
fenomeni clinici e gli approcci terapeutici con una mente più
aperta. Abbiamo scelto come campo per tale cimento una
tecnica terapeutica che puo sembrare assai lontana dalla
tradizione medica europea: il Pranayama Vedico; I'abbiamo
scelto proprio per questa sua caratteristica di particolarità e di
neutralità rispetto agli oggetti principali delle attuali polemiche
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in psichiatria, cioè le psicoterapie da una parte e gli approcci
biologici dall'altra: il Pranayama, dunque, non è nè l’una nè
I'altra cosa, quindi si presta ad un esame non preconcetto.
Analizzando, dunque, il Pranayama alla luce delle nostre
premesse metodologiche, osserviamo innanzitutto come i più
"biologisti" preferiscano chiamarlo biofeedback respiratorio,
mentre per i mistici indiani è una pratica religiosa. In una
maniera o nell'altra esso ha molte indicazioni mediche i cui
risultati sono accreditati anche in letteratura internazionale.
Per lo più in Occidente viene usato come una metodica di
rieducazione respiratoria, ad esempio nell'asma, ma ne è
dimostrato l'effetto su svariate funzioni ematochimiche
apparentemente poco correlate tra loro. Ovviamente I'uso che
a noi più interessa, ed è I'uso che classicamente se ne fa da
cinquemila anni, è quello di mezzo per combattere ansia e
depressione e sviluppare la personalità dell'individuo.
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