I N T R O D U Z I O N E
Il compito di questo studio è quello di indagare le modalità di
utilizzazione dello strumento dell'inibitoria nel settore del diritto
dei mercati finanziari.
Non si tratta di “fenomeno” sconosciuto all'esperienza giuri-
dica, tutt'altro. É anche vero però che l'inibitoria sembra manifesta-
re elementi di peculiarità legati proprio alla sua trasposizione in
questo settore della regolazione.
L'assunto da cui prende le mosse la riflessione che ha spinto
ad occuparsi di questo tema in un settore così delicato come quello
dei mercati finanziari – tanto più in tempi recenti visto l'impatto
della crisi – è che il legislatore abbia voluto assecondare (rectius:
soddisfare) esigenze di prevenzione; sintomo di un cambio di pro-
spettiva, del modo di incidere sui mercati finanziari, e di conside-
I n t r o d u z i o n e
rare la vigilanza pubblica in ultima analisi.
Le esigenze sono, in tutta evidenza, assicurare la trasparenza
e la correttezza nei mercati finanziari, proteggere i consumatori-ri-
sparmiatori, rendere il sistema dei mercati finanziari sicuro per i ri-
sparmiatori, ma anche attraente per gli investitori, cercando di evi-
tare la tenuta “fuga dei capitali” di cui tanto si parla.
Dunque, il regolatore ha accresciuto le ipotesi di poteri inibi-
tori delle autorità di vigilanza di settore (CONSOB e Banca d'Ita-
lia).
Si è allora avvertita la necessità, di capire cosa sia veramente
l'inibitoria, come essa funzioni – dunque quali siano i presupposti
– e di conseguenza a quale finalità tenda.
Per questo motivo, ben consci di dover affrontare il tema dal
punto di vista della regolazione dei mercati finanziari, non si potrà
fare a meno di volgere l'attenzione a quelle che, significativamen-
te, saranno definite spinte centrifughe. Assecondandole ci si dovrà
occupare del settore della tutela civile dei diritti, e poi del settore
del diritto amministrativo per gettare le basi concettuali del discor-
- II -
I n t r o d u z i o n e
so, in modo da avere gli strumenti per affrontare con consapevo-
lezza lo studio delle varie ipotesi in cui il legislatore ha munito le
autorità di vigilanza di poteri inibitori.
Infine, dunque, verranno analizzate le disposizioni più signifi-
cative (soprattutto quelle di recente introduzione) contenute nei te-
sti unici di riferimento per il mercato mobiliare e creditizio, per
cercare di mettere in luce, nelle varie fattispecie, le finalità di tute-
la, i presupposti di applicazione e la portata degli effetti dei prov-
vedimenti inibitori volta a volta previsti.
In tutta la trattazione il vero file rouge è costituito dall'esigen-
za di prevenzione connessa alla tecnica dell'anticipazione della tu-
tela di cui, come si dirà, l'inibitoria costituisce una delle più effica-
ci espressioni conosciute dall'ordinamento.
- III -
C A P I T O L O P R I M O
L A T U T E L A I N I B I T O R I A C I V I L E
SOMMARIO: §1. Premessa. – §2. La tutela inibitoria in generale.
Funzione e rapporto con le forme “tradizionali” di tutela. –
§3. L'azione inibitoria. – §3.1. Le ipotesi classiche di azione
inibitoria. – §3.2. Le nuove ipotesi di azione inibitoria. L'a-
zione inibitoria nei rapporti con asimmetria di potere con-
trattuale.. – §3.3. Il problema dell'azione inibitoria atipica. –
§4. La funzione inibitoria di tutela.
§1. Premessa.
Il significato che assume, nel linguaggio comune, l'aggettivo
«inibitorio» è cosa assai facile da spiegare
1
.
1
In questo senso può essere sufficiente consultare un comune vocabola-
rio della lingua italiana alla voce verbale inibire, dalla quale l'aggettivo è deri-
vato; v. ex multis, DIR Dizionario italiano ragionato, G. D'Anna-Sintesi, Fi-
renze, 1998, ove al lemma inibire si legge: «Trattenere, Impedire (nella realiz-
zazione o nella manifestazione), Non consentire, con un esplicito divieto o
con ostacoli e costrizioni». Per l'individuazione della radice etimologica del
lemma, consultando il Dizionario etimologico online, in www.etimo.it, od un
qualsiasi altro vocabolario etimologico, si può leggere: «Dal lat. INHIBÈRE
com. della part. IN negativo e HABÈRE avere, tenere, attenuata nel composto
A in I: propr. tenere perché non progredisca, perché non faccia o desista dal
fare, ovvero disporre perché altri non abbia».
La tutela inibitoria civile
Ben più difficile potrebbe, di converso, rivelarsi il compito
dello studioso che – inforcando le lenti del giurista – provi a legge-
re tale termine per comprenderne la portata giuridica
2
, in modo
cioè da provare a coglierne le eventuali implicazioni rilevanti nel
mondo giuridico e scaturite dal contatto (ma anche scontro o rea-
zione) con le categorie concettuali di questo. Si tratta quindi di ten-
tare di individuare cosa, nel mondo del diritto
3
, si possa definire
inibitorio e come in esso possa vivere.
In altre e più esplicite parole, il tema sul tappeto è quello del-
la portata giuridica dell'effetto (giuridico) inibitorio, a partire pro-
prio da esso. Si vuole, con tale ultima precisazione, attirare l'atten-
zione sulla consapevolezza della scelta del metodo di indagine.
Quest'ultima, infatti, vuole prendere le mosse dall'osservazione
2
L'espressione utilizzata è volutamente approssimativa per cercare, tra-
mite tale espediente, di renderla il più allusiva possibile, cioè maggiormente
idonea a ricomprendere la complessità di un fenomeno giuridico.
3
E – soprattutto – senza voler prendere posizione sull'annosa questione,
dibattuta tra gli studiosi di filosofia del diritto, circa le differenze e le distanze
(vere o presunte) tra il linguaggio giuridico e quello c.d. comune.
Purtuttavia non è possibile non notare come, nel mondo del giuridico, si
abbiano spesso a registrare deviazioni, o meglio divergenze, rispetto a concetti
non propri (lo sono quelli che nascono nel linguaggio giuridico, ad uso e con-
sumo del diritto stesso), tanto che – in alcuni casi – tali concetti sembrano
prendere nei due diversi contesti direzioni paradossalmente sghembe.
- 2 -
La tutela inibitoria civile
dell'effetto giuridico inibitorio, per passare poi ad interrogarsi sulle
condizioni e sui presupposti necessari alla produzione dell'effetto,
per risalire, infine, all'analisi del meccanismo di produzione dello
stesso.
Posto in tali termini il compito – seppur enormemente sugge-
stivo oltre che speculativamente affascinante – potrebbe rivelarsi,
allo stesso tempo, talmente vasto e complesso da essere con certez-
za destinato all'insuccesso; soprattutto per il rischio, abbastanza
concreto, che un'indagine di questo tipo porterebbe a lambire i più
disparati settori dell'ordinamento giuridico, costringendo lo studio-
so a confrontarsi con le più svariate categorie di istituti, risponden-
ti alle diverse logiche che informano ciascun (sotto-)sistema nor-
mativo. Il compito sarebbe davvero improbo.
Proprio per tale ragione bisogna procedere ad una settorializ-
zazione dell'indagine, ed alla conseguente individuazione di un più
ristretto ambito di esplicazione dell'effetto giuridico inibitorio da
sottoporre all'attenzione e allo studio o, riprendendo la similitudine
di prima, alla lente del giurista.
- 3 -
La tutela inibitoria civile
Dunque, si è deciso di concentrare il focus dell'indagine sul
settore del diritto pubblico dell'economia.
Tale apprezzabile esigenza di settorializzazione deve, però,
fare i conti con due distinte spinte centrifughe, che inducono ad al-
largare l'indagine ad altri settori dell'ordinamento; queste – anche
per esigenze di completezza – dovranno essere assecondate en-
trambe, tenendo però presente a mo' di monito il rischio cui si ac-
cennava prima ed usandolo come guida per la trattazione selettiva
delle questioni volta a volta ritenute rilevanti.
Venendo, dunque, alla prima spinta centrifuga
4
, ci si trova ad
affrontare il tema della tutela inibitoria dal punto di vista della tu-
tela civile dei diritti
5
, cioè facendo riferimento e richiamando le ri-
flessioni condotte dalla dottrina civilistica (anche processualistica).
Si cercherà cioè di utilizzare le migliori posizioni raggiunte da
questa, per tentare di comprendere le rationes sottese alla tutela
inibitoria ed i modi della sua esplicazione in concreto.
4
Della seconda si avrà a trattare infra nel capitolo secondo.
5
É chiaro il debito nei confronti di A. DI MAJO, La tutela civile dei di-
ritti, Milano, Giuffrè, 2003.
- 4 -
La tutela inibitoria civile
§2. La tutela inibitoria in generale. Funzione e rap -
porto con le forme “tradizionali” di tutela.
Prima di cercare di fornire una definizione dell'inibitoria, cre-
do, sia necessario chiarire quale sia la prospettiva metodologica di
approccio al tema; tale esigenza è avvertita poiché, allorquando la
dottrina ha avuto a riflettere sul fenomeno dell'inibitoria – a pre-
scindere dalle posizioni assunte e dalle conclusioni raggiunte sulle
singole questioni problematiche ad essa intimamente legate – lo ha
sempre fatto optando per una delle seguenti impostazioni metodo-
logiche: trattare dell'inibitoria come azione, oppure trattare dell'ini-
bitoria come tutela, forma di tutela
6
.
Alla luce di tale seconda opzione metodologica, l'inibitoria
viene cioè riguardata come una species autonoma che vive nell'u-
niverso delle tutele
7
impartite dall'ordinamento, ciascuna calibrata
in ragione delle diverse situazioni sostanziali, volta a volta consi-
derate, le quali, dunque, avanzano diversificate istanze di tutela di-
6
ID., ivi, 49, rileggendo l'art. 185 c.p. introduce il concetto di “forme di
tutela”, si chiede se le uniche esistenti siano quelli di cui tratta tale disposizio-
ne, cioè le forme di tutela restitutoria e risarcitoria.
7
Il concetto dell'universo delle tutele è richiamato con parole assai sug-
gestive da L. NIV ARRA, I rimedi specifici, in Europa e dir. priv., 2011, 157-158.
- 5 -
La tutela inibitoria civile
rettamente legate alla struttura delle situazioni giuridiche sostan-
ziali stesse
8
.
Tale ultimo approccio metodologico, dunque, viene adottato
assecondando una prospettiva, se si vuole, il più possibile sgancia-
8
È sempre A. DI MAJO, La tutela civile, cit. 49, a parlare di «bisogni di
tutela» diversificati in ragione della diversità delle situazioni giuridiche sotto-
stanti quando spiega che le forme di tutela restitutoria e risarcitoria rispondo-
no a bisogni di tutela legati a situazioni il cui referente storico e teorico è co-
stituito dal diritto di proprietà. È, dunque, ben comprensibile che a fronte di
questa i rimedi rientranti nelle forme di tutela indicate possano considerarsi ri-
spondenti alle esigenze di tutela rivenienti, poiché la situazione di apparte-
nenza cui si raccorda fattualemente il diritto di proprietà viene, evidentemen-
te, soddisfatta a pieno da rimedi che consistono nella restituzione (cioè nel ri-
pristino della situazione anteriore al fatto lesivo) ed eventualmente nella sod-
disfazione per equivalente, sì da «compensare il soggetto del bene e/o utilità
che esso ha perduto». Da ciò non si deve dedurre frettolosamente che la tutela
risarcitoria sia subordinata alla prima, infatti l'A. precisa che «la tutela risarci-
toria avrà carattere generale e non subordinato con riguardo a quei pregiudizi
di ordine economico che, a prescindere dalle restituzioni, si sono definitiva-
mente e materialmente consolidati nella sfera del soggetto (come ad es. i dan-
ni da ritardo)», concludendo infatti che tali due forme di tutela cooperano en-
trambe «ad assicurare una tutela che, nei limiti del possibile, si assume piena e
completa».
Ma le meditate riflessioni della dottrina citata non si limitano a descri-
vere l'esistente considerando le forme di tutela restitutoria e risarcitoria; si
spingono oltre ad individuare una ulteriore categoria, la tutela satisfattiva. Si
tratta di una tutela che cerca di dare risposte alle situazioni sostanziali che
avanzano bisogni di tutela che rimarrebbero insoddisfatti (o comunque non
adeguatamente soddisfatti) facendo ricorso alle forme di tutela di cui appena
prima. Ciò poiché tali situazioni sostanziali esorbitano «l'assetto distributivo
dato» ricollegandosi ad uno «in fieri che si tratta di realizzare» (con tale
espressione l'A. si riferisce ai cc.dd. diritti di obbligazione). La tutela satisfat-
tiva è tale perché «diretta a garantire la piena ed integrale soddisfazione di di-
ritti o pretese (insoddisfatti), attraverso misure che possono essere di vario
tipo e appartenenti a generi diversi e comunque sempre finalizzate a tale sod-
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La tutela inibitoria civile
ta dal singolo dato positivo (costituente comunque un imprescindi-
bile punto di riferimento) ed orientata alla ricostruzione in chiave
sistematica del complesso di relazioni allacciate con le altre forme
di tutela rese disponibili dall'ordinamento
9
. Sull'opzione metodolo-
gica abbracciata non è necessario soffermarsi poiché evidente. Si
accennerà infra, tuttavia, ad alcune ipotesi tipiche di azione inibi-
toria (tanto le più classiche quanto, con maggiore dettaglio e preci-
sione, le più moderne), per evidenziare alcuni caratteri tipici della
tutela inibitoria ed alcuni suoi possibili utilizzi
10
.
disfazione.»
Non è superfluo citare, quantomeno a chiosa di questa ampia nota, il di-
stinguo che A. FRIGNANI , voce Inibitoria (azione), in Enc. dir., XXI, Milano,
Giuffrè, 1970, 559, fa alla nota 1 chiarendo che, allorché si parla di inibitoria
(soltanto dell'azione inibitoria nel suo scritto), non si vuole fare riferimento
all'«inibitoria processuale», espressione con la quale si indica il provvedimen-
to del giudice di appello, o più genericamente del giudizio di impugnazione,
finalizzato a sospendere «l'efficacia esecutiva o l'esecuzione della sentenza
impugnata» ex artt. 283 e 373 c.p.c.
9
Cfr. C. RAPISARDA SASSOON, voce Inibitoria, in Dig. priv., IX, Torino,
Utet, 1993, 476 che compie una riflessione di questo tipo quando scrive che
«[d]ell'inibitoria si parla, infatti, in termini generali, come «tutela» prima an-
cora che come «azione», volendo con ciò significare la necessità di compene-
trare, in sede di sistemazione concettuale dell'istituto, gli aspetti sostanziali
inerenti alla situazione illecita da eliminare con quelli processuali inerenti alla
sua attuazione in sede giurisdizionale».
Sembrano aderire a tale impostazione metodologica anche A. DI MAJO,
La tutela civile, cit., 144 e ss; A. G. DIANA, Procedimenti cautelari e possesso-
ri, Torino, Utet, 2010, 765-766.
10
V. infra §§ 3.1. e 3.2.
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