agenzia che si può creare tra azionisti e manager i quali, come beneficio
del controllo, possono scegliere di distogliere una quota dei profitti
dell’impresa prima di procedere alla distribuzione dei dividendi.
Lo studio proseguirà poi incentrandosi sulle forme di governo delle
imprese. Si tratta di spiegare in che modo la forma organizzativa di una
impresa può incidere sulla separazione tra proprietà del capitale e diritti
di controllo; alcune differenze nelle strutture del capitale delle imprese e
nei modelli di proprietà e di controllo tra differenti paesi sono infatti
causa di un conflitto di interessi tra manager e azionisti e sono legate al
grado di protezione degli investitori e alla forza di applicazione delle
regole della legge.
Questa prima parte viene completata con un’analisi comparata sul ruolo
svolto dal sistema legale nei paesi europei e non nel proteggere gli
azionisti e i creditori e su come differenze nei paesi di origine portino a
una valutazione diversa della condotta dei manager e a una modalità di
applicazione della legge differente.
Nei primi paragrafi del secondo capitolo viene proposto un modello
sviluppato da La Porta, Shleifer, Vishny, Lopez -de- Silanes (2002)
riguardante l’impatto della protezione degli investitori sulla valutazione
dell’impresa; in questo modello per stimare il livello di protezione degli
investitori viene utilizzata sia l’origine legale sia gli indici dei diritti dei
creditori e degli azionisti di minoranza sviluppati da La Porta, Shleifer,
Vishny e Lopez -de- Silanes (1998).
Lo studio ha per oggetto una impresa pienamente controllata da un
singolo azionista o imprenditore; centro dell’analisi sono le scelte di
questo soggetto che può decidere di impadronirsi di una quota dei profitti
dell’impresa. Verrà studiata la funzione che massimizza l’utilità
individuale dell’imprenditore che risulta influenzata sia dalla qualità
della protezione degli investitori sia dal costo derivante dall’effettuare
questa operazione di espropriazione e si arriva a dimostrare come una
migliore protezione degli azionisti e dei creditori e una più alta proprietà
del capitale da parte dell’azionista di controllo siano associate con una
più elevata valutazione dell’impresa.
Tuttavia, il sistema di corporate governance inteso come insieme dei
meccanismi volti a tutelare gli interessi dei soggetti che partecipano alla
vita dell’impresa, non si limita a considerare le problematiche legate al
concetto di espropriazione e al rapporto tra manager e azionisti di
minoranza ma esercita un impatto notevole anche sulla profittabilità e
sulla crescita dell’impresa e soprattutto sull’accesso al capitale. Infatti,
la corporate governance si occupa anche delle modalità che consentono
ad una impresa di raccogliere fondi dal mercato per investirli in progetti
produttivi contribuendo in questo modo a promuovere sia una espansione
dell’impresa stessa sia, allo stesso tempo, uno sviluppo dei mercati
finanziari.
A riguardo, sempre nel capitolo secondo viene presentato un modello
sviluppato da Shleifer e Wolfenzon (2001) che studia la scelta di un
imprenditore di vendere una frazione dei diritti sui flussi di cassa
dell’impresa come strumento volto a reperire risorse finanziarie da
destinare allo sviluppo di determinati progetti di investimento
contribuendo in questo modo all’espansione dei mercati dei capitali.
In seguito verrà analizzato l’equilibrio di mercato sia nel caso di perfetta
mobilità dei capitali sia nel caso di restrizioni ai movimenti di capitale
soffermandosi sulle conseguenze provocate da improvvisi miglioramenti
nella protezione degli investitori e verranno presentati argomenti a
favore e contro politiche economiche a sostegno dei controlli e della
liberalizzazione dei capitali.
La protezione degli investitori svolge un impatto notevole sullo sviluppo
dei mercati dei capitali perché fornisce un forte supporto alle iniziative
degli imprenditori permettendo a loro di ottenere i fondi e le risorse
necessarie per sviluppare i propri progetti, inoltre una forte protezione
assicura agli stessi investitori una adeguata garanzia e tutela dei propri
finanziamenti.
Tuttavia, nonostante gli effetti positivi di uno sviluppo del mercato dei
capitali siano noti ci sono alcuni fattori e ostacoli che devono ancora
essere superati; infatti lo sviluppo finanziario si può attuare solamente
tramite radicali cambiamenti nelle strutture politiche e nelle istituzioni le
quali devono contribuire a creare un clima più protettivo e favorevole nei
confronti degli investitori. A questo fine bisogna creare strutture di
corporate governance in grado di rispondere in modo adeguato e
tempestivo ai bisogni e alle necessità che emergono nei diversi paesi in
connessione con la maggiore liberalizzazione in atto nei mercati.
Infine, nell’ultimo capitolo, viene presentato un quadro dell’evoluzione
subita dal sistema industriale e finanziario italiano; vengono delineati i
tratti caratteristici della struttura delle imprese italiane che hanno scelto
la forma di gruppo e il controllo famigliare come modelli dominanti.
Il settore industriale italiano è caratterizzato da un numero elevato di
peculiarità rispetto alle altre economie più avanzate, tra queste vi è la
piccola dimensione delle imprese. Questo particolare modello di
organizzazione della produzione incentrata sulla piccola dimensione e su
relazioni informali all’interno e all’esterno delle imprese garantisce
flessibilità e un alto grado di specializzazione, due fattori fondamentali
della performance dell’economia italiana. Tuttavia, questo modello di
produzione presenta alcuni limiti legati con la struttura della proprietà e
del controllo e con il sistema di governance adottato dalle imprese
italiane; infatti la struttura della proprietà delle imprese italiane può
influenzare l’attività innovativa intrapresa da chi controlla o gestisce
l’impresa stessa poichè essa implica particolari forme di rischio e di
divisione dei profitti e richiede particolari fonti di finanziamento per cui
l’economia italiana non risulta essere ancora preparata.
CAPITOLO 1
LA PROTEZIONE DEGLI INVESTITORI: UNA
PANORAMICA GENERALE
1.1 Introduzione alla Corporate Governance
Nell’ultimo decennio il tema della corporate governance è diventato di
grande importanza. Questa problematica ha assunto una grande rilevanza
nell’ambito degli studi di teoria economica.
Con il termine corporate governance si intendono le modalità attraverso
le quali gli interessi dell’impresa sono diretti e controllati. Il sistema di
corporate governance specifica le relazioni e i modelli di
comportamento tra i differenti partecipanti nell’impresa come il
consiglio, i manager, gli azionisti, i creditori e sottolinea le regole
attraverso le quali questi soggetti interagiscono tra loro per formare la
strategia dell’impresa.
Un buon sistema di corporate governance dovrebbe fornire gli incentivi
al consiglio e al management per raggiungere obiettivi che siano a
vantaggio dell’impresa e degli azionisti diffondendo informazioni
sull’utilizzo più efficiente delle risorse e contribuendo in questo modo a
migliorare le performance dell’impresa stessa.
La corporate governance è influenzata dalle relazioni esistenti tra due
categorie di soggetti: gli insider e gli outsider. Gli insider sono formati
sia dai manager, sia dagli azionisti di controllo mentre gli outsider sono
costituiti dai creditori, dagli investitori e dagli azionisti di minoranza.
La corporate governance ha lo scopo di prevenire i possibili conflitti tra
queste categorie di interessi assicurando la trasparenza sull’attività di
impresa mediante una corretta informazione; la prosperità dell’impresa
non può prescindere dalla correttezza e dalla reciproca soddisfazione dei
rapporti intrattenuti dall’impresa con tutti i suoi interlocutori, un buon
sistema di corporate governance deve quindi prevedere al suo interno
regole in grado di conciliare e tutelare tutte le categorie di interessi
garantendo loro una informativa adeguata.
Il ruolo di ciascuno dei partecipanti alla vita dell’impresa e soprattutto la
loro interazione varia notevolmente tra i paesi infatti non si può parlare
di un singolo modello di corporate governance.
Una distinzione tra le strutture di corporate governance di tutto il mondo
è quella che contrappone i sistemi di corporate governance basati sulle
banche come in Germania e in Giappone dai sistemi di corporate
governance incentrati sul mercato come negli Stati Uniti e in Gran
Bretagna. Il sistema statunitense è caratterizzato dalla presenza di un
forte mercato dei capitali: il mercato premia o sanziona ciascun soggetto
secondo i propri meriti, compito del sistema di corporate governance è
pertanto quello di assicurare che siano verificate le condizioni affinché le
forze del mercato possano svolgere il proprio ruolo senza alterazioni.
Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna dispongono di un sistema dove il
potere delle istituzioni finanziarie come le banche è molto limitato; in
Germania e in Giappone, invece, un differente clima politico permette
alle istituzioni finanziarie di diventare partecipi nel strutturare il proprio
sistema di corporate governance.
Piuttosto che tramite un intervento diretto nell’economia, nel sistema
tedesco risulta predominante il forte potere detenuto dal sistema
bancario; il sistema tedesco di corporate governance è caratterizzato
perciò dalla presenza di poche grandi e potenti banche che forti delle
economie derivanti dalle loro dimensioni possono assumere un ruolo
propulsivo nel favorire la nascita e lo sviluppo delle imprese.
Un buon modello di corporate governance deve essere strutturato in
maniera tale da garantire una adeguata soddisfazione anche a categorie
di interessi diversi da quelli proprietari; l’attività di governo può essere
descritta come la capacità di conciliare gli obiettivi generali
dell’organizzazione con gli obiettivi particolari dei suoi componenti e
degli altri interlocutori esterni.
Tra gli obiettivi che i sistemi di corporate governance cercano di
raggiungere vi è quello di incrementare la protezione dei diritti degli
investitori esterni inclusi azionisti e creditori. A questo scopo i sistemi di
corporate governance cercano di introdurre delle riforme per avvicinare
ed accomunare le varie strutture di corporate governance esistenti in
tutto il mondo.
A riguardo si parla di convergenza legale e di convergenza funzionale;
la convergenza legale si riferisce ai cambiamenti nelle regole e nei
meccanismi di applicazione attraverso alcuni standard ritenuti di
successo per arrivare verso una effettiva protezione degli azionisti e dei
creditori, mentre la convergenza funzionale si riferisce a cambiamenti
attuati nel mercato che non richiedono riforme legali ma permettono a
più imprese e a più diritti di essere protetti.
La convergenza funzionale riveste un ruolo molto importante nel
migliorare la protezione degli azionisti e dei creditori; la liberalizzazione
dei mercati dei capitali in molti paesi ha aumentato non solo il flusso
degli investimenti esteri ma anche la pressione politica ed economica per
creare strumenti finanziari accettabili agli investitori stranieri.
Per promuovere un’armonizzazione e migliorare i sistemi di corporate
governance di tutto il mondo alcuni paesi aderenti all’OECD
(Organizzazione per lo Sviluppo e la Cooperazione Economica) hanno
adottato, nel giugno del 1999, alcuni principi; si tratta di una iniziativa
volta ad aumentare la consapevolezza sui problemi inerenti la corporate
governance e volta a diffondere informazioni sulle migliori pratiche
adottate tra i vari paesi.
Questi principi sono il risultato di un lavoro svolto da 29 paesi membri
OECD, dalla Commissione Europea, dal settore privato, dalla Banca
Mondiale e da altre organizzazioni internazionali e rappresentano una
base comune che i paesi membri OECD considerano essenziale per lo
sviluppo di un buon sistema di corporate governance.
Requisiti indispensabili che questi principi devono soddisfare sono:
essere concisi, comprensibili e facilmente accessibili alla comunità
internazionale. Essi servono come punto di riferimento e sono in
continua evoluzione, tuttavia ciò non significa che i principi OECD
implichino una uniformità delle norme e delle regole tra i diversi paesi
aderenti, è compito dei governi nazionali decidere come applicare questi
principi alle singole realtà locali e come sviluppare le proprie strutture di
corporate governance.
Allo stesso tempo il lavoro svolto nei paesi membri OECD ha
identificato alcuni elementi comuni che descrivono un buon sistema di
corporate governance.
I principi scritti dai paesi OECD coprono cinque aree:
• I diritti degli azionisti: questi diritti non riguardano tanto gli
azionisti stessi ma piuttosto la possibilità per questi ultimi di
ottenere diritti di voto e di protestare contro il comportamento
degli insider.
• Il trattamento degli azionisti: si tratta di assicurare un uguale
trattamento di tutti gli azionisti inclusi quelli di minoranza e gli
investitori esterni.
• Il ruolo dei detentori di particolari interessi: si tratta di riconoscere
i diritti di questi soggetti come stabiliti dalla legge e di
incoraggiare una loro partecipazione attiva con l’impresa stessa.
Questa categoria comprende impiegati, fornitori, creditori e tutti
gli individui non azionisti e gruppi con un interesse in alcuni
aspetti della performance dell’impresa.
• Rivelazione e trasparenza: la corporate governance dovrebbe
fornire un elevato livello di informazioni riguardo l’impresa
soprattutto sulla situazione finanziaria, sulla struttura della
proprietà, i diritti di voto, gli obiettivi e le politiche da perseguire,
i membri del consiglio. L’abilità di una impresa di attrarre grandi
quantità di capitali è basata sulla qualità delle informazioni rivelate
poiché da esse dipendono le decisioni di investimento degli
investitori.
• Responsabilità del consiglio: la struttura di corporate governance
dovrebbe assicurare una guida strategica dell’impresa, un
monitoraggio del management da parte del consiglio e dovrebbe
garantire un adeguato ritorno degli investimenti agli azionisti
prevenendo eventuali conflitti di interessi che si possono generare
all’interno dell’impresa stessa.
Il compito fondamentale di un sistema di corporate governance consiste
nell’assicurare una forte protezione degli azionisti specialmente degli
investitori che mantengono un minore interesse nell’impresa fornendo a
tutti le stesse opportunità di ottenere una effettiva riparazione per la
violazione dei propri diritti.
I diritti da proteggere comprendono:
• il diritto di trasferire azioni
• il diritto di ottenere informazioni rilevanti sull’impresa
• il diritto di partecipare e votare nelle riunioni degli azionisti e di
eleggere i membri del consiglio
• il diritto di citare in giudizio i membri del consiglio
• il diritto di partecipare alla divisione dei profitti dell’impresa
Tra le modalità a disposizione degli azionisti di minoranza e dei creditori
per tutelare i propri diritti è compresa la possibilità di avviare procedure
legali e amministrative contro i manager e i membri del consiglio.
Per corporate governance si intende infatti anche l’insieme dei
meccanismi attraverso cui gli outsider proteggono loro stessi contro
l’espropriazione da parte degli insider.
I manager e gli azionisti di controllo possono avere l’opportunità di
impegnarsi in attività che avvantaggiano i loro propri interessi alle spese
di quelli degli azionisti e dei creditori. Infatti essi, come beneficio del
controllo, possono espropriare una quota significativa dei profitti
dell’impresa, riducendo così le risorse disponibili, prima di procedere
alla distribuzione dei dividendi.
L’espropriazione può assumere diverse forme e viene a volte definita
con il termine tunnelling, parola coniata originariamente per
caratterizzare l’espropriazione di azionisti e creditori nella repubblica
Ceca. Il tunnelling si riferisce in particolare al trasferimento di titoli e
profitti al di fuori dell’impresa per il beneficio degli azionisti di
controllo.
Un azionista di controllo può trasferire le risorse dalla sua impresa
attraverso delle transazioni, per esempio, tramite la vendita di titoli,
tramite contratti che cedano i vantaggi di prezzo agli azionisti di
controllo, tramite il trasferimento di opportunità dall’impresa oppure
semplicemente effettuando operazioni che discriminano contro le
minoranze o fondando compagnie intermedie nelle quali incanalare i
profitti.
Un azionista di controllo effettuando questo tipo di operazioni può
quindi ottenere alcuni benefici che non sono condivisi con gli altri
azionisti, i cosiddetti benefici personali del controllo. La possibilità di
estrarre questi benefici personali è correlata con la discrezionalità
manageriale, una discrezione che le corti non possono e non sempre
vogliono restringere, di conseguenza assumono rilievo anche altri fattori
come la reputazione, considerazioni di carattere morale che non si
basano sulla capacità della legge di applicare e far rispettare i diritti degli
azionisti e dei creditori ma che rivestono un ruolo essenziale nel limitare
i benefici a vantaggio degli azionisti di controllo.
Il potere degli azionisti di controllo di espropriare gli investitori, sia
creditori sia azionisti, è influenzato dal grado di protezione degli
outsider. Con un debole sistema di corporate governance, gli azionisti di
controllo e i manager non sono incentivati a massimizzare il valore
dell’impresa, essi investono le risorse in progetti poco produttivi e
perseguono il loro interesse personale.
I manager hanno differenti interessi, campi di esperienza e opportunità di
investimento rispetto agli investitori esterni; il vantaggio informativo dei
manager può implicare che essi utilizzano la loro discrezione sui fondi
interni per raggiungere i propri obiettivi.
Le regole di un corretto sistema di corporate governance devono per
quanto possibile attenuare l’asimmetria informativa tra chi detiene dati e
altri elementi conoscitivi rilevanti e chi necessita di tali informazioni per
assumere le decisioni più appropriate. Il compito principale della
corporate governance consiste nel migliorare le prestazioni dell’impresa
attraverso un’opera di supervisione del management e di continuo
monitoraggio dei risultati ottenuti e, allo stesso tempo, sensibilizzare
l’intera struttura aziendale sulla necessità di rendere conto del proprio
comportamento agli azionisti, al mercato e a tutti i portatori di particolari
interessi nella vita dell’impresa. Vi è la consapevolezza che il
miglioramento delle strutture e dei meccanismi su cui si fonda il sistema
di governo d’impresa contribuisca a rendere il processo decisionale più
efficiente e a favorire la prosperità dell’impresa stessa; tuttavia un buon
sistema di corporate governance non si limita a incoraggiare una forte
protezione contro l’espropriazione o contro l’impiego inefficiente dei
fondi aziendali, la sua efficacia è valutabile anche con riguardo alla
propensione mostrata nel motivare e nello spingere l’attività di direzione
d’impresa verso un incremento della ricchezza aziendale e verso la
formazione di un clima di trasparenza nel quale sia possibile vigilare
sulla condotta di chi esercita la leadership d’impresa.
Attraverso la corporate governance il controllo dei manager è
monitorato e mantenuto per accrescere i profitti e il guadagno degli
azionisti. Un sistema ideale di corporate governance dovrebbe
concedere abbastanza libertà ai manager e assicurare che essi utilizzino
questa libertà negli interessi degli azionisti; in un sistema di questo tipo
il manager dovrebbe conoscere cosa gli azionisti si aspettano e gli
azionisti dovrebbero possedere abbastanza informazioni per giudicare se
le loro aspettative siano state rispettate e in caso contrario dovrebbero
avere il potere di agire in modo decisivo contro i manager.
I manager quindi richiedono ampia libertà per potere svolgere la loro
indispensabile funzione di controllo nell’impresa, sono i manager che
guidano l’impresa in un ambiente altamente competitivo ma il controllo
dei manager deve essere assoggettato ad alcune restrizioni, le loro azioni
e i loro comportamenti devono essere diretti a un’equa distribuzione di
profitti e guadagni all’interno dell’impresa.
Normalmente i manager o chi esercita il controllo desiderano che la loro
impresa cresca e per questo motivo vorrebbero raccogliere più capitale
possibile per sviluppare nuovi progetti, tuttavia, il ritorno dagli
investimenti effettuati non può essere garantito in quanto gli insider
possono utilizzare queste risorse per i loro vantaggi.
Poiché i manager possono estrarre alti benefici e decidere di non
massimizzare il valore dell’impresa, questo comportamento tende a
produrre inefficienze nella forma di un razionamento di fondi; infatti gli
investitori, preoccupati che i loro diritti sui flussi di cassa siano
espropriati da manager e azionisti di controllo, limiteranno la
disponibilità di risorse alla compagnia e determineranno una
diminuzione del livello di investimenti iniziale.
Affinché azionisti e investitori finanzino una impresa è necessario che i
loro diritti siano protetti altrimenti gli insider non avrebbero motivo di
ripagare i creditori o distribuire i profitti agli azionisti sotto forma di
dividendi.
Differenze nel grado di protezione dei diritti degli azionisti sono
associate, infatti, a differenti politiche dei dividendi.