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Introduzione
Le forme testuali sono sempre più diversificate, più ibride e conseguentemente diventa
molto complesso studiarle da un unico punto di vista. I molteplici mezzi di comunicazione
tendono a produrre media capaci di ri-trasmettere ogni cosa, rimodellando e fondendo
linguaggi, forme, in modo da realizzare oggetti culturali sempre nuovi; ecco perché i testi
audiovisivi pubblicitari brevi assumono sempre più un ruolo fondamentale nella
comunicazione di massa.
Ultimamente, si è instaurato tra cultura e pubblicità un rapporto di interdipendenza;
quest’ultima è diventata una voce importante per lo sviluppo economico, che ha
contribuito alla segmentazione del target e all’influenza trasversale dei diversi media.
Settori del sapere sociale che venivano considerati distinti e separati, oggi tendono ad
interpretarsi per vaste zone anziché marcare i rispettivi confini
1
. In passato, la pubblicità
veniva vista come un ambito testuale specifico con un proprio dispositivo linguistico e
retorico; successivamente, essa è stata criticata per aver reso perverso ciò che di più
sublime appartiene al patrimonio dell’umanità: la cultura. Si osservi questo esempio in cui
il dipinto La Libertà che guida il popolo di Delacroix è la fonte d'ispirazione di questa
pubblicità di una compagnia telefonica; la drammaticità del dipinto dell'artista francese
viene completamente eliminata per lasciare spazio ad una scena di gioco.
1
Isabella Pezzini (a cura di), Trailer, spot, clip, siti, banner-Le forme brevi della comunicazione audiovisiva,
Meltemi, Roma 2002, p. 10
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In fin dei conti il testo, qualsiasi forma esso assuma, non è un oggetto chiuso: la sua trama
è in fitta relazione con una macro-sfera che è la cultura. «Il discorso pubblicitario è ciò che
attraversa e accomuna a livelli diversi di generalità un insieme di pratiche significanti
riconoscibili e descrivibili, stabilizzate in procedure e routine produttive, all’origine di
generi e di testi prodotti, ma anche di mode linguistiche, vestimentarie e comportamentali,
di ruoli professionali tematizzati se non proprio di forme di vita»
2
. I testi promozionali
sono piccoli testi pensati con cura sia ad un livello economico sia ad uno mediatico poiché
devono essere in grado di attuare una strategia di captazione del pubblico per poter
splendere nel flusso caotico del canale distributivo al quale sono destinati ed anche
rimandare ad altri testi. La comunicazione pubblicitaria si rivolge ad un consumatore
“ideale”, il quale per diventare reale e non più potenziale, deve essere agganciato dal testo;
egli deve essere pensato come “destinatario” di comunicazione ovvero deve essere
considerato in primis come consumatore di testi pubblicitari
3
.
In questa tesi si vuole analizzare una particolare tipologia di testo audiovisivo breve: il
trailer. Non più solo elemento meramente pubblicitario, esso diviene nel contemporaneo
parte del vissuto quotidiano mostrandosi nella pluralità degli schermi che invadono la vita
di tutti i giorni dagli smartphone ai flat screen delle stazioni
4
. A prima vista, si tratta di testi
minori che si sviluppano in poche frazioni di tempo ma a differenza del cortometraggio, i
trailer sono strettamente legati al film che promuovono: fanno vedere allo spettatore
qualcosa che ancora non ha visto e che vale la pena di essere visto.
Nel primo capitolo si prova a dare una definizione e si cerca di tracciare una micro storia di
questa forma pubblicitaria, individuandone le caratteristiche specifiche e provando a fare
una sorta di classificazione delle differenti tipologie sviluppatesi; nel secondo capitolo si
affronta il trailer da una prospettiva semiotica, esaminandolo come paratesto cioè «zona di
transizione e transazione» in cui si metterà in evidenza la trans-testualità che lega il trailer
al film cui è collegato; e come testo autonomo con precise specificità linguistiche ed
ontologiche; nel terzo capitolo si esaminano alcuni trailer per dare un esempio delle
principali assonanze e differenze che si sviluppano da diversi tipi di trailer.
2
Ibi, p.12
3
Cosetta G. Saba, Lo sguardo che insegue- Strumenti per l’analisi delle forme audiovisive pubblicitarie
(spot, trailer, videoclip e rich media), Lupetti, Milano 2006, p. 9
4
Mauro Antonini, L’arte della promozione cinematografica oggi, «Segnocinema» n.174, 2012, p. 22
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Capitolo 1-Cos’è il trailer?
Il trailer nasce e si sviluppa con lo scopo finale di suscitare, nel pubblico, attenzione e
aspettative verso un altro prodotto a venire, il film. Equilibrata alchimia di linguaggi,
suoni, intertitoli, il trailer si adatta ai generi cinematografici e ai tempi che lo percorrono.
Secondo Andrei Kuehn esso è «la strategia promozionale per eccellenza in quanto non ha
solo il compito di richiamare al cinema il proprio target, ma anche quello di tenere alla
larga quella parte di pubblico per la quale il film non è»; invece per Omar Calabrese «il
trailer è il montaggio delle sequenze più rilevanti di una pellicola, orientato secondo una
precisa tematizzazione, volto non tanto ad informare sul contenuto del film quanto
piuttosto a costruire un simulacro che solleciti una risposta emotiva dello spettatore
potenziale». Il termine trailer deriva dall’inglese to trail che significa “trascinare” poiché
in origine era proiettato alla fine del film ma tale pratica non durò a lungo.
Successivamente, venne trasmesso prima della visione del film; attualmente è
consuetudine inserirlo nelle versioni VHS e DVD di film diversi a corollario del film come
materiale extra
5
.
1.1-L’evoluzione storica del prossimamente
Il breve spettacolo che una volta veniva chiamato “Prossimamente” si è trasformato nel
tempo, anche se «non tutti i mutamenti avvenuti sono semplicemente di stile o di gusto, ma
nell’evoluzione di questo genere pubblicitario sono intervenuti invece anche dei profondi
cambiamenti di struttura»
6
. La primissima forma di richiamo al cinema si ha con colorate
manifestazioni verbali dei gestori delle sale che, quando ancora il mezzo cinematografico
rappresentava di per se un mezzo di visione straordinario, chiamavano il pubblico ad
entrare con un linguaggio a tinte forti ricco di passionalità e avventatezza; caratteristica che
sarà indispensabile per il successivo sviluppo del prossimamente. Nel cinema degli anni
’10 apparve la prima forma di trailer su pellicola: erano dei cartelli trasmessi alla fine della
serie cinematografica “The Adventures of Kathlyn” (Le avventure di Kathlyn, 1913) di
Francis J. Grandon che invitavano lo spettatore a guardare cosa accadeva nella prossima
puntata. Con l’avvento dei film sonori, anche il trailer cambia la sua strategia. Innanzitutto
non viene più mostrato alla fine del film, poiché il pubblico abbandonando la sala
cinematografica non guardava il trailer del prossimo film in uscita; secondariamente negli
anni ’30 l’intera tattica discorsiva poggia sul racconto delle scene del film funzionale ad
una narrazione. Durante gli anni ’40 e ’50, anche il trailer vive la sua fase classica: la voce
extradiegetica diventa il principale strumento di raccordo tra le sequenze e il principale
5
Cosetta G. Saba, op. cit., p. 190
6
Omar Calabrese, Film prossimi venturi, «Segnocinema» n. 31, 1988, p. 30
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motore di coinvolgimento dello spettatore, «basato sulla ripetizione e sull’enfasi
passionale, e legato in particolare alle presenze divistiche messe in risalto fin dall’inizio del
trailer»
7
.
Intorno agli anni ’60 vi sono ulteriori cambiamenti tali da catturare l’attenzione di un
pubblico sempre più esigente e «con maggiori competenze intertestuali». Vengono inserite
nuove componenti metalinguistiche, attraverso inserti grafici e voci off, come ad esempio
le partecipazioni a festival del cinema prestigiosi, citando anche la candidatura ai premi
oppure quelli vinti; gli estratti delle critiche dei quotidiani internazionali; si intensifica
l’ironia, che modifica i modelli sicuri delle prestazioni anteriori; si cerca di instaurare un
rapporto più confidenziale con lo spettatore sostituendo l’anonima voce extradiegetica con
quella di attori o registi abbastanza noti. Nel passaggio dagli anni ’60 agli anni ’70, il
prossimamente diventa campo di sperimentazioni dei registi e vengono così realizzati i
primi trailer. In questo periodo capita spesso che siano gli stessi autori della pellicola a
girare anche il trailer utilizzando non le scene montate del film ma materiale offerto dalla
scenografia o semplicemente i singoli fotogrammi fissi utilizzando effetti speciali come lo
split-screen, che consiste nella divisione dello schermo in diverse inquadrature in modo da
rendere contemporanee azioni riprese in tempi o luoghi diversi: un esempio classico può
essere la scena della telefonata, dove in due inquadrature divise da una linea verticale si
può vedere cosa fanno e dicono i due personaggi. Inoltre si sviluppa un’altra tendenza:
quella di affidare la creazione del trailer a studi pubblicitari che sottolineino maggiormente
la riconoscibilità e il posizionamento del prodotto-film
8
.
Negli anni ’80 e ’90, questo testo breve si rinnova per poter essere maggiormente
competitivo. In un primo momento, il trailer «si divide in un polimorfismo di durate e
collocazioni» e recupera anche i costrutti del periodo classico nei quali prevale la continua
citazione della voce off nei commenti e nel ritmo; in un secondo tempo, anche a causa del
successo del piccolo schermo e allo sviluppo della rete, il trailer cerca di non scomparire
tra tutta la mole di forme audiovisive brevi prodotte e messe in circolazione dai nuovi
media, adattandosi ad ogni tipo di nuova piattaforma. Ecco perché si sperimentano sempre
più nuove soluzioni stilistiche facendo cambiare aspetto al trailer a seconda di dove venga
trasmesso. La comunicazione in rete possiede «una forte autoreferenzialità espressiva e
autonomia estetica» capace di fornire una varietà di contenuti testuali nella stessa struttura
7
Nicola Dusi, Le forme del trailer in Trailer, spot, clip, siti, banner- Le forme brevi della comunicazione
audiovisiva (a cura di Isabella Pezzini), Meltemi, Roma 2002, p. 32
8
Ibi, p. 35