1
CAPITOLO I
L’ARBITRATO NEL DIRITTO DEL COMMERCIO
INTERNAZIONALE –
SPECIALITÀ DELL’ARBITRATO MARITTIMO
1 ASPETTI GENERALI DELL’ARBITRATO
Le clausole di scelta del foro (per lo più a favore dei giudici dello Stato ove il
vettore ha il proprio “principal place of business”) vengono normalmente
utilizzate in contratti di trasporto di linea documentati da polizza di carico; questo
corrisponde alla struttura socio-economica di tale categoria di rapporti,
caratterizzati da una maggiore standardizzazione marittima. In altre categorie di
rapporti, quali i contratti di trasporto non di linea (documentati da “charter-
party”), la compravendita e la costruzione di navi, la vendita di merci, il soccorso,
caratterizzati da una contrattazione più flessibile e articolata e da un tendenziale
equilibrio di potere negoziale tra i contraenti prevale invece il ricorso all’arbitrato.
L’arbitrato è un modo di definizione delle controversie civili alternativo alla via
giudiziaria. Tale istituto è largamente utilizzato nella pratica in particolar modo
nel settore dei traffici e dei commerci; è caratterizzato da alcuni aspetti essenziali:
sono le parti della controversia a scegliere liberamente coloro che dovranno
risolvere la lite, ovvero gli arbitri; sono le parti che conferiscono agli arbitri il
potere e l’autorità a decidere la controversia; infine gli arbitri hanno diritto a
ricevere il compenso e ad essere rimborsati delle spese sostenute nel corso del
procedimento arbitrale, direttamente dalle parti in lite.
Non si può avviare un arbitrato e, ancor meno esservi coinvolti per volontà o
iniziativa altrui, a meno che tutte la parti abbiano manifestato esplicito consenso a
preferire tale istituto rispetto alla via giudiziaria.
1
1
In argomento v. LA CHINA, L’arbitrato, il sistema e l’esperienza, 3 ed., 2007.
2
Lo sviluppo economico dell’arbitrato come metodo di risoluzione delle
controversie è stato rilevante a partire dalla fine della seconda guerra mondiale.
Ha inciso notevolmente l’espansione degli scambi commerciali internazionali,
2
ma sono anche da sottolineare i vantaggi offerti da questo istituto rispetto alla
giustizia statale: l’arbitrato rappresenta uno strumento più flessibile e rapido
rispetto a un giudizio ordinario di fronte alle corti statali.
Questi vantaggi si accentuano nelle relazioni commerciali internazionali: la
transnazionalità
3
del rapporto comporta delicati problemi per le parti, come
l’individuazione della giurisdizione competente a decidere la controversia o la
circolazione all’estero della sentenza arbitrale.
L’arbitrato è internazionale quando l’oggetto della convenzione arbitrale ha
legami con più paesi, o quando le parti hanno, al momento della conclusione della
convenzione arbitrale, la loro sede in Stati diversi oppure se, avendo la loro sede
nello stesso Stato, è all’estero la sede dell’arbitrato o il luogo di esecuzione di una
parte sostanziale delle obbligazioni nate dal contratto litigioso. Si può quindi
affermare che l’internazionalità del rapporto è data dalla circostanza che l’aspetto
della lite presenta elementi di estraneità rispetto a un dato ordinamento, ovvero
non si esaurisce nell’ambito di un solo ordinamento nazionale bensì presenta una
pluralità di collegamenti con ordinamenti diversi.
4
Per i vantaggi di cui si è accennato poco prima, l’arbitrato è lo strumento
privilegiato di risoluzione delle controversie del commercio internazionale;
5
nel
settore dei traffici marittimi, settore che è contraddistinto da un elevato grado di
tecnicità e internazionalità, questi vantaggi sono ancora più evidenti. I rapporti
giuridici di tale settore infatti coinvolgono imprese e operatori localizzati in
ordinamenti statali diversi che sono destinati ad avere esecuzione in Stati diversi.
6
2
In argomento SALVANESCHI, Sulla nozione di arbitrato internazionale, in Riv. Arb., 2001,
pag. 19 ss.
3
Cfr. BRIGUGLIO, La dimensione transnazionale dell’arbitrato, in Riv. Arb., 2005, pag. 679 ss.
4
BERNARDINI, L’Arbitrato internazionale commerciale, Milano, 2000.
5
In argomento v. CARBONE E LUZZATTO, I contratti del commercio internazionale, in
Trattato di diritto privato, Torino, 1984, pag. 137 ss.
6
Cfr. FRIGNANI, Il contratto internazionale, in Trattato di diritto commerciale e di diritto
pubblico dell’economia, Padova, 1990, pag. 121 ss.; MARENGO, Profili dell’arbitrato
commerciale internazionale, in Riv.Arb., 1993, pag. 597 ss.
3
In particolare in questo settore quindi, vi è la tendenza a regolamentare i rapporti
attraverso uno strumento uniforme e flessibile come l’arbitrato.
Il largo favore incontrato dall’arbitrato in campo marittimo può essere ricondotto
ad una serie di motivazioni che in linea generale valgono anche nel settore del
commercio internazionale.
In primo luogo l’arbitrato si presenta come sede “neutrale”, superando la
diffidenza delle parti a sottoporre le controversie a organi giudiziari dello Stato in
cui è localizzata la controparte.
In secondo luogo le controversie relative a un contratto marittimo e più in
generale a un contratto internazionale, si caratterizzano spesso per la complessità
delle questioni dal punto di vista economico, finanziario, tecnico e giuridico; in
molte giurisdizioni non esistono organi specializzati per le controversie marittime
e i giudici nazionali chiamati a decidere su queste non sempre hanno le
conoscenze necessarie; il ricorso all’arbitrato invece consente alle parti di
sottoporre le controversie a soggetti scelti in funzione di specifiche esperienze e
specializzazione.
Inoltre gli arbitri generalmente godono di una maggiore libertà rispetto agli organi
giurisdizionali statali i quali sono legati al rispetto di norme procedurali rigide e
complesse; tale caratteristica rende l’arbitrato uno strumento flessibile e più
idoneo a realizzare la giustizia del caso concreto.
7
Ulteriore aspetto caratteristico dell’arbitrato è la riservatezza del procedimento
arbitrale: le parti in tal modo cercano di mantenere buone le relazioni
commerciali, senza l’eventuale effetto negativo che potrebbe derivare da una
pubblicità della controversia.
8
7
In argomento v. CARBONE e LOPEZ DE GONZALO, L’Arbitrato marittimo, in Nuova
Giurisprudenza Civile Commentata, 1993, pag. 168; CARBONE, Il diritto marittimo, 2 ed.,
Torino, cap. XVI.
8
Il dovere di riservatezza, ritenuto a lungo implicito nel ricorso all’arbitrato, è stato messo in
discussione da pronunce di corti nazionali che hanno distinto tra riservatezza come vincolo tra le
parti e la riservatezza nei confronti di terzi di quello che avviene in arbitrato. Così in Esso
Australia Resources Ltd & Others v. The HONOURABLE Sidney James Plowman (The Minister
for Energy and Minerals), la Corte Suprema dello Stato australiano di Vittoria, nel 1992, ha
accolto il primo principio ma non il secondo, ordinando a una parte di rilevare documenti relativi
al prezzo del gas che erano stati prodotti in arbitrato. Sul tema PAULSSON-RAWDING, The
trouble with confidentiality, ICC Court Bulletin, 1994, pag. 48 ss.; LAUDISA, Arbitrato e
riservatezza, in Riv. Arb. 2004, pag. 23 ss.
4
Oltre ai vantaggi tradizionalmente noti, come il minor costo ma soprattutto la
rapidità rispetto ai vari gradi del giudizio ordinario, possiamo infine menzionare
tra gli elementi positivamente apprezzati, la definitività della decisione arbitrale.
L’arbitrato, essendo strumento di una giustizia privata, tende a far prevalere
interessi che non sempre coincidono con quelli propri della giustizia statale;
9
l’arbitro deve solo risolvere una determinata controversia attraverso l’applicazione
di regole di diritto e di usi commerciali ritenuti più adeguati al caso concreto, la
giustizia statale invece mira a salvaguardare la stabilità dei rapporti giuridici
esaltando il ruolo dello Stato come garante di una pacificazione sociale.
Tradizionalmente sono due le concezioni che si sono delineate a questo riguardo:
quella che esalta il ruolo dell’autonomia privata, attribuendo ai cittadini il diritto
di porre termine alle controversie insorte ricorrendo alla figura dell’arbitro; quella
invece, che vede nei tribunali dello Stato il giudice competente per ogni genere di
controversia.
In passato l’arbitrato era inteso come atto di autonomia privata con natura
eccezionale in quanto derogatorio della giurisdizione degli organi statali, per
questo si erano posti rigorosi limiti e precise prescrizioni di forma, con rigidi
controlli sullo svolgimento del relativo procedimento da parte dell’autorità
giudiziaria.
E’ stato il crescente sviluppo delle relazioni commerciali che ha agevolato il
compito di soggetti diversi dai giudici statali: gli arbitri infatti, svolgendo i propri
compiti nel rispetto di determinati principi (contraddittorio, imparzialità del
giudicante), non si oppongono più alla giustizia statale ma collaborano con essa.
9
Cfr. LUISO, Rapporti tra arbitro e giudice, in Riv. Arb., 2005, pag. 773 ss.; BOVE, Rapporti tra
arbitro e giudice statale, in Riv. Arb., 1999, pag. 235 ss.
5
2. LE FONTI DELLA DISCIPLINA DELL’ARBITRATO
MARITTIMO
A) Premessa
L’arbitrato marittimo trova le fonti della sua disciplina negli ordinamenti
nazionali, nelle convenzioni internazionali in materia e nella volontà delle parti
quale espressa nel particolare contratto.
10
La natura contrattuale dell’arbitrato e
l’assenza di una sistematica pubblicazione delle decisioni arbitrali, nel loro testo
integrale, anche in ragione della loro riservatezza, porta a escludere,invece, che tra
tali fonti possa iscriversi la cd. “Giurisprudenza arbitrale”, intesa con l’effetto di
creare una sorta di vincolo del precedente giudicato delle decisioni successive.
11
In linea generale, la giurisdizione civile italiana in materia marittima è regolata dal
diritto comune di cui agli artt. 3-12 della l. 31 maggio 1995, n. 218, fatte salve le
convenzioni internazionali in vigore. La giurisdizione statale viene derogata
convenzionalmente a favore dell’arbitrato estero, fatti salvi gli impegni
internazionalmente assunti dallo Stato italiano (art 4 l. n.218/1995).
B) Fonti nazionali
In Italia indice di qualche possibile cambiamento in relazione all’atteggiamento di
chiusura verso l’arbitrato è la Legge 9 febbraio 1983 n. 28,
12
recante
“Modificazioni alla disciplina dell’arbitrato”; la disciplina dell’arbitrato trova però
una più organica riforma con la Legge n. 25 del 5 gennaio 1994,
13
varie
10
Cfr. PUNZI, Diritto comunitario e diritto nazionale dell’arbitrato, in Riv. Arb., 2000, pag. 235
ss.
11
BERNARDINI, L’arbitrato cit. pag. 1 ss.; contra FOUCHARD, GAILLARD, GOLDMAN, cit.,
n. 328 e 371 ss.
12
In argomento v. GRASSO, La nuova disciplina dell’arbitrato alla luce della legge 9 febbraio
1983, n° 28, in Rass. arb. 1985, pag. 27 ss.
13
Cfr. GIARDINA, La legge n. 25 del 1994 e l’arbitrato internazionale, in Riv. arb., 1994, pag.
257 ss.
6
disposizioni di tale legge si ispirano alla Legge Modello dell’UNCITRAL
14
sull’arbitrato commerciale internazionale.
Tra le linee ispiratrici della riforma si possono individuare:
1. l’accentuazione dell’autonomia privata
2. l’ulteriore emancipazione dell’istituto dalla giurisdizione statale
3. il riconoscimento della specificità dell’arbitrato internazionale con
l’introduzione di una apposita disciplina.
Queste nuove disposizioni liberavano le parti da molti vincoli del passato,
esaltandone l’autonomia in coerenza con l’essenza di questo istituto.
Infine vanno ricordati gli effetti dell’ultima riforma in materia di arbitrato attuata
con il decreto legislativo 40/2006.
Tale riforma ha mirato a razionalizzare l’istituto arbitrale ispirandosi ai principi
dell’efficienza e del rispetto dell’autonomia privata. Va segnalato il favore per la
convenzione d’arbitrato che, in caso dubbio interpretativo, va estesa a tutte le
controversie derivanti dal contratto.
Di grande interesse è stato l’intervento del legislatore del 2006 che con l’art. 816
quater ha affrontato il fenomeno del litisconsorzio, fenomeno di fatto per cui in un
processo vi sono più di due parti. Nell’arbitrato il procedimento è ideato per un
processo tra due parti; nel caso in cui si abbia un arbitrato con più di due parti è
naturale porsi il quesito: come vengono nominati gli arbitri?
Le soluzioni che la Corte di Cassazione aveva adottato alternativamente per
risolvere questa mancanza legislativa erano:
1. il consenso di tutte le parti alla nomina di un determinato arbitro o di più
arbitri
2. le parti si concentrano in due poli di interesse, nominando ciascuna un
arbitro
3. l’arbitro o gli arbitri vengono nominati da un terzo estraneo.
15
Prima del dlgs. 40/2006 se non ricorreva una di queste tre ipotesi la clausola
arbitrale era nulla.
14
V. paragrafo successivo.
15
Questa è la soluzione richiesta, a pena di nullità, nell’arbitrato societario, v. art. 34.2 dlgs.
5/2003.
7
Il legislatore del 2006 è intervenuto esaurientemente prevedendo all’art. 816
quater:
“Qualora più di due parti siano vincolate dalla stessa convenzione d’arbitrato,
ciascuna parte può convenire tutte o alcune delle altre nel medesimo
procedimento arbitrale se la convenzione d’arbitrato devolve a un terzo la
nomina degli arbitri, se gli arbitri sono nominati con l’accordo di tutte le parti,
ovvero se le altre parti, dopo che la prima ha nominato l’arbitro o gli arbitri,
nominano d’accordo un ugual numero di arbitri o ne affidano a un terzo la
nomina”.
In linea con la tendenza del “favor arbitrati” il legislatore al comma 2 prosegue in
tal modo:
“Fuori dei casi previsti nel precedente comma il procedimento iniziato da una
parte nei confronti di altre si scinde in tanti procedimenti quante sono queste
ultime”.
Dopo il 2006 quindi, la clausola arbitrale, anche qualora non ricorrano i casi
previsti dal primo comma, non è nulla ma si verifica la scissione in tanti
procedimenti quante sono le parti.
Sono stati poi eliminati alcuni formalismi riguardanti il momento deliberativo del
lodo ed è importante poi la decisa presa di posizione a favore dell’arbitrato rituale,
che dovrebbe comportare una riduzione dell’utilizzo dell’arbitrato irrituale, figura
creata dalla prassi italiana sconosciuta all’estero e infatti non riconoscibile in base
alle convenzioni internazionali.
Occorre anche tener presente gli effetti meno positivi della riforma: la legge del
1994, ispirandosi a ciò che era avvenuto in altri Paesi, aveva valorizzato attraverso
una trattazione separata la specificità dell’arbitrato nei rapporti commerciali
internazionali; alla figura dell’arbitrato internazionale era dedicato un Capo di otto
articoli dall’832 all’838, dei quali oggi il primo è rimasto ma con contenuto
assolutamente diverso (“Dell’arbitrato secondo regolamenti precostituiti”) e gli
altri sette sono stati seccamente abrogati dall’art. 28 del D.lgs. 40/2006.
Nella legge delega al decreto legislativo veniva in rilevo un principio importante
secondo cui dovevano essere abbattuti gli schemi e gli ostacoli presenti
tradizionalmente nell’arbitrato “domestico”, adeguandosi così alle esigenze
8
dell’arbitrato internazionale. Il legislatore del 2006 ha sicuramente apportato
modifiche anche rilevanti all’impianto normativo precedente, ma ha mantenuto
molti degli schemi rigidi e formali del passato con la conseguenza che lo scopo
che era stato annunciato nella legge delega è venuto meno; possiamo infatti
affermare che è stato l’arbitrato internazionale a doversi adattare all’arbitrato
“domestico” e non il contrario.
Ad esempio nell’art. 833 primo comma c.p.c si prevedeva che la clausola
compromissoria contenuta in condizioni generali di contratto oppure in moduli
formulari non era soggetta all’approvazione specifica prevista dagli artt. 1341 e
1342 del codice civile. Tale previsione favoriva la salvezza delle clausole
compromissorie che altrimenti sarebbero state annullate in quanto prive di
specifica sottoscrizione. Con l’ultima modifica invece, la doppia approvazione è
necessaria, questo pone l’ordinamento italiano in una posizione sfavorevole
rispetto agli altri ordinamenti.
Discorso analogo va fatto per l’art. 833 secondo comma: tale articolo ampliava il
novero dei casi di riconoscimento della validità di clausole compromissorie
contenuti in formulari marittimi in quanto la legge del 1994 superava l’esigenza,
avvertita dalla precedente giurisprudenza, per cui nel contratto doveva rinvenirsi
la determinazione esplicita delle parti di rimettere ad arbitri le loro controversie
(“relatio perfecta”); dopo la legge n. 25/1994 tale articolo riportava quanto segue:
“è valida la clausola compromissoria contenuta in condizioni generali che siano
recepite in un accordo scritto delle parti, purché le parti abbiano avuto
conoscenza della clausola o avrebbero dovuto conoscerla usando l’ordinaria
diligenza”. Con la riforma del 2006 e la conseguente abrogazione di tale articolo,
si riestendono alle clausole compromissorie, che in esso erano contemplate, le
disposizioni generali del riformato art. 808 e si ritorna alla regola della “relatio
specifica”, occorre infine tener presente che tale soluzione penalizza
l’ordinamento italiano rispetto agli altri ordinamenti stranieri, infatti se il
riferimento non è specifico, il rinvio è nullo.
Infine occorre richiamare il previgente art. 834 primo comma c.p.c che disponeva:
“Le parti hanno facoltà di stabilire d’accordo tra loro le norme che gli arbitri
debbono applicare al merito della controversia oppure di disporre che gli arbitri
9
pronuncino secondo equità. Se le parti non provvedono, si applica la legge con la
quale il rapporto è più strettamente collegato”. Tale disposizione autorizzava, in
casi in cui non si potesse fare riferimento a una legge specifica, gli arbitri ad
applicare anche principi di diritto. Dopo l’ultima riforma quanto alla deliberazione
del lodo, l’articolo applicabile all’arbitrato internazionale è lo stesso art. 822 che
vale per l’arbitrato interno. Si può dire che il dettato dell’art. 822 regge comunque
compiutamente la situazione, pur senza i richiami aggiuntivi che si leggevano nel
previgente art. 834. Infine l’abrogato art. 838 prevedeva che all’arbitrato
internazionale non si applicavano quei due istituti di impugnazione estrema
costituiti dalla revocazione e opposizione di terzo; con la novella del 2006,
venendo meno l’art. 838 si riestende la disciplina generale anche all’arbitrato
internazionale, di conseguenza tali istituti sono stati reintrodotti.
C) Convenzioni internazionali
Tra le principali convenzioni internazionali sull’arbitrato commerciale
internazionale,
16
in vigore per l’Italia, particolare importanza hanno la
Convenzione di Ginevra del 21 aprile 1961 e soprattutto la Convenzione di New
York del 10 giugno del 1958 sul riconoscimento e l’esecuzione dei lodi stranieri.
17
La Convenzione europea di Ginevra sull’arbitrato commerciale internazionale
detta una serie minuziosa di norme per disciplinare l’intero fenomeno
dell’arbitrato su controversie sorgenti da operazioni del commercio internazionale,
a cominciare dalla nozione di convenzione d’arbitrato per passare poi alla
procedura, con particolare attenzione agli arbitrati “ad hoc”, alle questioni
d’incompetenza degli arbitri o degli organi giudiziari, ed alle decisioni arbitrali
16
In argomento GIARDINA, Le convenzioni internazionali di diritto internazionale privato e di
diritto uniforme nella pratica dell’arbitrato commerciale internazionale, in Riv. Arb., 1998, pag. 1
ss.
17
Sulla Convenzione di New York, v. LUZZATTO, Arbitrato Commerciale Internazionale,
Digesto Discipline Privatistiche, Torino, 1987; LOPEZ DE GONZALO, Criteri di valutazione
delle clausole compromissorie per arbitrato estero nella Convenzione di New York del 1958, in
Dir. mar., 1982.
10
(denominate “sentenze”, infatti il testo ufficiale era quello francese e in questa
lingua non esiste un termine corrispondente al nostro “lodo”).
In entrambe le convenzioni citate, non ci sono specifiche norme in materia
marittima, ma in giurisprudenza è pacifico che la materia dell’arbitrato marittimo
sia senz’altro ricompressa in quella generale dell’arbitrato commerciale.
Le norme della Convenzione di New York del 1958, in quanto norme di diritto
internazionale uniforme derogano alle corrispondenti norme dei singoli
ordinamenti nazionali. Tale principio è stato affermato nella sentenza della Corte
di Cassazione n. 6035 del 14 novembre 1981
18
:
“A seguito dell’entrata in vigore della convenzione di New York del 10 giugno del
1958 resa esecutiva con la legge 19 gennaio 1968 n. 62, la norma fondamentale
in materia è contenuta nell’art. II, in base al quale gli Stati contraenti hanno
assunto l’obbligo di riconoscere ogni clausola arbitrale conclusa in forma scritta.
Se, invero, la validità formale della clausola arbitrale è da ritenere sottratta alla
“lex fori”, non trattandosi di un atto del processo (art. 27 disp.prel.), non è
possibile far ricorso ad altri criteri di collegamento (quale in ipotesi quello
previsto dall’art. 26 disp.prel.) per individuare la disciplina della forma ad essa
applicabile, in quanto l’art. II – parte 2 della convenzione di New York – divenuta
in seguito alla legge di ratifica legge dello Stato, già contiene in maniera diretta e
esplicita la disciplina della forma cui la clausola di arbitrato è soggetta per gli
Stati contraenti. Ne consegue che una tale clausola, redatta in forma scritta
secondo le prescrizioni contenute nell’art. II, è di per sé idonea a porre una
preclusione giuridicamente ineccepibile dell’esercizio della giurisdizione
italiana”.
Il problema della difformità tra le norme interne e quelle pattizie in tema di
clausole compromissorie, assai rilevante in passato, risulta al momento attuale
meno significativo, dopo che già la legge 5 gennaio 1994 n. 25 di riforma
dell’arbitrato e la legge 31 maggio 1995 n. 218 di riforma del diritto
internazionale privato, hanno adeguato i contenuti del diritto interno a quelli della
normativa internazionale uniforme.
18
V. Dir. mar., 1982, pag. 391.
11
L’evoluzione dell’ordinamento italiano nel senso di una maggiore “apertura”
nell’ambito dei rapporti commerciali internazionali nei confronti dell’esercizio
dell’autonomia privata nella scelta di risoluzione delle controversie è stata
sottolineata anche dalla Corte Costituzionale, con sentenza 18 ottobre 2000 n.
428
19
:
“Le situazioni poste a raffronto – cioè la disciplina delle convenzioni di deroga
alla competenza dell’autorità giudiziaria e quella delle convenzioni di deroga
della giurisdizione – sono palesemente disomogenee, perché, se nel primo caso
rilevano principalmente le esigenze di tutela del contraente più debole, nel
secondo caso entrano in gioco anche esigenze di carattere internazionale, che il
legislatore, nella sua discrezionalità, può bene ritenere prevalenti; in particolare,
il legislatore del 1995 – nell’ambito di una imponente tendenza alla
“delocalizzazione” della giurisdizione, manifestatasi (anche per ragioni di
concorrenza commerciale) negli usi del commercio internazionale, nella
normativa patrizia internazionale e negli ordinamenti sopranazionali – ha
dichiaratamente e legittimamente inteso favorire (come già osservato) una più
libera esplicazione dell’autonomia privata nella scelta della giurisdizione; tanto
più che la tutela del consumatore ( quale figura socialmente più rilevante di
“contraente debole”) è specificamente assicurata, anche in materia di
giurisdizione, da altre norme di diritto interno (artt. 1469 bis e ss. cod. civ.) ed
internazionale (v., ad es., la sezione 4 della convenzione di Bruxelles del 27
settembre 1968)”.
Tra le principali convenzioni internazionali di diritto marittimo uniforme vi è la
Convenzione di Bruxelles del 25 agosto 1924, successivamente modificata dai
Protocolli del 23 febbraio 1968 e del 2 dicembre 1979; tuttavia questa
convenzione non contiene norme specifiche né in materia di arbitrato marittimo né
in materia di proroga della giurisdizione.
Più specifica è la Convenzione di Bruxelles del 10 maggio 1952 sulla competenza
civile in materia di urto fra navi, ratificata con legge n. 880 del 1977 e, in vigore
19
V. Dir. mar., 2001, pag. 261.
12
in Italia dal maggio 1980.
20
L’art. 2 di tale Convenzione prevede che, anziché
ricorrere ai tre fori alternativi a scelta dell’attore (il tribunale del luogo in cui il
convenuto ha la residenza abituale; quello del luogo in cui la nave del convenuto
sia stata sequestrata o avrebbe potuto essere sequestrata se il convenuto non
avesse offerto garanzia; il tribunale del luogo dell’urto, quando l’urto sia avvenuto
nei porti nonché nelle acque interne), le parti di comune accordo, possano
derogare alla giurisdizione anche ricorrendo all’arbitrato. In questo modo viene
riconosciuta la possibilità alle parti di scegliere di deferire le loro controversie ad
arbitrato e nello stesso momento la facoltà al Tribunale dello Stato contraente
della convenzione (nella giurisdizione del quale è avvenuto il sequestro della nave
straniera), di assegnare un termine al sequestrante per l’esercizio della azione.
La Convenzione di Atene del 13 dicembre del 1974 sul trasporto marittimo di
passeggeri e dei loro bagagli, riconosce espressamente la possibilità alle parti di
deferire ad arbitrato, la risoluzione delle loro controversie stabilendo :
“After the occurance of the incident which has caused the damage, the parties
may agree that the claim for damages shall be submitted to any jurisdiction or to
arbitration”.
Da tale norma si desume che l’accordo tra le parti di deferire le loro controversie
ad arbitrato, si può raggiungere solo dopo che sia verificato l’evento che abbia
causato il danno. L’accordo concluso in precedenza deve ritenersi nullo, salvo
espressa dichiarazione di volontà delle parti di ratificare l’accordo, successiva al
verificarsi dell’evento dannoso. Tale situazione sembra rispondere alle esigenze di
tutela della parte più debole che ispirano tutta la normativa in materia di contratto
di trasporto marittimo di persone, che per certi aspetti si configura come un tipico
contratto per adesione. Spesso, infatti il passeggero si vede costretto ad accettare
termini e condizioni scelti dal vettore, tra le quali potrebbe rientrare la
20
In argomento v. CARBONE, Contratto di trasporto marittimo di cose, Milano, 1988, pag. 47
ss.; F. BERLINGERI, Ratifica delle convenzioni di Bruxelles 10 maggio 1952 in tema di
competenza civile e penale in caso di urto e in tema di sequestro conservativo di navi, in Dir.
mar., 1978, pag. 148 ss; LA CHINA, Due novità (d’antica data!) nel campo del diritto
processuale civile internazionale marittimo: le convenzioni di Bruxelles del 10 maggio 1952, in
Foro it., 1978, V, pag. 253 ss.; tra la letteratura straniera, Marsden on collision at sea, a cura di
GAULT, HAZELWOOD e TETTENBORN, 13th ed., London, 2003.
13
individuazione di una sede arbitrale in un luogo assai conveniente per lo stesso
passeggero.
21
La Convenzione di Amburgo del 30 marzo del 1978 sul trasporto di merci via
mare prevede all’art. 22 il ricorso all’arbitrato volontario affermando che la
volontà delle parti sia “evidenced in writing” e che, ove si tratti di una clausola
arbitrale “par reference”, se ne faccia una “special annotation” nella polizza di
carico.
22
La Convenzione di Ginevra sul trasporto multimodale di merci del 23 maggio
1980, non ancora in vigore, ribadisce l’esigenza che la volontà delle parti debba
essere “evidenced in writing”; inoltre si fissa un termine di due anni per iniziare il
procedimento arbitrale ovvero ricorrere al giudice interno. Inoltre i luoghi indicati
dalla Convenzione di Amburgo all’art. 22
23
divengono obbligatori in virtù dell’art.
27. Le parti sono comunque libere di ricorrere ad arbitrato attraverso un
compromesso, nell’ipotesi in cui non avessero inserito una clausola
compromissoria nel contratto.
Anche la Convenzione di Londra del 1989 sul soccorso in mare, entrata in vigore
in Italia il 14 luglio del 1996, regola parzialmente l’arbitrato. La disciplina posta
da tale convenzione si applica ad ogni ipotesi di soccorso in mare ogni qual volta
il procedimento giudiziario o arbitrale sia instaurato in Italia. In materia di
salvataggio contrattuale viene fissato un termine perentorio di prescrizione
dell’azione sia giudiziale che arbitrale ad un massimo di due anni dal giorno in cui
sono cessate le operazioni di assistenza. Inoltre si esorta gli Stati contraenti a
incoraggiare per quanto possibile e con il consenso delle parti, la pubblicazione
dei lodi arbitrali resi in materia di salvataggio.
Si può osservare che in una materia affine a quella del settore marittimo, ossia
quella dei trasporti aerei di merci, l’entrata in vigore della Convenzione di
Montreal del 28 maggio 1999, ha comportato l’introduzione di nuove norme in
21
ZUNARELLI E ZOURNATZI, Arbitrato nelle controversie marittime internazionali, in Codice
degli arbitrati, delle conciliazioni, e di altre ADR, UTET, 2006, pag. 422 ss.
22
MARELLA, Unità e diversità dell’arbitrato internazionale: l’arbitrato marittimo, in Dir. mar.,
2005, pag. 787 e ss.
23
Questo argomento sarà approfondito nel prossimo capitolo.
14
materia di arbitrato che possono comportare non pochi problemi di
coordinamento.
Adottando soluzioni simili a quelle della Convenzione di Amburgo del 30 marzo
del 1978, la Convenzione di Montreal fissa imperativamente la sede dell’arbitrato
presso uno dei luoghi designati ai fini della competenza giurisdizionale.
24
La soluzione classica di affidare ai trattati in materia di arbitrato “generale” (come
la Convenzione di New York) il compito di disciplinare anche specifiche
questioni di arbitrato marittimo sembra essere il modo migliore per evitare la
proliferazione di norme frammentarie.
Altra fonte della disciplina dell’arbitrato è la volontà delle parti; è una fonte di
secondo grado in quanto subordinata al riconoscimento da parte dell’ordinamento
statale competente dell’autonomia contrattuale delle parti e ai limiti di tale
riconoscimento.
La presenza di una valida convenzione arbitrale comporta due effetti:
1. l’effetto positivo che è quello di attribuire agli arbitri il potere di
giudicare quella determinata controversia
2. l’effetto negativo o inibitorio che consiste nel sottrarre il potere di
decidere una determinata controversia al giudice ordinario. Il giudice
deve declinare la propria competenza a favore dell’arbitro.
L’arbitro da un lato deriva i suoi poteri da un accordo privato, dall’altro, è
chiamato a svolgere i compiti propri di un giudice. La dottrina è divisa: alcuni,
sostenendo che l’amministrazione della giustizia è parte della funzione statale,
ammettono l’intervento dell’arbitro se integrato nella funzione giudiziaria; per
altri invece l’arbitrato è un istituto di natura contrattuale in quanto fondato sulla
convenzione delle parti dalla quale derivano i poteri e i limiti dell’incarico a lui
conferito. Fino a qualche anno fa sembrava prevalere questa seconda posizione
che assegnava all’arbitro natura essenzialmente contrattuale e cercava di dare il
massimo rilievo alla convenzione arbitrale come fonte del potere degli arbitri e
delle regole che questi debbono applicare al procedimento. Si voleva consentire
24
Per un approfondimento di tale argomento v. CARBONE, Criteri di collegamento
giurisdizionale e clausole arbitrali nel trasporto aereo-Le soluzioni della convenzione di Montreal
del 1999, in Riv. dir. int.. priv. proc., 2000, pag. 5 ss.
15
infatti alla parti il massimo della flessibilità e di libertà nella regolamentazione
dell’arbitrato, questo istituto era quindi da intendersi esclusivamente come
fenomeno privatistico e, l’accordo compromissorio era visto come una rinuncia
alla giurisdizione. Contro questo orientamento il legislatore del 2006 ha preso
posizione e, ha chiaramente disposto che i rapporti tra arbitri e giudici si pongano
sul piano della competenza e non su quello della giurisdizione
25
; l’arbitrato infatti
è un fenomeno privatistico ma la funzione è pur sempre quella giurisdizionale.
Nella fase attuale, dove la giurisdizione arbitrale non è più vista come un
elemento di ostilità all’organizzazione giudiziaria statale ma viene recepita in
un’ottica di collaborazione, la discussione risulta in buona parte superata. A
questo mutamento di opinione si è giunti grazie anche all’esistenza di una misura
di controllo dell’arbitrato da parte del giudice nazionale, al fine di evitare abusi
nel suo utilizzo.
D) Fonti a-nazionali
Infine è opportuno compiere un sintetico riferimento a quelle che potremmo
chiamare fonti a-nazionali del diritto dell’arbitrato marittimo. Queste sono di
vario genere e vanno ricercate sia nei lavori del “Comitè Maritime International”
sia a partire dal cd. “droit formulaire” ossia nelle regole del diritto sostanziale
vivente modellizzato nei formulari di contratto internazionalmente diffusi.
26
Sono costituite, quanto alla disciplina del procedimento arbitrale, dai regolamenti
di arbitrato amministrato predisposti dai diversi centri arbitrali marittimi che
dominano la scena dello “shipping business” e dalla giurisprudenza arbitrale
marittima.
25
V. art. 817 e 819 ter c.p.c. dove esplicitamente il legislatore prevede che I rapporti siano di
competenza.
26
In argomento v. FALL, Defence and illustration of Lex mercatoria in maritime arbitration: the
case of ‘extra-contractual detention’ in voyage charter party disputes, in Journal of int. arbitr.,
1998, pag. 85-94.