INTRODUZIONE
La disciplina giuridica internazionale dell’ambiente è un fenomeno relativamente recente
nella vita di relazione tra gli Stati indotto dalla crescente consapevolezza dell’impatto
potenzialmente nocivo dello sviluppo tecnologico e dell’aumento della popolazione
mondiale
1
. Una serie di problemi preliminari sorgono durante qualsiasi tentativo di
identificare una “international environmental law” in quanto parte della dottrina non sembra
riconoscere la materia come un corpo autonomo della normativa internazionale
2
. Sebbene la
normativa ambientale costituisca parte del corpo generale, la peculiarità dell’oggetto è motivo
sufficiente per accettare di indicarla come “Diritto dell’ambiente”, così come è prassi
largamente accettata per il “Diritto del mare” o il “Diritto dell’economia”. La scelta della
codificazione della materia rispecchia l'attribuzione di un valore intrinseco al bene giuridico
“ambiente”: ne consegue la necessità di prevedere meccanismi di controllo e sanzione che
garantiscano l´implementazione della normativa ambientale transnazionale.
I limiti delle istanze giudiziarie internazionali quali corti, tribunali e tribunali arbitrali, si sono
fatti particolarmente evidenti di fronte alle dispute che coinvolgono la protezione
dell’ambiente. Diverse sono le argomentazioni avanzate a sostegno della creazione di un foro
internazionale di giustizia dedicato all’ambiente: innanzitutto la necessità di garantire
l’accesso alla giustizia ambientale ad individui e gruppi
3
e secondariamente la necessità di
5
1
Secondo un rapporto di inversa proporzionalità, infatti, alla crescita della popolazione corrisponde una
riduzione dell’orizzonte temporale di esaurimento delle risorse e della resistenza ecosistemica.
2
BIRNIE P., BOYLE A., International Law and the Environment, Oxford, 2002.
3
Garantito internazionalmente dal terzo pilastro della Convenzione sui diritti umani ambientali di Aarhus.
una procedura giudiziaria che accolga le istanze di protezione dell’ambiente nell’interesse
universale dell’intera Comunità Internazionale. Tra le argomentazioni contrarie viene
considerato il rischio di frammentazione della normativa internazionale dovuto alla
proliferazione di tribunali e corti dedicate, nonché la convinzione che le istanze già presenti
siano in grado, con opportune modifiche, di farsi carico delle dispute relative alla tematica,
senza la necessità di creare sedi specifiche
4
.
L’obiettivo di questa analisi è di valutare, nell’ambito dell’evoluzione degli strumenti
internazionali a tutela dell’ambiente, la possibilità di istituire un Tribunale Penale
Internazionale dedicato e, nel caso, quali siano i fondamenti di legittimità, le fattispecie
accoglibili e la forma più adeguata a questo scopo.
Questo lavoro ben riassume un lungo e singolare percorso di studi che mi ha permesso di
coniugare conoscenze e competenze tecnico-scientifiche, acquisite durante la formazione
secondaria, all’ambito giuridico internazionale scoperto e approfondito in una fase successiva.
La portata e la gravità dei danneggiamenti ambientali studiati, nonché delle prospettive
catastrofiche a lungo termine della degradazione ecosistemica, hanno stimolato la ricerca dei
meccanismi attualmente vigenti di tutela dell’ambiente, nonché di proposte e prospettive
possibili per rendere più vincolante l’impegno degli Stati rispetto alla tematica. Esperienze
come la Cumbre de Cochabamba, la redazione della Carta della Terra e la proposta
dell’International Academy of Environmental Science sono manifestazioni concrete di una
crescente sensibilità sociale rispetto alla questione ambientale, in aperta opposizione rispetto
alla manifesta volontà politica di sottrarsi ad una tutela sovranazionale dell’ambiente.
Quest’analisi si propone di valutare in che termini ed in che sedi le istanze derivanti dalla
volontà sociale possano trovare accoglimento nell’ambito del Diritto Internazionale.
La struttura logica del lavoro è divisa in due fasi: la prima parte del lavoro è dedicata alla
descrizione di alcuni elementi teorici e presupposti formali che saranno alla base della
valutazione, svolta nella seconda parte, dell’opportunità di costituire effettivamente, a livello
internazionale, la categoria dei crimini contro l’ambiente e, di conseguenza, di creare
un’istanza giudiziaria dedicata alla materia.
Più nel dettaglio, il primo capitolo è dedicato ad un necessario inquadramento del problema
ambientale nei suoi termini più attuali, distinguendo tra quello che può essere considerato un
disastro ambientale e quelli che potremmo definire come comportamenti di aggressione
ecosistemica. Nell’intento di fornire un quadro quanto più possibile completo dell’argomento,
il secondo capitolo fornisce una breve analisi della normativa penale dell’ambiente
6
4
HEY E., Reflections on an International Environmental Court, The Hague, 2002
implementata negli ordinamenti interni di alcuni Stati europei ed extraeuropei, rappresentativi
di caratteristiche ed approcci peculiari. Il terzo capitolo sposta l’attenzione sul piano del
Diritto Internazionale, valutando l’evoluzione dell’approccio alla materia attraverso l’analisi
dei c.d. Vertici dell’ambiente, da Stoccolma ’72 fino a Cancun 2010. A seguire, nel capitolo
quarto vengono esplicitati i termini nei quali l’ambiente concretamente forma parte del Diritto
Internazionale attualmente vigente. Queste prime considerazioni, di natura più teorica,
intendono fornire un substrato informativo utile alla comprensione della questione oggetto di
analisi.
Il capitolo quinto inaugura la parte più prettamente analitica del lavoro attraverso l’analisi di
ciò che viene considerato danno ambientale da un punto di vista formale ed attraverso la
presentazione di alcuni casi emblematici che, per la natura dei soggetti in causa e per la
concorrenza di giurisdizioni esistente, potrebbero costituire l’oggetto concreto di un Tribunale
Internazionale dell’ambiente. A fronte degli esempi valutati, il capitolo sesto tenta di
individuare, nell’apparato normativo vigente relativo ai diritti umani ed all’intergenerational
equity, i margini necessari per assimilare i danneggiamenti ambientali a violazione dei
suddetti diritti e, quindi, se si possa parlare di crimini contro l’umanità. Viene poi considerata
la proposta innovativa di creare una Carta de los Derechos de la Madre Tierra quale base
autonoma per legittimare una tutela più vincolante dell’ambiente. Il settimo capitolo, infine,
presenta alcune considerazioni relativamente alle istanze giudiziarie attualmente esistenti nel
panorama internazionale, alle possibilità di ampliamento della loro giurisdizione e all’ipotesi
di creare ex novo un Tribunale Internazionale dedicato alla tematica. Al termine dell’analisi, le
conclusioni intenderanno valutare la necessità di un Tribunale Penale Internazionale per
l’ambiente ed, eventualmente, quale sia la formula più adeguata allo scopo, nonché ragionare
sulla tipologia e la legittimità formale delle fattispecie accoglibili in tale sede.
Sebbene le difficoltà, tanto politiche quanto giuridiche, siano molteplici, una siffatta ipotesi
potrebbe contribuire in maniera significativa a garantire una migliore e più vincolante tutela
dell’ambiente, quale substrato indispensabile per il godimento del diritto umano alla vita ed
alla salute, tanto delle presenti quanto delle future generazioni.
La speranza è di poter fornire un quadro completo e chiaro della questione analizzata,
sottolineando in particolare il fatto che non si tratta di ipotesi utopiche quanto piuttosto di
prospettive realistiche per lo sviluppo del Diritto Internazionale dell’ambiente.
7
PARTE PRIMA
8
La prima parte del presente lavoro si propone di inquadrare alcuni elementi teorici di base che
risulteranno funzionali alla comprensione delle questioni più specifiche che verranno
affrontate ed analizzate nella seconda parte. I quattro capitoli che compongono questa sezione
forniranno degli elementi di base riguardo alla tematica del diritto internazionale
dell’ambiente che permetteranno di comprendere in che modo la questione di un
rafforzamento dello stesso, sulla via della creazione di una giurisdizione penale della
tematica, sia da considerarsi valida e, soprattutto, attuale.
Il primo capitolo, L’inquadramento del problema: l’emergenza ambientale, presenta
brevemente i termini della questione ambientale: soprattutto ai fini della presente analisi
verranno distinte due dimensioni del problema, una particolare ed una sistemica; con il primo
concetto si farà riferimento agli episodi di incidenti ambientali collocabili in un orizzonte
spazio-temporale, mentre la dimensione sistemica è riferita a casistiche quali l’effetto serra, il
riscaldamento globale ed il caso buco dell’ozono, i cui margini e le cui responsabilità sono
meno definiti.
Il secondo capitolo, La tutela penale dell’ambiente nel diritto interno, si propone di effettuare
una breve analisi comparata della gestione della tematica in alcuni paesi europei ed
extraeuropei, nonché di analizzare più nel dettaglio il caso italiano e l’intervento normativo
comunitario in materia. Gran parte delle disposizioni penali del diritto italiano in tema di
protezione ambientale sono state promulgate in attuazione di direttive comunitarie che
contemplavano obblighi di risultato, il cui intento era di prevenire i danni ambientali evitando
le cause di alterazione dell’ambiente, piuttosto che gestirne successivamente gli effetti.
Sebbene il diritto italiano contempli le norme penali a tutela dell’ambiente come disposizioni
di diritto penale complementare e solo in minima parte come diritto penale fondamentale
questa prassi non è l’unica ipotesi possibile ed anche a livello europeo si riscontra una
notevole eterogeneità delle disposizioni in questa materia.
Il terzo capitolo, L’evoluzione del diritto internazionale in materia ambientale, riassumerà i
punti salienti del percorso di evoluzione della materia, realizzato grazie ai c.d. vertici
dell’ambiente, da Stoccolma (1972) alla più recente COP16 di Cancun (2010). Quest’ultimoa
interessa in quanto si sta per giungere alla fine della prima fase del Protocollo di Kyoto, ossia
lo strumento, in ambito ambientale, maggiormente vincolante realizzato dalla Comunità
Internazionale, e si intende valutare quali siano gli impegni assunti e le prospettive di
sviluppo ipotizzate per la seconda fase del Protocollo.
In ultimo, il capitolo titolato L’ambiente come oggetto di Diritto Internazionale, si propone di
individuare alcuni termini concreti del diritto attualmente vigente in materia, in particolare
individuando fonti, obblighi e responsabilità a livello internazionale.
Le considerazioni svolte sin qui permetteranno di costruire un substrato informativo utile per
la comprensione della questione oggetto di analisi, nonché forniranno gli strumenti necessari
per costruire l’apparato logico formale dell’analisi stessa.
9
1. L’INQUADRAMENTO DEL PROBLEMA: L’EMERGENZA AMBIENTALE
Nel 1952 Londra fu invasa per 5 giorni da una cappa di smog dovuta all’aumento, in un
inverno gelido, della combustione domestica di carbone, da sommarsi al già pesante
inquinamento industriale della zona ed a condizioni meteorologiche anormali che ne
impedirono la dissipazione. In quella settimana morirono 4.000 persone, e altre 80.000 nei
mesi successivi a causa di infezioni respiratorie ed asfissia; nel 1956 il parlamento britannico
varò il Clean Air Act che vietava la combustione di carbone nei forni Martin-Siemens e
incentivava l’uso di energie considerate pulite, tra queste l’elettricità, il gas ed anche il
petrolio
5
.
Nel 1987 il protocollo di Montreal, sottoscritto da 42 nazioni, mise al bando i così detti CFC,
o clorofluorocarburi, usati come propellenti nelle bombolette di aerosol, i quali erano causa
della riduzione dello strato di ozono: quando queste molecole, che si credeva si sarebbero
innocuamente disperse nell’atmosfera, venivano a contatto con le radiazioni ultraviolette, il
cloro si staccava dal resto della molecola, distruggendo nella reazione 100.000 molecole di
ozono
6
. A 15 anni dal protocollo di Montreal esistevano prove concrete del fatto che il
processo di assottigliamento dello strato di ozono fosse in remissione
7
e potesse tornare a
livelli accettabili entro 50 anni: quest’anno la NASA ha rilevato una nuova preoccupante
riduzione dell’ozono antartico le cui cause sono ricondotte al fenomeno del riscaldamento
globale
8
.
Tra le crisi che coinvolgono la società odierna forse la più controversa, nel senso stretto del
termine, è quella relativa all’ambiente che, sebbene a livello di tutela internazionale sia
10
5
DA VIS D., BELL M., FLETCHER T., “A Look Back at the London Smog of 1952 and the Half Century Since.” in
Environmental Health Perspectives, vol. 110, n.12, 2002. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/
PMC1241116/
6
CURTIS H., SUE BERNES N., Invito alla biologia. Bologna, 2003.
7
Si vedano i dati dell’ EARTH OBSERV ATORY della NASA http://earthobservatory.nasa.gov/Features/
WorldOfChange/ozone.php.
8
BULS A., COLE S., NASA Leads Study of Unprecedented Arctic Ozone Loss, 2011 http://www.nasa.gov/topics/
earth/features/arctic20111002.html
prossima a compiere i 40 anni (Vertice di Stoccolma 1972), risulta ancora fortemente dibattuta
tanto a livello di metodologie di gestione della questione e di attribuzione di responsabilità,
quanto a livello di esistenza stessa del problema. Per essere precisi, ad oggi, e per gli obiettivi
di quest’analisi, vanno distinte due dimensioni del problema, ovvero quella particolare e
quella sistemica. Con il concetto di dimensione particolare si farà riferimento ad episodi di
danneggiamento ambientale di cui è possibile identificare un ambito spaziale ed un soggetto a
cui imputare il danno: in merito si vedano ad esempio i casi Bhopal-UNION CARBIDE e
Chevron-Texaco, nonché gli altri episodi discussi al capitolo 5.3 di questo studio. La
differenza fondamentale tra i due casi citati riguarda, oltre alla tipologia del danno prodotto,
anche la metodologia in cui è stato perpetrato: nel primo caso si trattava di un incidente di
tipo immediato e catastrofico
9
, fattispecie che comunque non esclude la responsabilità per le
ripercussioni a lungo termine delle esternalità prodotte da tale incidente. Va comunque detto
che questa tipologia rappresenta una quota minoritaria nella casistica del danno ambientale:
nella maggior parte dei casi si ha invece un danneggiamento a carattere continuo e
cumulativo
10
, come quello occorso nel caso Chevron-Texaco. Queste due casistiche si
presterebbero più agevolmente alla giurisdizione di un tribunale internazionale specifico in
quanto, come detto, sarebbero più facilmente identificabili tanto il nesso causa-effetto diretto,
tanto i soggetti responsabili quanto le vittime dirette delle esternalità negative conseguenti il
danno ambientale.
D’altro canto, la dimensione sistemica del problema ambientale risulta sicuramente più
evanescente rispetto alla tutela giuridica del problema: se da un lato esiste la possibilità di
identificare nessi causali diretti, dall’altro, data la portata del danno, derivante dall’effetto
cumulativo provocato da diversi attori, la responsabilità dello stesso non sarebbe
univocamente attribuibile ad un’unica entità, ma sarebbe piuttosto da attribuire ad una serie
pressoché infinita di attori
11
. Inoltre, la natura globale delle ripercussioni, impedirebbe di
identificare un’unica parte titolare del diritto esclusivo a costituirsi parte lesa. Per questo
motivo la questione del danneggiamento del sistema ambiente costituirà una parte minoritaria
della presente disquisizione: vale comunque la pena dedicare alcune parole alla questione.
11
9
SILV A SOARES G. F., Dereito Internacional do Meio Ambiente, São Paulo, 2001.
10
SILV A SOARES G. F., Dereito Internacional do Meio Ambiente, São Paulo, 2001.
11
Queste considerazioni valgono nonostante ad oggi sia possibile identificare, a livello di singolo individuo, a
livello regionale e nazionale, la c.d. impronta ecologica apportata, intesa come impatto di un attore
sull’ecosistema. La coscienza dell’eterogeneità, a livello mondiale, delle impronte ecologiche dei diversi attori è
alla base del principio, largamente riconosciuto a livello di diritto internazionale, di responsabilità comune ma
differenziata.
Il così detto problema del cambiamento climatico, o, usando le parole di Hansen, lo “human
made climate”, è prevalentemente dovuto ad un’alterazione dell’equilibrio del c.d. ciclo del
carbonio, dovuta al fatto che l’anidride carbonica viene immessa nell’aria ad una velocità
superiore rispetto alla capacità dei processi metabolici di smaltirla
12
: la quantità limite di CO2
che consentirebbe di mantenere le condizioni ottimali per la vita sul Pianeta è stimata a 350
ppm. Tra i processi in grado di smaltire l’anidride carbonica in altri composti del carbonio,
una delle più significative è sicuramente la fissazione del carbonio attraverso la fotosintesi,
quanto da parte delle alghe che da parte delle piante
13
: la deforestazione riduce notevolmente
la capacità dell’ecosistema di smaltire l’anidride carbonica che, quindi, resta nell’atmosfera
14
.
L’anidride carbonica è prodotta principalmente da attività antropiche, ad esempio l’uso di
carburanti fossili
15
quali fonte di energia, dalla combustione di legname, dall’agricoltura
intensiva e dai modelli produttivi e di consumo attuali
16
. L’anidride carbonica tende ad
accumularsi al limite dell’atmosfera, dove produce il c.d. effetto serra: in altre parole lo strato
di CO2 è permeabile alla luce solare nella lunghezza d’onda con la quale giunge alla Terra dal
Sole, ma risulta impermeabile alla lunghezza d’onda con la quale la luce viene riflessa dal
suolo e dagli oceani, quindi il calore viene intrappolato all’interno della troposfera
17
aumentandone la temperatura. In aggiunta, l’aumento delle temperature induce il disgelo di
grandi masse ghiacciate, tra cui le zone artiche ed antartiche: questa situazione oltre a
costituire un grave danno agli ecosistemi ed alla fauna locale, contribuisce ad alterare la
temperatura del pianeta in quanto la luce, invece di venire riflessa dal ghiaccio viene assorbita
dall’acqua aumentando così, ancora una volta, la temperatura della troposfera
18
. Il problema
dell’aumento di temperatura avrà diverse conseguenze a livello globale: in primo luogo
l’aumento di eventi climatici estremi, l’alterazione degli ecosistemi e la riduzione della
biodiversità, la diminuzione della produttività agricola ed il conseguente aumento della fame
mondiale; aumenterà anche l’emigrazione dovuta ai cambiamenti climatici, sebbene questa
fattispecie non si possa includere nella definizione classica di rifugiati. Per citare qualche
12
12
HANSEN J., Blu Planet, 2010
13
CURTIS H., SUE BERNES N., Invito alla biologia. Bologna, 2003.
14
AL GORE, La scelta. Emmaus, 2009.
15
Tra questi carbone, petrolio e metano: quest’ultimo, avendo molti più atomi di idrogeno per atomo di carbonio
rispetto a carbone e petrolio, a parità di energia produce solo il 70% dell’anidride carbonica prodotta dal petrolio
e circa circa la metà prodotta dal carbone.
16
AL GORE, La scelta. Emmaus, 2009.
17
CURTIS H., SUE BERNES N., Invito alla biologia. Bologna, 2003.
18
CURTIS H., SUE BERNES N., Invito alla biologia. Bologna, 2003.
esempio, quest’anno in Kuwait sono stati registrati i 53,5 gradi, il Corno d’Africa ha vissuto
la peggiore siccità degli ultimi 60 anni, l’uragano Irene, che ha colpito la costa Est degli Stati
Uniti, è stato uno dei più violenti della storia
19
.
Vale la pena fare un’ultima considerazione riguardo alla materia ambientale: a questo
proposito, infatti, vengono spesso sottolineate due discrepanze fondamentali di conoscenza
che rischiano di ritardare la realizzazione di una normativa coerente in materia. Esiste,
innanzitutto, un gap evidente tra “what is understood and what is known”
20
, ovvero tra le
conoscenze diffusamente accertate, ed accettate, dalla comunità scientifica, e ciò che è di
dominio pubblico, o meglio, l’informazione che giunge e viene recepita dal pubblico.
Sebbene tanto l’IPCC quanto la maggior parte delle Convenzioni internazionali
21
in materia
dichiarino che non esistono dubbi in merito alla realtà del cambiamento climatico, e alle
conseguenze ad esso correlate, é ancora in uso, soprattutto in ambito politico e mediatico
22
, la
prassi di dichiarare che non esistono prove sufficienti a garanzia del fatto che l’attuale
situazione sia imputabile a cause antropiche, nonché che il cambiamento stesso non sia altro
che una prassi endogena rispetto al sistema ecologico
23
.
D’altra parte, anche a livello giurisprudenziale, vi è una difficoltà relativa al gap di
conoscenze tecnico-scientifiche: difficilmente sono note, in forma approfondita ed al
medesimo professionista, le leggi scientifiche che spiegano i nessi causali tra certe condotte e
certi impatti ambientali
24
; viceversa, difficilmente il tecnico ambientale sarà in possesso delle
conoscenze giuridiche necessarie per identificare responsabilità ed obbligazioni a carico del
soggetto che arrechi danno all’ambiente. Va riscontrata quindi la necessità, per eventuali
organi giuridici a tutela dell’ambiente, di dotarsi di una sezione scientifica specifica in grado
di analizzare tanto il concreto livello di danneggiamento dell’ambiente, quanto l’esistenza
inequivocabile del nesso di causalità diretta tra condotta e danno ambientale.
13
19
PEPE G., “E la chiamano estate.” in National Geographic, Ottobre 2011.
20
HANSEN J., Blu Planet, 2010.
21
Si vedano ad esempio le dichiarazioni introduttive del testo Decision-/CP .13 Bali Action Plan. che nelle sue
prime righe afferma che “Responding to the findings of the Fourth Assessment Report of the Intergovernmental
Panel on Climate Change that warming of the climate system is unequivocal, and that delay in reducing
emissions significantly constrains opportunities to achieve lower stabilization levels and increases the risk of
more severe climate change impacts,”.
22
AL GORE, La scelta. Emmaus, 2009.
23
La posizione dei così detti “scettici del clima”, che in Australia si sono anche costituiti in un partito politico
autonomo (http://landshape.org/news/); alcuni altri esempi di interventi di “scettici del clima”: http://
www.youtube.com/watch?v=50Ip-zuJHa4&feature=related;
24
STELLA, Modernità e giustizia. La protezione dell’innocente e la tutela della vittima. 2001
2. LA TUTELA PENALE DELL’AMBIENTE NEL DIRITTO INTERNO
La classificazione “diritto penale dell’ambiente”, sebbene puramente convenzionale,
individua le disposizioni in materia di tutela dell’ambiente che prevedono sanzioni penali in
conseguenza della loro inosservanza; l’intera legislazione penale ha come connotazione
peculiare non tanto la materia in oggetto né la collocazione delle disposizioni, quanto le
ripercussioni derivanti dalla violazione di tali norme: le disposizioni in materia ambientale,
nonostante la loro disorganicità, sottostanno quindi ai principi generali del diritto penale
25
.
D’altro canto, parte della dottrina sostiene che la normativa penale in materia non sia che un
mero strumento per il conseguimento di una tutela dell’ambiente che sarebbe propria del
diritto amministrativo
26
: il diritto penale, riguardo alla tutela dell’ambiente, servirebbe quindi
solo a creare le condizioni necessarie alla tutela della stessa
27
.
Tuttavia, l’attenzione prestata recentemente dal legislatore alla questione ambientale
testimonia l’evoluzione del diritto penale che ora contempla, come penalmente rilevanti,
comportamenti precedentemente ignorati
28
, nonché uno sviluppo della società che, attraverso
questi strumenti, viene promosso dallo Stato stesso
29
. Fu a partire dagli anni Settanta che si
procedette alla creazione di un sistema legislativo ad hoc cui obiettivo era assicurare una
tutela tendenzialmente completa della materia
30
. I punti critici di questa materia riguardano in
primo luogo l’identità stessa del bene ambiente in quanto bene autonomo, svincolato dal
nesso, apparentemente inevitabile, con il bene “salute umana”. In secondo luogo, esiste un
problema relativo alla collocazione della normativa ambientale, ossia all’interno della legge
14
25
RAMACCI L., Diritto penale dell’ambiente. Padova, 2009.
26
P ATRONO V ., Inquinamento industriale e tutela penale dell’ambiente, Padova 1980. e PANAGIA, La tutela
dell’ambiente naturale nel diritto penale d’impresa, Padova, 1993.
27
RAMACCI L., Diritto penale dell’ambiente. Padova, 2009.
28
MANTOV ANI V . F., Diritto Penale. Padova, 1992.
29
RAMACCI L., Diritto penale dell’ambiente. Padova, 2009.
30
B AJINO, “Evento e dolo nel diritto di danneggiamento di acque pubbliche” in Rivista Italiana di Diritto
Procedurale Penale, 1972.
penale fondamentale o all’interno di leggi complementari. In ultimo risulta problematica
l’individuazione del modello di tutela più adeguato alla tutela del bene ambiente
31
. In altre
parole, la criticità della questione riguarda l’autonomia del bene ambientale, che, una volta
circoscritto ai soli beni acqua, aria e suolo
32
, pare intimamente connesso al bene “salute
dell’uomo”
33
. Riguardo al problema della collocazione della normativa, l’ipotesi extra
codicem delle norme penali ambientali permetterebbe di adottare tecniche di tutela ortodosse,
attraverso l’applicazione della tecnica ingiunzionale
34
: in tal caso l’intervento penalistico
sarebbe da considerarsi meramente succedaneo
35
. La questione si pone anche relativamente
alla tipologia di reato da ipotizzare, ovvero se si tratti di un reato di danno o di pericolo, ed in
questo caso se si debba considerare solo il pericolo concreto
36
o anche quello astratto, più
comunemente conosciuto come “pericolo potenziale”
37
. Di conseguenza, è necessario valutare
quale sia il tipo di offesa all’ambiente da considerare in questa fattispecie dato che la prassi ha
permesso di evidenziare una netta prevalenza dei casi in cui il danno è risultato da un’azione
cumulativa, sebbene non manchino i casi di danneggiamento immediato e catastrofico
38
. I
parametri sopra citati saranno utilizzati di seguito per operare una breve analisi comparata di
alcuni sistemi penali ambientali emblematici.
Nel modello tedesco i reati ambientali sono stati inseriti nel corpo del codice penale attraverso
un’opzione del legislatore del 1980 con la quale il diritto dell’ambiente venne sottratto alla
tutela amministrativa: i reati contro l’ambiente passavano da infrazioni contro l’ordine
pubblico ad essere considerati propriamente come delitti
39
. Va sottolineato però che la
sussidiarietà del diritto amministrativo é stata mantenuta, in maniera più o meno esplicita, con
l’esistenza di riferimenti a leggi speciali di diritto amministrativo, quali ad esempio
15
31
AZZALI G., “Osservazioni di diritto penale comparato dell’ambiente”, in Profili di diritto ambientale da Rio a
Johannesburg, Rozo Acuña, 2004
32
Escludendo quindi l’estensione ai beni urbanistici e paesaggistici.
33
AZZALI G., “Osservazioni di diritto penale comparato dell’ambiente”, in Profili di diritto ambientale da Rio a
Johannesburg, Rozo Acuña, 2004
34
Tale tecnica prevede il ricorso alla sanzione penale, commisurata al periodo di violazione dell’ingiunzione
stessa, solo qualora si abbia inottemperanza ad un’ingiunzione precedentemente emessa da un giudice civile,
ossia da un’autorità amministrativa.
35
AZZALI G., “Osservazioni di diritto penale comparato dell’ambiente”, in Profili di diritto ambientale da Rio a
Johannesburg, Rozo Acuña, 2004
36
Ovvero l’ipotesi in cui il fatto incriminato consiste nella lesione di un bene ambientale e nella conseguente
esposizione a pericolo concreto di altri beni.
37
AZZALI G., La tutela penale dell’ambiente. Un’indagine di diritto comparato. Padova, 2001.
38
MARINUCCI-DOLCINI, Diritto Penale, 2006
39
ESER A., La tutela penale dell’ambiente in Germania. Freiburg, 1989.
l’esclusione di illiceità nel caso di “avvertimento preliminare” o di “autorizzazione”
40
; questo
genere di fattispecie è esclusa solamente nell’ipotesi di rilascio di sostanze velenose, di cui al
§330a. Nel codice vengono indicati come punibili l’inquinamento idrico (§ 324),
l’inquinamento del terreno (§ 324a) ed infine l’inquinamento dell’aria (§ 325). Nel settore
dell’inquinamento idrico si riscontra una tutela molto ampia del bene, estesa a comprendere
non solo le forme più evidenti di inquinamento, ma anche tutte le alterazioni peggiorative
delle qualità fisiche, chimiche e biologiche della stessa
41
, sebbene senza ancora fissare
standard generali di pericolo
42
. D’altro canto, l’ambito di applicabilità della normativa relativa
all’inquinamento atmosferico è molto limitato: sebbene vi sia considerata come violazione la
mera modificazione delle qualità dell’aria provocata dal soggetto agente, la tutela effettiva è
penalizzata da “argini di sbarramento” quali la sola considerazione delle attività
imprenditoriali quali cause di lesione, nonché il vincolo relativo alla colpa grave in caso di
violazione di obblighi o disposizioni impartite dall’autorità
43
. Quest’impostazione, sebbene
non manchi di incriminare anche condotte che comportano la lesione della salute umana
44
,
manifesta comunque una tutela autonoma del bene ambiente, superando l’approccio
meramente funzionale
45
, fino a tendere addirittura ad una tutela “dall’uomo stesso”
46
. Vale la
pena notare inoltre che questo ordinamento contempla, come offesa, tanto il reato di danno
quanto quello di pericolo concreto: la prima categoria fa riferimento al danneggiamento
effettivo del bene ambiente, di cui ai § 324, § 324a e §325; riguardo alla fattispecie definita
“pericolo concreto” ci si riferisce alle ipotesi di cui al §328 comma III numero 2, smaltimento
pericoloso di rifiuti, ed al § 333a, “spargimento o liberazione di sostanze che contengono
veleni o possono generare veleni”. L’ordinamento penale ambientale tedesco è considerato
all’avanguardia in ambito europeo con particolare riferimento al sistema sanzionatorio,
sebbene nella maggior parte dei casi, per fatti dolosi sia prevista una pena pecuniaria o
detentiva fino a cinque anni; per casi particolarmente gravi
47
, quali in particolare, quelli che
16
40
ESER A., La tutela penale dell’ambiente in Germania. Freiburg, 1989
41
§ 324 StGB “inquinamento delle acque o comunque di modificazione in senso peggiorativo delle loro
proprietà”.
42
ESER A., La tutela penale dell’ambiente in Germania. Freiburg, 1989
43
KLEINE - COSACK, Kausalitiitsprobleme im Umweltstrafrecht, Freiburg, 1988.
44
HOHMANN, Von den Konsequenzen einer peronalen Rechtsgutbestimmung im Umweltstrafrecht, 1992
45
AZZALI G., “Osservazioni di diritto penale comparato dell’ambiente”, in Profili di diritto ambientale da Rio a
Johannesburg, Rozo Acuña, 2004
46
RUDOLPHI-HORN-SAMSON, Systematisher Kommentar zum Strafgesetzbuch, Monaco, 1991.
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Vedasi § 330 commi 1, 2, 4 StGB
comportano pericoli per la salute umana, è prevista una pena detentiva che varia dai sei mesi
ad un massimo di dieci anni.
Anche nell’ordinamento austriaco i reati ambientali sono stati inseriti, nel 1975, all’interno
del codice penale: la norma incriminatrice fondamentale in questo ordinamento è prevista
nell’articolo 180 dello OStGB (Danneggiamento Doloso dell’Ambiente) che afferma che
“Chiunque in violazione di una norma giuridica o di un ordine dell’Autorità, inquina o
danneggia l’acqua, il terreno o l’aria, in modo che da ciò ne possa conseguire 1) un pericolo
per la vita o per l’incolumità di un notevole numero di persone, oppure 2) un pericolo per il
patrimonio faunistico o floreale in una vasta area è punito (...)”
48
. Risulta evidente una prima
distinzione fondamentale rispetto al caso tedesco: in questo ordinamento il bene ambiente non
gode di autonoma tutela, ma ha rilevanza solo in quanto causa di una lesione alla salute
umana
49
. Rispetto all’offesa viene contemplata una casistica particolare ovvero quella detta
del “pericolo potenziale”: si tratta dell’ipotesi in cui esista anche solo la mera possibilità che
da un certo fatto di inquinamento possa “derivare un pericolo concreto per il bene tutelato”
50
.
Anche nell’ordinamento spagnolo, le norme incriminatrici delle offese all’ambiente sono state
inserite nel codice. Con la riforma del 1995, gli articoli dal 325 al 331 del Codice Penale,
titolo XVI capitolo III (“De los Delitos Contra los Recursos Naturales y Medio Ambiente”),
garantiscono la tutela penale dell’ambiente secondo le seguenti disposizioni generali: “é
punito [...] chi [...] provoca o realizza, direttamente o indirettamente, in maniera rilevante,
emissioni, versamenti, estrazioni o scavi, abbattimenti, rumori, vibrazioni, emissioni o
depositi, nell’atmosfera, nel suolo, nel sottosuolo o nelle acque interne, del mare o
sotterranee, compresi gli spazi transfrontalieri, come pure la raccolta d’acqua che può
pregiudicare l’equilibrio dei sistemi naturali”
51
. In quest’impostazione si riscontra una tutela
autonoma dei beni ambientali propriamente detti, mentre l’ipotesi di costituire al contempo un
pericolo per la salute umana costituisce solamente un’ipotesi aggravata
52
. Inoltre, in questo
contesto l’offesa non richiede un danneggiamento concreto del bene ambientale, essendo
sufficiente che sia verificata la costituzione di una situazione di pericolo, ammettendo quindi
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Art. 180 OStGB (Danneggiamento Doloso dell’Ambiente), 1975.
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ESER A., La tutela penale dell’ambiente in Germania. Freiburg, 1989
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ESER A., La tutela penale dell’ambiente in Germania. Freiburg, 1989
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Art. 325 in Codigo Penal Español (CPE) “El que contraviniendo las leyes o otras disposiciones de carácter
general protectoras del medio ambiente provoque o realice directa o indirectamente emisiones,vertidos,
radiaciones, extracciones o excavaciones, aterramientos, ruidos, vibraciones, inyecciones o depósitos, en la
atmósfera, el suelo, el subsuelo, o las aguas terrestres, marítimas o subterráneas, con incidencia, incluso, en los
espacios transfronterizos, así como las captaciones de aguas que puedan perjudicar gravemente el equilibrio de
los sistemas naturales.”
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BOIX REIG, Derecho Penal, 1996