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CAPITOLO I
UN’EMBRIONALE SOCIETÀ CIVILE CINESE?
DAL CONCETTO ALLA REALTÀ
Hegel aveva definito la Cina “uno Stato senza una società”, affermazione che te-
stimonia un prematuro e durevole interesse verso tale argomento nei circoli intellet-
tuali occidentali
3
.
Negli ultimi vent‟anni la parola „società civile‟ è diventata piuttosto ricorrente an-
che in ambito accademico (e non) cinese alimentando una cospicua letteratura a ri-
guardo. I pareri discordanti che la caratterizzano riflettono la difficoltà nel leggere
una realtà sociale sempre più composita e diversificata, a dispetto di un‟alquanto
comune e semplicistica proiezione di una Cina granitica e monocromatica.
Nel tentativo di fornire un‟interpretazione multisfaccettata e “palpabile” della so-
cietà cinese contemporanea, in questo primo capitolo si attingerà ad alcune analisi
accademiche significative esaminando, di pari passo, le condizioni storico-
economiche che le hanno generate. Ma prima di tentare di sviscerare il dibattito sulla
società civile cinese, dentro e fuori la Cina, e di interrogarsi sulla sua effettiva esi-
stenza, è opportuno tenere presente la derivazione di un così controverso e spesso
vago concetto.
Se si vuole pensare ad una società civile cinese non ci si può esimere dal misurarsi
con la sua genealogia storica e concettuale. Inevitabilmente, ci si ritrova a fare i conti
con una chiara demarcazione storico-culturale, trattandosi di un‟esperienza, se non
completamente europea (perlomeno nella fase iniziale), sicuramente del tutto occi-
dentale. Il concetto di società civile nasce e “rinasce” da una tradizione profonda-
mente radicata nella storia di questa parte del globo, ragion per cui la sua applicabili-
tà alla realtà cinese è stata oggetto di non poche polemiche da parte di molti studiosi.
Cercare di intrappolare la realtà cinese in un framework teoretico che non le appartie-
ne può essere, secondo molti, imprudente oltre che inefficace.
3
T.Brook, B. M. Frolic (a cura di), Civil society in China, Armonk, NY, M. E. Sharpe, 1997, p. 3.
7
Mettere in discussione l‟adeguatezza del ricorso ad un paradigma occidentale per
decifrare la Cina è legittimo e, per certi versi, doveroso. Tuttavia, si reputa saggio
servirsene come mero strumento euristico volto a tracciare una linea guida teorica,
attenta a cogliere le numerose tipicità, in vista di una sua applicazione empirica.
I.1. SOCIETÀ CIVILE: UNA BREVE DISCUSSIONE TEORETICA IN
CHIAVE OCCIDENTALE
Cosa s‟intende per „società civile‟? Mentre politici, giornalisti e commentatori ricor-
rono a questo termine con estrema facilità, i sociologi ammettono che non si presta
ad una semplice definizione.
Il tema della società civile ha in Occidente una lunga storia che, per ovvi motivi,
solo sommariamente potrà essere delineata in questa sede. Ci si limiterà a tracciarne
l‟evoluzione storica e le principali interpretazioni, a rincorrerne, dunque, un modello
“ideale” piuttosto che uno “reale” espressione di una descrizione empirica.
Si reputa tale passaggio obbligato per comprendere in che modo questo modello
“ideale” possa essere applicato alla Cina e quale sia, poi, il riscontro sul piano “reale”
in tale contesto.
Emersa nel XVII secolo e caduta nel dimenticatoio per decenni, l‟idea di società
civile ha riacquistato una nuova forza in seguito alle trasformazioni politico-sociali
dell‟Europa orientale del 1989. Il rinnovato interesse per tale idea è stato, quindi, no-
tevolmente incoraggiato dalla crisi dei paesi a socialismo reale, in cui movimenti e
iniziative di dissenso quali, ad esempio, Solidarnosc in Polonia e Charta 77 in Ceco-
slovacchia, hanno minato le basi dei regimi socialisti conducendoli al tracollo.
Non a caso, infatti, l‟accezione dominante è stata per molto tempo quella ottocen-
tesca, attenta a distinguere l‟ambito dei rapporti sociali (quello che, appunto, viene
ad identificarsi con la società civile) da quello dei rapporti politici
4
. Una simile acce-
zione caratterizzata da una distinzione nonché da una contrapposizione tra sfera po-
4
D. Spini, La società civile postnazionale, Roma, Meltemi, 2006, p. 18.
8
litica e sfera non-politica chiama in causa la classica dicotomia società civile/Stato, ren-
dendo necessario delimitare, nel contempo, il termine „Stato‟. A tal proposito, Bob-
bio ritiene che la definizione di „società civile‟ più diffusa sia di tipo negativo-
residuale:
Negativamente, per „società civile‟ s‟intende la sfera dei rapporti sociali non regolati dallo Stato,
inteso restrittivamente, e quasi sempre anche polemicamente, come il complesso degli apparati
che in un sistema sociale organizzato esercitano il potere coattivo. […]
Alla nozione restrittiva dello Stato come organo del potere coattivo, che permette la formazio-
ne e assicura la persistenza della grande dicotomia, concorre l‟insieme delle idee che accompa-
gnano la nascita del mondo borghese: l‟affermazione di diritti naturali che appartengono
all‟individuo e ai gruppi sociali indipendentemente dallo Stato e che come tali limitano e re-
stringono la sfera del potere politico; la scoperta di una sfera di rapporti interindividuali, come
sono i rapporti economici, per la cui regolamentazione non occorre l‟esistenza di un potere co-
attivo perché si autoregolano; […]
5
Di conseguenza, delimitando in maniera chiara l‟ambito del potere coattivo dello
Stato, la nozione di società civile finisce con l‟inglobare tutto ciò che ne residua, e, in
sostanza, il “non-statale”
6
.
In qualche modo speculari alle dicotomie Stato/società civile e sfera politica/sfera sociale
(o non politica) sono altre due dicotomie: potere legale/potere reale e potere legittimo/poteri di
fatto, connesse l‟una al tema della governabilità, l‟altra a quello della legittimazione.
Le istituzioni politiche rappresentano il potere legale che deve rispondere adeguata-
mente e prontamente alle istanze provenienti dalla società civile, il paese reale. Può e
deve farlo perché legittimato dalla stessa società: il potere legittimo è «il potere le cui
5
N. Bobbio, Stato, Governo, Società, Torino, Einaudi, 2006, p. 23. Difatti, come lo stesso Bobbio si
preoccupa di precisare, la paternità di un’idea di societ{ civile fondata sulla contrapposizione tra
sfera sociale e sfera politica è da attribuire ai pensatori tedeschi, in particolare Hegel e Marx, i quali
usano il termine bürgerliche Gesellschaft che può essere tradotto tanto con “societ{ civile” quanto
con “societ{ borghese”.
6
Bobbio si sofferma sulla natura del non-statale e ritiene possa essere identificato con il pre-
statale, o con l’anti-statale o, ancora, con il post-statale. La società civile nella configurazione pre-
statale del non-statale è quella nel senso giusnaturalistico del termine: esistono forme associative
create dagli individui singoli per la soddisfazione dei loro interessi gi{ prima dell’esistenza di uno
Stato. In questo caso, il non-statale è una «precondizione dello Stato». Nella configurazione anti-
statale, invece, viene a porsi come «alternativa allo Stato» e in antitesi con esso. Infine, quella post-
statale incarna l’ideale marxista della societ{ senza Stato. L’estinzione dello Stato è determinata dal
«riassorbimento della società politica nella società civile». Ivi, pp. 24-25.
9
decisioni vengono accolte e attuate in quanto considerate come emanate da
un‟autorità cui si riconosce il diritto di prendere le decisioni valide per tutta la collet-
tività»
7
. I poteri di fatto si formano all‟interno della società civile in cui «si svolgono
processi di delegittimazione e di rilegittimazione»
8
.
Nondimeno, tutte le succitate dicotomie possono essere racchiuse in un‟unica,
grande e problematica dicotomia, quella tra pubblico e privato. Ragionando in ter-
mini di pubblico/privato, i precedenti dualismi sembrano perdere, a ben vedere, il loro
carattere antinomico e lasciare spazio ad una nuova e “conciliativa” idea di società
civile. Quest‟ultima, smette di identificarsi con l‟una contro l‟altra sfera e viene a
porsi nel mezzo, quasi a rappresentare un ponte di collegamento tra le due.
La società civile oscilla tra il pubblico e il privato, è in continua tensione tra l‟uno e
l‟altro. E‟ un ambito pubblico e collettivo, ma costituito dalle sfere private dei singo-
li. Per di più, è il singolo individuo a determinarne l‟esistenza, mosso dalla necessità
di soddisfacimento dei propri interessi; in quell‟arena pubblica mette da parte il suo
essere privato per, paradossalmente, soddisfarlo appieno attraverso l‟azione colletti-
va. La società civile si pone come «uno spazio non strettamente privato, che tuttavia
mantiene un certo grado di separatezza rispetto alla sfera del governo e delle istitu-
zioni politiche […] un‟area di confine sia rispetto alla sfera del government, o per esse-
re più precisi dello Stato, sia rispetto alla sfera che si definiva privata»
9
.
Tale concezione rappresenta senz'altro un‟evoluzione più recente dell‟espressione
società civile che per alcuni ha soppiantato l‟accezione ottocentesca, per altri ne è,
più ragionevolmente, un complemento. Come si può notare, essa riecheggia
quell‟accezione di tipo sociologico cara a Schwartz e Shieh che, circoscritta e sposta-
ta dal piano teorico a quello pratico, riguarda proprio il composito settore empirico
della presente analisi: le Organizzazioni Non Governative. I cittadini se ne servono
per sopperire alle carenze governative, da un lato nella gestione di problematiche di
rilevanza pubblica e nella prestazione di servizi, dall‟altro nel sistema politico in
quanto a partecipazione, rappresentanza e supervisione.
7
Ivi, p. 27.
8
Ibidem.
9
D. Spini, op. cit., p. 18.
10
Le ONG, tuttavia, non sono che la forma più tangibile e istituzionalizzata di una
società civile “reale”conforme ad un simile modello “ideale”. Esistono, e diventano
sempre più determinanti, altre forme di mobilitazione sociale meno strutturate e
connotate da un notevole dinamismo
10
.
E‟ opportuno, a questo punto, fare qualche passo indietro nel tentativo di rintrac-
ciare le origini di un‟idea così discussa e di penetrarne le appena descritte sfumature
semantiche.
I.1.1. La società civile nel giusnaturalismo moderno
Il tema della società civile affonda le sue radici nella teoria della legge naturale. Le
prime idee moderne risalgono sicuramente a pensatori come Hobbes e Locke, ma
già Aristotele parlava di civilis (da civitas) come sinonimo di politikòs (da polis), gettan-
do le basi di quella che poi sarebbe stata la nozione di società civile sviluppata dai
moderni teorici dello ius naturale.
Infatti, anche Hobbes, il teorizzatore del bellum omnium contra omnes originato dalla
naturale uguaglianza tra gli uomini, considera la società civile sinonimo di società
politica. Essa, e di conseguenza anche lo Stato, si pone in antitesi con lo stato di na-
tura
11
, dal momento che nasce da un accordo tra gli individui per uscire proprio dal-
lo stato di natura che è “guerra di tutti contro tutti”. Per questo motivo, secondo il
modello hobbesiano, la società civile è necessariamente una società artificiale.
12
Cio-
nonostante, una volta costruito l‟ordine politico-civile, lo stato di natura non si con-
figura come una fase superata una volta per tutte: esso rimane lì, come un‟ombra
che incombe minacciosa; la società civile «si trova costantemente esposta al pericolo
di scivolare nuovamente nello stato di natura e vive nella minaccia costante di disso-
10
Si pensi ad internet che, grazie alla capillarità delle sue informazioni e alla sua scarsa controlla-
bilità, ha aperto in tutto il mondo numerosi canali di partecipazione politica.
11
Condizione in cui gli uomini vivono prima di una qualsiasi forma di apparato governativo e di
leggi ad esso connesse: l’uomo vive secondo le leggi “naturali”.
I giusnaturalisti credevano nell’esistenza di un diritto naturale, ossia di un complesso di norme
universali basate sulla stessa natura, cui doveva conformarsi il diritto positivo. Appunto per questo,
la tradizione filosofico-giuridica giusnaturalistica è tradizionalmente contrapposta a quella del posi-
tivismo giuridico.
12
N. Bobbio, op. cit., p. 35
11
luzione. Lo stato di natura è sì il passato della civil society, ma ne costituisce anche un
futuro sempre possibile»
13
.
Sulla scia di Hobbes, Locke insiste sulla corrispondenza tra società civile e Stato in
opposizione allo stato di natura. La società civile-politica è quell‟ambito in cui si ri-
solvono le manchevolezze e le criticità dello stato di natura, «non è altro che una
forma perfezionata mediante cui possono essere realizzate la libertà, l‟uguaglianza e
l‟indipendenza naturali»
14
. Non va trascurato, però, il fondamento teologico della
teoria lockiana: alla base della sua società civile non vi è «una realtà storica di ugua-
glianza e libertà, ma un assioma teologico», ovvero essa «poggia sulla responsabilità
dei singoli verso Dio», i quali «perseguono il bene sociale nell‟osservanza del volere
di Dio»
15
.
Più tardi Kant proseguirà su questa linea, pur subendo l‟influenza degli illuministi
scozzesi. Persiste nel suo pensiero l‟identità civitas-polis e la sua contrapposizione alla
società naturale. Per Kant è necessario che l‟uomo superi lo stato primitivo naturale
accettando di unirsi agli altri e di sottomettersi ad una «costrizione esterna pubbli-
camente legale»
16
.
I.1.2. Da civitas a civilitas
Sebbene Rousseau si collochi a pieno titolo nella tradizione giusnaturalistica mo-
derna, il suo pensiero apre un nuovo filone, quello settecentesco, della storia
dell‟idea di società civile: società civile diventa sinonimo di società civilizzata.
Anche in Rousseau la società civile è l‟antitesi della condizione primitiva dello sta-
to di natura, ma è da lui intesa negativamente. In primo luogo, è nel presupposto i-
niziale che Rousseau si discosta dalla sua tradizione e, soprattutto, da Hobbes: lo
stato di natura è una condizione quasi edenica in cui la natura soddisfa gli esigui bi-
sogni dell‟uomo, ecco perché egli non avverte il bisogno di vivere in società.
13
D. Spini, op. cit., p. 21.
14
A. Seligman, L’idea di societ{ civile, Milano, Garzanti, 1993, p. 32.
15
Ivi, pp. 34-35.
16
N. Bobbio, op. cit., p. 36.
12
Ad essere somigliante allo stato di natura hobbesiano è, al contrario, proprio la so-
cietà civile. La sua comparsa è il prodotto dell‟istituzione della proprietà privata e di
metodi di dominio dell‟uomo sull‟uomo e sulla natura; in senso lato, del progresso.
Tali mutamenti hanno intensificato gli impulsi egoistici degli uomini “naturali” e ac-
cresciuto le loro disuguaglianze, facendoli precipitare in uno stato di corruzione e di
guerra permanente reciproca. La società civile è viziata da una logica di dominio e da
forti disparità tra gli individui e, pertanto, contrariamente a quanto ci si possa aspet-
tare da un illuminista, l‟aggettivo „civilizzato‟, pur se associato all‟idea di progresso,
assume una connotazione assolutamente negativa.
Per di più, con Rousseau viene meno l‟identificazione della società civile con la so-
cietà politica. Eppure, egli non esclude che la società civilizzata possa essere una
forma embrionale di società politica, anche se deviata dal dominio dei forti sui debo-
li; ad essa, però, deve sostituirsi una «repubblica fondata sul contratto sociale, cioè
sull‟accordo paritetico di ciascuno con tutti gli altri»
17
.
Sono tuttavia gli illuministi scozzesi a consacrare l‟identificazione dell‟idea di socie-
tà civile con quella di società civilizzata: civilitas, non più civitas, diventa il sostantivo
da cui deriva l‟aggettivo civilis. Difatti, i termini da loro utilizzati sono civilized o poli-
shed.
La società civilizzata di autori come Adam Ferguson e Adam Smith si oppone non
tanto allo stato di natura quanto al carattere primitivo-barbarico di talune società, le
quali comunque sono destinate ad evolversi verso uno stato di civiltà. Nondimeno,
questi autori sembrano recuperare l‟aristotelica “naturale socialità degli uomini” en-
fatizzando il contenuto morale del vivere sociale. Gli uomini si riunirebbero seguen-
do l‟istinto e il loro agire all‟interno della società seguirebbe un‟inclinazione alla bon-
tà e all‟amicizia, oltre che alla reciprocità innata
18
. Inoltre, nel pensiero di Smith la
base morale dell‟esistenza individuale si arricchisce di un altrettanto innato «bisogno
di riconoscimento e considerazione da parte degli altri»
19
.
Come osserva Seligman, la novità del pensiero dell‟illuminismo scozzese non risie-
de in questa eticità dell‟arena sociale, bensì nello «sganciamento del senso morale da
17
Ivi, pp. 38-39.
18
A. Seligman, op. cit., p. 38.
19
Ibidem.
13
una connessione teologica diretta»
20
. In conclusione, l‟idea di società civile degli il-
luministi scozzesi è quella di una società progredita in cui i sentimenti e le inclina-
zioni naturali degli uomini (svincolate dalla loro componente trascendente e sempre
più “umane”) ne fanno un luogo pacifico e solidale.
I.1.3. La Bürgerliche Gesellschaft di Hegel e Marx
La teoria hegeliana in merito è assai complessa e, per alcuni versi, scarsamente in-
telligibile. Complessità solo parzialmente intesa persino da Marx (che considera He-
gel suo ispiratore) la cui interpretazione non rende giustizia all‟articolato sistema he-
geliano e ne prende in considerazione una sola parte.
La sezione della speculazione hegeliana sulla società civile successivamente svilup-
pata da Marx, seppure giungendo ad esiti ben diversi, è quella da Hegel denominata
„sistema dei bisogni‟. Essendo essa direttamente riconducibile ai rapporti materiali,
economici del vivere sociale, ha finito col suggerire a Marx l‟idea che la natura della
società civile fosse riducibile all‟ambito dell‟economia politica
21
. L‟eredità di questa,
in qualche modo fuorviante, interpretazione è facilmente ravvisabile nel termine te-
desco bürgerliche Gesellschaft , il quale può essere indifferentemente tradotto con „so-
cietà civile‟ o „borghese‟.
D‟altro canto è innegabile che la società civile sia intimamente connessa
all‟economia di mercato e all‟incredibile trasformazione sociale realizzatasi alla fine
del XVIII secolo con la rivoluzione industriale. In questa fase, infatti, la società civi-
le viene identificata con l‟economia e, soprattutto, con il mercato. E‟ la scoperta di
regole proprie della vita economica ad incidere fortemente sulle aspirazioni delle
nuove classi sociali, le quali, nella ricerca di una sempre maggiore autonomia eco-
nomica e di una sua legittimazione, ne rivendicano anche una politico-sociale
22
. Se-
guendo questo filo logico, si può affermare che «lo spirito civico in Europa e negli
20
Ivi, p. 41.
21
N. Bobbio, op. cit., p. 28 ss.
22
M. Magatti, Per la società civile, Milano, Franco Angeli, 1997, p.17.
14
Stati Uniti è storicamente associato all‟ascesa della borghesia e al suo tentativo di
trovare legittimazione nella gerarchia sociale»
23
.
Con „sistema dei bisogni‟ Hegel indica quel meccanismo secondo il quale l‟uomo,
per natura “bisognoso”, genera costantemente nuovi bisogni, sempre più complessi,
e cerca i mezzi per soddisfarli; ma la ricerca gli impone di relazionarsi con gli altri,
non riuscendo a soddisfarli da sé nella sua dimensione privata. Tale meccanismo fa
del bisogno la fonte primaria delle relazioni sociali e spinge verso la formazione della
società civile
24
.
Hegel, allontanandosi sia dai giusnaturalisti che dagli illuministi scozzesi, definisce
la società civile come un secondo momento, intermedio, tra la famiglia e lo Stato;
pertanto, non coincide né con l‟uno né con l‟altro. La società civile rispetto alla fa-
miglia «è già una forma incompiuta di Stato […] rispetto allo Stato, non è ancora lo
Stato nel suo concetto e nella sua piena realizzazione storica»
25
. Essa rappresenta sì
una forma statale, ma carente; è il momento iniziale nel processo di formazione sta-
tale. Eppure la differenza che intercorre tra la società civile e lo Stato equivale a
quella tra „Stato inferiore‟ e „superiore‟, non tanto a quella tra fase pre-statale e stata-
le.
Nonostante Hegel riconosca una “scissione” tra Stato e società civile, è Marx ad
affermarla con forza. Nel sistema marxiano la società civile viene ad identificarsi con
quel complesso di relazioni interindividuali e materiali che si collocano al di fuori o
prima dello Stato. Mentre quest‟ultimo rappresenta la sfera politico-giuridica conno-
tata dall‟uguaglianza tra tutti gli uomini e dall‟universalità dei diritti, nella società civi-
le, essendo la sfera della vita economico-sociale, regna il particolarismo degli interes-
si e di conseguenza la disparità.
La società civile marxiana è la sede “strutturale” dei rapporti economici «che costi-
tuiscono la base reale sulla quale si eleva una sovrastruttura giuridica e politica»
26
.
L‟eguaglianza sancita da tale sovrastruttura è puramente illusoria se la realtà (la so-
cietà civile che equivale alla struttura) è molto simile allo stato di natura hobbesiano.
23
Ivi, p.18.
24
D. Spini, op. cit., pp. 40-41.
25
N. Bobbio, op. cit., p. 31 ss.
26
Ivi, p. 28.
15
Marx fa corrispondere la società civile proprio a quello stato naturale di bellum
omnium contra omnes, ma essa si disgiunge dallo Stato; l‟opposto fanno i giusnaturali-
smi che assimilano la società civile allo Stato perché in contrapposizione con lo stato
di natura. Malgrado ciò, lo stato naturale giusnaturalistico e la società civile marxiana
hanno in comune “l‟uomo egoistico”.
Tuttavia, non bisogna dimenticare il termine tedesco bürgerliche Gesellschaft: la socie-
tà civile di Marx è la società borghese. Essa è ancora il sistema dei bisogni hegeliano,
ma è ora un sistema prevaricatore e spietato in cui i bisogni sempre più sofisticati
della classe borghese dominante riflettono quelli sempre più basilari e infimi della
classe operaia. La società civile marxiana non è, pertanto, una “scuola di socialità”
27
.
I.1.4. La società civile nel XXI secolo
Come si è avuto modo di constatare, le concezioni classiche sono tutt‟altro che u-
nivoche e di facile comprensione e rischiano di creare una notevole confusione an-
ziché chiarire il concetto. Ma questa digressione storico-genealogica, forzatamente
stringata e lacunosa, ha permesso di rilevare che non sempre la società civile è stata
intesa come una sfera contrapposta e autonoma rispetto a quella politica e delle isti-
tuzioni statuali. Eppure, la dicotomia società civile/Stato continua ad aleggiare sul di-
battito attuale. Probabilmente perché, come si accennava nella parte iniziale di que-
sta discussione teoretica, il rinnovato interesse per tale idea è strettamente legato alla
crisi degli anni Ottanta nei paesi dell‟Europa dell‟Est, ed in particolare alla Polonia e
al movimento „Solidarnosc‟, allorché se ne fece quasi un ideale normativo inviolabi-
le.
Di certo non si può affermare che esistano nel “mondo reale” delle società civili
paradigmatiche e perfettamente rispondenti ad un ideale normativo. Ne esistono
molteplici e alcune più mature, rispetto a quell‟ideale, altre meno.
Sebbene la contrapposizione società civile/Stato appaia tutt‟altro che obsoleta nel di-
battito sulla società civile, Bobbio, interrogandosi sull‟utilità di una simile contrap-
posizione oggi, riconosce una “reale” duplice tendenza: da un lato una «statalizza-
27
D. Spini, op. cit., pp. 45-46.