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CAPITOLO II
RELAZIONI, ESPERIENZE E VALORI NELLO SPORT
The best things in life aren’t things
22
.
In un ambiente economico sempre più instabile e competitivo come quello attuale, Philip
Kotler et al. (2014) rivendicano un ruolo chiave per il marketing che deve fungere da guida
per i processi di cambiamento delle funzioni aziendali. Nell’era Internet, caratterizzata da
un’alta connettività, variabilità e imprevedibilità, è necessario intercettare e comprendere
il mercato, a partire dai più remoti sentiment che circolano online e offline, per evitare il
rischio di non adeguare con tempestività la propria offerta e le proprie strategie di
marketing. L’evoluzione di tecnologia e concorrenza ha modificato il concetto di
orientamento al mercato: il marketing non può limitarsi a convertire il potenziale cliente in
acquirente effettivo, bensì deve riuscire a farne pure un cliente che riacquista, fedele e
leale.
Risulta evidente la necessità di adottare un approccio di marketing di più ampio respiro che
garantisca all’impresa stessa un raccordo più stretto sia tra le funzioni interne all’impresa
sia tra questa e il mercato, tramite la formazione di una “cultura di mercato”, di una
sensibilità condivisa in tutte le aree funzionali in cui un’impresa si articola.
2.1 Il marketing
2.1.1 Il ruolo del marketing
Non esiste una definizione univoca di marketing. Secondo Kotler et al. (2014), il marketing
consiste nell’individuazione e nel soddisfacimento di bisogni individuali e sociali,
ottenendone in cambio un ritorno economico, diretto o indiretto. L’American Marketing
Association
23
, dal 2007, adotta la seguente definizione: il marketing è l’insieme di attività,
istituzioni e processi volti alla creazione, alla comunicazione e allo scambio di offerte che
hanno valore per acquirenti, clienti, partner e la società in generale. Il marketing, inteso in
questi termini, assume l’oneroso compito di produrre scambi e costruire relazioni tra
individui e organizzazioni, al fine di creare valore economico e sociale per l’offerta,
22
La frase è da attribuire ad Arthur Buchwald, giornalista e scrittore statunitense.
23
Associazione mondiale che riunisce professionisti ed esperti del marketing. Fondata ai primi del 1900,
promuove la disciplina e le pratiche di marketing in tutto il mondo, lo scambio di conoscenza e la
condivisione di opportunità di carriera tra gli associati.
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trasferendo valore funzionale, simbolico, emozionale e esperienziale alla domanda. Il
marketing diviene management delle relazioni, volto a creare, sviluppare e mantenere un
network di relazioni che assicurino la sopravvivenza e la crescita dell’impresa (Burresi,
Aiello, Guercini, 2006). Keith, nel 1960, precorrendo i temi, affermava che l’impresa non
dovesse restare il centro degli affari, in quanto il consumatore e la sua soddisfazione sono il
vero centro. È evidente che l’attività di marketing contribuisce al governo dell’impresa,
ispirando le scelte strategiche alla soddisfazione del cliente e all’ottenimento di posizioni di
vantaggio competitivo sostenibili nel tempo rispetto alla concorrenza, tramite un vertice
imprenditoriale che mira ad ottenere dalle specifiche aree funzionali il massimo contributo
per lo sviluppo dell’impresa.
Fra i compiti che attengono alla funzione marketing, sono due i ruoli fondamentali (Burresi,
Aiello, Guercini, 2006):
il ruolo di integrazione con le altre aree funzionali, che il marketing deve assumere
per focalizzare l’intera impresa sulle esigenze della clientela;
il ruolo di coordinamento nel raccordo dell’impresa con le altre imprese per lo
sviluppo di accordi reticolari e per la ricerca di forme sempre più evolute di
cooperazione con clienti e fornitori (Cozzi, Ferrero, 1996).
Il marketing, tuttavia, operando a sostegno del processo decisionale di definizione dei
rapporti a lungo termine dell’impresa con l’ambiente e dei conseguenti processi di
allocazione delle risorse interne, assume una posizione sempre più integrata con il
management. Questa prospettiva implica il passaggio da un’impresa dal carattere reattivo
ad una con spiccata propensione alla proattività. Nel primo caso, l’obiettivo è definire la
miglior “modulazione” delle variabili del mix in funzione delle caratteristiche della
domanda, vista come il solo ambiente critico cui riferirsi. Nel secondo caso, il rapporto
impresa-ambiente è interpretato in modo dialettico. Il management assume un carattere
proattivo, non più costretto ad adattarsi alle dinamiche in atto, ma capace di condizionarle,
fino al punto di determinarle. La grande dinamicità del macro-ambiente finisce così per
riqualificare il marketing che abbandona il ruolo di “riduttore strategico” nel breve termine
dell’eccedente complessità ambientale, per acquisire quello di sostegno al “governo
strategico” della crescente complessità ambientale in una prospettiva di medio-lungo
termine (Marzili, 1979).
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Nella diffusione di tale orientamento al mercato in senso ampio e nello sviluppo di una
mentalità condivisa, il marketing può avere un ruolo “coesivo”, essere il collante delle
attività interne all’organizzazione, fino ad assumere un ruolo “pervasivo”, con la cultura del
mercato che orienta tutti i processi aziendali (Burresi, Aiello, Guercini, 2006). Ne consegue
che il marketing non è più responsabilità di un singolo reparto aziendale, ma diviene
un’attività che coinvolge l’intera impresa e orienta la vision, la mission
24
e i piani strategici
delle organizzazioni e che ha successo soltanto quando tutti i reparti lavorano
congiuntamente per realizzare gli obiettivi del cliente. A tal fine, risulta necessario
diffondere all’interno dell’organizzazione una cultura al risultato, dove si possano valutare,
in un orizzonte più ampio, i ritorni dei programmi di marketing, esaminando che cosa
accade alla quota di mercato, al tasso di abbandono dei clienti, alla loro soddisfazione, fino
a considerare gli effetti legali, etici, sociali e ambientali delle attività di marketing
dell’impresa. Giustificare i propri investimenti in termini finanziari e di redditività,
attraverso l’uso di metriche di marketing, contribuisce a guidare i comportamenti
responsabili del personale aziendale nella creazione di valore.
Il marketing assume contemporaneamente tre diverse dimensioni nell’impresa (Lambin,
2000):
una dimensione filosofica-ideologica, intesa come sistema di pensiero che,
focalizzandosi sulla soddisfazione dei bisogni del consumatore, orienta tutta
l’attività;
una dimensione analitica, che concerne lo studio dei rapporti impresa-mercato,
necessaria per fornire al vertice di impresa indicazioni ampiamente motivate per le
decisioni strategiche da assumere;
una dimensione di azione che riguarda l’insieme di politiche da adottare in modo
integrato per la conquista dei mercati e di strumenti direzionali da impiegare per la
pianificazione delle attività e il controllo dei risultati.
Il concetto di marketing che adotta un’impresa è strettamente legato ai problemi che deve
affrontare nel suo raccordo con il mercato, in relazione alle diverse realtà competitive da
24
Mission e vision hanno la funzione di comunicare ai soggetti interni ed esterni l’identità dell’impresa
sportiva e i suoi valori. In particolare, la mission di un’impresa è lo scopo per la quale essa è nata, è la
giustificazione stessa della sua esistenza. La visione, invece, si realizza proiettando l’impresa stessa in uno
scenario futuro che rispecchia gli ideali, i valori e le aspirazioni che devono essere seguiti per raggiungere gli
obiettivi fissati nel piano strategico.
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fronteggiare, alle specificità del settore nel quale l’impresa opera, alle esigenze della
domanda e, in ultima analisi, all’organizzazione dell’impresa ed al grado di apertura del
vertice. Appare evidente che il marketing di un’impresa di servizi, nello specifico di
un’impresa sportiva, presenti tratti peculiari.
2.1.2 Il marketing sportivo
Mullin, Hardy e Sutton, autori dell’opera Sport Marketing (2014) definiscono il marketing
sportivo come l’insieme di attività progettate per incontrare i bisogni e i desideri dei clienti
di sport tramite processi di scambio
25
: sport marketing has developed two major thrusts:
the marketing of sport products and services directly to consumers of sport and the
marketing of other consumer and industrial products or services using partnerships and
promotions with sport properties.
Nonostante la definizione enfatizzi il bisogno di porre rilievo al consumatore finale,
storicamente l’industria sportiva, in particolare quella europea, è stata vittima di ciò che
Levitt aveva battezzato nel 1960 come “marketing myopia”, capace di frenare la crescita
delle imprese. Tra i sintomi più comuni della miopia nello sport, che impedisce a
un’impresa la possibilità di avere una visione e una programmazione a medio lungo
termine, e quindi di adattarsi alle trasformazioni che coinvolgono l’industria e i
consumatori, figurano (Mullin, Hardy, Sutton, 2014):
un’attenzione ossessiva alla produzione e alla vendita di beni e servizi piuttosto che
all’identificazione e alla soddisfazione dei bisogni e dei desideri dei clienti e dei
relativi mercati;
la convinzione che le vittorie facciano superare tutti i propri limiti e cancellino i
problemi;
la confusione tra i termini “promozione” e “marketing”;
un focus sul breve termine che non permette investimenti importanti in termini di
partnership;
una ricerca di scarsa qualità, che non permette la proposizione di sistemi di vendita
e di servizi efficaci;
25
Il termine sport marketing è stato coniato dalla rivista “Advertising Age” nel 1979 per descrivere
l’incremento delle attività dei consumatori, dei produttori industriali e dei servizi di marketing, aventi in
riferimento lo sport come veicolo promozionale per soddisfare i bisogni e la volontà dei consumatori tramite
processi di scambio.
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la pigrizia e il disinteresse per l’aspetto extra-agonistico.
Mentre le imprese che soffrono di miopia sportiva considerano il proprio destino legato
esclusivamente alle performance della squadra sul campo, quelle che adottano una visione
con un orizzonte temporale più lungo si focalizzano su tutto ciò che può essere realizzato
per accrescere il valore del brand e difendere le proprie entrate anche quando i risultati
stentano ad arrivare.
Nella pianificazione di marketing di un’impresa sportiva, volta a conferire
all’organizzazione un preciso orientamento al mercato, occorre seguire tre diverse fasi
(Prunesti, 2015):
fase 1 – identificazione delle opportunità di marketing (marketing analitico):
comprende la ricerca e l’analisi di tutte le informazioni
26
che l’impresa sportiva
deve effettuare per avere una precisa conoscenza del mercato. Una ricerca
completa sulle caratteristiche del mercato dello sport richiede sia dati quantitativi
che qualitativi, riferiti alle sue modalità di consumo ed espressione (fig.2.1);
Fig.2.1: Il sistema delle informazioni di marketing delle imprese sportive. Fonte: Prunesti, 2015
26
Il sistema delle informazioni di marketing può essere definito come un sistema aperto e organizzato di
procedure e metodi creato per generare, analizzare, divulgare, conservare e rivedere in seguito tutte le
informazioni di mercato utili al processo di decision making del manager (Prunesti, 2015).
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fase 2 – determinazione della strategia di marketing (marketing strategico): sulla
base delle informazioni raccolte, si elabora la strategia necessaria a coordinare e
sviluppare le sette variabili che costituiscono l’offerta dell’impresa sportiva;
fase 3 – implementazione, valutazione e perfezionamento della strategia di
marketing (marketing operativo): la strategia di marketing non è mai cristallizzata,
ma deve essere sempre flessibile e aperta alle novità e ai cambiamenti in corso
d’opera, al fine di adeguare sempre l’offerta alle esigenze del mercato.
Prunesti (2015) illustra il significato di strategia di marketing per un’impresa sportiva, che
consiste nell’ideazione, pianificazione e attuazione di un processo manageriale, in grado di
coordinare e sviluppare le sette diverse variabili presenti nel mercato dello sport in un
unico mix:
“product”: il servizio offerto dall’impresa sportiva deve possedere le caratteristiche
giuste per soddisfare i bisogni espressi dal mercato;
“price”: il prezzo del servizio deve riflettere correttamente il valore attribuito a esso
dal mercato;
“place”: l’offerta delle imprese sportive deve essere distribuita nel posto giusto e
nel momento esatto in cui il mercato lo richiede;
“promotion”: comunicare la capacità dell’impresa sportiva di soddisfare le richieste
di tutti i soggetti che si rivolgono a essa riveste un ruolo fondamentale;
“physical evidence”: il servizio sportivo deve essere accompagnato da elementi
tangibili che rafforzino negli utenti la sensazione generale di qualità;
“processes”: le fasi operative devono essere ottimizzate nei tempi, nei costi e nelle
abilità del personale, al fine di garantire un servizio efficiente, rapido e di qualità;
“people”: sono i più immediati fattori di identificazione della qualità del servizio.
La combinazione di queste sette “P” determina le caratteristiche uniche del marketing mix
sportivo rispetto al marketing dei prodotti e dei servizi tradizionali. Nello sport si può
verificare l’esistenza di tre peculiarità che non si ritrovano negli altri settori di mercato:
le imprese sportive competono e cooperano simultaneamente;
lo sport è intangibile e il suo consumo è soggettivo: da una parte, per incrementare
l’attrattività, occorre agire sul “confezionamento” dello sport come prodotto da
offrire al pubblico; dall’altra, essendo lo sport caratterizzato da un consumo di tipo
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collettivo, la soddisfazione del cliente è strettamente dipendente dal contesto
sociale in cui avviene il consumo, che deve essere in grado di coinvolgere gli
individui;
il prezzo pagato dal singolo consumatore per praticare o assistere allo sport è molto
piccolo, se paragonato ai costi totali necessari per creare le strutture o per
organizzare l’evento a cui esso partecipa. Per questa ragione, i ricavi indiretti
generati dalle competizione sportive (introiti da sponsorizzazioni, diritti tv, etc)
sono generalmente maggiori rispetto ai ricavi diretti (introiti da biglietteria, etc.).
Oggi il marketing non ha più soltanto l’obiettivo di “vendere”, ma quello più complesso di
coinvolgere il pubblico, inteso nella sua globalità, costruendo con esso un legame affettivo
capace di durare nel tempo. Lo sport, in particolare, possiede per natura una capacità di far
leva sulle emozioni che non ha eguali: I believe that is the emotional aspect of products and
their distribution systems that will be the key difference between consumers’ ultimate
choice and the price that they will pay. By emotional I mean how a brand comes to life for
people and forges a deeper lasting connection (Gobè, 2001).
La figura 2.2 rappresenta la complessità della relazione tra media, sponsor e fan. Questa
relazione è essenzialmente simbiotica, poiché i tre elementi si alimentano
vicendevolmente per creare le condizioni che attraggono nuovi fan. I media, che danno
visibilità e rilievo alle attività dell’impresa sportiva, sono influenzati dai dati, ossia dal
riscontro oggettivo delle proprie scelte (presenze, visitatori, follower, etc.) e dalla
credibilità che l’organizzazione possiede in termini di rapporti di sponsorizzazione (qualità
e quantità). Allo stesso tempo gli sponsor investono in base al mercato potenzialmente più
accattivante. Appare evidente che un’organizzazione con un maggior numero di pubblico
possa offrire più opportunità per le interazioni tra gli sponsor, il prodotto, i media e gli
stessi tifosi (Mullin, Hardy, Sutton, 2014). Quest’affermazione, che sarà approfondita e
discussa nel corso della trattazione, consente di smentire la credenza diffusa nelle
organizzazioni sportive che intende il marketing come un’unità dell’impresa preposta
esclusivamente al reclutamento e alla fidelizzazione dei soggetti sponsor.
42
Fig.2.2: Relationship among media, sponsor and fans. Fonte: Mullin et al., 2014
L’obiettivo del marketing è quello di creare una folla, perché a crowd attracts a crowd
27
.
Per raggiungere tale finalità, i medesimi autori (2014) propongono il cosiddetto sistema
“escalator” (fig.2.3). Esso prevede due macrocategorie di consumatori:
il gruppo dei non consumatori, a sua volta distinto in: soggetti non consapevoli
dell’esistenza del prodotto sul mercato, soggetti consapevoli ma non consumatori,
soggetti che consumano indirettamente tramite i media e soggetti non consumatori
in quanto disinformati, a causa di percezioni errate (costi, aspettative, etc.)
il gruppo dei consumatori, distinto in: light, medium e heavy users.
Gli sforzi e gli investimenti del marketing non devono limitarsi ad attrarre nuovi clienti e a
portarli nell’“ascensore”, facendoli sperimentare il prodotto, ma devono essere rivolti
anche a far evolvere i clienti nei livelli successivi, incrementando la loro frequenza di
acquisto. In particolare, lo scopo di un’impresa sportiva rivolta al mass market deve essere
quella di trasformare i consumatori indiretti in consumatori diretti ad alto indice di sport.
27
The crowd is important because it provides credibility to media decision makers and content creators, who
the deem the event worthy of coverage and attention (Mullin, Hardy, Sutton, 2014). Come si è soliti
affermare nel mondo del marketing sportivo statunitense, l’obiettivo è quello di mettere “meat in the seats”.
43
Fig.2.3: The escalator. Fonte: Mullin et al., 2014
Esistono sei diversi “gradini” che guidano il consumatore nel processo di acquisto del
prodotto sportivo (Prunesti, 2015) (fig.2.4):
fase 1 – Individuazione del bisogno: l’individuo percepisce l’esistenza di un bisogno
da soddisfare. La consapevolezza di un nuovo bisogno si genera con i cambiamenti
avvenuti nel gruppo di riferimento o con l’acquisizione di nuove informazioni
ricevute da altre persone o dai mezzi di comunicazione di massa;
fase 2 – Ricerca delle informazioni: la valutazione dei bisogni spinge i soggetti alla
ricerca delle informazioni;
fase 3 – Scelta delle fonti di informazione: nello sport una fonte di informazione
efficace è il passaparola; allo stesso tempo i mezzi di comunicazione rivestono un
ruolo importante. Pertanto, è necessario che le imprese sportive lavorino per
ottenere la maggiore copertura informativa sul proprio prodotto;
fase 4 – Valutazione delle alternative: l’individuo che si trova a valutare le
alternative disponibili considera vari fattori, quali i benefici che possono essere
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ottenuti, l’immagine offerta sul mercato, gli attributi sociali conferiti al
prodotto/evento e i costi. In questa fase si stabiliscono dunque i fattori critici di
acquisto di un prodotto/evento sportivo rispetto a tutte le alternative di leisure a
disposizione dell’individuo. Dalla valutazione di queste possibilità si genera
l’intenzione di acquisto;
fase 5 – Acquisto e fruizione del servizio: l’acquisto di un particolare servizio può
essere descritto dalla formula “Atto di acquisto = Intenzione di acquisto –
Circostanze impreviste”;
fase 6 – Valutazione dell’acquisto: una volta acquistato il prodotto sportivo, si
possono verificare tre possibili alternative:
- il consumatore è completamente soddisfatto dell’acquisto ed è probabile
che in futuro ripeterà la stessa esperienza;
- il consumatore non è completamente soddisfatto dell’acquisto scelto e
cercherà nuove informazioni per valutare in futuro se ripetere l’esperienza;
- il consumatore è così insoddisfatto della scelta effettuata che ritiene di non
poter soddisfare il suo desiderio di intrattenimento attraverso tale offerta.
Fig.2.4: Il processo di scelta del consumatore di sport. Fonte: Prunesti, 2015
È evidente che il processo con cui gli individui giungono ad acquistare un particolare
servizio sportivo non dipende necessariamente da tutte le fasi di cui sopra, ma è funzione
della natura dell’acquisto e dei fattori di valutazione personali. Il customer journey, inteso
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come il percorso che porta un consumatore alla decisione finale di acquisto, non ha più un
andamento lineare e programmatico come in passato, ma è dinamico e registra una
commistione tra l’ambiente online e quello offline. Il consumatore, infatti, diviene sempre
più omnicanale: utilizza i canali simultaneamente e adotta diversi modelli di approccio
all’acquisto. Ne consegue che il consumatore digitale odierno si aspetti un’esperienza
personalizzata in ogni momento del customer journey, realizzabile da parte dell’impresa
tramite un’integrazione del canale digitale con quello fisico (fig.2.5).
Fig.2.5: Le fasi del Customer Journey. Fonte: Net ConsultIng Cube, 2016
2.1.3 L’approccio relazionale
L’importanza delle relazioni e del loro impatto sulle organizzazioni ha dato vita a un vero e
proprio filone del marketing, definito come “marketing relazionale”
28
. Martini (2000) ne
mette in luce gli snodi concettuali, quali:
la ridefinizione della natura dello scambio tra impresa e consumatori, che si
afferma mediante il passaggio dal concetto di transazione a quello di relazione:
interaction rather exchange is the fundamental construct in marketing – exchange
is not geared towards customers’ value creation, but towards transactions and
value facilitation only (Grönroos);
la considerazione del “consumatore come co-produttore”, come parte attiva nella
definizione dell’offerta e non più come ricettore passivo.
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Gummesson (1995) definisce il marketing relazionale come marketing seen as relationships, networks and
interaction. Relationship require at least two parties who are in contact with each other (…) In relationship
the parties enter into interaction with each other. The core interaction consist of an exchange of values and
supporting join activities.