CAPITOLO I Un intreccio di culture
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personalizzazione educativa, che riguarda tutti gli alunni e che costituisce l'impegno
precipuo delta scuola dell'autonomia.
Seppure nato dall'angolazione specifica dell'educazione interculturale che la scuola è
chiamata ad affrontare sempre più, il saggio può assumere un significato più ampio, nella
prospettiva della scuola dell'autonomia, la quale si configura come scuola impegnata, non
solo a rispettare, ma anche a promuovere le identità personali, sociali, culturali e
professionali dei singoli alunni.
Umberto Tenuta- Ispettore Tecnico Pubblica Istruzione
QUARTA DI COPERTINA
Libro utile per un approccio espistemologicamente fondato allo studio della problematica
dell'educazione interculturale e per un impegno concreto di educazione interculturale nelle
scuole di ogni ordine e grado.
Il libro risulta utile anche nella prospettiva della personalizzazione educativa, che
costituisce l'impegno precipuo della scuola dell'autonomia, impegnata a realizzare la
flessibilità sia degli obiettivi formativi che della sua organizzazione educativa e didattica,
al fine di assicurare il successo formativo di tutti gli alunni, inteso come piena formazione
della personalità, nel rispetto delle identità personali, sociali, culturali e professionali dei
singoli alunni.
CAPITOLO I Un intreccio di culture
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CAPITOLO I
UN INTRECCIO DI CULTURE
I.1 IL FENOMENO MIGRATORIO IN ITALIA
I grandi mutamenti avvenuti negli ultimi decenni, prodotti
dalla mondializzazione dell’economia, dal progresso scientifico-
tecnologico e dai continui spostamenti delle risorse umane, hanno
determinato considerevoli differenze sul piano economico-sociale e
culturale: "l’aderenza al territorio di un individuo ha perso la sua
linearità divenendo sempre più ambigua e discussa".1
Una lettura corretta del fenomeno migratorio e delle
caratteristiche strutturali e dinamiche dei nuovi flussi migratori
deve tenere conto dei processi di globalizzazione in atto e degli
effetti che questi processi, in presenza di persistenti squilibri
demografici ed economici tra le varie aree del mondo, determinano
1
Matilde Callari Galli, Seminario di intercultura La scuola che unisce. Vico Equense.
Novemb re 1998
CAPITOLO I Un intreccio di culture
4
anche sulla crescita della circolazione mondiale delle persone.
I fattori di spinta e di attrazione dei flussi migratori, i
motivi cioè che spingono le persone fuori dal loro Paese e quelli che
li attirano verso un altro, agiscono in modo da rafforzarsi
reciprocamente, in un processo che può condizionare in senso
negativo o positivo, secondo le capacità di governo che gli Stati
sapranno esplicare, lo sviluppo dei rapporti di interdipendenza nel
mondo contemporaneo.
L’Europa è stata interessata da uno sviluppo complessivo
che, in termini di quotidianità, diventa incontro di gruppi in una
stessa dimensione di comunicazione, crescita, collaborazione,
lavoro. Si tratta di comunità che devono confrontarsi
reciprocamente per trovare nuove forme di convivenza.
Nel 1997 c’erano circa 25 milioni d’immigrati adulti,
regolarmente registrati, nella Comunità Europea, dei quali ben due
terzi di provenienza da paesi extra comunitari.
Già allora, la loro presenza rappresentava il 7% della
CAPITOLO I Un intreccio di culture
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popolazione europea della Comunità e superiore a quella di ben
sette paesi membri.
Oggi l’incremento delle nascite tra la popolazione
d’origine etnica in Europa è due o tre volte maggiore di quella della
popolazione indigena che in molti paesi membri sta, infatti,
diminuendo velocemente.
E’ quindi molto probabile che la sproporzione nella
natalità tra immigrati e popolazione indigena, sommata a nuovi
movimenti migratori dai paesi sottosviluppati e da quelli sconvolti
da conflitti bellici, farà aumentare ancora notevolmente nei
prossimi 25 anni la composizione multietnica che l’Europa d’oggi
sta già dimostrando.2
Così, fra le sfide epocali che l’Italia è chiamata ad
affrontare alle soglie del terzo millennio, quella migratoria, pur con
le sue connotazioni oramai globali, “assume una rilevanza del tutto
particolare anche e soprattutto sul piano nazionale”.3
2
Arturo Tosi in AAVV Atti della Conferenza Europea Diversità culturale ed integrazione
sociale Torino 1996 M.P.I.
3
D.p.R. 5/8/98 Approvazione del documento programmatico relativo alla politica
dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, a norma dell’art.3 L.& marzo
1998 n.40
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Il nostro Paese, per oltre un secolo terra di emigrazione, si
trova oggi di fronte ad un repentino cambiamento di ruoli ed è
chiamato, nel contesto di una società civile in via di profonda
evoluzione, a misurarsi, sul piano culturale ancor prima che
politico, con l’afflusso crescente di uomini e donne provenienti da
varie parti del mondo.
Un fenomeno di proporzioni crescenti e sempre più
"visibili", che richiede, per essere effettivamente ricondotto a
dimensioni non esasperate e non patologiche, la graduale, autentica
maturazione di una cultura dell’integrazione, fortemente ispirata a
criteri e principi di solidarietà ed ancorata al rispetto dei diritti
fondamentali dell’individuo.
Se in Italia il fenomeno migratorio ha per sfondo questo
scenario già di per sé complesso, la collocazione geopolitica del
nostro Paese ne accentua in qualche modo la drammaticità: crocevia
naturale fra il bacino del Mediterraneo ed il nord del continente
europeo da un lato e Oriente europeo ed asiatico ed occidente
europeo dall’altro, l’Italia è in prima linea nell’immediato impatto
delle popolazioni che muovono da sud verso nord.
CAPITOLO I Un intreccio di culture
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Inoltre, “con le sue migliaia di chilometri di coste, è
seriamente esposta a continui tentativi di aggiramento delle misure
nazionali e sovranazionali intese a contenere e regolamentare
l’ingresso degli immigrati in Europa”.4
Di fronte a tali eventi, il nostro paese, traendo
insegnamento dall’esperienza di altri con una più lunga tradizione
in questo campo, individua nella progressiva acquisizione dei diritti
di cittadinanza la strada maestra verso l’integrazione e la
partecipazione alla vita della società.
Come tutte le moderne democrazie si sta orientando verso
un modello di società che riconosce al suo interno l’esistenza di una
pluralità culturale.
La responsabilità dello Stato nei confronti delle comunità
straniere si concretizza, da un lato, nel promuovere procedure che
garantiscano a tutti la possibilità di integrazione e di partecipazione
alla vita sociale, a prescindere dall’appartenenza etnica o
dall’orientamento culturale e religioso, e dall’altro, nel “garantire
4
D.Leg. 25/7/98 n.286 Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina
dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero
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misure che prevengono e combattono forme di discriminazioni e
pregiudizi fondati su questi presupposti”.5
L’obiettivo "strategico" di una politica di integrazione
consiste nel costruire relazioni positive tra cittadini italiani e
immigrati. Integrazione significa, infatti, possibilità di
comunicazione profonda a più dimensioni (economica, sociale,
culturale e politica) tra la maggioranza della popolazione autoctona
e le diverse etnie che con essa convivono, da cui deriva un
progressivo cambiamento della cultura e dei valori della società nel
suo insieme.
E’ questo un obiettivo molto difficile da raggiungere
perché presuppone, da parte di tutti, la consapevolezza dei propri
pregiudizi, paure, ideologie che ostacolano la comunicazione.
Il riemergere, in questi anni, di paure e violenze che
vanno dall’intolleranza ai fondamentalismi, dalla conflittualità alla
xenofobia, pone al sistema formativo sollecitazioni e problemi di
fronte ai quali certi metodi educativi risultano riduttivi e determinati
strumenti tradizionali risultano, ormai, “desueti e inadeguati”.
5
D.p.R 5/8/98 op. cit.
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Il saper discernere, allora, la portata qualitativa della
“differenza” umana costituisce un processo psicologico
fondamentale nella costruzione dell’identità di ogni persona, sia sul
piano individuale che dell’appartenenza ad un determinato gruppo
sociale.
La “differenza” viene solitamente vissuta in termini
positivi o negativi:
� è valutata positivamente, accettata ed oggetto di
imitazione, se si lega a comportamenti che evocano il successo,
l’intelligenza, la bellezza, lo stile vincente;
� è valutata negativamente, cioè difficilmente
accettabile e da evitare, se si collega a “status” come quelli
dell’handicap fisico e mentale, di povertà, di devianza, di
marginalità, di abbandono, di immigrazione.
Nel primo caso la “differenza” è vissuta come “in” e
istintivamente si tende ad accoglierla; nel secondo caso la
differenza e percepita come “out” e abitualmente la si esclude.
Pertanto per poter comprendere la “differenza”, in termini
cognitivi e operativi, il primo passo da fare è di liberarsi da ogni
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pregiudizio sociale e creare, dentro di noi uno spazio in cui la
riflessione critica non sia condizionata o contaminata dal potere
previo del pregiudizio.
Il termine pregiudizio 6, derivato dal latino
“praejudicium”, è inteso come giudizio aprioristico, formulato
prima dell’esame e senza la considerazione dei fatti, creato spesso
da un irrazionale bisogno di sicurezza.
Il pregiudizio sociale è, pertanto, la prima barriera da
abbattere dentro di noi per fare chiarezza nella vasta fenomenologia
della differenza che il nostro vivere quotidiano ci presenta.
Senza questa “operazione purificatrice”, nella nostra
interiorità più profonda, appare improbabile dipanare la matassa
della differenza, le cui componenti antropologiche, psicologiche,
sociali e culturali non sono certo di facile lettura e interpretazione.
Solo liberandosi da tali condizionamenti sarà possibile
6
Felice Rizzi. Educazione e società interculturale Ed. La Scuola. pag 35
CAPITOLO I Un intreccio di culture
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raggiungere l’obiettivo finale dell’educazione interculturale:
� riconoscersi uguali come esseri umani, accettando le
diversità;
� assumere le differenze come ricchezza che non va
soltanto tollerata ma difesa e tutelata.
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I.2 DIVERSITA’ RAZZIALE: UN FALSO PROBLEMA
Il razzismo,.nella sua forma più bruta (si pensi, ad
esempio, alla schiavitù) è pressoché sparito, ma tende oggi ad
assumere forme più subdole e mascherate.
Nessuna comunità e nessun individuo può ritenersi
immune dal pericolo del razzismo e del pregiudizio etnico che,
soprattutto nel processo educativo, vanno individuati e combattuti.
Occorre però sottolineare che non vi sono né ragioni
scientifiche né etiche per giustificare la diversità razziale: infatti,
antropologi, biologi e genetisti affermano che le ‘razze’ sono un
concetto pseudoscientifico.
Nel documento firmato dagli scienziati della “American
association for the advancement of Science” (1995) si afferma che
non vi è mai stata una “razza pura” e che, al contrario, le
mescolanze sono sempre state tante e tali da rendere illusorio ogni
tentativo di classificazione.
La parola "razza"- sostiene Luca Cavalli Sforza
(professore di genetica della Stanford University)- “non ha senso
per uno scienziato; tra gli esseri umani vi sono differenze
CAPITOLO I Un intreccio di culture
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superficiali, maturate con l’adattamento al clima. I diversi colori
della pelle fanno pensare che vi siano razze distinte, ma se si
guarda sotto la pelle si vede che non è così”.
Da un punto di vista biologico, quindi, non è possibile
sostenere che un gruppo umano sia inferiore o superiore ad un altro:
pertanto giova ribadire che nel nostro mondo esiste una sola razza,
quella umana.
L’astio o l’odio per un’altra razza, allora, non fa parte di
per sé della natura dell’essere umano: è una “induzione culturale”7,
tanto è vero che i bambini rossi, bianchi, neri, se non sono stati già
contagiati da una educazione poco accorta, giocano insieme
liberamente senza manifestare alcuna forma di pregiudizio.
A simbolo della speranza nella formazione dell’ “uomo
planetario-universo”8 si assume la suggestiva affermazione del
vescovo anglicano Desmond Tutu, premio Nobel per la pace 1984:
“Il mondo è una tastiera e la vera musica della vita si ottiene solo
suonando tutti i tasti, bianchi e neri”.
7
Lamberto Borghi Tradizioni e prospettive per un’educazione interculturale in Scuola e città,
n.9
8
E. Balducci. L’uomo planetario. Fiesole, E.C.P. 1992. pag.124
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I.3 FLUSSI MIGRATORI IN ITALIA
L’informazione statistica sui flussi migratori relativi alla
popolazione straniera può essere ottenuta dall’archivio dei permessi
di soggiorno, presso il Ministero dell’Interno, e dalle anagrafi
comunali, mediante la rilevazione condotta dall’ISTAT sul
“Movimento annuale della popolazione straniera residente”9.
Significativa è la quota di minori che non sono immigrati,
ma nati in Italia, i cosiddetti "immigrati di seconda generazione", i
quali pongono delle problematiche specifiche .
Mediante i dati sui permessi di soggiorno è possibile
misurare con sufficiente accuratezza i flussi migratori in ingresso;
restano comunque esclusi tutti i minori per i quali non è previsto un
permesso di soggiorno individuale, ma la semplice annotazione sul
documento dell’adulto.
Nel 1998 sono stati quasi 124mila i permessi di soggiorno
rilasciati a cittadini stranieri entrati in Italia.
9
Ministero della Pubblica Istruzione. Direzione Generale del Personale e degli AA.GG. e
Amm.vi Div XII Sistema informativo. Servizio di Consulenza all’Attività Programmatoria
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Nel grafico 1 è rappresentata la composizione per area
geografica di cittadinanza degli stranieri entrati in Italia nel 1998.
E’ immediato verificare il forte peso della componente
proveniente dall’Europa centro-orientale, per la quale si sono
conteggiati più di 51mila ingressi mentre, tra le aree che vengono
definite a forte pressione migratoria, seguono l’Asia e l’America
centro-meridionale, entrambe con circa 15mila entrate, e poi
l’Africa, con poco più di 13mila ingressi.
Tra le aree economicamente avanzate, spiccano invece i
cittadini provenienti da Unione Europea e altri paesi europei
dell’area occidentale (oltre 21mila nuove entrate) e quelli
dell’America settentrionale (più di 7mila ingressi).