5intellettuale nel foro del GATT. In questo percorso ho cercato di tenere sempre presente le questioni
politiche e i conflitti d’interesse che costituiscono una chiave di lettura essenziale per l’Accordo
TRIPs.
La seconda e terza parte dell’elaborato entreranno nel vivo dell’Accordo, scorrendone gli
elementi di maggiore rilievo e il loro potenziale sulla realtà economica e commerciale
internazionale.
La parte conclusiva è dedicata alla disciplina elaborata dall’Accordo, al fine di garantire la tutela
sostanziale dei diritti di proprietà intellettuale, sia sul piano civile ed amministrativo, sia sul piano
penale.
6PARTE I
I.1. DALL’ACCORDO GENERALE ALL’ORGANIZZAZIONE
MONDIALE DEL COMMERCIO
I.1.1. IL CORPUS NORMATIVO DELL’ACCORDO GENERALE
Il GATT, General Agreement on Tariff and Trade, Accordo Generale o GATT 1947, è stato
sottoscritto il 30 ottobre 1947 a Ginevra e costituisce l’accordo generale multilaterale sulle tariffe
doganali e il commercio. Esso rappresenta un corpus, unico nel suo genere, di disposizioni
normative, prassi consolidate, decisioni e interpretazioni degli organi istituzionali che hanno
prodotto le regole a fondamento della disciplina giuridica del commercio dei beni1.
Volendo realizzare il principio di non discriminazione incondizionata, nell’Accordo Generale è
stata inserita la clausola della nazione più favorita (art.I) secondo la quale tutti i vantaggi, i benefici,
i privilegi o le immunità, accordate da una parte contraente ad un prodotto originario o destinato a
qualsiasi altro paese, saranno immediatamente e senza condizioni, ossia in modo automatico e
gratuito, estesi a tutti i prodotti similari originari o destinati al territorio di tutte le altre parti
contraenti. Oggetto principale della clausola sono i dazi, ma essa trova altresì applicazione ad una
serie di altri diritti e imposizioni che colpiscano, in modo più o meno diretto, le importazioni o le
esportazioni. Queste ulteriori materie sono tassativamente elencate nell’Accordo Generale. Ne
consegue che, la clausola della nazione più favorita, è una clausola specializzata. Essa opera anche
in altri settori contemplati dall’Accordo Generale, quali la libertà di transito, (art.V, n.5), e i marchi
d’origine delle merci (art.IX, n.1)2.
In virtù degli accordi multilaterali conclusi in sede dei negoziati del Tokyo Round nel corso degli
anni ’70, al corpus dell’Accordo Generale fu aggiunto il c.d. “Quadro Giuridico”, che poi diventò la
Parte IV dell’Accordo Generale stesso. Il Quadro Giuridico metteva a fuoco la problematica
inerente la coesistenza, nel GATT, di paesi membri molto diversi tra loro, soprattutto in termini di
livello di sviluppo economico. La soluzione adottata fu quella di legittimare un sistema di
preferenze, per sua natura discriminatorio, a favore dei paesi in via di sviluppo (PVS) e dei paesi
1
Cfr. COMBA, Il neoliberalismo internazionale, Mi ano, 1995.
7meno avanzati, sistema che trova giustificazione solo nelle condizioni di particolare necessità in cui
versavano i paesi beneficiari. Con il progressivo miglioramento delle performanc conomiche e
commerciali, tali paesi dovevano anch’essi assoggettarsi alle disposizioni e agli obblighi derivanti
dall’Accordo Generale. Dal punto di vista formale, questo sistema derogatorio è stato realizzato con
l’inserimento di una clausola di abilitazione associata ad una clausola evolutiva o di ritorno
graduale.
Il principio di non discriminazione è attuato e rafforzato anche tramite la clausola del trattamento
nazionale (art.III): i prodotti provenienti dal territorio di qualsiasi parte contraente, importati nel
territorio di qualsiasi altra parte contraente, non possono essere colpiti, direttamente o
indirettamente, da tasse o altre imposizioni interne di qualsiasi tipo, in misura superiore a quelle che
colpiscono, direttamente o indirettamente, prodotti nazionali simili. Questo vale anche con riguardo
a qualsiasi legge, regolamento o prescrizione relativa alla vendita, trasporto, distribuzione e
utilizzazione dei prodotti sul mercato interno. Anche in questo caso, il divieto della discriminazione
operava in modo automatico e prescindeva dal fatto che, ai prodotti esteri colpiti, potesse derivare
un qualsiasi pregiudizio.
All’art.VI, l’Accordo Generale affrontava la questione “dumping” e questa rappresentava, nel
secondo dopoguerra, la prima regolamentazione internazionale della materia. L’idea di fondo che
governava la disciplina approntata dal GATT, era che, una volta depurato di ogni elemento
pubblicistico, il dumping perdesse gran parte della sua connotazione negativa, rendendosi così
praticamente innocuo per un’economia di mercato3. Quindi l’Accordo, pur considerandolo
condannabile, non lo vietava, ma semplicemente lo regolamentava, stabilendo alcuni principi ai
quali gli Stati membri dovevano adeguarsi. In particolare la regolamentazione si concentrava sulla
natura, l’ammontare e i procedimenti delle sanzioni. Si riteneva, infatti, che fossero proprio i diritti
antidumping a costituire il vero e proprio ostacolo al commercio internazionale, se applicati al di
fuori di casi ben determinati e strettamente necessari4. N conseguiva che, la disciplina del
dumping, serviva solo per accertare i casi in cui i diritti antidumping potevano essere lecitamente
applicati. L’Accordo Generale, peraltro, prendeva in considerazione solo il dumping sui prezzi,
fattispecie che incorreva quando fossero stati soddisfatti tre requisiti: 1) il prezzo era inferiore al
valore normale con cui il prodotto era messo su un mercato estero da un paese esportatore, 2)
l’esportazione in dumping causava, o minacciava di causare, un pregiudizio importante alla
2
La norma di cui all’art.IX.1 dell’Accordo Generale stabilisce che, rispetto ai marchi d’origine, ogni parte
contraente si impegna ad accordare uno stesso trattamento a prodotti simili originari o provenienti da paesi terzi diversi.
3
Cfr. COMBA, op. cit., p. 115.
4
Cfr. COMBA, ibidem.
8produzione in atto in un altro paese membro o alla creazione di una produzione nazionale, e infine,
3) il nesso di causalità tra le esportazioni in dumping e il pregiudizio nel paese importatore.
Per poter gestire efficacemente un tale sistema normativo, quale quello configurato dalle regole
del GATT, era necessario un adeguato livello d’informazione. A tal fine l’art.X poneva a carico di
ciascuna parte contraente l’obbligo generale di dare pubblicità a qualsiasi legge, regolamento e
decisione che potesse riguardare il commercio internazionale.
Un altro principio di cui si avvaleva l’Accordo Generale era quello della protezione doganale
esclusiva (art.XI), in virtù del quale i dazi doganali erano l’unica forma di protezione ammessa per
limitare gli scambi internazionali. Parallelamente si dovette istituire anche l’obbligo di eliminare
qualsiasi restrizione quantitativa al commercio (in particolare i contingenti e le licenze) diversa,
appunto, dai dazi doganali.
Per quanto riguarda le sovvenzioni pubbliche, tra le quali rientravano anche quelle effettuate per
tramite di un privato, l’impostazione dell’Accordo Generale era meno radicale e cercava di
intervenire con una certa gradualità. La ratio di un simile atteggiamento risiedeva nel fatto che,
settori cruciali, quali agricoltura e servizi pubblici, erano tradizionalmente sovvenzionati dai
governi e che, proprio tramite le sovvenzioni, il potere politico tentava di controllare l’economia
nazionale. Nello specifico dei paesi in transizione da un’economia pianificata ad un’economia di
mercato, bisognava considerare, inoltre, che le sovvenzioni costituivano lo strumento necessario a
dare slancio alle produzioni nazionali e a consentire il loro inserimento nei mercati internazionali.
Alla luce di queste considerazioni, l’Accordo ritenne opportuno non vietare le sovvenzioni. Esse
dovevano essere comunicate alle “Parti Contraenti”5 qu lora avessero come conseguenza l’aumento
delle esportazioni o la diminuzione delle importazioni. Vietate erano, invece, le c.d. sovvenzioni
alle esportazioni, ossia quelle direttamente preordinate ad aumentare le esportazioni, ma solo nel
caso in cui avessero ad oggetto prodotti industriali. Se si trattava di prodotti di base, la sovvenzione
all’esportazione era tollerata, ma solo entro certi limiti.
L’accordo Generale accennava anche alle imprese di Stato che esercitavano una attività
all’estero, in pratica, ogni impresa che godesse di un monopolio, di diritto o di fatto. Esse erano
libere di esercitare, purché la loro attività di scambi internazionali fosse unicamente motivata da
considerazioni di ordine commerciale, che non costituissero una fonte di discriminazione negli
scambi tra le parti contraenti e che, su di esse, i rispettivi governi fornissero adeguate informazioni.
Infine, l’Accordo Generale riservava uno spazio di competenza al Fondo Monetario
Internazionale (FMI)6, il quale era chiamato a effettuare accertamenti di natura monetaria e
5
L’istituzione “Parti Contraenti” è l’organo politico dell’Accordo Generale. Vedi § I.1.1.2.
6
Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) è l’organizzazione nata nel 1944 a seguito degli accordi di Br tton
Woods e con sede a Washington. Il suo scopo è promuovere la cooperazione nel settore monetario e la stabilità dei
9finanziaria sugli Stati membri. Più in generale, il rapporto tra “Parti Contraenti” e FMI doveva
ispirarsi al principio di collaborazione, considerando gli stretti legami intercorrenti tra scambi
commerciali e politica monetaria.
I.1.1.1: IL REGIME DEROGATORIO PREVISTO NELL’ACCORDO GENERALE
L’Accordo Generale fu oggetto di critiche soprattutto a causa del suo sistema derogatorio,
ritenuto troppo permissivo e che rischiava di svuotare di qualsiasi efficacia pratica l’intero impianto
normativo.
La deroga per eccellenza era quella di cui all’art.I, lett. b) del Protocollo di Applicazione
Provvisoria, la c.d. “Grandfather Clause”. Essa stabiliva che, dal 1° gennaio 1948, si sarebbero
applicate obbligatoriamente, pur se a titolo provvisorio, la Parte I e la Parte III dell’Accordo. La
Parte II, dove era collocata, per esempio, tutta la disciplina sul dumpi g, era vincolante per le parti
contraenti solo nella misura in cui essa fosse stata compatibile con la legislazione vigente nei
rispettivi paesi, alla data della loro adesione all’Accordo. Erano previste altre deroghe, consistenti
nella possibilità di sospendere, in parte o totalmente, l’adempimento di quegli obblighi derivanti
dall’Accordo Generale che avevano causato, o minacciavano di causare, al paese importatore un
pregiudizio importante. L’accesso a tali deroghe era sottoposto all’incorrere di determinate
condizioni. Si fa riferimento all’ipotesi di disorganizzazione del mercato, dalla quale derivasse una
crisi di produzione del paese importatore. L’ipotesi incorreva quando 1) le condizioni di vendita
fossero state decisamente inferiori a quelle praticate dai produttori nazionali, e 2) si fosse registrato
un improvviso aumento delle importazioni, e 3) tale aumento, a quelle condizioni di vendita,
causava, o minacciava di causare, un grave pregiudizio a carico dei produttori nazionali di prodotti
simili a quello importato o direttamente concorrenti.
Altre eccezioni erano previste per tutelare gli interessi primari degli Stati membri (art.XX), per
consentire l’applicazione di normative non incompatibili con le disposizioni e gli obiettivi
dell’Accordo Generale (in particolare con il principio di non discriminazione incondizionata e con il
divieto di qualsiasi restrizione dissimulata del commercio internazionale), per tutelare gli interessi
essenziali e legittimi della sicurezza di ciascuno Stato (art.XXI).
Eccezione specifica era anche quella contenuta nell’art.XXIV, destinatarie della quale erano le
zone di libero scambio e le unioni doganali. A loro favore fu concessa una deroga al funzionamento
multilaterale della clausola della nazione più favorita. Peraltro, per rientrare nell’ambito
cambi e, a tal fine, utilizza un capitale versato proporzionalmente dagli Stati membri. Quando gli Stati membri
evidenziano un deficit nella bilancia dei pagamenti, possono ricorrere all’assistenza finanziaria del FMI che, ent o certi
limiti, è automatica, mentre negli altri casi deve essere negoziata e condizionata all’adozione di politiche di risanamento
economico. DEL GIUDICE (a cura di), Dizionario Giuridico, Napoli, 1992.
10
d’applicazione della norma, esse dovevano attenersi ad alcuni obblighi enunciati nell’articolo
stesso, tra i quali risaltava quello di essere “trad -creating” e non “trade-diverting”, ossia di essere
da stimolo e facilitazione al commercio intra-regionale e non di ostacolarlo ulteriormente.
Infine l’art.XXV prevedeva una deroga di carattere generale, la quale prescindeva da quelle
eccezioni specifiche per settore o per situazioni giuridicamente predefinite. Si trattava di una deroga
che poteva operare solo se, e nella misura in cui, le “Parti Contraenti”, secondo una valutazione
puramente discrezionale, rinvenivano nelle “circostanze eccezionali” addotte da un membro, i
presupposti atti a giustificare la sospensione degli obblighi derivanti a suo carico dall’Accordo
Generale.
I.1.1.2: GLI ASPETTI ISTITUZIONALI DELL’ACCORDO GENERALE
Il GATT 1947, formalmente, era un accordo multilaterale, non un’organizzazione7. Per la sua
amministrazione, fu predisposto un apparato la cui principale istituzione era denominata “Parti
Contraenti”. Si trattava dell’organo politico, composto da tutti gli Stati membri che avevano aderito
all’Accordo. Le sue risoluzioni erano assunte per consensus e a ciascuno Stato membro era
attribuito un solo voto. A tale organo spettavano la competenza interpretativa, la concessione di
deroghe, la creazione di nuove strutture istituzionali ed esercitava un suo ruolo nell’ambito delle
consultazioni e della composizione delle controversie, così come disponeva l’art.XXII e l’art.XXIII
dell’Accordo Generale. Tra una sessione e l’altra delle “Parti Contraenti”, agiva il Consiglio dei
rappresentanti, al quale spettavano compiti decisionali su questioni urgenti, e di supervisione sui
lavori dei vari comitati e gruppi di lavoro. L’organo amministrativo era il Segretariato,
comprendente la direzione amministrativa e il Gabinetto del Direttore Generale. Dell’apparato
istituzionale del GATT facevano parte anche una serie di comitati8, gruppi di lavoro9 e, soprattutto,
i panels. Questi ultimi erano composti da soggetti che agivano a titolo individuale, designati per
svolgere funzioni interpretative e di approfondimento, nel merito delle questioni oggetto delle
controversie tra gli Stati membri. Alle consultazioni e alla composizione delle controversie, invero,
l’Accordo Generale dedicava solo due articoli, il XXII e il XXIII, e nel complesso era una
disciplina debole e di scarsa efficacia, soprattutto per quanto concerneva il profilo sanzionatorio. In
particolare, possono essere ricordati alcuni elementi caratterizzanti. Innanzitutto, per tutte le materie
7
Cfr. SACERDOTI, La trasformazione del GATT nell’Organizzazione Mondiale del Commercio in Diritto del
Commercio Internazionale, 1995, n.9/1, p. 74.
8
I comitati erano organi non temporanei, composti da quindici, massimo venticinque, rappresentanti di Stati; erano
incaricati di esaminare in modo continuativo una questione in particolare.
9
I gruppi di lavoro erano organi temporanei, composti da rappresentanti di Stati, designati su base geografica e in
funzione degli interessi commerciali in causa nella controversia. Infatti, ad essi er affidato lo studio di una questione
specifica, oggetto di controversia. Terminato l’esame, dovevano presentare alle “Parti Contraenti” le loro conclusioni in
11
dell’Accordo, valeva il principio del negoziato obbligatorio (art.XXII): indipendentemente dalla
connotazione illecita che poteva essere attribuita al comportamento di una parte contraente, la
consultazione, o negoziato, aveva ragione di essere richiesta da qualsiasi parte contraente e in
relazione a qualsiasi materia contemplata dall’Accordo. Delle norme procedurali per la
composizione delle controversie si occupava l’art.XXIII, secondo il quale, fallita la prima fase di
consultazioni reciproche, o ecceduti tempi ragionevoli, la controversia sarebbe entrata nella seconda
fase. A questo punto le “Parti Contraenti” sarebbero intervenute, delegando ad un panel lo stu io
della questione. Sulla base del rapporto emesso dal panel, le “Parti Contraenti” avrebbero
deliberato la soluzione finale. Nella prassi, peraltro, non si faceva altro che approvare il rapporto per
consensus. Ciò significa che, affinché il rapporto fosse approvato, occorreva una manifestazione
positiva di volontà dell’organo. Quindi, sarebbe bastata l’opposizione della parte soccombente per
paralizzare la procedura. Peraltro, la decisione finale sulla controversia si configurava come una
sorta di condizione, non contemplando alcuna condanna a carico della parte ritenuta inadempiente.
Quest’ultima poteva decidere se adempiere o meno, e quindi, se ottemperare o meno, alla
risoluzione approvata di un panel da parte dell’organo politico. La sanzione sarebbe intervenuta
solo laddove, la parte inadempiente, si fosse mostrata recidiva nel non dare esecuzione alla
decisione. In ogni caso, essendo ispirate ai principi di autotutela e di reciprocità, le sanzioni
consistevano nella sospensione, accordata alla parte vincente nei confronti della soccombente,
dell’applicazione degli obblighi e delle concessioni risultanti dall’Accordo Generale. Sanzione,
questa, piuttosto inefficace quando la parte vincente fosse stata un paese piccolo rispetto ad una
controparte di dimensioni rilevanti10.
Concludendo, il sistema giuridico del GATT 1947 presentava delle carenze di non scarsa
rilevanza. Tra queste risaltano le regole contenute nell’Accordo Generale, la cui natura era
prevalentemente programmatica, più che precettiva, ciò che le rendeva deboli. Allo stesso modo,
appaiono deboli anche le procedure, in particolare l’approvazione per consensus del rapporto del
panel, la quale costituiva un elemento di fragilità molto pericoloso. Inoltre, l’assenza di un quadro
istituzionale comprometteva la credibilità e l’efficacia del regime sanzionatorio, tanto che, nella
maggior parte dei casi, le questioni controverse erano risolte bilateralmente tra gli Stati coinvolti
oppure tramite azioni unilaterali di ritorsione. L’elemento che, però, più di tutti sembra aver
contribuito all’indebolimento dell’Accordo Generale, fu la non necessità di una sua formale ratifica
ad opera delle parti contraenti. Ciò, evidentemente, privava l’Accordo di una qualsiasi efficacia
diretta e vincolante nei vari Stati, con la conseguenza che, i cittadini e le imprese non avevano la
una relazione. Questa, pur non avendo efficacia vincolante per l’organo politico, al quale spettava la decisione finale,
rappresentava, in ogni caso, un utile punto di riferimento. Cfr. COMBA, op. cit., pp. 162-163.
10
Cfr. SACERDOTI, op. cit., p. 76.
12
possibilità di far valere le norme e le regole concordate internazionalmente a loro favore, e che, la
responsabilità di far rispettare le norme contenute nell’Accordo Generale, era solo degli Stati,
quindi, era una decisione a forte connotazione politica.
I.1.2. L’ACCORDO ISTITUTIVO L’OMC/WTO E I SUOI ALLEGATI
Il progetto di un rafforzamento istituzionale del GATT, più precisamente, di una sua
trasformazione in organizzazione multilaterale, fu tenuto in scarsa considerazione fino alle fasi
finali dei negoziati dell’Uruguay Round11. Fino a quando, cioè, alla luce degli accordi commerciali
conclusi, i negoziatori dovettero ammettere la necessità di una struttura istituzionale appropriata,
affinché ad essi fosse data efficacia sostanziale. Così, il 15 aprile 1994, a Marrakech, fu sottoscritto
l’Atto Finale, che incorpora l’Accordo istitutivo l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC
o WTO), al quale sono allegati i numerosi accordi commerciali conclusi in sede di negoziati e
specifici per settore. La struttura così realizzata, prevedeva, al centro, l’Accordo istitutivo del WTO
e, intorno, gli accordi commerciali ad esso allegati. Gli accordi commerciali Allegati sono, a tutti gli
effetti, parti integranti dell’Accordo istitutivo del WTO e, di conseguenza, vincolanti per tutti gli
Stati che intendevano aderire all’Organizzazione Mondiale per il Commercio. L’impianto
normativo si caratterizza per l’impostazione unitaria12, derivante dal fatto che, tutti gli Stati membri
del WTO, devono accettare anche tutti gli Allegati, e che, non è possibile aderire a tali accordi,
senza essere parte dell’organizzazione. Allegato all’Accordo istitutivo del WTO, primo tra tutti, è il
GATT 1994, costituito dall’Accordo Generale (GATT 1947), corredato di tutte la intese
interpretative e le liste di riduzioni tariffarie stipulate durante i negoziati dell’Uru uay Round.
Peraltro, il GATT 1947 è stato definito giuridicamente distinto dal GATT 1994 (art.II.4
dell’Accordo istitutivo del WTO)13. Ne consegue che, in linea di massima, i paesi che aderiscono al
WTO devono denunziare14 il GATT 1947. Ciò per evitare che un paese, il quale rimane parte solo
dell’Accordo Generale, possa rivendicare i benefici della clausola della nazione più favorita e del
trattamento nazionale, verso i paesi che hanno aderito al GATT 199415.
11
Nel 1986, tramite la Dichiarazione di Punta d’Este, fu conferito, al foro del GATT, il mandato per i negoziati
dell’Uruguay Round, i quali si conclusero il 15 aprile 1994 con la sottoscrizione a Marrakech dell’Atto Finale,
incorporante l’Accordo istitutivo l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO o OMC) e tutti gli accordi ad esso
allegati. Sul punto, vedi infra questo paragrafo.
12
Cfr. SACERDOTI, op. cit., p. 78.
13
L’art.II.4 dell’Accordo istitutivo del WTO recita: “The General Agreement on Tariff and Trade 1994
… (hereinafter referred to as “GATT 1994”) is legally distinct from the General Agreement on Tariffs and Trade, dated
30 October 1947, annexed to the Final ACT….”
14
La denuncia di un trattato o accordo internazionale è una causa di estinzione dei trattati, la quale si sostanzia in un
atto diplomatico unilaterale con il quale uno Stato firmatario dichiara la propria volontà di recedere dal trattato o
accordo stesso.
15
Cfr. SACERDOTI, op. cit., p. 83.
13
Gli altri Allegati all’Accordo istitutivo del WTO sono gli accordi commerciali multilaterali
(riguardanti l’agricoltura, i tessili e abbigliamento, le misure fito-sanitarie, le procedure per le
licenze d’importazione, le barriere tecniche al commercio, etc.), il GATS (General Agreement on
Trade in Services, l’accordo generale sul commercio dei servizi, Allegato 1B), l’Accordo TRIPs
(Agreement on Trade-related Aspects of Intellectual Property Rights, Allegato 1), il TPRM (Trade
Policy Review Mechanism, accordo sul meccanismo per l’esame della politica commerciale,
Allegato 3), l’intesa sulla soluzione delle controversie (Und r tanding on Rules and Procedures
governing the Settlement of Disputes, DSU, Allegato 2). A questi accordi devono aderire tutti gli
Stati che diventano membri dell’Organizzazione Mondiale del Commercio e non possono essere
sottoscritti separatamente. Non così per un’altra serie di accordi, gli accordi commerciali
plurilaterali, contenuti nell’Allegato 4, i quali sono estranei all’impostazione unitaria suddetta, in
quanto essi sono vincolanti solo per i membri che li accetteranno. Si tratta dell’accordo sul
commercio dei velivoli civili e quello sugli appalti pubblici, dell’intesa internazionale sui prodotti
caseari e dell’intesa riguardante la carne bovina.
L’Organizzazione Mondiale del Commercio ha sostanzialmente due funzioni. La prima è
facilitare l’esecuzione, l’amministrazione e il funzionamento degli accordi, multilaterali e
plurilaterali (art.III.1 dell’Accordo WTO). In secondo luogo, essa funge da foro per i negoziati tra i
membri, funzione che esercita in collaborazione con il Fondo Monetario Internazionale e con la
Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (art.III.2 e art.III.5 dell’Accordo WTO).
L’Organizzazione Mondiale del Commercio è un’organizzazione multilaterale, con una propria
personalità giuridica internazionale (art.VIII.1). Essa si è dotata di una Conferenza Ministeriale,
composta da rappresentanti di tutti i membri, convocata, di regola, ogni due anni (art.IV.1).
Nell’intervallo tra una sessione e l’altra della Conferenza Ministeriale, le funzioni di tale organo
sono esercitate dal Consiglio Generale (art.IV.2), anch’esso composto dai rappresentanti di tutti gli
Stati membri, il quale assolve i compiti che gli sono attribuiti dai vari accordi. Secondo le sue
direttive, sono stati istituiti tre organi specifici, aperti ai rappresentanti di tutti i membri, per vigilare
sulle principali aree di responsabilità dell’organizzazione. Si tratta del Consiglio per il commercio
dei beni (Council for Trade in Goods), el Consiglio per il commercio dei servizi (Council for
Trade in Services) e del Consiglio per i TRIPs (art.IV.5). Il WTO è dotato di un Segretariato,
guidato da un Direttore Generale nominato, a sua volta, dalla Conferenza Ministeriale (art.VI).
I.1.2.1: IL PROCESSO DECISIONALE NELL’AMBITO DELL’OMC
Le regole che definiscono il processo decisionale nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del
Commercio, sono contenute negli articoli IX e X dell’Accordo istitutivo. Per quello che qui
14
interessa, prima di tutto è da segnalare il mantenimento e la formalizzazione della regola del
consenso che, nel vecchio sistema, era solo una prassi. In ogni caso, se il consenso non è raggiunto,
la votazione deve essere risolta con la regola generale della maggioranza semplice. Sono previste
anche maggioranze speciali, necessarie per le votazioni relative a questioni o materie determinate.
L’Accordo WTO ha anche definito dei principi che si propongono di limitare la portata delle
deroghe, le quali, a loro volta, saranno concesse con parsimonia. Una disposizione innovativa
(art.IX.2) riguarda l’autorità esclusiva della Conferenza Ministeriale, o del Consiglio Generale, di
adottare un’interpretazione vincolante di qualsiasi Accordo (ad eccezione degli accordi commerciali
plurilaterali). In virtù della norma, qualunque decisione di adottare un’interpretazione, deve essere
assunta da una maggioranza del settantacinque per cento, ossia dei tre quarti, dei membri.
L’adozione dell’interpretazione in sé spetta alla Conferenza Ministeriale o, nell’intervallo di
sessione, al Consiglio Generale.
I.1.2.2: IL PROCEDIMENTO DI RISOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE
La vera innovazione apportata dai negoziati dell’Uruguay Round, è stata l’intesa sulla soluzione
delle controversie. Essa è applicabile a tutti gli Allegati all’Accordo istitutivo del WTO e, in tal
senso, riveste un ruolo centrale nel consolidamento dell’impostazione unitaria, caratteristica del
corpus normativo predisposto con l’Atto Finale.
Tutte le procedure sono amministrate dall’Organo per la soluzione delle controversie (Dispute
Settlement Body, DSB), il quale s’identifica con il Consiglio Generale. Nel complesso, le regole
procedurali riprendono la prassi che si era sviluppata nel vecchio sistema, ma sono state rafforzate,
grazie una scansione temporale più rigorosa. In particolare, il riferimento va a quelle regole
concernenti la costituzione e composizione dei pa ls. La novità più rilevante è, senza dubbio, il
principio dell’inverted consensus (art.16 DSU), ossia l’inversione del principio con cui, nell’ambito
dell’Accordo Generale, era adottato il rapporto del anel. In virtù del nuovo principio, l’adozione
del rapporto del panel, da parte dell’Organo per la soluzione delle controversie (d’ora in avanti
l’Organo), avverrà automaticamente, a meno che esso decida per c nsensus di non adottarlo, o che,
una delle parti decida di fare appello all’organo permanente ad hoc (possibilità, quest’ultima, che
costituisce un’altra novità introdotta dall’intesa). I rapporti dell’organo d’appello vertono solo sulle
questioni di diritto e d’interpretazione giuridica, non anche sul merito, e sono adottati dall’Organo
secondo lo stesso principio dell’inv rted consensus.
E’ bene precisare che, in ogni caso, il rapporto adottato del panel o dell’organo d’appello, sono
cosa diversa da una sentenza. Prima di tutto, per la diversa capacità sanzionatoria. Infatti, se il
rapporto conclude che, il provvedimento contestato è incompatibile con un Accordo, esso deve
15
limitarsi a raccomandare che il membro in questione lo conformi a quello dell’Accordo,
suggerendo, se è il caso, i modi in cui il membro può applicare la suddetta raccomandazione (art.19
DSU).16 La norma, inoltre, sembra imporre, al membro interessato, il rispetto dei suoi obblighi solo
per il futuro, escludendo, così, la possibilità di un risarcimento che ripristini ex tunc la si uazione
della parte lesa17.
Il nuovo procedimento prevede un notevole rafforzamento della sorveglianza sull’esecuzione di
una decisione, pur dimostrandosi flessibile in merito ai mezzi e ai modi dell’esecuzione. A tal fine,
il primo fattore su cui porre l’attenzione è il tempo. Infatti, la decisione deve essere eseguita entro
un termine “ragionevole”. Responsabile dell’esecuzione è l’Organo per la soluzione delle
controversie. Se le decisioni non sono eseguite correttamente, sono previste delle misure
provvisorie (artt.21 e 22 DSU), quali l’indennizzo e la sospensione delle concessioni.
All’intesa sulla soluzione delle controversie, si può, dunque, riconoscere il pregio di aver saputo
realizzare un giusto equilibrio tra la certezza della norma giuridica e l’esigenza di flessibilità degli
ambienti economici e commerciali.
Concludo questa panoramica sul GATT e sulla sua evoluzione nell’Organizzazione Mondiale del
Commercio (OMC o WTO), riassumendo gli aspetti di maggior rilevanza, di cui ha saputo dotarsi
la nuova struttura, e, grazie ai quali, oggi è più forte rispetto al sistema precedente. Mi riferisco
all’impostazione unitaria, sia sul piano normativo, sia su quello istituzionale, e al rafforzamento
delle norme. A ciò si aggiungano il maggiore rigore che le istituzioni dell’Organizzazione hanno
assunto in merito alla concessione delle deroghe e il rafforzamento del sistema sulle salvaguardie,
con particolare riferimento al divieto delle restrizioni volontarie alle esportazioni e di altre pratiche
simili18.
16
L’art.19(1) dell’intesa sulla soluzione delle controversie recita: “Wh re panel or the Appelate Body concludes
that a measure is inconsistent with a covered agreement, i shall recommend that the Member concerned bring the
measure into conformity with the agreement. In addition to its recommendations, thepanel or Appelate Body may
suggest ways in which the Member concerned could implement the recommendations”.
17
Cfr. SACERDOTI, op. cit., p. 85.
18
Il divieto delle restrizioni volontarie alle esportazioni e di altre pratiche simili, e l’obbligo di quelle esistenti entro
un limite di tempo molto ristretto, è sancito nell’Accordo sulle salvaguardie, accordo commerciale multilaterale
compreso nell’Allegato 1 dell’Accordo istitutivo il WTO.