- 5 -
questo genere fu il periodo gotico, con le sue grandi cattedrali. L’attivit fior soprattutto in
Inghilterra, dove il vetro veniva colorato oppure placcato a colore e tagliato in lastre. I particolari
venivano dipinti sul vetro con l’ausilio di uno smalto scuro e le diverse sagome di vetro erano tenute
insieme da liste di piombo montate su una cornice in ferro.
RINASCIMENTO E SETTECENTO:
¨ probabile che una fiorente attivit vetraria e sistesse a Venezia gi nel X secolo; non abbiamo
per esempi anteriori al Quattrocento, il periodo d ’oro dell’industria di Murano, che domin il
mercato europeo fino alla caduta della Serenissima. Punto di forza della produzione veneziana fu
l’invenzione del vetro cristallino, un materiale duttile, trasparente e ad alta percentuale di soda che
ricordava la purezza del cristallo di rocca.
La supremazia italiana si indebol nel Seicento a causa delle innovazioni tedesche e britanniche.
Il vetro potassico elaborato in Germania era piø duro e spesso del cristallo e si prestava meglio alla
molatura. L’Inghilterra riusc a minare il predominio muranese grazie all’invenzione del vetro al
piombo (1676). Piø duttile, brillante e meno fragile del cristallo veneziano, per tutto il Settecento il
nuovo materiale fu considerato il vetro europeo di maggior pregio.
L’attivit vetraria fu il primo genere di industria manifatturiera in America: il suo successo fu
dovuto in gran parte all’innovazione del procedimento di pressatura meccanica, ben presto
adottato anche in Europa.
OTTOCENTO E NOVECENTO:
Nell’Ottocento la storia del vetro d’arte fu segnata dai rapidi progressi nella lavorazione del
materiale. La concorrenza del vetro pressato contribu inoltre alla crisi del vetro intagliato, che
riguadagn terreno grazie ai modelli a "brillante", che sfruttavano la capacit di rifrazione del vetr o.
La Boemia continu a distinguersi per la produzione di vetri incisi. Altri metodi, tra cui quello
utilizzato per preparare il vetro a strati, furono messi a punto dalle vetrerie boeme e copiati in tutta
l’Europa e gli Stati Uniti. Le scoperte in campo chimico favorirono la creazione di nuovi vetri
colorati, come quello prodotto con la smaltatura marmorizzata detta lithyalin.
Nel 1905 ci fu il primo brevetto di vetro stratificato, con un film di nitrato di cellulosa mediante
l aderenza di un balsamo; nel 1936 fu scoperto il PVB (polivinilbutirrale), con caratteristiche di
ottima resistenza alla luce e adesione al vetro, grazie ad esperimenti in campo aeronautico. Nel 52
ci furono i primi sviluppi reali del PVB assemblato col vetro ed, infine, solo da pochi anni il vetro
Ł concepito come possibile elemento strutturale.
- 6 -
CAPITOLO 2:
IL VETRO MONOLITICO
2.1 Struttura e composizione del vetro
La definizione di vetro comprende tutte le sostanze che in opportune condizioni realizzano lo
stato vetroso. Tra queste si possono citare: la maggior parte dei polimeri, composti organici quali la
glicerina e il glucosio, soluzioni acquose di acidi quali il cloridrico e il perclorico, sali e anche
elementi come lo zolfo, il selenio e il fosforo.
In taluni casi l’ottenimento dello stato vetroso Ł
possibile solo ricorrendo a tecniche particolari, quali la
condensazione di vapori su un substrato freddo,
l’evaporazione di soluzioni acquose, la deposizione
chimica da fase vapore (utilizzata per le fibre ottiche),
l’essiccazione e il riscaldamento a temperatura opportuna
di geli ottenuti per idrolisi e policondensazione di
composti metallorganici.
I vetri tradizionali, costituiti da ossidi inorganici, sono
materiali amorfi ottenuti per progressivo irrigidimento di
un liquido, che senza termostatazione (fig. 1) (a
differenza dei metalli), non Ł stato in grado di
cristallizzare durante il raffreddamento.
I liquidi vetrogeni, capaci cioŁ di dar luogo a vetri in condizioni normali di raffreddamento, sono
in genere caratterizzati da un’elevatissima viscosit in prossimit del loro punto di fusione: per
esempio la silice fusa, a 1720 C circa, ha una vis cosit di circa 10 6 Pa⋅s contro i 103 dell’acqua a
temperatura ambiente. Tale viscosit Ł dovuta alla grande complessit o all’elevato sviluppo delle
unit strutturali, che ne inibisce o rallenta forte mente la riorganizzazione in disposizioni ordinate
corrispondenti alla struttura cristallina. Si ottiene perci un materiale amorfo, che a temperatura
ambiente permane indefinitamente (benchØ non sia in equilibrio termodinamico) per l’impossibilit
pratica di riordinamento strutturali in tali condizioni.
Si pu dunque affermare che, per realizzare lo s tato vetroso partendo dallo stato liquido, occorre
che la velocit di raffreddamento della sostanza co nsiderata sia al di sotto della temperatura di
fusione e maggiore della sua velocit di cristalliz zazione. Da ci si deduce che, con altissime
velocit di raffreddamento, Ł possibile vetrificare anche sostanze che normalmente non potrebbero,
Fig.: 1
- 7 -
come i vetri metallici, ottenuti in forma di nastri sottilissimi per drastico raffreddamento (fino a 107
C/s) di un sottile getto di lega metallica fusa, p roiettata su un rullo di rame ruotante ad altissima
velocit . Tali vetri hanno propriet interessantis sime che ne fanno prevedere un futuro impiego nel
campo dei materiali magnetici, acustici e resistenti alla corrosione.
La struttura di un vetro, praticamente indistinguibile da quella di un
liquido, se la si analizza con tecniche quali la diffrazione di raggi X o di
neutroni, Ł analogamente caratterizzata dall’assenza di ordine a lungo raggio
(tipico dei cristalli), ma non Ł tuttavia completamente disordinata in quanto
possiede ordine a corto raggio, cioŁ nelle immediate vicinanze
(pochi Angstrom) di qualunque atomo.
Tale ordine Ł dovuto, nel caso della silice vetrosa, alla conservazione dell’unit strutturale
fondamentale, il tetraedro silicico [SiO4]4- (fig. 2), caratteristico della silice cristallina. Secondo la
teoria piø consolidata, il vetro di silice (fig. 3b) sarebbe costituito da un reticolo disordinato
tridimensionale di atomi di silicio, ognuno dei quali si trova al centro di un gruppo di quattro atomi
di ossigeno situati ai vertici di un tetraedro. Sia nella forma cristallina (fig. 3a) che in quella vetrosa
i tetraedri silicici sono collegati per i vertici, cioŁ ogni atomo di ossigeno Ł comune a due tetraedri
contigui.
Nella struttura vetrosa, per , l’angolo di contatto tra due tetraedri pu variare entro limiti piø amp i
che nel caso della struttura cristallina.
Si ha cos che mentre le diverse forme cristalline della silice sono costituite da tetraedri disposti
secondo uno schema geometrico regolare, il vetro di silice Ł formato da tetraedri con orientazione
variabile in tutta la struttura. La variabilit de gli angoli di legame tra i vari tetraedri comporta che i
legami interatomici siano di forza diversa da punto a punto della struttura, e ci spiega l’assenza di
Fig.: 2
Fig.: 3
- 8 -
un netto punto di fusione e il passaggio graduale allo stato liquido attraverso una progressiva
diminuzione di viscosit .
Le considerazioni fatte per il vetro di silice si possono estendere a tutti i vetri a base di ossidi, e le
regole affinchØ un ossido possa dar luogo a un vetro, enunciate nel 1932 da Zachariasen, sono in
effetti soddisfatte da: SiO2, GeO2, P2O5, B2O3 e As2O3.
Di questi, i primi tre hanno una struttura formata da tetraedri e gli ultimi due da triangoli. Essi sono
denominati formatori di reticolo, da soli o in combinazione tra loro (per esempio vetri boro-silicati).
Gli ossidi introdotti possono avere un effetto profondo sulla struttura, in quanto modificano la
continuit del reticolo vetroso. In un vetro di si lice, per esempio, l’introduzione di ossido di sodio,
Na2O, depolimerizza il reticolo, nel senso che l’ossigeno in piø apportato dall’ossido di sodio viene
introdotto al vertice di due tetraedri collegati, spezzando un legame Si-O-Si e dando luogo a due
unit strutturali distinte, in cui l’ossigeno terminale appartiene a un solo tetraedro. A differenza
della silice vetrosa, quindi, in un vetro sodio-silicatico non tutti gli atomi di ossigeno sono collegati
a due atomi di silicio, sicchØ esistono tetraedri che presentano vertici non condivisi.
Gli atomi di ossigeno collegati a due atomi di silicio sono denominati ossigeni "portanti", quelli
legati a un solo atomo di silicio "non portanti". Questi ultimi apportano delle cariche negative che
vengono compensate dalle cariche positive dei cationi Na+, accolti in alcune delle cavit del reticolo
in prossimit degli ossigeni non portanti.
La rottura in piø punti della continuit del ret icolo ne causa l’indebolimento, e quindi determina
importanti cambiamenti nelle propriet fisiche del vetro di silice: in particolare la viscosit ad alt a
temperatura diminuisce fortemente, e ci permette di ottenere un vetro affinabile e lavorabile a
temperature molto inferiori. Gli ossidi, come l’ossido di sodio, che entrano nella struttura del vetro
modificandola, ma di per sØ non sono in grado di vetrificare, vengono detti modificatori di reticolo e
sono costituiti essenzialmente dagli ossidi dei metalli alcalini (Na2O, K2O, Li2O), e alcalino-terrosi
(MgO, CaO, BaO), e dall’ossido di zinco ZnO.
Gli elementi modificatori, essendo piø debolmente legati, sono relativamente liberi di diffondere
attraverso la struttura del vetro, e ci vale sopra ttutto per i cationi monovalenti.
Tra gli ossidi formatori e quelli modificatori sta un altro gruppo di ossidi che si comportano in
modo meno definito: di per sØ non possono dar luogo a vetri ma, in quantit limitata, possono
entrare a far parte di un reticolo vetroso basato su un altro ossido formatore.
Essi vengono perci detti ossidi intermedi e includono BeO, Al2O3, TiO, e ZrO2. L’allumina, per
esempio, in un vetro di silice pu agire solo da mo dificatore, mentre in un vetro sodico-calcico
utilizza i modificatori per fungere da formatore. Infatti l’alluminio assume coordinazione 4, legando
- 9 -
4 ossigeni nel tetraedro [AlO4]4-, ma siccome l’Al Ł trivalente per il bilanciamento di carica viene
utilizzato uno ione Na+ contiguo.
E’ necessario precisare che le regole di Zachariasen, pur avendo avuto il pregio di introdurre
concetti importanti e un criterio di previsione che si Ł dimostrato valido in molti casi, dimostrano in
realt molti limiti. Esse sono innanzitutto applica bili principalmente agli ossidi e non sono invece
generalizzabili ad altri sistemi vetrogeni.
Per esempio i vetri alogenuri, che sono vetri privi di ossigeno e le cui propriet ottiche li rendono
di grande interesse tecnologico, hanno una struttura che viola completamente le regole di
Zachariasen. Ma anche nel campo degli ossidi tali regole non sono in grado di spiegare alcuni vetri
particolari, per esempio: i vetri binari PbO-SiO2, con percentuali di PbO fino all’80% molare, in cui
il catione Pb2+, di per sØ modificatore, pu prendere parte alla formazione del reticolo vetroso
facendo da ponte tra gli ioni ossigeno situati al vertici di due tetraedri silicici contigui, e, i cosiddetti
vetri invertiti in cui gli ossidi modificatori rappresentano la frazione principale come nel vetro di
composizione 15Na2O, 15K2O, 15CaO, 15BaO, 40SiO2.
2.2 Propriet del vetro
2.2.1 Viscosit
Il vetro Ł un materiale viscoelastico: ci significa che la sua risposta a una sollecitazione
meccanica applicata pu essere, a seconda delle con dizioni, di tipo prevalentemente elastico,
viscoso o misto. Quest’ ultimo comportamento si ha intorno all’intervallo di trasformazione del
vetro, mentre al di sotto di questo le deformazioni sono essenzialmente elastiche e al di sopra
essenzialmente viscose.
Dal punto di vista dello scorrimento il vetro si comporta come un fluido newtoniano, e la sua
viscosit Ł un parametro fondamentale nella produzione e nelle lavorazioni del vetro. La viscosit
di un fluido (e quindi anche di un materiale amorfo) Ł una misura della sua resistenza allo
scorrimento (in regime laminare) in risposta a una sollecitazione meccanica applicata
tangenzialmente, cioŁ parallelamente alla sua superficie. Essa Ł dovuta all’attrito interno tra le varie
molecole o unit strutturali che devono scorrere l’una sull’altra e si misura in Pa⋅s (vale a dire
N⋅s/m2) o, in modo tradizionale, in Poise (1 Pa⋅s = 10 P).