Introduzione
2
L’aggiunta di fibre non contribuisce in modo significativo né al miglioramento delle
proprietà meccaniche prima della fessurazione, né all’incremento di resistenza a
compressione; i benefici dell’impiego delle fibre sono evidenti solo in fase post-
fessurativa, svolgendo un’azione di cucitura della fessura e fornendo una resistenza
residua ad avvenuta fessurazione. Si parla di resistenza residua in quanto, con i
dosaggi di fibre che ordinariamente vengono utilizzati, il comportamento del
materiale resta di tipo degradante (softening), pertanto le fibre generalmente non
vanno ad influenzare la resistenza di picco del materiale, ma ne aumentano la sua
duttilità.
La presente tesi è articolata in 6 capitoli, il cui contenuto viene brevemente descritto
di seguito:
• Nel Capitolo 2 viene riportata una ricerca bibliografica nella quale si
introducono le proprietà chimico-fisiche dei materiali cementizi
fibrorinforzati e si approfondiscono i concetti di resistenza, energia di
frattura, duttilità del calcestruzzo rinforzato con fibre d’acciaio. Si
presenta inoltre una panoramica delle principali applicazioni strutturali di
tale materiale.
• Nel Capitolo 3 vengono riportate le caratteristiche meccaniche dei
materiali impiegati e le tipologie di prova che possono essere applicate in
accordo con le principali normative nazionali e internazionali disponibili
nel campo del calcestruzzo fibrorinforzato, distinguendo prove a flessione
e prove su pannelli.
• Nel Capitolo 4 sono riassunti i risultati sperimentali ottenuti da ogni
tipologia di prova eseguita e i confronti più significativi fra risultati dello
stesso tipo di prova
• Nel Capitolo 5 vengono discussi i risultati sperimentali, confrontando tra
loro le prove a flessione e quelle su pannelli, vengono inoltre definite
delle correlazioni fra i parametri definiti dalle diverse modalità di prova.
Si discute poi sulla determinazione dei parametri caratteristici e si
propone un metodo che passando attraverso l’utilizzo dei pannelli
permette di sfruttare al meglio le caratteristiche del materiale.
• Nel Capitolo 6 sono raccolte le conclusioni.
3
2 RICERCA
BIBLIOGRAFICA
2.1 PROPRIETA’ CHIMICO-FISICHE DEI MATERIALI
CEMENTIZI FIBRORINFORZATI
Le proprietà dei calcestruzzi fibrorinforzati e dei materiali compositi in
genere dipendono dalle proprietà dei loro costituenti e dall’interazione chimico-fisica
fra di essi. Risultano quindi di fondamentale importanza:
• la matrice cementizia;
• le fibre;
• la struttura dell’ interfaccia fibra-matrice
2.1.1 LA MATRICE CEMENTIZIA
La matrice di un FRC è costituita da materiale cementizio, che può essere
calcestruzzo (cemento, sabbia, ghiaia, acqua) o malta (cemento, sabbia, acqua).
Capitolo 2
4
Il volume di cemento V
c
, il volume d’acqua V
w
, il volume di aggregati V
g
, e il volume
dei pori V
p
, formano la matrice cementizia. Le fibre possono essere considerate con
un termine aggiuntivo V
f
.
Al fine di garantire un buon accoppiamento con le fibre ed una buona lavorabilità
dell’impasto, la granulometria della matrice deve essere opportunamente progettata,
ad esempio aumentando la frazione fine [1]. Il volume di matrice cementizia è simile
a quello che si trova in altri materiali cementizi.
Le caratteristiche fisiche e meccaniche della matrice di calcestruzzo o di malta sono
definite dalle specifiche norme di riferimento [1].
.
2.1.2 LE FIBRE
Il composito fibrorinforzato viene normalmente considerato un materiale
omogeneo ed, in funzione del materiale che costituisce le fibre, esse possono essere
classificate in metalliche, di vetro, naturali o sintetiche
Sulla base del modulo di elasticità, le fibre possono essere distinte in due grandi
categorie:
• le fibre con modulo di elasticità minore rispetto a quello della matrice
cementizia come ad esempio quelle di cellulosa, nylon e polipropilene ; un
primo inconveniente derivante dal loro uso è legato alle notevoli
deformazioni viscose che portano ad allungamenti considerevoli nel
composito fessurato; un secondo inconveniente sta nel fatto che tali fibre
possiedono un elevato valore del coefficiente di Poisson il quale, unitamente
al basso modulo elastico, può provocare tensioni di trazione all’interfaccia
fibra-matrice portando alla fuoriuscita delle fibre dalla matrice stessa;
• le fibre con modulo di elasticità maggiore rispetto a quello della matrice
cementizia, come nel caso delle fibre di acciaio, vetro e carbonio.
Per caratterizzare le fibre innanzitutto è necessario descriverne la forma. L’uso della
singola fibra può essere suddiviso in due categorie: monofilamenti discreti, separati
l’uno dall’altro (es. acciaio), oppure assemblati di fibre, tipicamente fasci di
filamenti, (es. carbonio, kevlar). Le fibre a monofilamento raramente hanno una
Ricerca Bibliografica
5
forma ideale a cilindro, perchè sono deformate in vari modi per migliorarne
l’ancoraggio con la matrice
L’efficacia del rinforzo di una matrice di calcestruzzo dipende evidentemente dal
volume di fibre introdotte, dalle loro caratteristiche fisiche e meccaniche e dalla loro
distribuzione (Figura 2-1)
Figura 2-1 Classificazione della distribuzione spaziale delle fibre in 1, 2, 3 dimensioni; come
elementi continui (a,c) o corti e discreti (b,d) con distribuzione monodimendionale (a) distribuzione
bidimensionale(b,c) distribuzione tridimensionale(d)
Nel caso ideale di sezione trasversale di un elemento strutturale realizzato in FRC, le
fibre dovrebbero essere allineate nella direzione degli sforzi principali e, se possibile,
in modo regolare, secondo uno schema a triangolo o quadrato [2] (Figura 2-2).
Figura 2-2 Esempi di distribuzione ideale delle fibre nella sezione trasversale di un elemento FRC:
distribuzione quadrata (a) e triangolare (b) (Marković, 2006)
Capitolo 2
6
In entrambi i casi l’asse longitudinale delle fibre dovrebbe essere posizionato ad una
spaziatura costante S; per raggiungere una distribuzione di questo tipo, la dimensione
dei grani degli aggregati deve essere tale da non disturbare la ripartizione delle fibre
all’interno della matrice.
Nel corso degli anni, sono state proposte numerose formule per il calcolo della
spaziatura media S tra le fibre nella sezione trasversale di un elemento FRC. Di
seguito viene riportata come esempio la formula proposta da Kelly [3]
⎟
⎟
⎠
⎞
⎜
⎜
⎝
⎛
−= 1
100/
f
V
dS
α
[2-1]
dove:
d = diametro della fibra;
V
f
= contenuto volumetrico delle fibre in %.
32
π
α = per una distribuzione triangolare
4
π
α = per una distribuzione quadrata
2.1.3 LA STRUTTURA DELL’ INTERFACCIA FIBRA MATRICE
I composti cementizi sono caratterizzati da una zona di transizione vicino alla
superficie del rinforzo, dove la microstruttura della matrice è sensibilmente differente
rispetto alle porzioni di volume lontane dall’interfaccia. La natura e dimensione di
questa zona variano a seconda del tipo di fibra e di processo produttivo; in alcuni casi
possono dipendere anche dal tempo. Lo studio dell’interfaccia è essenziale per capire
l’ancoraggio della fibra nella matrice.
Ovviamente la microstruttura della zona di transizione dipende dalla natura della
matrice.
La matrice all’interfaccia consiste in particelle di cemento di diametro compreso da
1 a 100 µm nell’impasto fresco che per idratazione formano cristalli di dimensioni
superiori. Le caratteristiche dell’impasto fresco influenzano molto l’interfaccia
Ricerca Bibliografica
7
perché determinano la formazione di volumi di acqua attorno alle fibre. Questi sono
causati da:
• intrappolamento e scorrimento dell’acqua attorno alle fibre;
• inefficiente costipamento dei grani di cemento per 40 µm dal bordo della
fibra.
In definitiva, la matrice attorno alla fibra è più porosa perché, con l’avanzare del
processo di idratazione, l’acqua in eccesso non reagisce completamente a formare
cristalli resistenti, lasciando delle cavità vuote che ovviamente riducono la resistenza
del materiale. La struttura della zona di transizione varia anche a seconda che si
usino fibre monofilamento o fasci di fibre. Nel caso di monofilamenti, come
l’acciaio, tutta la superficie della fibra è a contatto con la matrice, mentre nei fasci
solo le fibre esterne sono a contatto con l’impasto.
2.1.3.1 Le fibre monofilamento
La microstruttura dell’interfaccia con fibre monofilamento è stata studiata nella
malta rinforzata con fibre di acciaio. Si è osservato che la zona di transizione nel
composto maturato è ricca di cristalli di idrossido di calcio (CH), a diretto contatto
con la superficie delle fibre. La formazione di uno strato ricco di CH può essere
dovuta a una precipitazione del CH dalla soluzione attorno alla fibra sulla fibra
stessa, la cui superficie funge da punto di nucleazione. Lo strato di CH può formare
un film spesso solo 1 mm, oppure può generare spessori molto maggiori. Sul film più
sottile che riveste la fibra si formano depositi più spessi di CH, irregolari. Oltre si ha
la matrice meno compatta, indebolita dai pori presenti tra il CSH e l’ettringite
presenti in questa fascia più esterna. In sostanza, il legame debole fra la matrice e la
fibra non si ha esattamente in corrispondenza dell’interfaccia fra le due, bensì nella
zona di transizione, a circa 40µm dalla superficie della fibra.
Capitolo 2
8
2.1.3.2 Fasci di fibre
I fasci di fibre sono composti da fibre piuttosto sottili, con un diametro
nell’ordine dei 10µm. Anche gli spazi che rimangono fra i filamenti dello stesso
fascio sono nell’ordine di pochi millimetri, quindi è impossibile per i grani di
cemento penetrare attraverso i filamenti. La microstruttura dopo alcune settimane di
idratazione è caratterizzata da spazi vacanti fra i filamenti interni e formazioni
localizzate di prodotti dell’idratazione fra i filamenti più esterni. In sostanza il fascio
di rinforzo rimane un’unità flessibile anche dopo i 28 giorni di stagionatura, nella
quale le fibre mantengono una notevole libertà di movimento reciproco.
Ne consegue che mentre i filamenti esterni sono ancorati alla matrice, quelli più
interni ricevono le sollecitazioni per attrito da quelli più esterni. Tale processo è
favorito dalle molecole che si annidano fra una fibra e l’altra; ma comunque,
l’ancoraggio delle fibre più interne è sicuramente inferiore.
Gli spazi fra i filamenti si possono gradualmente saturare di prodotti dell’idratazione,
se il composto è mantenuto in un ambiente umido. Questo processo coinvolge stadi
di enucleazione e crescita, dove la superficie del filamento funge da punto di
nucleazione. In particolare è stata dimostrata l’affinità di una fibra di vetro resistente
agli alcali, con enucleazione e crescita di cristalli di CH sulla sua superficie, quando
è posta a contatto con una soluzione contenente cemento Portland.
Tale affinità è evidente in un composito preparato con fibra di vetro resistente agli
alcali, con alto contenuto di zirconio, nel quale si possono osservare massicci
depositi di CH fra i filamenti, che trasformano il fascio flessibile in un rinforzo rigido
unitario. La natura dei prodotti depositati possono cambiare, a seconda della
superficie della fibra. Nelle fibre di vetro di nuova generazione, nelle quali la
superficie è trattata con vernici speciali, l’idratazione produce depositi che tendono
ad essere più porosi e il processo è più lento. Questa è una dimostrazione dell’effetto
che la superficie delle fibre può avere sulla formazione della microstruttura nelle sue
vicinanze. L’assenza di zone ricche di CH attorno alle fibre è stata osservata con
fibre di cellulosa, prodotte con il processo Hatschek. Questa può essere la
conseguenza dell’affinità di queste fibre con le particelle di cemento e del processo
di asciugatura: entrambi riducono la formazione di spazi d’acqua attorno alle fibre
Ricerca Bibliografica
9
nella miscela fresca. Questo si riflette sulla natura del legame fibra-matrice: infatti in
alcuni composti, si nota che la matrice cementizia resta incollata al fascio di fibre.
Questo lascia pensare che si formi un’interfaccia forte e che, di conseguenza, il
cedimento avvenga più facilmente nella matrice. La natura a fascio dei filamenti,
porta anche a un altro tipo di cedimento che coinvolge il fascio di fibre, dovuto alla
separazione dei filamenti che lo compongono. Questo tipo di cedimento avviene più
facilmente se durante la produzione del composito il fascio non viene
sufficientemente aperto da consentire la penetrazione del cemento fra i filamenti.
Per quanto questo fenomeno abbia affinità con quanto accade con le fibre di vetro, si
deve ricordare che c’è una considerevole differenza di misura fra i due materiali: il
fascio di amianto è molto più sottile, con filamenti di 0,1µm che formano un fascio
di 5mm di diametro, mentre ciascun filamento di vetro ha diametro di 10µm.
Per quanto molti dei sistemi FRC presentino una zona di transizione porosa e ricca in
CH, questo non è vero in tutti i casi. Cambiamenti sostanziali dell’affinità delle fibre
con la matrice combinati con modifiche della miscela o del processo, possono avere
un maggiore effetto sull’interfaccia e conseguentemente sull’aderenza fibra/matrice.
2.2 TRASFERIMENTO DEGLI SFORZI TRA FIBRA E
MATRICE
2.2.1 INTRODUZIONE
Il beneficio maggiore derivante dall’utilizzo delle fibre come elemento di
rinforzo in una matrice cementizia si può osservare principalmente nelle condizioni
di esercizio. Infatti, mentre i calcestruzzi ordinari si fessurano dando origine ad
aperture ampie e localizzate che permettono agli agenti corrosivi di penetrare nel
manufatto, il calcestruzzo fibrorinforzato (in modo differente al variare del contenuto
di fibre) è caratterizzato da una fessurazione più diffusa, ma con aperture minori.
Con contenuti elevati di fibre l’evoluzione da micro a macro fessure può essere
addirittura evitata [4].
Altro beneficio del FRC è rappresentato sicuramente dalla migliorata resistenza agli
urti ed agli impatti. La presenza di fibre origina infatti un meccanismo di
Capitolo 2
10
assorbimento dell’energia: se un calcestruzzo ordinario può avere un collasso
esplosivo a causa di un impatto, un calcestruzzo fibrorinforzato è in grado di
dissipare maggiormente l’energia sprigionata.
Per quanto riguarda le caratteristiche meccaniche, per bassi dosaggi di fibre non si
osservano né cambiamenti significativi nelle proprietà elastiche del materiale né
incrementi nel carico di picco. Solamente a fessurazione avvenuta le fibre divengono
efficaci e migliorano le prestazioni del materiale, fungendo da elemento resistente
diffuso con azione di cucitura tra i lembi delle fessure (Figura 2-3).
Figura 2-3 Schema di un elemento in calcestruzzo fibrorinforzato con fibre che attraversano i lembi
della fessura (a) ed interazione meccanica fibra-matrice durante l’estrazione (b)
Adottando una percentuale di fibre non troppo elevata (generalmente inferiore ad una
percentuale del 2% in volume per quanto riguarda fibre in acciaio), la risposta post-
fessurazione continua a rimanere di tipo fragile (softening), ma con una pendenza del
ramo discendente minore rispetto a quella che si avrebbe col calcestruzzo senza fibre.
Aumentando il dosaggio di fibre si passa ad un comportamento di tipo duttile
(hardening) (Figura 2-4)
Figura 2-4 Tipico andamento delle curve carico-deformazione su provini di calcestruzzo con diverse
percentuali di fibre (Shah et al., 2004)
Ricerca Bibliografica
11
La presenza di fibre migliora quindi la duttilità del materiale aumentando la capacità
di assorbimento di energia [5].
L’aggiunta di fibre non modifica in modo sostanziale il comportamento del
calcestruzzo compresso in quanto il loro effetto si manifesta solo in fase post-picco.
Nei materiali a base cementizia la fessurazione ha luogo come risultato di una
propagazione di micro-fessure all’interno della pasta di cemento o sull’interfaccia
matrice-aggregato. Le diverse micro-fessure successivamente tendono ad unirsi e ad
allinearsi per formare delle macro-fessure. L'efficacia delle fibre nel calcestruzzo va
analizzata in due diverse fasi di danneggiamento del materiale composito:
• fase di pre-fessurazione
• fase di post-fessurazione
Per ognuna di queste fasi si hanno differenti meccanismi di trasferimento degli
sforzi.
2.2.2 TRASFERIMENTO DEGLI SFORZI PRIMA DELLA
FESSURAZIONE
2.2.2.1 Propagazione elastica degli sforzi
Finché la matrice non è fessurata, l'aderenza con la fibra è totale. Il processo
di deformazione vede la fibra e la matrice mantenere una congruenza negli
spostamenti, sebbene la distribuzione degli sforzi tangenziali lungo la fibra non sia
uniforme.
Durante questa fase di carico, interazione fibra-matrice è di tipo elastica. Il primo
modello finalizzato alla descrizione di questa fase è stato elaborato da Cox
Questo suppone che sia le fibre che la matrice siano materiali elastici e che il legame
fibra matrice sia perfetto e non si verifichi alcuno scorrimento.
I modelli successivi hanno mantenuto la stessa impostazione, variando solo alcuni
parametri numerici.
Il modello di Cox permette di determinare il campo di sforzi che si sviluppa attorno a
una fibra discontinua immersa nella matrice elastica
Capitolo 2
12
Figura 2-5 Descrizione schematica di una fibra immersa nella matrice e degli sforzi e deformazioni
attorno ad essa: (a) geometria della fibra e deformazione nella matrice attorno alla fibra prima e
dopo l’applicazione del carico; (b) distribuzione dello sforzo tangenziale τ all’interfaccia e
distribuzione dello sforzo di trazione σ
f
nella fibra.
Le espressioni analitiche di σ
f
(x) e τ(x) ricavate da Cox sono:
⎥
⎥
⎥
⎥
⎦
⎤
⎢
⎢
⎢
⎢
⎣
⎡
⎟
⎠
⎞
⎜
⎝
⎛
−−
=
2
cosh
2
cosh1
)(
1
1
l
x
l
Ex
mff
β
β
εσ [2-]
⎥
⎥
⎥
⎥
⎦
⎤
⎢
⎢
⎢
⎢
⎣
⎡
⎟
⎠
⎞
⎜
⎝
⎛
−
⎥
⎥
⎥
⎥
⎦
⎤
⎢
⎢
⎢
⎢
⎣
⎡
⎟
⎠
⎞
⎜
⎝
⎛
=
2
cosh
2
sinh
ln2
)(
1
1
2
1
l
x
l
r
R
E
G
Ex
f
m
mf
β
β
ετ [2-3]
dove:
σ
f
(x) = sforzo di trazione nelle fibre
τ(x) = sforzo tangenziale all’interfaccia, a una distanza x dalla fine delle fibre:
2
1
2
1
ln
2
⎥
⎥
⎥
⎥
⎦
⎤
⎢
⎢
⎢
⎢
⎣
⎡
⎟
⎠
⎞
⎜
⎝
⎛
=
r
R
rE
G
f
m
β [2-4]
R = raggio della matrice attorno alla fibra
Ricerca Bibliografica
13
r = raggio della fibra
l = lunghezza della fibra
E
f
= modulo di elasticità normale della fibra
G
m
= modulo elasticità tangenziale della matrice, all’interfaccia
ln(R/r)=(1/2)ln (π/V
f
) valida per fibre lunghe di sezione circolare
V
f
= volume unitario di fibre contenuto nel composto.
In base a questo modello lo sforzo tangenziale all’interfaccia fibra-matrice (Figura
2-5) è massimo alla fine della fibra e scende a zero in centro. E’ in questa zona
terminale che gli sforzi passano dalla matrice alle fibre, generando progressivamente
delle tensioni di trazione all’ interno della fibra, di fatti in essa lo sforzo cresce
progressivamente raggiungendo un massimo nel centro. Molte analisi sperimentali
hanno dato risultati analoghi che differiscono solo per il valore di β
1
. In genere le
prove sperimentali hanno mostrato valori di sforzo tangenziale alla fine della fibra
maggiori rispetto a quelli teorici. Questo è dovuto essenzialmente alla concentrazione
di sforzi che si sviluppa in quella zona e alla differenza di modulo elastico fra la fibra
e la matrice.
L’efficienza globale del rinforzo dato dalle fibre è strettamente connessa con la
quantità di sforzo tangenziale che si riesce a trasferire dalla matrice ad esse. Il valore
massimo è ovviamente dato dal limite di resistenza a trazione delle fibre. Per una
normale matrice cementizia, e per delle fibre commerciali di acciaio c’è da aspettarsi
che lo sforzo di ancoraggio venga superato ben prima che la resistenza della fibra
venga superata.
2.2.2.2 Combinazione degli sforzi elastici e frizionali
L’analisi degli sforzi elastici implica che la perdita di ancoraggio avvenga
prima che le fibre vengano sollecitate in maniera importante. Se lo scorrimento
avviene prima della fessurazione della matrice, si possono verificare due alternative :
• Completa perdita dell’ancoraggio con il collasso dell’elemento.
• Scorrimento nella zona in cui ha ceduto l’ancoraggio, con attivazione del
meccanismo di resistenza frizionale.
Capitolo 2
14
In genere è la seconda alternativa che si sviluppa nei FRC. In questa fase si ha il
distacco tra la fibra e la matrice (debonding) che comporta l’insorgere di sforzi di
aderenza tangenziali e spostamenti relativi all’interfaccia. Il passaggio da un
trasferimento degli sforzi tangenziali elastici ad uno frizionale avviene quando lo
sforzo tangenziale supera la resistenza dell’aderenza all’interfaccia fibra-matrice
(τ
au
). In Figura 2-6 il massimo sforzo frizionale sostenibile dall’interfaccia (τ
fu
) è
indicato come un valore costante, anche se in realtà potrebbe variare. Il passaggio da
un trasferimento degli sforzi elastico ad uno frizionale è comunque un processo
graduale che si sviluppa attraverso uno stato in cui entrambi i meccanismi sono
presenti.
Figura 2-6 Idealizzazione della curva sforzo di aderenza-scorrimento
Dunque, visto il legame “sforzo di aderenza-scorrimento” e assunto che, nella zona
dove la fibra ha perso ancoraggio la resistenza sia costituta da uno sforzo tangenziale
frizionale, si ha che lo sforzo frizionale all’interfaccia e la distribuzione di tensione
nella fibra possono essere descritti come in Figura 2-7.
Al primo stadio di carico, prima che il massimo sforzo di ancoraggio elastico τ
max
superi la resistenza elastica τ
au
, le distribuzioni sono simili a quelle di Figura 2-5.
Quando τ
au
viene superato in corrispondenza del carico P
1
, si genera una zona che ha
perso ancoraggio lunga a
1
, e in questa zona lo sforzo è uniforme e pari a τ
fu
. Oltre la
zona a
1
lo sforzo di interfaccia decresce in maniera rapida. Ne consegue che la
trazione nella fibra cresce linearmente nell’intervallo senza ancoraggio (0<x<a
1
) per
poi restare costante. Quando il carico esterno cresce (es: P
2
), aumenta la zona che
perde ancoraggio, con le conseguenti variazioni nella distribuzione di trazione della
fibra. Nel caso estremo in cui la lunghezza disancorata è tale che si sviluppa una
Ricerca Bibliografica
15
trazione limite nella fibra pari alla sua resistenza, la distribuzione degli sforzi diviene
lineare (es: P
3
).
Figura 2-7 Distribuzione dello sforzo all’interfaccia e della tensione nella fibra, nella zona di
trasferimento combinato frizionale ed elastico. P
0
, P
1
, P
2
, P
3
, indicano la distribuzione delle curve al
crescere dello stato di carico. a
1
, a
2
, a
3
indicano il punto dell’interfaccia dove avviene la perdita di
ancoraggio
2.2.3 TRASFERIMENTO DEGLI SFORZI DOPO LA FESSURAZIONE
La principale differenza rispetto alle fasi precedenti la fessurazione, è che nei
composti fessurati il trasferimento dello sforzo tangenziale sull’interfaccia non ha più
origine dalla fine della fibra, ma dal punto in cui ha luogo la fessurazione. Se la
perdita di ancoraggio aveva già interessato questa zona prima della fessurazione, la
distribuzione degli sforzi assume una distribuzione particolare (Figura 2-8 a), con
una combinazione di sforzi tangenziali data da uno sforzo frizionale vicino alla
fessura e uno sforzo elastico che si instaura più a valle della fessura. Invece se la
perdita di ancoraggio non era già avvenuta in precedenza, la distribuzione degli
sforzi a partire dalla fessura è di tipo elastica (Figura 2-8 b), e solo a uno stato di
carico avanzato interviene anche la componente frizionale.