5
combattere, nei giorni immediatamente successivi alla sollevazione militare del
luglio 1936, in assenza di imprese da glorificare, se ne tramandò il valore umano e
spirituale di jefe: il suo eroismo non si basava sulle gesta compiute, ma sulle sue
doti di guida ideale, di cui si esaltavano le caratteristiche di caudillo, santo,
profeta, apostolo e, infine, martire in nome dei valori nazionali. All’intreccio di
religiosità ed ideologia si aggiungeva una sorta di sovrapposizione tra la sua vita e
la natura, unite, indissolubilmente e per l’eternità, dall’attaccamento alla terra
castigliana. Queste versioni avevano come obiettivo la mistificazione dei fatti in
nome della costruzione di un eroe. Ricche di dettagli potenzialmente
impressionanti e facilmente memorizzabili, volti a diffamare il nemico e a
glorificare il caduto, risultano totalmente prive di elementi che sarebbero invece
importanti per una ricostruzione veridica dei fatti ed implicano, oltre che una
mancata analisi, un’errata percezione del ruolo effettivo che Redondo svolse
durante i pochi anni della sua militanza politica.
Nato nel 1905 in un paese in provincia di Valladolid, Quintanilla de
Abajo, in seguito ribattezzata Quintanilla de Onésimo in suo onore, Redondo,
segretario del Sindacato dei coltivatori di barbabietole della Vecchia Castiglia,
fondò, nel giugno 1931, il settimanale Libertad, a cui volle affiancare, pochi mesi
più tardi, le JCAH (Juntas Castellanas de Actuación Hispanica). Nel dicembre
1931, le JCAH si unirono a La Conquista del Estado, il primo nucleo fascista
spagnolo che, sotto la guida di Ramiro Ledesma Ramos, era comparso a Madrid
nel febbraio dello stesso anno. Nacquero in questo modo le JONS (Juntas de
Ofensiva Nacional Sindicalista), un gruppo di azione che si proponeva di
sostituire i valori democratici e liberali con quelli di uno Stato totalitario.
Successivamente, le JONS si fusero con FE (Falange Española), fondata, alla fine
del 1933, da José Antonio Primo de Rivera, dando vita a FE de las JONS (Falange
Española de las Juntas de Ofensiva Nacional Sindicalista). L’unione decretò la
totale supremazia di Primo de Rivera, in seguito alla quale, nel gennaio del 1935,
Ledesma uscì dal gruppo e, nel maggio dello stesso anno, Libertad venne chiuso.
Nell’aprile del 1937, infine, per volontà di Francisco Franco, venne emanato il
Decreto di Unificazione di tutte le forze della destra in un unico organismo, FET
6
de las JONS (Falange Española Tradicionalista y de las JONS). Da questo
momento in poi la Falange divenne uno strumento politico nelle mani di Franco.
I tre “padri fondatori” della Falange, morti nei primi mesi di guerra,
vennero reinterpretati in modo funzionale all’ideologia del regime. José Antonio
si trasformò in mito e, dal momento che la notizia della sua scomparsa venne
tenuta segreta per quasi due anni, si costruì sulla sua persona un vero e proprio
culto del Ausente, di cui Franco si propose come diretto erede spirituale. Allo
stesso modo, il pensiero di Ledesma e di Redondo non venne mai approfondito: il
primo fu praticamente ignorato a causa della sua uscita dalla Falange dovuta a
dissidi interni, mentre il suo pensiero venne a lungo fatto coincidere con quello di
Primo de Rivera, ignorandone le differenze sostanziali; il secondo fu ricordato e
celebrato, nonostante fosse stato un personaggio piuttosto modesto, ma le
caratteristiche specifiche della sua ideologia non vennero mai evidenziate,
scomparendo accanto alla figura di José Antonio meticolosamente costruita.
L’obiettivo di questo lavoro è capire come Onésimo Redondo si inserì nel
contesto politico che si trovò a vivere e quale fu il suo apporto al fascismo
spagnolo e al franchismo, poiché, sebbene molto sia stato detto e scritto sui
fondatori della Falange, il loro pensiero fu quasi sempre modificato e quasi mai
analizzato per quello che realmente era. Non è stato facile mantenere l’obiettività
nel momento in cui ci siamo trovati di fronte quasi esclusivamente a scritti di
parte. Abbiamo cercato di far combaciare i vari pezzi della storia di Redondo,
ritrovati per lo più in biografie composte dai suoi compagni di militanza politica,
quindi ovviamente sbilanciate a suo favore, che, più che descriverlo come un
attivista, ne tramandano l’immagine di profeta. Per quanto riguarda lo studio del
suo pensiero, ci siamo basati soprattutto sugli scritti dello stesso Onésimo, quasi
tutti pubblicati su Libertad. Tuttavia, egli non scrisse alcun libro e non elaborò
nessuna teoria organica e, anche in questo caso, la nostra è stata più che altro una
ricostruzione, nel tentativo di estrapolare dai testi quella che era la sua visione del
mondo.
Prima di entrare più specificamente nel tema, è opportuno contestualizzare
l’ambiente in cui Onésimo si trovò ad agire, prendendo in considerazione i
7
principali aspetti storici, politici e sociali della Spagna a cavallo tra Ottocento e
Novecento.
Alla fine del XIX secolo, la Spagna era ancora un paese preminentemente
agricolo:
“La estructura de la sociedad española conocía un excepcional protagonismo del
mundo rural; el campesinado era el grupo social dominante, aunque las
transformaciones económicas de la segunda y tercera décadas del siglo XX le
hicieron perder peso. No obstante, en amplias zonas continuaría siendo el elemento
básico”
2
.
Il mondo agricolo spagnolo, pur avendo una struttura composita ed
essendo soggetto a significative variazioni regionali, era caratterizzato dall’abisso
di ricchezza che separava proprietari terrieri e no. La situazione era
particolarmente grave nel Sud, nella Mancha, in Estremadura e in Andalusia, dove
una potente oligarchia agraria controllava la proprietà terriera e, di conseguenza,
tutti i livelli organizzativi e decisionali della società rurale. Nelle regioni
settentrionali, invece, predominavano i piccoli proprietari, mentre i grandi
latifondisti, sebbene presenti, avevano meno potere.
“En la sociedad rural se daba, al margen de cualquier consideración legal, una
profunda contradicción entre peso numérico y capacidad de decisión. La mayor parte
de la población (trabajadores) tenía muy escaso peso decisorio; por el contrario,
grupos minoritarios de individuos concentraban todas las posibilidades de
actuación”
3
.
Lo sviluppo della popolazione urbana risentiva notevolmente della
struttura fondamentalmente rurale dell’economia spagnola. Quasi tutte le città
conobbero un processo di crescita costante ma, se alcune di esse cominciarono a
trasformarsi in agglomerati industriali fin dalla fine dell’Ottocento, altre non
seguirono la stessa strada fino all’espansione economica concomitante con la
prima guerra mondiale. A partire dal 1914, infatti, iniziarono a crearsi grandi
gruppi finanziari ed industriali, che finirono per formare un unico grande gruppo
con l’oligarchia dei proprietari terrieri. La classe media era caratterizzata da
2
Historia contemporánea de España (1808-1939), a cura di Javier Paredes, Barcelona, Ariel
Historia, 1997 (prima ed. Barcelona, 1996), p. 368.
3
Ivi, p. 369.
8
un’estrema fragilità, alla ricerca di uno spazio in cui collocarsi tra la classe
dirigente, di cui aspirava a far parte, ed i gruppi proletari. Il proletariato urbano
aumentò lentamente a partire dalla fine del XIX secolo, per poi avere una crescita
vertiginosa in seguito alle trasformazioni portate dalla Grande Guerra.
La crescita del conflitto sociale fu la conseguenza delle ineguaglianze
accentuate dalla rivoluzione industriale, che segnò la comparsa delle grandi masse
all’interno della politica nazionale. Nel 1887, grazie alla Ley de Asociaciones
emanata dal Governo liberale, si era costituito il PSOE (Partido Socialista Obrero
Español), affiancato, nel 1888, dalla sua espressione sindacale, l’UGT (Unión
General de Trabajadores). Con l’inizio del nuovo secolo, l’associazionismo si
diffuse nelle campagne, in seguito al peggioramento delle condizioni di vita
dovuto all’abbassamento dei salari reali dei contadini durante la prima guerra
mondiale. La rivoluzione russa creò un problema di posizionamento del Partito di
fronte ai principi della III Internazionale e, a causa di profondi dissensi interni, si
arrivò ad una scissione che portò alla nascita, nel 1920, del PCE (Partido
Comunista Español).
Anche le organizzazioni anarchiche, estremamente eterogenee tra loro, si
diffusero notevolmente durante i primi decenni del Novecento. L’anarchismo
penetrò profondamente nelle campagne andaluse che, insieme alla Catalogna,
divennero una roccaforte dei movimenti libertari. Gli anarchici basavano la loro
politica su azioni dirette di tipo terroristico, che non ottennero altro risultato se
non quello di fornire un pretesto ai Governi per rafforzare la repressione.
Bisognosi di un’organizzazione che desse forza e coerenza al movimento, nel
1910 gli anarchici fondarono la CNT (Confederación Nacional del Trabajo),
basata sull’idea che il sindacalismo non fosse un fine in sé, ma un mezzo per
ottenere l’emancipazione delle classi operaie.
“La nueva organización, basada en el apoliticismo y la acción directa, a pesar de
que sufriría desde el primer momento una constante persecución, alcanzó un gran
éxito y fue la protagonista en las grandes huelgas que sacudieron el país a fines de la
segunda década del siglo. Esta dicotomía, socialistas/libertarios, marcaría al
movimiento obrero español hasta la Segunda República y la guerra civil”
4
.
4
Ivi, p. 376.
9
Nel 1923, con la dittatura di Miguel Primo de Rivera, la CNT venne
costretta alla clandestinità e molti dei suoi dirigenti furono costretti all’esilio; la
repressione infiammò la militanza anarchica che, nel 1927, creò, in
contrapposizione alle tendenze moderate che si stavano sviluppando, la FAI
(Federación Anarquista Ibérica).
Sebbene alla fine dell’Ottocento la Spagna non fosse più un paese feudale,
il capitalismo che si andava instaurando era ancora di carattere prevalentemente
agricolo e non era accompagnato da quella parallela evoluzione politica che
sarebbe invece stata necessaria. I grandi proprietari terrieri detenevano l’egemonia
politica ed il loro monopolio veniva periodicamente attaccato, anche se senza
grandi risultati a livello di smantellamento del sistema esistente, dalle deboli
classi mercantili.
“La costante egemonia delle forze conservatrici testimoniava il perdurare del
potere della vecchia oligarchia terriera e la debolezza della borghesia progressista.
Lo sviluppo tortuosamente lento e ineguale del capitalismo industriale produceva
una classe imprenditoriale e mercantile numericamente piccola e politicamente
insignificante. La Spagna non conobbe la rivoluzione borghese classica che altrove
frantumò le strutture dell’ancien régime: il potere della monarchia, dell’aristocrazia
terriera e della Chiesa rimase quasi intatto anche per buona parte del Novecento”
5
.
Nel 1868, ceti medi e militari, insofferenti nei confronti delle tendenze
clericali e conservatrici della Corona, si unirono, per la prima volta, in una
bizzarra alleanza, basata sull’esigenza di riforme sociali sentita da entrambi i
gruppi. Seguirono vari pronunciamenti di ufficiali liberali e diverse sommosse
cittadine che portarono al rovesciamento della monarchia. Tuttavia, i due
movimenti, quello popolare e militare, pur avendo trovato una momentanea
comunione di intenti, avevano basi molto diverse ed era ovvio che la loro
solidarietà non sarebbe durata a lungo.
Nel 1873, Amedeo di Savoia abdicò e “nel vuoto politico che seguì fu
proclamata, dopo vari moti insurrezionali della classe lavoratrice, la Prima
Repubblica: era una minaccia intollerabile all’ordine costituito e fu spazzata via
5
Paul Preston, La guerra civile spagnola, 1936-1939, Milano, Mondadori, 1999 (ed. originale A
concise history of the spanish civil war, London, Fontana, 1996), p. 15.
10
dall’esercito nel 1874 (…). Quando l’esercito restaurò la monarchia nella persona
di Alfonso XII, le riforme furono accantonate in cambio della pace sociale”
6
.
Il sistema politico emerso dalla restaurazione monarchica era
sostanzialmente formato da due grandi partiti, entrambi rappresentanti degli
interessi degli agrari: il partito conservatore e quello liberale. Entrambi
monarchici, divergevano, più che sulle questioni sociali, sul problema del libero
commercio. “Al di fuori di questi due grandi partiti oligarchici era praticamente
impossibile dare espressione legale a qualsiasi aspirazione politica”
7
, mentre le
elezioni erano costantemente caratterizzate dai brogli basati sul potere sociale dei
notabili, i caciques:
“Nel Nord delle piccole aziende agricole, i caciques erano di solito prestatori di
denaro -grandi proprietari terrieri, avvocati, persino preti- che detenevano ipoteche
sui poderi dei piccoli proprietari. Nelle regioni del grande latifondo, come la Nuova
Castiglia, l’Estremadura o l’Andalusia, i caciques erano gli agrari o i loro fattori,
ossia personaggi che avevano il potere di decidere chi ingaggiare e, di conseguenza,
chi non ridurre alla fame. Il caciquismo garantiva che la ristretta gamma di interessi
rappresentata dal sistema non venisse mai seriamente messa in discussione”
8
.
Grazie all’enorme potere di cui disponeva, l’esercito costituiva, da sempre,
un elemento chiave nella regolamentazione della vita socio-politica del Paese.
“Nacido como un régimen declaradamente civilista, la Restauración había
encontrado un acomodo al intervencionismo militar bajo la fórmula del ‘rey
soldado’, por el que el ejército quedaba supeditado a la figura del monarca”
9
.
In realtà, l’allontanamento dell’esercito dalla vita politica non fu
particolarmente significativo, dal momento che i militari non solo potevano
intervenire direttamente nella politica attraverso il Senato ed il Congresso dei
Deputati, ma si servivano di una potente stampa militare portavoce dei loro
interessi. Inoltre, le molteplici funzioni che i militari rivestivano nella tutela
dell’ordine pubblico ammorbidivano notevolmente la componente civilista
6
Ivi, p. 18.
7
Ibidem.
8
Ivi, p. 19.
9
Paredes, Historia contemporánea de España, cit., p. 431.
11
pensata per la restaurazione monarchica. Le forze armate, estremamente
conservatrici nei loro nuclei dirigenti, poco funzionali nella struttura e con un
dispendioso eccesso di cariche, necessitavano di un’urgente riforma, che però
risultava praticamente impossibile sia per le forti resistenze interne, sia per
problemi finanziari.
“Educados como una élite, los mandos militares fueron un grupo dominado por
fuertes componentes corporativos, poco proclive a la reforma y a la pérdida de su
autonomía. El inmovilismo habría de ser, por tanto, la respuesta que la mayoría de
los generales tuvieron ante los distintos intentos de reforma”
10
.
Il fallimento delle riforme del corpo militare comportò la persistenza di
una struttura antiquata, caratterizzata da alti comandi poco propensi alla
professionalizzazione e ansiosi di intervenire nella vita politica non appena
possibile.
Nel 1898, la Spagna fu scossa da una profonda ondata di crisi, dovuta alla
sconfitta nella guerra con gli Stati Uniti che, di fatto, sancì la perdita degli ultimi
possedimenti coloniali: le Filippine, Porto Rico e, soprattutto, Cuba, che aveva
costituito un mercato protetto per l’economia spagnola ed in particolare per quella
catalana. Il 1998 segnò uno spartiacque con il passato: la Spagna coloniale di
oltremare cedeva il passo ad un paese concentrato sulla sua condizione
peninsulare e sui possedimenti in Marocco, che si trovava ad affrontare i problemi
derivanti dalla nascita dei nazionalismi regionali e dalla sconfitta dell’esercito e,
più in generale, dalla diffusione della consapevolezza di una crisi che richiedeva
profondi cambiamenti nazionali.
“La geometria simmetrica del sistema della restaurazione, il cui potere
politico era concentrato nelle mani di coloro che detenevano anche il monopolio
del potere economico, andò in frantumi con lo scoppio della prima guerra
mondiale”
11
. Lo stato di non-belligeranza permetteva alla Spagna di fornire
prodotti agricoli ed industriali sia all’Intesa che agli Imperi Centrali. Questa
privilegiata posizione economica favorì il primo grande sviluppo dell’industria
10
Ivi, p. 432.
11
Preston, La guerra civile spagnola, cit., p. 21.
12
spagnola, in seguito al quale gli industriali non furono più disposti ad accettare la
posizione di subordinazione politica in cui erano relegati dagli agrari. La loro
spinta riformatrice veniva ora a coincidere con il bisogno di cambiamento del
proletariato che, invece, dalla guerra era stato impoverito.
“Mentre gli industriali e gli operai premevano per il cambiamento, gli ufficiali di
grado medio protestavano per gli stipendi bassi, per il sistema antiquato che ne
regolava la carriera e per la corruzione politica (…).
Per un istante, operai, capitalisti e militari si trovarono a marciare uniti dietro la
stessa bandiera: ripulire la politica spagnola dalla corruzione del caciquismo”
12
.
A placare gli inevitabili disordini causati dalla maggioranza non
rappresentata nella politica organizzata, intensificati dal processo di
industrializzazione che accentuava le ingiustizie sociali, interveniva la Guardia
Civil e, nei momenti di maggiore tensione, l’esercito. Originariamente istituita per
debellare il banditismo rurale, la Guardia Civil, guardiano istituzionale dell’ordine
pubblico, era una forza paramilitare, che spesso agiva con la stessa violenza
dell’esercito, organizzata in pattuglie di due persone. Tra il 1918 ed il 1921,
durante quello che fu denominato il “triennio bolscevico”, i braccianti anarchici
del Sud organizzarono numerose sommosse, tutte soffocate con la collaborazione
delle Guardia Civil. Nello stesso periodo, gli anarchici cominciarono a farsi
sentire anche nelle grandi città.
Le contraddizioni sottostanti ai diversi interessi che muovevano le spinte
riformiste emerse nel 1917 sottrassero forza al movimento, che finì per non
produrre grandi cambiamenti. La crisi del sistema era solo posticipata di qualche
anno. Le tensioni politiche, sociali e militari che si andavano manifestando
rendevano evidente l’incapacità della monarchia di garantire la pace sociale e
delle forze antimonarchiche di proporre un progetto alternativo soddisfacente,
mentre numerosi erano i fattori di instabilità:
“La creciente presencia del ejército en la vida pública, el aumento del nivel de la
conflictividad obrera (…), la continua frustración de los intentos de regeneración
política, el recurso al caciquismo y a los tradicionales sistemas de corrupción
electoral, la tendencia al fraccionalismo en los partidos, la incapacidad para integrar
12
Ivi, pp. 22-23.
13
en el sistema a un conjunto de fuerzas sociales y políticas, el decisivo y controvertido
papel del rey”
13
.
A questo, nel 1921 si aggiunse la sconfitta di Annual, che comportò il
passaggio di quasi tutti i possedimenti nel Marocco orientale, ad eccezione di
Melilla, sotto il protettorato francese.
Nel vuoto politico, il 13 settembre 1923 il generale Miguel Primo de
Rivera prese il potere per sedare i disordini. L’apparente transitorietà del
directorio militar si trasformò ben presto in una dittatura che giungeva a
conclusione di un lunghissimo periodo durante il quale si era diffusa, ad ogni
livello, la convinzione che l’esercito “fosse”, in qualche modo, la Spagna. Primo
de Rivera “mise fuori legge il movimento anarchico e concesse all’UGT il
monopolio in materia sindacale. Poi avviò un massiccio programma di opere
pubbliche, che comportò un significativo ammodernamento del capitalismo
spagnolo e la costruzione di infrastrutture nel campo delle comunicazioni (…). Il
dittatore diede l’impressione che la libertà fosse stata barattata con la
prosperità”
14
.
“Se critica a los trabajadores por su baja productividad y se condenan las
asociaciones de resistencia, por cuanto contribuyen a provocar conflictos que, en
última instancia, van en detrimento de la economía nacional. La alternativa a la
explotación capitalista (…) es la intervención del Estado como intermediario entre
ambas fuerzas sociales y como definidor de la justicia en sus relaciones”
15
.
Primo de Rivera non seppe sfruttare l’andamento economico positivo per
costruire un sistema politico che sostituisse, in modo permanente e stabile, la
vecchia monarchia costituzionale e finì con l’inimicarsi sia gli industriali sia gli
agrari, i due grandi gruppi che l’avevano inizialmente sostenuto spinti dalla paura
dei disordini operai:
“Fece infuriare gli ufficiali cercando di standardizzare il sistema delle
promozioni. Si inimicò la borghesia catalana sferrando un’offensiva contro le
aspirazioni regionalistiche. Gli industriali del Nord cominciarono a vederlo come
13
Paredes, Historia contemporánea de España, cit., p. 484.
14
Preston, La guerra civile spagnola, cit., p. 25.
15
Miguel Artola, Partidos y programas políticos, 1808-1936, II vol., I, Los partidos políticos,
Madrid, Alianza Editorial, 1991 (prima ed. Madrid, Aguilar, 1974), pp. 556-557.
14
fumo negli occhi con il crollo della peseta nel 1928 che attribuivano alla sua politica
inflazionistica nel campo della spesa pubblica. Ancora più cruciale, forse, fu la
perdita del consenso degli agrari in conseguenza del suo tentativo di introdurre
commissioni arbitrali per dirimere le questioni salariali e fissare le condizioni
lavorative nelle zone rurali”
16
.
Nel gennaio 1930 Primo de Rivera fu costretto a rassegnare le dimissioni e
Alfonso XIII si rivolse al generale Dámaso Berenguer, che instaurò una debole e
breve dittatura: la cosiddetta dictablanda.
Il sistema elettorale vigente al momento delle elezioni municipali, fissate
per il 12 aprile 1931, prevedeva l’assegnazione dell’80% dei seggi al partito che
avesse superato con il maggior numero di voti la soglia del 40% in ciascuna
provincia. Il restante 20% sarebbe spettato alla lista arrivata seconda. In questo
modo, i partiti erano spinti a coalizzarsi e fu così che socialisti, repubblicani e
radicali, uniti nel Comitato Unitario per la Repubblica, riuscirono ad ottenere una
schiacciante vittoria, soprattutto nelle grandi città. I monarchici si aggiudicarono
solo i seggi rurali, dove il potere dei capi locali era rimasto intatto. Di fronte alla
dubbia fedeltà dell’esercito e della Guardia Civil, il re decise di andare in esilio
prima di essere costretto a farlo con la forza. Il 14 aprile venne proclamata la
Seconda Repubblica spagnola.
Nonostante le innumerevoli divergenze tra i partiti riformisti al governo,
questi erano uniti dalla speranza di usare il potere statale per ridimensionare
l’influenza reazionaria della Chiesa e dell’esercito, eliminare il latifondo e
concedere l’autonomia ai regionalisti baschi e catalani. In seguito alla fuga del re,
il potere venne assunto da un Governo provvisorio, presieduto da Niceto Alcalá
Zamora, la cui composizione era stata concordata dalle diverse forze politiche
della sinistra con il patto di San Sebastián, stipulato nell’agosto 1930.
Di fronte all’avvento della Repubblica, la reazione si divise in due gruppi:
quello degli accidentalisti e quello dei catastrofisti:
“I primi erano del parere che la forma del Governo, repubblicana o monarchica,
non fosse un fattore essenziale, bensì accidentale: ciò che contava in un regime era il
16
Preston, La guerra civile spagnola, cit., p. 26.
15
suo contenuto sociale. Ispirati da Ángel Herrera, il leader della ACNP (Asociación
Católica Nacional de Propagandistas), gli ‘accidentalisti’ adottarono una linea
legalitaria. Sotto la guida risoluta di un dinamico dirigente della ACNP, José María
Gil Robles, le vecchie Federazioni cattoliche agrarie si costituirono in una nuova
formazione politica, Acción Popular”
17
.
I catastrofisti, invece, si opponevano radicalmente alla Repubblica, che
ritenevano fosse necessario distruggere con una grande insurrezione. I principali
gruppi catastrofisti erano la Comunione tradizionale dei carlisti, dotata di una
milizia fanatica, il Requeté, che tra il 1934 e il 1936 si addestrò nell’Italia fascista;
i monarchici alfonsini, sostenitori dell’ex re Alfonso XIII e del generale Primo de
Rivera, che, con il loro quotidiano, Acción Española, ed il loro partito,
Renovación Española, contribuirono notevolmente sia al colpo di Stato del 1936,
sia alla formazione dell’ideologia franchista; una serie di formazioni fasciste che,
dal 1935, sotto la guida di José Antonio Primo de Rivera, figlio dell’ex dittatore,
si fusero formando la Falange Española de las Juntas de Ofensiva Nacional
Sindicalista.
I due grandi nemici della Repubblica erano i tradizionali poteri della
Spagna: la Chiesa e l’esercito.
Le forze armate erano contrarie alla disponibilità che il nuovo regime
sembrava accordare ai movimenti di autonomia regionale, di cui quello basco e
catalano erano potenziati dalla vitalità industriale e dalle tradizioni commerciali di
queste due ricche regioni, entrambe di lingua non castigliana. Ad inasprire la
situazione, intervenne una serie di decreti volti a sfoltire il corpo degli ufficiali e a
migliorare l’efficienza dell’esercito (oltre che ad allontanare alcuni dei militari
monarchici più pericolosi), emanati, nel mese di maggio, dal ministro della
Guerra, Manuel Azaña. L’obiettivo di Azaña era “dotare la Spagna di un esercito
non politicizzato, contrariamente a quanto desiderava la destra, la quale riteneva
che la prima funzione dell’esercito fosse difendere i suoi interessi economici e
sociali”
18
. “Era una riforma necessaria, con la quale il ministro sperava di
contenere le ambizioni politiche delle forze armate, e per molti versi era anche
una riforma generosa, perché agli 8000 ufficiali in soprannumero veniva offerto il
17
Ivi, p. 33.
18
Ivi, p. 37.
16
congedo a stipendio pieno”
19
. Tuttavia, questa venne accolta da una fortissima
opposizione, soprattutto da parte degli africanistas, gli ufficiali che avevano
prestato servizio nei possedimenti coloniali in Africa.
Il legame che la monarchia aveva stabilito con la Chiesa non era meno
intenso di quello che l’aveva legata all’esercito. Questo, unito all’anticlericalismo
di cui da sempre erano accusate le forze repubblicane, provocò grande
inquietudine tra le file del clero e delle gerarchie ecclesiastiche in seguito alla
proclamazione della Repubblica. Nel mese di maggio, una pastorale del cardinale
Segura, arcivescovo di Toledo, invitò i cattolici ad armarsi contro la Repubblica
ed i nemici della religione, ricordando le minacce dell’anarchia a cui la Spagna
era esposta ed esprimendo la gratitudine della Chiesa nei confronti della
monarchia. Il Governo dichiarò il prelato incompatibile con il nuovo regime e ne
decretò l’espulsione. Gli incidenti che seguirono diedero luogo ad un’esplosione
di violenza anticlericale, durante la quale alcuni gruppi si abbandonarono ad atti
vandalici e bruciarono chiese e conventi in diverse città del Paese.
Ad aumentare lo scontro tra il Governo repubblicano e la Chiesa
intervenne la Costituzione, “democratica, laica, riformatrice e liberale”
20
,
approvata il 9 dicembre 1931. L’articolo 1 definiva la Spagna come “una
República de trabajadores de todas las clases”. “Il potere legislativo ed esecutivo
erano accentrati in un Parlamento unicamerale; tutte le elezioni alle Cortes e alle
amministrazioni comunali dovevano compiersi a suffragio universale, diretto e
segreto”
21
.
Le polemiche riguardarono soprattutto l’articolo 26, che prevedeva una
serie di tagli ai finanziamenti riservati al clero e agli ordini religiosi, lo
scioglimento di alcuni di essi, fra cui quello dei gesuiti, e poneva alcuni limiti alle
ricchezze della Chiesa. Inoltre, il Governo provvisorio aveva stabilito, tramite
decreto, la libertà religiosa, mentre l’articolo 3 della Costituzione, oltre a
dichiarare la separazione tra Stato e Chiesa, proclamava l’inesistenza di una
religione ufficiale nazionale. L’approvazione dell’articolo 26 aprì la prima crisi
19
Ivi, p. 36.
20
Ivi, p. 40.
21
Gabriel Jackson, La Repubblica spagnola e la guerra civile, 1931-1939, Milano, Net, 2003 (ed.
originale The spanish Republic and the civil war, Princeton, Princeton Univerity Press, 1965), p.
60.
17
ministeriale all’interno del nuovo regime: il primo ministro, Alcalá Zamora, ed il
ministro degli Interni, Miguel Maura, entrambi cattolici, si dimisero ed Azaña,
all’apice della sua carriera politica proprio grazie al dibattito sull’articolo 26,
divenne primo ministro, carica che ricoprirà fino al settembre 1933.
All’inizio del 1932, altri due provvedimenti laici vennero adottati dal
Governo Azaña: la prima legge spagnola sul divorzio e quella sulla laicizzazione
dei cimiteri:
“Tutti questi gesti erano visti, dalla Chiesa, tanto oltraggiosi quanto illegali.
Almeno in teoria, le relazioni tra Chiesa e Stato in Spagna erano ancora regolate dal
concordato del 1851, secondo il quale la religione cattolica doveva essere mantenuta
come religione ufficiale della Spagna. Secondo i precetti generali della Chiesa, il
matrimonio doveva essere un sacramento, e tutta l’istruzione, pubblica e privata,
doveva conformarsi alla dottrina cattolica”
22
.
Il 10 agosto 1932 ebbe luogo la Sanjurjada, il colpo di Stato guidato dal
generale José Sanjurjo, che, portato avanti senza adeguata preparazione, venne
facilmente neutralizzato. Di fronte ad una Spagna per lo più inerte, il generale
abbandonò i suoi piani, si costituì e fu condannato a morte, condanna poi
commutata nel carcere a vita. Nel 1934, il nuovo Governo di destra concesse la
grazia al generale e agli altri congiuranti.
Motivo di violenta opposizione alla Repubblica fu lo Statuto catalano,
considerato dall’esercito e dai conservatori un attacco all’unità nazionale.
Francesc Macià, leader della Esquerra Republicana de Catalunya, parlava di
indipendenza della Repubblica catalana ed il Governo aveva promesso uno
Statuto autonomo in tempi brevi, cosa che fece infuriare l’esercito. Lo Statuto,
approvato nel settembre 1932 dopo mesi di discussioni parlamentari, concedeva
alla Catalogna il controllo sull’amministrazione locale tramite un proprio
Parlamento, la Generalitat, e garantiva pari dignità al castigliano e al catalano
come lingue nazionali. Il Governo catalano non si vide assegnare alcuna sovranità
ma ottenne una serie di poteri, il più importante dei quali era il controllo locale
dell’ordine pubblico.
22
Ivi, p. 73.
18
Nel frattempo, la situazione delle campagne andava peggiorando. Il
ministro del Lavoro, Francisco Largo Caballero, e quello della Giustizia,
Fernando de los Ríos, avevano emanato una serie di decreti riguardanti fittavoli e
braccianti. I primi venivano tutelati dallo sfratto, mentre ai braccianti che si
riunivano in collettivi si prometteva un trattamento preferenziale nella
concessione dei fitti. Agli operai giornalieri veniva garantita la giornata lavorativa
di otto ore, equivalente ad un aumento salariale, e nelle campagne si
introducevano collegi arbitrali che dovevano fungere da strumenti di
contrattazione sotto la supervisione statale. Inoltre, il decreto “Términos
municipales” impediva a coloni e proprietari di importare manodopera migratoria
finchè non si fosse esaurita la disponibilità di quella locale, mentre con il decreto
“Laboreo forzoso” si faceva divieto ai proprietari di mettere a riposo terreni che
tradizionalmente erano stati coltivati. Queste misure a favore della Spagna
contadina spostarono, per la prima volta, l’equilibrio dei diritti legali a vantaggio
del proletariato rurale, tuttavia non erano sufficienti per risolvere la drammatica
situazione delle campagne. Il Governo non aveva nessuno strumento per far
rispettare i nuovi decreti, che rimanevano per lo più inosservati di fronte allo
strapotere dei latifondisti. I proprietari terrieri continuavano ad esercitare il loro
potere sui braccianti, mentre la Guardia Civil, al loro servizio, si incaricava di una
feroce repressione. Gli anarchici e la FNTT (Federación Nacional de Trabajadores
de la Tierra), fondata nell’aprile 1930, chiedevano l’esproprio e la creazione di
collettivi agricoli, ma i repubblicani, più moderati e rispettosi della proprietà
privata, rifiutavano di accettare le loro proposte.
“Il Governo repubblicano si dibatteva in un terribile dilemma: se avesse accolto
la richiesta delle classi inferiori di espropriare i grandi latifondi e occupare le terre,
sarebbe probabilmente intervenuto l’esercito, annientando la Repubblica. Se avesse
represso le agitazioni rivoluzionarie per tranquillizzare le classi abbienti, avrebbe
perso il sostegno della classe operaia. La coalizione repubblicano-socialista tentò di
percorrere una via mediana, finendo per scontentare gli uni e gli altri”
23
.
La riforma agraria venne finalmente approvata nel settembre 1932.
Sebbene prevedesse l’esproprio di milioni di ettari appartenenti alla nobiltà e
23
Preston, La guerra civile spagnola, cit., p. 39.
19
disponesse che la terra potesse essere sfruttata sia individualmente che
collettivamente, non ottenne i risultati sperati. Per quanto rivoluzionaria nelle sue
implicazioni, e nonostante la creazione di un Istituto per la riforma agraria
incaricato di sovrintendere alle operazioni, la legge produsse pochi cambiamenti
prima che il ministero Azaña venisse sostituito, nel 1933, da un Governo di destra
ansioso di abbandonare la politica del trasferimento della proprietà della terra.
La violenza dovuta ai problemi agricoli irrisolti latente a livello locale si
trasmise alla politica nazionale, “in cui si sviluppò un’ostilità sempre più forte fra
il PSOE e il nuovo raggruppamento di destra, la CEDA, Confederación Española
de Derechas Autónomas. Nata da una costola di Acción Popular e da almeno altri
quaranta gruppi di destra, la CEDA era una creatura di José María Gil Robles”
24
.
Alle elezioni del 19 novembre del 1933, “gli anarchici, che nel 1931
avevano votato per i partiti di sinistra, optarono per l’astensionismo”, mentre “i
socialisti avevano perso a tal punto la fiducia nelle possibilità della democrazia
borghese che rifiutarono di coalizzarsi con i repubblicani di sinistra”
25
ed i
radicali si schierarono con la destra. La destra, invece, si presentò in modo
unitario: rientravano nella Unión de Derechas i partiti monarchici tradizionali
(Renovación Española, Tradicionalistas, Partido Agrario) e la CEDA. Con una
legge elettorale che premiava notevolmente le coalizioni, l’Unión de Derechas
ottenne una vittoria schiacciante.
I due anni successivi, il cosiddetto bienio negro, si aprirono con un
Governo guidato da Alejandro Lerroux, leader del Partido Radical. Ovunque
dilagavano i disordini. Gil Robles faticava a controllare il movimento giovanile
della CEDA, la JAP (Juventud de Acción Popular), sedotta dall’esempio italiano e
tedesco, mentre erano sempre più numerosi i monarchici che puntavano
sull’organizzazione fascista di Primo de Rivera:
“Dal 1933 al 1936 la Falange Española de las JONS fu il serbatoio che fornì
all’alta borghesia i mestatori per provocare scontri di piazza e diffondere
24
Ivi, p. 47.
25
Ivi, p. 38.
20
quell’illegalità che, strombazzata dalla stampa di destra, sarebbe stata utilizzata per
giustificare l’insurrezione militare”
26
.
Anche il movimento giovanile del PSOE, la FJS (Federación de
Juventudes Socialistas) premeva per una radicalizzazione dello scontro politico,
mentre nelle maggiori università si agitava la FUE (Federación Universitaria
Española), di ispirazione marxista, gli studenti cattolici avevano fondato
organizzazioni proprie altrettanto attive e la Falange aveva creato il SEU
(Sindicato Español Universitario).
Gli scontri di strada tra fazioni si moltiplicavano e quello che accadeva
nell’arena politica ufficiale non contribuiva a portare pace sociale. Nell’aprile del
1934, Lerroux si dimise di fronte all’esitazione del Presidente della Repubblica,
Alcalá Zamora, a firmare il decreto di amnistia per gli ufficiali coinvolti nel golpe
di Sanjurjo. “Socialisti e repubblicani giudicavano quel decreto un segnale con cui
il Governo comunicava ai militari che avrebbero potuto ricorrere al colpo di Stato
non appena la situazione politica non fosse stata di loro gradimento”
27
. Durante
tutto il 1934 ed il 1935 si susseguirono scontri di piazza, scioperi, rivolte nelle
campagne e crisi di governo.
“L’effettiva politica spagnola assunse ora nuove e pericolose forme al di
fuori delle Cortes. Ciascun partito di massa, CEDA e socialisti, aveva una propria
organizzazione giovanile, il cui comune denominatore saliente era il rigetto dei
capi moderati della vecchia generazione”
28
. L’instabilità politica portò a nuove
elezioni il 16 febbraio 1936, concepite e presentate agli elettori da entrambe le
coalizioni come l’estrema lotta tra il bene e il male. La sinistra, unita nel Fronte
Popolare, vinse di stretta misura, ma conquistò una notevole maggioranza alle
Cortes. “La destra ne concluse che i risultati elettorali dimostravano la futilità
della scelta legalitaria e dell’‘accidentalismo’. Era suonata l’ora dei
‘catastrofisti’”
29
.
La sconfitta elettorale della CEDA segnò la fine del moderatismo e Gil
Robles consegnò i fondi elettorali del suo partito al capo dei militari golpisti, il
26
Ivi, p. 55.
27
Ibidem.
28
Jackson, La Repubblica spagnola, cit., p. 204.
29
Preston, La guerra civile spagnola, cit., p. 66.
21
generale Emilio Mola. “Quanto fosse cambiata l’atmosfera, lo si capì dalla
sorprendente ascesa della Falange. Approfittando della delusione delle classi
medie per la tattica legalitaria della CEDA, il movimento conobbe un’espansione
tumultuosa: attratta dal suo codice della violenza, la JAP al completo passò fra le
sue file”
30
.
“L’esperienza del fascismo si inserì in Spagna in una situazione caratterizzata
dal tentativo di trovare una via d’uscita a una crisi di lungo periodo, crisi a un tempo
di modernizzazione e di un’identità da ritrovare dopo la sconfitta del 1898 e la
perdita dell’impero coloniale. La dittatura di Miguel Primo de Rivera portò in
Spagna le prime suggestioni del fascismo italiano. Non risolse i problemi e alimentò
il potenziale antidemocratico, da qui scaturì la crisi nel rapporto tra le classi, di
fiducia nello Stato che attraverso la caduta della monarchia portò alla Costituzione
repubblicana e al confronto destra-sinistra che sarebbe sfociato nella guerra civile”
31
.
30
Ivi, pp. 70-71.
31
Enzo Collotti, Fascismo, fascismi, Milano, Sansoni, 1989, pp. 105-106.