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2. L’opera Buffa: origini e principali caratteristiche.
È evidente che, se Stendhal la definì “La perfezione dell’opera buffa”, L’italiana in
Algeri rappresenti un appuntamento fondamentale nella storia di tale genere. Per questo
motivo in questo capitolo mi soffermerò sulle origini e le caratteristiche di questa forma
di teatro musicale.
Nata in Italia agli inizi del XVIII secolo, alternativamente denominata anche con
espressioni come “commedia per musica” o “dramma giocoso”, l’opera buffa appartiene
ad un filone specifico del genere della commedia musicale storiograficamente distinto
da altre forme di commedia in musica già esistenti in precedenza
8
.
Il centro più importante e fecondo per il suo sviluppo fu la città di Napoli, nella quale
furono messi in scena i primi esempi, purtroppo perduti, di cui si ha notizia: La Cilla di
Michelangelo Faggioli su testo di F.A. Tullio, rappresentata nel 1706 in una casa privata,
e Patrò Calienno della Costa di Antonio Orefice su libretto di A. Mercotellis, messa in
scena al Teatro dei Fiorentini nel 1709.
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L’opera che però viene tradizionalmente
considerata come punto di inizio del genere buffo è La serva padrona di Giovanni
Battista Pergolesi, rappresentata per la prima volta il 28 agosto del 1733 al Teatro San
Bartolomeo di Napoli, come intermezzo
10
dell’opera seria Il prigionier superbo dello
stesso autore. A partire da questo momento il genere subisce una rapida evoluzione
trovando ben presto ampia fortuna in tutta Europa (fatta eccezione per la Francia
11
) e
soprattutto a Venezia, annoverando tra i suoi maggiori esponenti famosissimi
8
Prima dell’opera buffa c’erano già state commedie in musica (basti pensare a Il Falcone di Virgilio Mazzocchi,
risalente al 1637) o comunque scene comiche inserite all’interno di opere di soggetto drammatico (vedi Fedele
D’Amico: op. cit, p.63).
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Va ricordato tuttavia che allo stesso genere vengono assimilate anche altre opere comiche precedenti la cui origine
napoletana non è tuttora accertata (vedi Fedele D’Amico: op. cit, p.63).
10
Di solito due brevi atti con due soli personaggi, rappresentati alternativamente tra gli atti di un’opera seria (vedi
Fedele D’Amico: op. cit, p.63).
11
Con la messa in scena de La serva padrona all’Opera di Parigi (teatro consacrato alla tragèdie-lyrique di Lully e
Rameau) si riaccese una vecchia polemica tra “buffonisti”, ossia sostenitori della musica italiana, e “antibuffonisti”,
sostenitori della musica francese (vedi Serva padrona, La, in Salvatore Caruselli (a cura di): Grande enciclopedia
della musica lirica. Roma: Longanesi & C. Periodici, 1986, vol. 4, p. 1137).
10
compositori tra i quali ricordiamo, oltre che Pergolesi, Giovanni Paisiello, Domenico
Cimarosa, Niccolò Piccinnini e lo stesso Mozart.
Già ne La serva padrona possiamo individuare alcune delle caratteristiche fondamentali
dell’opera buffa, che rimangono le stesse sia nella sua forma propria che in quella breve
degli intermezzi, ossia l’ambientazione borghese e i protagonisti contemporanei (in
genere di bassa estrazione o borghesi, ma spesso anche nobili), che costituiscono la
principale differenza con l’opera seria. Quest’ultima infatti, considerata all’epoca il
genere più alto, metteva in scena personaggi illustri, generalmente dei ed eroi della
mitologia o, in alternativa, nobili e cavalieri. Da questa prima distinzione derivano una
serie di conseguenze, tra le quali l’utilizzo di un linguaggio più comune e spesso
dialettale (per alcuni decenni i testi furono quasi tutti in dialetto), una maggiore
possibilità di piani drammatici (quindi più libertà dal punto di vista drammaturgico) e
l’approfondimento della psicologia dei personaggi, che risultano in questo caso
fortemente tipizzati.
Essendo ispirati a uomini comuni, i protagonisti avevano voci più naturali rispetto a
quelli dell’opera seria, nella quale invece primeggiava il canto trascendente e
assolutamente innaturale dei castrati. Per questo motivo i cosiddetti “buffi”
12
erano
spesso più attori in grado di cantare che cantanti veri e propri, come i performers degli
odierni musical, e di conseguenza lo stile vocale di tale genere fu per molto tempo
estremamente semplice. Tuttavia non va dimenticato che, durante il corso della sua
storia, anche l’opera buffa accolse la tecnica vocale e le arie virtuosistiche, e soprattutto
nella sua variante che prese il nome di “opera di mezzo carattere”, derivante da
contaminazioni con la comèdie larmoyante (commedia lacrimosa) francese,
caratterizzata da venature più patetiche. Questo progresso nell’ambito della tecnica
vocale, richiese l’impiego di cantanti più esperti, talora provenienti dall’opera seria. A
raggiungere il culmine di tale evoluzione fu Domenico Cimarosa con Il matrimonio
segreto, l’unica opera del Settecento italiano che rimase nel repertorio operistico per
tutto il corso dell’Ottocento.
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Termine usato in senso lato per indicare un cantante di opera comica, senza fare riferimento ad uno specifico tipo
di voce. In senso stretto invece, il termine si riferisce ad interpreti comici di parti maschili, con voce di basso o talvolta
di baritono (vedi Buffo in Salvatore Caruselli (a cura di): op. cit., vol.1, p.195).
11
La maggiore naturalezza e la conseguente rinuncia agli evirati
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consentirono alla voce
del soprano di legarsi strettamente ai ruoli femminili, contrapponendosi ad autentiche
voci virili. Questo determinò un altro degli aspetti fondamentali del dramma giocoso: la
formazione di tipi fissi legati alle tipologie drammatico vocali. Ad ogni tipologia vocale
infatti veniva associato un ruolo drammatico secondo dei criteri che, salvo alcune
eccezioni, si rifacevano grossomodo al seguente schema:
la donna giovane, graziosa, a volte malinconica, a volte “civetta”, interpretata in
genere dal soprano;
la rivale, la donna più anziana, o comunque la meno attraente, associata alla voce
del contralto;
l’antagonista maschile, il “Buffo” per eccellenza, ossia il basso-baritono;
il giovane innamorato o in alternativa un personaggio comico
14
o un mezzo
carattere, impersonato dal tenore.
Era ammessa talvolta l’assunzione di personaggi maschili da parte di interpreti
femminili (soprano o contralto en travesti
15
) nel caso in cui il personaggio in questione
fosse un ragazzo, come avviene ad esempio ne Le Nozze di Figaro di Mozart per la parte
di Cherubino.
Un’ulteriore innovazione, riguardante in questo caso l’aspetto musicale, introdotta
dall’opera buffa, fu il superamento progressivo della semplice alternanza di arie e
recitativi, alla quale subentrarono invece duetti, terzetti e concertati che permisero
musicalmente l’incontro tra i vari personaggi e lo svolgimento dell’azione anche durante
le parti cantate. Queste parti di insieme aumentarono sempre più di importanza nel corso
del tempo e in modo particolare, nei finali d’atto
16
.
La maggiore libertà e una poetica fondata sull’azione e sui caratteri psicologici,
consentirono all’opera buffa di superare la sua rivale, l’opera seria, sulla quale arrivò a
13
Nell’opera buffa si rinunciò quasi del tutto ai castrati, a meno che la legge non vietasse espressamente alle donne
di recitare per legge (vedi Fedele D’Amico: op. cit, p.64).
14
Questo soprattutto agli inizi del genere (vedi Fedele D’Amico: op. cit, p.65).
15
Espressione derivante dal francese che significa “mascherato”, “travestito”, con la quale si indica un ruolo che
richiede un travestimento, generalmente una donna che interpreta una parte di un uomo. Sebbene risalga agli albori
del melodramma, tale pratica divenne sempre più frequente durante l’Ottocento, intensificata dal declino della figura
del castrato, per poi essere quasi del tutto abbandonata con il Romanticismo, che sostenendo la poetica della
verosimiglianza storica e del realismo, tenta di eliminare una inverosimiglianza così evidente. (vedi travesti, in
Salvatore Caruselli (a cura di): op. cit., vol.4, p.1218).
16
Tale caratteristica è evidente anche ne L’italiana in Algeri di Rossini, in particolare nel finale primo atto.
12
primeggiare alla fine del Settecento, e di diventare fondamentale modello per lo
sviluppo della successiva musica romantica (in particolare grazie ad opere come Il
matrimonio segreto di Cimarosa e il Don Giovanni di Mozart).
13
3. Rossini e il teatro rossiniano
“Sono nato per l’opera buffa…Poca dottrina, un po’ di cuore, è tutto qui.”
(G. Rossini)
17
Lo stesso Rossini con queste parole, appuntate al margine di una pagina di una delle sue
ultime composizioni (la Petite Messe solenne appartenente ai Peches de veiellesse, ossia
i “Peccati di vecchiaia”), dimostra di essere consapevole che l’opera buffa fosse il
genere a lui più congeniale. Nonostante la maggior parte della sua produzione sia
costituita da opere serie, questo grande compositore, infatti, è conosciuto e ammirato
soprattutto per i suoi drammi giocosi, la cui fama e grandezza fu difficilmente eguagliata
negli anni a venire.
L’avvento di Rossini fu senza dubbio una ventata di freschezza nel panorama operistico
italiano d’inizio Ottocento, periodo nel quale i maestri del secolo precedente erano
scomparsi o prossimi al congedo (Cimarosa era morto nel 1801 e Paisiello smise di
comporre nel 1802), e i compositori più originali del tempo (Luigi Cherubini e Gaspare
Spontini) si erano trasferiti all’estero. Egli fu il solo in grado di riaffermare il primato
operistico italiano grazie alle sue novità.
3.1. La vita
Nato a Pesaro nel 1792, fin da bambino Gioacchino Rossini non fu estraneo al mondo
della musica, essendo il padre, Giuseppe Antonio Rossini, suonatore di tromba nella
banda cittadina, e la madre, Anna Guidardini, un ottimo soprano naturale, militante per
un breve periodo nei teatri di provincia. In seguito ad una serie di vicissitudini politiche
legate all’invasione francese del 1797, nel 1802 l’intera famiglia si trasferì a Lugo, città
d’origine del padre di Rossini, dove il giovanissimo Gioacchino cominciò i suoi primi
studi musicali
18
, che proseguì a Bologna prima privatamente, poi presso il neonato liceo
musicale diretto da padre Stanislao Mattei. Qui agli studi di composizione, del
17
Vedi Giovanni Gavazzeni (a cura di): L’italiana in Algeri. Bologna: Pendragon, 2007, p. 124.
18
In particolare del Canto, del cembalo e degli strumenti ad arco (vedi Fabrizio Della Seta: Italia e Francia
Nell’Ottocento. Volume 9 di Storia della musica. Torino: EDT Srl,
2
1991 (
1
1982), p.75).
14
contrappunto e dei capolavori cameristici di Haydn e Mozart, affiancò un apprendistato
pratico che gli permise di collaborare a varie rappresentazioni d’opera come musicista
e come cantante.
Nonostante la sua breve durata (egli smise di scrivere opere a soli 37 anni), la carriera
operistica di Rossini cominciò molto presto. Dopo aver scritto la sua prima opera seria,
il Demetrio e Polibio
19
, egli esordì in teatro nel 1810 al S. Moisè di Venezia con la farsa
in un atto La cambiale di matrimonio, raggiungendo subito un successo tale da essere
scritturato per un’opera buffa, L’equivoco stravagante, da mettere in scena al Teatro del
corso di Bologna. Si apre così la prima fase dell’attività creativa rossiniana, che si svolse
principalmente tra le città di Venezia e Milano, della quale ricordiamo le seguenti opere:
La pietra del paragone, L’inganno felice, La scala di seta, L’occasione fa il ladro. A
questo periodo risalgono anche l’italiana in Algeri e il Tancredi che segnarono la
definitiva affermazione di Rossini come primo compositore d’Italia, seguite da l’Aurelio
in Palmira, Il turco in Italia e dal Sigismondo, che non raggiunsero però la stessa fama.
Ormai già affermato, nel 1815 Rossini venne invitato a Napoli dall’impresario
Domenico Barbaja, che gli affidò la direzione del Teatro san Carlo e del Teatro del
Fondo, occasione che fornì al compositore disponibilità orchestrali e di messa in scena
molto favorevoli, nonché una straordinaria compagnia di canto, della quale faceva parte
anche la cantante Isabella Colbran, sua futura moglie. In questo periodo egli scrisse i
suoi più grandi capolavori: 9 opere serie con finale tragico (tra cui Elisabetta regina
d’Inghilterra, Otello, Armida, Mosè in Egitto, Maometto II, Zelmira), le opere buffe Il
barbiere di Siviglia e La cenerentola e l’opera semiseria La gazza ladra. A segnare la
fine del soggiorno Napoletano fu il matrimonio con la Colbran, in seguito al quale i
rapporti con Domenico Barbaja si raffreddarono (la cantante era stata per molti anni
amante dell’impresario). Così Rossini, nel 1823, concluse la sua carriera italiana con la
Semiramide, messa in scena al teatro la Fenice di Venezia, per poi trasferirsi all’estero
dove la sua fama si era ormai già diffusa
20
.
19
Fu messa in scena per la prima volta solamente nel 1812 al Teatro Valle di Roma (vedi Rossini, Gioacchino, in
Salvatore Caruselli (a cura di): op. cit., vol.4, p.1072).
20
Questo già a partire dal 1817 con la rappresentazione dell’italiana in Algeri a Parigi e della Zelmira a Vienna nel
1822 (vedi Rossini, Gioacchino, in Salvatore Caruselli (a cura di): op. cit., vol.4, p.1072).