Prefazione
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Prefazione
Il progressivo innalzamento dell’età media verificatosi nei paesi più
industrializzati negli ultimi decenni, unitamente ad un aumento
dell’aspettativa di vita, ha portato in primo piano molte problematiche relative
alla cura ed all’assistenza delle persone anziane o disabili. La necessità di
garantire uno standard di vita accettabile anche ad individui parzialmente non
autosufficienti ha spinto la ricerca scientifica nell’ambito delle tecnologie
assistive, dove per tecnologie assistive sono intese tutte quelle soluzioni
tecniche, hardware e software, che permettano di ridurre ai minimi termini le
condizioni di disagio di anziani e diversamente abili.
L’obiettivo che ci si è proposti è la realizzazione di un sistema di assistenza
per persone parzialmente non autosufficienti. Esso rientra in un progetto a
più ampio respiro nell’ambito delle tecnologie assistive, e costituisce una
sperimentazione sul campo delle tecnologie domotiche e dell’automazione; in
particolare è già stato realizzato ed è tuttora in fase di sperimentazione in
una residenza protetta per anziani a Cà Bonaparte frazione di Neviano degli
Arduini in provincia di Parma, un sistema domotico basato su rete Ethernet.
In questo sistema sono presenti numerosi sensori per il controllo ambientale ,
atti alla rilevazione di movimento, fumo, temperatura e allagamento, in modo
che alle classiche funzioni di automazione domestica, come l’accensione e lo
spegnimento automatico delle luci o il controllo dei consumi, si possano
affiancare servizi avanzati, come la definizione di regole di intervento a
seguito di particolari eventi. Si pensi ad esempio al caso di un allagamento:
sarebbe possibile in tal caso comandare tempestivamente l’interruzione
dell’erogazione dell’acqua e della corrente elettrica. I vantaggi di questo
sistema rispetto alle soluzioni commerciali già disponibili sono molteplici: in
primo luogo, la completa programmabilità e configurabilità è fondamentale
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per applicazioni di tecnologie assistive, poichè i soggetti ai quali si rivolgono
soffriranno di patologie differenti tra loro, ed è necessario perciò un
trattamento ad hoc a seconda dei casi. In secondo luogo, il sistema si basa
su tecnologie di largo consumo e non dedicate alla demotica: questo
comporta l’abbattimento dei costi dell’infrastruttura nonché la possibilità di
espandere facilmente il sistema, potendo contare su un numero maggiore di
ausilii.
Il sistema già realizzato può quindi accogliere nuovi ed avanzati servizi: nel
caso specifico, l’idea è quella di dotare ogni anziano di un terminale mobile,
celato in oggetti di uso comune, dotato di un pulsante di allarme in grado di
segnalare la necessità di soccorso ad una struttura di assistenza
centralizzata. Questo rappresenta la declinazione più semplice possibile del
sistema desiderato, ma può essere esteso allo scopo di rilevare cadute
(attraverso l’integrazione di un accelerometro con adeguate elaborazioni di
segnale), in modo tale che l’invio di un messaggio di richiesta di aiuto
avvenga anche senza la pressione del pulsante di soccorso, o di mantenere
sotto continuo controllo alcuni parametri vitali del paziente, per poter
intervenire tempestivamente in caso di anomalie.
Un ulteriore nodo mobile verrebbe dato in dotazione alla persona addetta alla
cura dell’anziano, cosicché possa essere avvertita tempestivamente di ogni
richiesta di aiuto del proprio assistito.
Come è facilmente intuibile, esistono alcuni importanti vincoli alla
realizzazione di sistemi come quello suggerito: ad esempio, il terminale
mobile dovrà essere invasivo il meno possibile, e ciò si tradurrà in dimensioni
minime, estrema semplicità d’uso, consumi ridotti e impiego di tecnologie di
comunicazione wireless; cionondimeno, il costo del singolo terminale dovrà
essere particolarmente contenuto, specie se lo si pensa in un contesto di
ampie WSN (Wireless Sensor Network), delle quali ci si occuperà nel
capitolo 1.
Le ragioni di questi vincoli sono evidenti: le dimensioni ridotte consentono di
celare il dispositivo in oggetti di uso quotidiano (cinture, spille, etc), ciò
nell’ottica di alterare il meno possibile la vita di persone anziane che
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potrebbero risultare intimorite da un oggetto ingombrante o pesante da
indossare tutto il giorno. Anche la semplicità nell’utilizzo si rifà a questo
proposito, poiché in caso di necessità, l’operazione da svolgere per chiedere
aiuto dovrà essere il più possibile naturale. La portabilità impone poi
l’impiego di tecnologie di comunicazione wireless, e così pure richiede
alimentazione a batteria; ciò significa un notevole impegno verso la riduzione
dei consumi al minimo per poter dilazionare il più possibile la sostituzione
della stessa, unica operazione che dovrà essere svolta sul terminale mobile
in fase di funzionamento a regime.
In virtù delle funzionalità implementate dal terminale mobile, poi, dovranno
essere studiate politiche di gestione dello stesso, compatibilmente con i
compromessi già elencati in precedenza.
Posto che il vincolo relativo alle minime dimensioni del sensore mobile è
subordinato alle attività previste ed alla tecnologia impiegata per la
produzione, ci si soffermerà maggiormente sugli altri aspetti relativi alla
progettazione, ovvero la dissipazione di potenza e la struttura delle reti
wireless in cui i sensori interagiscono.
Per quanto concerne quest’ultimo argomento, fondamentale risulta essere la
scelta del protocollo di rete: esso dovrà garantire comunicazioni affidabili, su
distanze medio-basse, con un minimo consumo di potenza, almeno sul lato
mobile. In quest’ottica si possono individuare alcune alternative disponibili sul
mercato, che verranno confrontate per trovare la soluzione più adatta allo
scopo.
Non meno importante sarà la realizzazione hardware del dispositivo mobile
di cui sopra: per conseguire i risultati desiderati in termini di consumo di
potenza, di funzionalità implementate, e dimensioni sarà indispensabile una
scelta accorta dei componenti (microcontrollori low-power, sensori MEMS -
Micro Electro Mechanical Systems -, transceiver radio etc).
Nel primo capitolo è esposta una panoramica sulle reti di sensori wireless,
seguita dalle valutazioni che hanno portato alla scelta del protocollo di rete e
dalle considerazioni sul consumo di potenza nei dispositivi mobili all’interno
di reti wireless.
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Nel secondo capitolo verrà approfondito lo standard di rete ZigBee,
presentato nell’implementazione Microchip utilizzata.
Nel terzo capitolo verrà esposto il firmware compilato per realizzare
l’infrastruttura di rete richiesta, con particolare rilievo per le funzionalità
relative alla localizzazione.
Nel quarto capitolo verrà mostrato il software di controllo e comando della
rete, sviluppato in ambiente Visual Basic.
Nel quinto capitolo si approfondiranno le tematiche di localizzazione,
illustrando diversi approcci vagliati attraverso misure e simulazioni.
Nel sesto capitolo verranno tirate le conclusioni del lavoro svolto, indicando i
risultati ottenuti e specificando i possibili sviluppi futuri.
In appendice è riportato un documento attestante lo studio preliminare svolto
per tracciare le linee guida utili alla scelta dei componenti di un sensore
wireless.
Capitolo 1
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Capitolo 1
1.1 Wireless Sensor Network
Quello delle tecnologie assistive è solo uno dei campi in cui le reti di sensori
wireless si stanno diffondendo a macchia d’olio negli ultimi anni. In molti altri
ambiti (monitoraggio ambientale, logistica industriale, sistemi di sicurezza,
domotica, etc) sono in continua crescita le ricerche e le applicazioni: si può
considerare questo fenomeno come un ulteriore passo in avanti nel trend che
privilegia l’elaborazione distribuita a discapito dei grandi sistemi di calcolo
centralizzati. Per una panoramica su soluzioni commerciali di sensori mobili e
linee guida per la scelta dei componenti di terminali di questo tipo si rimanda
all’appendice dedicata.
Di norma una WSN si compone di un numero molto variabile di terminali
mobili, intercomunicanti tra loro o meno a seconda della topologia di rete,
amministrati da un coordinatore di rete che si occupa di raccogliere ed
elaborare i dati già parzialmente processati da essi, oltre ad attuare le
indispensabili politiche di gestione dei sensori.
Da queste prime parole emergono chiaramente i due limiti principali che
devono essere superati per poter rendere vantaggiosa una WSN rispetto
all’equivalente soluzione cablata: la modesta quantità di energia resa
disponibile dall’alimentazione a batteria ed il costo per singolo terminale.
Partendo da quest’ultimo aspetto, c’è da considerare che una rete di questo
tipo può arrivare a contare decine o centinaia di nodi mobili, ed in futuro si
spera di poter estendere questo limite alle migliaia di unità, pertanto è
lampante come il costo unitario dei nodi non possa essere proibitivo, pena
rendere la soluzione WSN poco appetibile commercialmente. Da questo
punto di vista, l’esplosione delle reti di sensori senza fili non può che venire
in aiuto, poiché com’è ovvio, in una economia di scala, una maggiore
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domanda porta ad un calo generalizzato dei prezzi grazie all’aumento dei
volumi di produzione e di vendita.
Più critico è il problema energetico: i terminali mobili devono essere
necessariamente alimentati con batterie, le quali non seguono lo sviluppo
tecnologico alla medesima velocità dei circuiti microelettronici: la capacità di
immagazzinare energia cresce molto più lentamente di quanto non faccia la
capacità computazionale dei moderni calcolatori. Dovendo estendere il più
possibile l’autonomia dei terminali mobili (che non saranno sempre
facilmente accessibili o ricaricabili), si dovranno seguire le uniche due strade
praticabili: contenimento del consumo di energia dei circuiti elettronici (con
tecniche produttive ed architetturali ma anche con adeguate politiche di
gestione) e tentativo di estrazione dall’ambiente di energia (Energy
Scavenging).
Detto ciò, non esistono altri vincoli significativi alla realizzazione di una WSN,
se non quelli che pone l’applicazione specifica: non è richiesta particolare
potenza di calcolo o memoria proprio perché ogni singolo nodo elabora una
minima mole di dati, e così pure non rappresentano un problema il basso
data rate ed il modesto raggio di comunicazione di rete.
1.2 Comunicazione wireless: Ottica Vs RF
Per poter conciliare tutti gli aspetti sin qui elencati, è indispensabile affidarsi
ad una infrastruttura di rete adeguata, basata su uno standard che consenta
di rispettare i vincoli su costi e consumi di potenza, in grado di configurare
dinamicamente ed autonomamente la rete senza interventi esterni, potendo
trascurare ciò che concerne le prestazioni velocistiche. A livello fisico
possiamo distinguere i due principali sistemi di comunicazione plausibili: RF
ed ottico, di cui vediamo un sintetico confronto in figura 1.1:
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Figura 1.1: confronto tra comunicazione ottica e a radiofrequenza
La soluzione ottica presenta diversi vantaggi, soprattutto in fatto di consumo
energetico, a maggior ragione se si impiegano tecniche di comunicazione
passive (il terminale mobile non emette alcun impulso ma si limita a riflettere,
attraverso un particolare tipo di MEMS, in modo differente un fascio laser
proveniente dalla stazione fissa, comunicando con una sorta di “codice
Morse”). Inoltre, le tecnologie IrDa sono sufficientemente mature per un loro
impiego su vasta scala. Per contro, sono limitate dal basso numero di
dispositivi che possono interagire ma soprattutto dall’ostacolo principale che
limita la diffusione delle comunicazioni ottiche: la necessità di visibilità tra
trasmettitore e ricevitore. Questo di fatto confina l’impiego dell’ottica ad
applicazioni di nicchia, lasciando la fetta di mercato maggiore alle soluzioni
RF, parecchio collaudate e più consone allo scopo, seppur meno efficienti
energeticamente e con qualche vincolo dimensionale in più.
Nel campo delle comunicazioni a radiofrequenza sono disponibili diversi
standard che possano indicativamente soddisfare le richieste avanzate in
fase di progetto: verranno di seguito esposti i principali candidati,
mostrandone pregi e difetti al fine di individuare il più adatto allo scopo, che
verrà poi sviscerato nel capitolo 2.