“L’obiettivo generale della politica turistica della
Sardegna […] è supportare un modello di sviluppo
turistico che porti maggiore prosperità al territorio
e al sistema economico sardo nel suo complesso
in un’ottica di sostenibilità”
1
. Così recita il Piano di
Marketing 2008 – 2009, lo strumento legislativo che
la Regione Sardegna ha promulgato per indirizzare
l’andamento futuro del turismo regionale.
La sostenibilità si definisce come la capacità di far
sviluppare un’economia, attraverso lo sfruttamento
delle risorse territoriali (paesaggistiche, culturali,
ecc), in modo tale che siano in grado di generare in
futuro almeno tanto reddito quanto sono capaci di
generarne oggi.
L’Associazione Italiana Turismo Responsabile
definisce il turismo sostenibile attraverso le seguenti
caratteristiche:
“DUREVOLE: non si basa sulla crescita a breve termine
della domanda ma sugli effetti a medio-lungo
termine del modello turistico adottato, cercando
di mettere in armonia la crescita economica e la
conservazione dell’ambiente e dell’identità locale,
fattori che costituiscono il principio attivo dello
sviluppo turistico nel tempo.
DIMENSIONATO E RISPETTOSO DELL’AMBIENTE:
dimensionato nel tempo, per ridurre gli effetti legati
alla stagionalità, e nello spazio, individuando la
capacità d’accoglienza del territorio e limitando
l’affluenza dei turisti in funzione delle caratteristiche
fisiche dei luoghi. Si definisce così una soglia dei
visitatori atta a garantire la conservazione degli spazi
e la qualità dell’esperienza turistica.
INTEGRATO E DIVERSIFICATO: l’offerta turistica
deve essere il risultato naturale delle risorse locali:
il patrimonio architettonico, le feste tradizionali, la
1 Piano di marketing 2008 – 2009 SINTESI
gastronomia, i rapporti con il mare, con il deserto…
il turismo non può essere un elemento estraneo
all’identità del luogo ma un elemento integrato
alla ricchezza culturale ed economica dello stesso.
In questo senso la “monocultura turistica” deve
essere sostituita con dei modelli diversificati in cui il
turismo occupi una parte importante della struttura
economica. Inoltre, il modello turistico sostenibile è
aperto al territorio circostante in modo che gli spazi
naturali delle località vicine facciano parte della
medesima offerta turistica. La diversità urbana,
paesaggistica e naturale dell’insieme rafforza, infatti,
l’attrattiva dell’offerta.
PIANIFICATO: implica un’analisi attenta delle
condizioni presenti e delle prospettive future, unite
alla presa in considerazione al momento della
decisione, delle diverse variabili che intervengono
nel processo turistico.
ECONOMICAMENTE VITALE: si propone quale modello
alternativo che non rinuncia alla vitalità economica
e alla ricerca del benessere della comunità locale.
Non si pone come priorità la crescita rapida dei
redditi turistici, ma la natura e la vitalità nel tempo
degli investimenti.
PARTECIPATO: in quanto tutti i soggetti devono essere
coinvolti nei processi decisionali riguardanti lo sviluppo
del territorio e collaborare alla realizzazione”
2
.
Il problema principale dell’industria turistica in
Sardegna è il regime di quasi monopolio del turismo
balneare e di conseguenza la stagionalizzazione
della domanda e dell’offerta. Dalle caratteristiche
sopracitate si evince come il solo turismo balneare
non corrisponda ai requisiti del turismo sostenibile
essendo molto limitante dal punto di vista economico
2 http://www.aitr.org
(sia dal punto di vista territoriale che dal punto di
vista settoriale) e impattante per il carico antropico
a cui sono sottoposte le coste.
La Sardegna possiede invece caratteristiche fisiche,
climatiche, storico – culturali, enogastronomiche, tali
da poter diversificare i prodotti turistici, affiancandoli
a quello balneare e potenziando l’industria turistica
con modalità sostenibili.
Dalle analisi di mercato emerge infatti che il
turista interessato a questi aspetti della Sardegna
corrisponde al ritratto del turista sostenibile, perché
identificabile con una persona che dimostra:
un’alta propensione alla frequentazione
turistica fuori dai periodi di alta stagione;
una tendenza verso forme di soggiorno non
stanziali all’interno della regione, favorendo
l’integrazione territoriale;
una forte sensibilità verso le caratteristiche
autentiche dei luoghi e a tipologie di offerta
legate al patrimonio culturale e alle tradizioni,
favorendo la conservazione dell’identità
locale nelle sue svariate manifestazioni;
un grande interesse per la scoperta dei
prodotti enogastronomici, contribuendo
allo sviluppo del carattere intersettoriale del
turismo;
una passione di stampo ecologista per la
conoscenza dell’ecosistema e delle bellezze
naturalistiche, attraverso escursioni a basso
impatto inquinante (trekking, arrampicate,
mountain bike).
STRATEGIA DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE IN SARDEGNA:
IL CASO DEL TURISMO
6
La regione Sardegna allo scopo di perseguire questa
strategia di potenziamento dell’industria turistica
in maniera sostenibile ha lanciato il programma
regionale POSADAS, illustrato per la prima volta con
la deliberazione della giunta regionale n. 34/24 del
19.6.2008.
A grandi linee il programma Posadas prevede la
realizzazione di strutture per l’ospitalità adattando
edifici dal valore identitario. Si tratta quindi di
recuperare edifici di pregio che hanno determinato
lo sviluppo storico della zona di appartenenza e di
affiancare a tale recupero un prodotto turistico che
valorizzi “gli specifici vantaggi competitivi locali, in
primo luogo le risorse naturali e culturali”
3
.
Questa iniziativa si riferisce al modello dell’omonima
catena alberghiera del Portogallo che rappresenta
uno dei punti di eccellenza dell’industria turistica
lusitana.
Le Pousadas portoghesi di più recente realizzazione
sono state utilizzate, a livello politico, come strumento
di potenziamento turistico di zone economicamente
depresse, normalmente escluse dai grandi flussi
vacanzieri.
La strategia attuata cerca il coinvolgimento di
vari settori dell’economia locale, tra cui soprattutto
i produttori delle materie prime per la cucina
tradizionale ed artisti e artigiani locali che forniscono
gli elementi di arredo degli ambienti.
Per quanto riguarda la parte del programma inerente
la tutela dei beni architettonici attraverso il recupero
di edifici di pregio, alcuni degli interventi portoghesi
degli ultimi 10 – 15 anni si mostrano particolarmente
interessanti perché rivelano un atteggiamento
progettuale che pone in posizione paritaria sia
l’oggetto storico che l’intervento moderno, nel rispetto
di tutte le fasi storiche. Questo modus operandi è
stato reso possibile grazie alle normative portoghesi
in materia di restauro che consentono un margine
3 Deliberazione n. 34/24 del 19.6.2008
d’azione più ampio di quanto si possa fare in Italia.
La situazione normativa, unitamente all’affidamento
degli interventi a progettisti autoctoni di riconosciuta
fama internazionale, ha permesso l’ottenimento di
risultati di alto livello.
IL BANDO REGIONALE POSADAS
7
Le Pousadas del Portogallo costituiscono un
interessante ed efficiente modello di turismo integrato
capace di offrire un servizio ricettivo di alto livello
e tutelare il patrimonio culturale (architettonico,
paesaggistico) portoghese.
Il concetto attuale di Pousadas è l’esito di
un’evoluzione teorica che dura da circa 80 anni,
sviluppatasi parallelamente al dibattito culturale e
architettonico del paese.
Diversi elementi concomitanti contribuirono alla
definizione dello “statuto” della prima serie di
Pousadas realizzate nel 1942. Innanzitutto nel 1933
venne instaurata la dittatura dell’Estado Novo che
impose un clima culturale fortemente nazionalista
e conservatore alla società portoghese. Svolse un
ruolo importante nella nascita delle prime Pousadas
la “volgarizzazione” delle vacanze, fino a pochi
decenni prima appannaggio esclusivo di nobili e
ricchi borghesi i quali le trascorrevano nei lussuosi
alberghi detti “Palace”, diventate ora appannaggio
di una sempre più ampia porzione di popolazione.
Infine la diffusione dell’automobile e lo sviluppo delle
vie di comunicazione consentirono di raggiungere
facilmente luoghi di forte attrattiva, prima difficilmente
accessibili.
Nel 1936, durante il Primo Consiglio Nazionale del
Portogallo, Francisco de Lima propose un nuovo
tipo di installazioni turistiche che chiamò Pouzadas.
Dovevano essere in grado, almeno negli intenti, di
contribuire allo sviluppo di questa nascente industria
del turismo.
Il termine Pousadas deriva dal verbo pousar che
significa fermarsi, quindi la proposta di Francisco da
Lima consisteva nell’offrire la possibilità di fare una
pausa dalla caotica routine quotidiana per trascorrere
un periodo di tranquillità in luoghi particolarmente
affascinanti e riposanti, un’offerta turistica adeguata
alla realtà delle umili terre di provincia portoghesi
di cui si sarebbero sfruttate le peculiarità culturali e
paesaggistiche.
La prima serie di cinque Pousadas era costituita
dunque da piccole costruzioni immerse nel paesaggio,
lontane dalle città, a conduzione familiare, fortemente
legate alle tradizioni locali. Volendo trovare una
esemplificazione moderna si possono citare gli attuali
“agriturismi”.
Non è un caso che il riferimento architettonico per
queste Pousadas furono le “Casas Portoguesas”
ovvero il modello teorico di casa tradizionale
portoghese come era stato definito pochi anni
prima dall’architetto Raul Lino. Seguendo lo spirito
nazionalista che impregnava la cultura portoghese
dell’epoca, Raul Lino criticava aspramente la
crescente “de - caratterizzazione” dell’architettura
derivante dall’internazionalismo del Movimento
Moderno e promuoveva, per contro, il rispetto per
le condizioni sociali del paese nel quale si progetta
e sopratutto per la sua tradizione che risolveva con
la semplice elencazione posticcia di alcuni elementi
vernacolari all’interno delle sue progettazioni.
Un elemento caratterizzante degno di nota di questa
prima serie di Pousadas è la “ camera da pranzo
panoramica”, cioè si poneva l’accento sull’importanza
di unire sempre il piacere enogastronomico al piacere
della vista sul paesaggio portoghese.
All’inizio del secondo dopoguerra la società
portoghese viveva un periodo di crisi che avrebbe
avuto ripercussioni anche sulla concezione delle
Pousadas.
La povertà era estesa e profonda e la popolazione
rivendicava migliori condizioni di vita e di lavoro, la
dittatura dell’Estado Novo perdeva potere e lasciava
ampi margini di libertà intellettuale e politica.
In questo clima si realizzò il “1° Congresso Nacional
de Arquitectura” (1949) dove avvenne la prima
presa di posizione degli architetti portoghesi contro
l’architettura vernacolare imposta dalla dittatura.
Per far fronte alla grave crisi sociale una nuova
generazione di architetti propose di praticare la
POUSADAS DEL PORTOGALLO
8
professione architettonica in maniera maggiormente
responsabile dal punto di vista etico, cercando di
superare quella prassi di risoluzione del problema
progettuale attraverso la mera applicazione formale
di elementi vernacolari.
Si tratta della prima affermazione di quell’approccio
alla progettazione che verrà successivamente
identificato come “Regionalismo Critico”: l’architettura
nasce spontaneamente come espressione formale
delle condizioni sociali, economiche, geografiche,
climatiche specifiche dell’epoca e del luogo in cui
viene concepita, conciliando soluzioni tratte sia dalla
modernità che dalla tradizione pur che siano le più
adeguate, funzionali ed economiche.
In questa sintetica riconciliazione della tradizione
con la modernità e nel sentimento di una lettura
più sensibile del sito e dello spirito del luogo, trovò la
sua espressione il nuovo ciclo di Pousadas lanciato
nel 1954 per DGEMN (Direcção Geral dos Edificios
e Monumentos Nacionais, organo ufficiale che si
occupava di turismo all’epoca).
Queste Pousadas furono progettate in stretto dialogo
col paesaggio circostante, nell’ottica di rafforzare il
carattere locale del turismo. Per raggiungere questo
obbiettivo si applicarono concezioni architettoniche
tratte dal Movimento Moderno, come ad esempio
lo scheletro portante in calcestruzzo per poter
aprire ampie vetrate sul paesaggio, la distribuzione
razionale degli spazi con la collocazione delle stanze
comuni nei piani bassi e quelle private nei piani alti
per sfruttare al meglio il panorama e l’orientamento,
i servizi collocati nelle zone peggiori e possibilmente
con ingresso autonomo.
L’offerta turistica perdette il carattere familiare della
prima serie, alla luce dell’aumento del numero dei
turisti queste Pousadas aumentarono il numero di
stanze diventando veri e propri alberghi.
Venne quindi introdotto l’elemento delle salas de
estar ovvero spazi comuni in tutto e per tutto simili a
salotti domestici che nelle intenzioni dovevano evitare
la perdita del carattere di intimità, pacatezza e relax
insito nell’etimologia del verbo pousar.
9
Figura1. Pousada Santa Maria do Bouro. Vista da una camera.
(Foto L. Cannas, M. Medda 2010)
Le distruzioni della Seconda Guerra Mondiale e il
conseguente dibattito europeo sulla ricostruzione,
anche se il Portogallo non partecipò e non subì
danni, favorirono il compimento di un ulteriore passo
evolutivo del concetto di Pousadas.
A partire dagli anni ‘50 il DGEMN iniziò ad inserire nel
programma Pousadas alcuni edifici storici. In molti
casi si trattò di assegnare una nuova funzionalità a
edifici appena restaurati senza una finalità definita,
con conseguenti difficoltà progettuali.
Successivamente, con la crisi del modello economico
industriale e la conseguente contestazione dei valori
che avevano caratterizzato la società industriale, si
manifestò anche a livello popolare l’interesse verso i
beni culturali, precedentemente disprezzati in nome
dell’utopico aumento indefinito del benessere,
funzionale al progresso tecnologico.
Divenuti simbolo dell’identità collettiva che la
modernità aveva in qualche modo cercato di
dimenticare, i beni storico – architettonici videro nel
corso del dopoguerra un aumento esponenziale del
pubblico e, come naturale conseguenza la nascita
del turismo culturale.
Messo a fuoco il potenziale attrattivo insito nella
conversione e l’adattamento di edifici di interesse
patrimoniale o inserito nei centri storici, si abbandonò
progressivamente la costruzione di edifici ex novo
nel programma pousadas, fino ai Piani Nazionali
di Pousadas del Turismo coi quali venne sancito
definitivamente l’orientamento strategico di puntare
sulla riconversione di edifici dal valore storico –
identitario.
Le Pousadas realizzate dagli anni ‘70 in poi furono
quindi interventi di restauro e come tali concepite in
linea con principi disciplinari introdotti in quegli anni
dalla Carta di Venezia e dal Restauro Critico.
Con la Carta di Venezia viene sancita l’elevazione al
rango di manufatto degno di tutela “non solo alle
grandi opere ma anche alle opere modeste che, con
il tempo, abbiano acquistato un significato culturale”
quindi anche l’edilizia storica e l’ambiente in cui è
inserito un monumento, si codificarono i diversi tipi di
intervento dalla “pura conservazione” al “restauro
scientifico documentato” e si rafforzò il concetto di
conformare le eventuali aggiunte secondo il gusto
contemporaneo.
Per Restauro Critico si intende quella corrente
disciplinare sviluppatasi a partire dal 1950 attraverso
il contributo di Pane, Bonelli e sopratutto Cesare
Brandi. L’aggettivo “Critico” sta ad indicare un
mutamento nel rapporto tra il restauratore e l’oggetto
dell’intervento: quest’ultimo viene ora studiato e
valutato nella sua storicità e nel suo aspetto formale
per determinare quali siano i valori più significativi da
tramandare, mentre, precedentemente, si cercava
di ripristinare una facies storica, debitamente
supportata da uno studio filologico, se non addirittura
di attribuirne una mai esistita, come faceva Viollet Le
Duc nelle cattedrali gotiche.
Ora diventa legittimo eliminare le aggiunte classificate
come superfetazioni senza valore e/o lesive dell’unità
potenziale, rispettare l’evoluzione diacronica della
fabbrica in quanto testimonianza del fare umano,
intervenire secondo la propria creatività compositiva
nei completamenti e nelle aggiunte che si ritengono
necessari per consentire alla fabbrica di comunicare
un’immagine. Ogni intervento di restauro trova le
sue regole a partire dall’esistente, caso per caso,
in ogni opera unica e insostituibile, regole che
ne garantiscono il rispetto assoluto bandendo
arbitrari abbellimenti, falsi storici, ricostruzioni in stile,
modificazioni dei rapporti, dei volumi e dei colori.
Gli edifici adibiti a Pousadas negli anni ‘90, infatti,
hanno subito interventi dissimili, dove è evidente la
diversità dettata dalla sensibilità del progettista e
dalle condizioni poste dal contesto, pur nell’uniformità
generale del recupero dettagliato dell’esistente
e dell’affiancamento di un ampliamento in stile
moderno.
Per quanto attiene, infine, agli sviluppi più recenti,
10
Figura 2. Pousada Santa Maria do Bouro. Sala da estar.
(Foto L. Cannas, M. Medda 2010)
l’estensione del concetto di bene culturale ad
oggetti edificati nel 1900 ha fatto si che rientrassero
nel programma Pousadas edifici, per l’appunto,
afferenti al XX° secolo e, inoltre, ci si è interrogati sul
valore culturale delle stesse Pousadas dei primi anni
‘40.
Il Piano Nazionale delle Pousadas del Turismo (1989 –
1992) considerava, come premessa basilare, il calcolo
ben ponderato della capacità di alloggiamento di
ogni Pousada. Si doveva infatti evitare che, a causa
della bassa ricettività e quindi della conseguente
esclusività dell’hotel, si rischiasse di perdere appetibilità
nel confronto con hotel convenzionali di grandi
dimensioni. Contemporaneamente, per mantenere
l’immagine di qualità ed esclusività raggiunta nel
tempo, non si doveva rischiare una volgarizzazione
commerciale dell’offerta.
In questo contesto nel 1992 ENATUR lanciò un vasto
programma di rimodellazione e ampliamento delle
Pousadas esistenti ed il carattere di alcune venne
così completamente stravolto. Furono alterate
profondamente tutte le Pousadas della serie
primigenia, di fatto la loro dimensione di 4/6 stanze
poco si adattava alle esigenze moderne però il prezzo
da pagare per l’aggiornamento fu l’accostamento
di edifici mimetici concepiti seguendo la logica della
redditività economica.
Gli ultimi sviluppi del dibattito sulle Pousadas, quindi,
pongono la questione della validità attuale della
definizione primaria data da Francisco da Lima. Alla
luce della sempre maggiore invadenza della realtà
globale omogenea pare doveroso, a nostro avviso,
proseguire questa strategia turistica lunga 80 anni
che, attraverso la sensibilità nei confronti della storia
e della specificità dei luoghi, offre attività ricettiva
di estrema qualità che compete con successo nel
mercato delle vacanze e contribuisce allo sviluppo
del territorio di appartenenza.
POUSADA DI SANTA MARINHA DA COSTA
La Pousada del monastero di Santa Marinha da Costa
fu aperta nel 1985, dopo la conclusione dei lavori di
restauro e adeguamento progettati da Fernando
Tàvora.
Si tratta di una Pousada “esemplare” perchè punto di
riferimento per tutti gli edifici inseriti successivamente
nel programma.
Oggetto dell’intervento è un monastero isolato che
inizia a svilupparsi nel 1300 in un’area già consacrata
al culto, sul pendio del monte Penha che domina la
città di Guimarães. Nel 1975, quando Tàvora inizia
la progettazione, il manufatto è allo stato di rudere
sia a causa di un incendio del 1955, dove vengono
devastati il patrimonio artistico contenuto all’interno,
le coperture, gli azulejos delle stanze e della sala
capitolare, sia a causa di vent’anni di completo
abbandono. Complessivamente la struttura però è
intatta, costituita dalla chiesa, due bracci paralleli
di dimensioni differenti ortogonali rispetto all’asse
longitudinale della chiesa, un terzo corpo trasversale
inserito tra questi due che conclude la recinzione del
chiostro, una suggestiva veranda che conclude il
corpo parallelo più lungo.
In uno scritto del 1985 Tàvora descrive il metodo usato
nella progettazione come basato sulla “conoscenza
scientifica della sua evoluzione e dei suoi valori,
attraverso l’archeologia e la storia, e una concezione
creativa nel processo della sua trasformazione”
ovvero il riconoscimento dei valori storici e formali più
significativi del monumento, e del contesto in cui è
inserito, per poi intraprendere una progettazione volta
al mantenimento e alla perpetrazione di tali valori.
Il risultato è un efficace restauro che, oltre a ripristinare
globalmente l’aspetto ottocentesco del monumento
(tale doveva essere la sembianza acquisita con gli
ultimi lavori significativi sul manufatto), inserisce i nuovi,
indispensabili ambienti per l’utilizzo contemporaneo
in maniera mai invadente, ma allo stesso tempo
mai mimetica, riuscendo a rievocare l’austerità
11
12
Figura 3. Pousada Santa Marinha, Ingresso. (Foto L. Cannas, M.
Medda 2010)
Figura 4. Pousada Santa Marinha, Ampliamento.
(Foto L. Cannas, M. Medda 2010)
monastica in uno stabile che è a tutti gli effetti un
albergo di lusso.
Al piano terra sono contenuti la reception nel corpo
longitudinale più corto(dove stava il refettorio), la sala
da estar col bar nel corpo trasversale che chiude il
chiostro (dove stava la cucina), il ristorante, due vani
scala e due per i servizi igienici nel corpo longitudinale
più lungo.
Gli interni sono semplici, con i pavimenti rifatti in
lastre di granito, trattato in modo da distinguerlo
dalla pietra originale, oppure in granito e cotto, i
soffitti risolti con un controsoffitto bianco per inserire
luci e impianti antincendio, le lampade a muro di
disegno minimalista, le bocchette per gli impianti di
condizionamento incassate nei muri.
Particolarmente riuscita è la soluzione di dividere
gli ambienti e di chiudere alcune porte che danno
sull’esterno con dei telai in ferro e vetro a tutt’altezza,
in modo da ottenere una chiusura funzionale alla
coibentazione e alla distribuzione riuscendo a non
tradire la continuità visiva originale.
Il riscaldamento avviene tramite pavimento radiante
perchè unico sistema efficace per un edificio di tali
dimensioni. Degni di nota anche i servizi igienici inseriti
in due campate laterali contrapposte frontalmente,
realizzati con cartongesso bianco facilmente
rimovibile, pensati in assonanza con l’intonaco
bianco che probabilmente rivestiva tutti gli interni,
ma conformati per risultare a prima vista un’aggiunta
successiva.
Il corpo scala per accedere al piano superiore del
corpo longitudinale più lungo pur essendo rivestito
con gli stessi materiali della fabbrica originale, granito
e intonaco bianco per uniformarsi, denuncia la
sua modernità negli sbalzi da scheletro portante in
cemento armato e dal fatto di essere leggermente
sfalsato rispetto al filo dell’arco da cui vi si accede.
Al piano superiore sono presenti una sala da estar
nell’edificio trasversale e una serie di camere nel corpo
longitudinale. Questi ambienti sono decisamente più
13
Figura 5. Piante della Pousada, Dall’alto verso il basso pianta 0, 1, 2.
(da www.icarpoliba.it/storiacontemporanea/seminari/delconte09.htm#Pousada)
ricchi dei precedenti: il pavimento è rifatto in parquè
coperto da tappeti, nel corpo trasversale il soffitto
è cassettonato in legno, vengono eliminati alcune
porzioni di intonaco per mostrare la pietra sottostante
secondo quel gusto un po’ popolare che attribuisce
maggior bellezza alla pietra rispetto alla superficie
liscia dell’intonaco. Probabilmente alla luce della
funzione semiprivata di questi spazi Tàvora ha deciso
di puntare più sul lusso che non sul mantenersi fedele
all’austerità monacale.
Il nuovo corpo delle camere è, invece, perfettamente
in linea con lo spirito del luogo, tanto da far affermare
orgogliosamente al progettista che “...se fosse stato
fatto dai monaci del 18° secolo sarebbe molto
simile...”. Prende spunto dallo studio degli sviluppi
insediativi diacronici della fabbrica ed individua
una invariante tipologica che ritiene adatta alle
esigenze progettuali contemporanee, usando le
parole di Byrne “il passato è inteso come susseguirsi
di differenti contemporaneità alle quali si affianca
quella del presente”. Quindi Tàvora prosegue in
maniera naturale la vita dell’edificio intervenendo da
contemporaneo, rispetto del “genius loci” ma senza
alcun timore reverenziale del passato. Sfruttando il
naturale dislivello Tàvora colloca la nuova ala ad una
quota inferiore rispetto alle strutture precedenti, così
non oscura la bellissima vista della città di Guimarães
che si gode dalle camere del corpo antico. Le camere
sono esposte a sud in due volumi disposti ad L, mentre
a nord, controterra, sono ricavati i corridoi. Gli spazi di
servizio, inalienabili in un hotel moderno, li concepisce
addossati al corpo nuovo, completamente interrati,
in modo che la loro copertura costituisca una terrazza
gemella del chiostro, collocata specularmente ad
esso rispetto al corpo trasversale, che restituisce
la quota del terreno come doveva essere prima
dell’intervento. La semplicità degli spazi comuni
del corpo longitudinale ritorna in questa nuova
ala, illuminata nei corridoi da una serie di lucernari
dimensionati per creare un’atmosfera soft di luci
soffuse, con pavimento in parquet di legno chiaro,
pareti e soffitto lisci colorati di bianco, stipiti e
battiscopa rivestiti con plastica color avorio e porte in
legno. Anche il prospetto è risolto con immediatezza,
consiste essenzialmente nella ripetizione seriale degli
infissi in lamiera che suggeriscono chiaramente la
presenza di una sequenza di stanze. Pur essendo dello
stesso colore e della stessa forma degli infissi scelti per i
corpi storici, esternano la loro modernità dal momento
che realizzano un intero prospetto con il vetro e il
ferro, dimostrazione materica dell’atteggiamento
progettuale di rispettosa continuità nei confronti della
preesistenza messo in campo da Tàvora.
14
Figura 6. Sala da estar. (Foto L. Cannas, M. Medda
2010)