5
trattati e di porre rimedio, in corso d’opera, ai numerosi problemi
che si sono presentati.
Bisogna poi ricordare che questo tirocinio didattico mi ha
portato anche a sperimentare in prima persona quella che potrebbe
essere la mia futura professione: quella di docente. Ho infatti
affrontato, anche se su scala ridotta (hanno partecipato agli incontri,
con assiduità, tre studenti liceali), parte dei problemi che si trova a
dover risolvere quotidianamente un insegnante: come mantenere
viva l’attenzione dell’uditorio, come misurare quante delle nozioni
trasmesse vengano effettivamente raccolte dagli allievi… Di tutti
questi aspetti si darà conto nel Cap. 5, pgg. 59 sgg.
Il contesto nel quale tale lavoro trova la sua naturale
collocazione è quello della futura riforma della scuola, che crediamo
ormai prossima, e quello dell’attuale società italiana della fine degli
anni ‘90, che si presenta, anche ad un esame superficiale, già tanto
diversa da quella di solo pochi anni fa.
Questa tesi si articola in due parti distinte e indipendenti,
sebbene complementari fra di loro. Nella prima di esse, “Il
progetto”, si analizza la “Proposta Berlinguer” per la riforma della
scuola (tuttora in discussione in Parlamento) e, anche attraverso la
valutazione dei mutamenti sociali verso i quali siamo avviati e delle
modifiche strutturali che stanno vivendo le istituzioni scolastiche, si
mostra la possibilità, e l’utilità, a mio avviso grande, di introdurre la
Storia delle religioni nella scuola. Questa evenienza apre, quindi,
come si vedrà, due strade parallele, quella di affiancare la Storia delle
6
religioni alle discipline attualmente insegnate conferendole piena
autonomia, d’orari e di programmi, e quella di sfruttare i metodi dello
studio storico-religioso per approfondire e rendere più incisivo lo
studio, interdisciplinare, di alcuni argomenti significativi, senza dare
vita ad una nuova materia curricolare. Ci si occuperà, allora, di
stabilire quando e come sia possibile praticare ciascuna di esse. Si
offrirà, infine, un brevissimo excursus sulle sperimentazioni didattiche
organizzate dalla cattedra di Religioni del mondo classico e il
resoconto, dettagliato e documentato, del mio personale tirocinio,
che mi ha portato a diventare, seppure per qualche mese solamente,
un docente di Storia delle religioni.
Nella seconda parte, invece, ho voluto preparare un vero e
proprio Progetto di libro di testo per l'insegnamento della Storia delle religioni
nella scuola secondaria, il quale, offrendo una panoramica piuttosto
ampia di temi di morfologia religiosa, vuole essere un pratico
strumento, che abbia anche un valido fondamento metodologico, per
gli insegnanti della scuola media superiore e per i loro allievi, affinché
possano arricchire gli uni la loro azione didattica e gli altri la loro
preparazione. La scelta degli argomenti trattati, quindi, non può e
non vuole essere né sistematica né esaustiva: attraverso di essi si
vuole soltanto offrire una serie di stimoli che aiutino ad ampliare,
almeno in parte, l’orizzonte cognitivo degli studenti.
PRIMA PARTE
Il progetto
Prima parte
8
1. LA RIFORMA DELLA SCUOLA
Nel mese di gennaio 1997 il Governo
1
annunciò di voler dare
risposta all’esigenza, ormai non più derogabile, di tentare una riforma
strutturale generale del sistema scolastico italiano, “non più adeguato
a rispondere alle complessive esigenze della formazione delle nuove
generazioni”
2
. Connesse con tale idea erano le proposte del riordino
complessivo dei cicli scolastici e quella dell’elevamento dell’obbligo
di scolarità ai sedici anni. Tali proposte prendevano spunto, anche se
non esclusivo, dall’ipotesi di riordino dell’istruzione secondaria
superiore, varata dall’assemblea del Senato nel corso dell’XI
legislatura
3
.
Sarà certamente più utile, se non necessario, esporre
distintamente almeno due dei momenti sui quali quel progetto è
articolato: obiettivi prefissati e mezzi indicati per realizzarli.
1
Si trattava del Governo presieduto da Romano Prodi, rimasto in carica dall’aprile 1996
all’ottobre 1998.. Il MURST era affidato, assieme al Ministero della Pubblica Istruzione,
a Luigi Berlinguer.
2
Relazione introduttiva all’AC XIII 3952, pag. 1.
3
Riforma che non fu approvata a causa della fine anticipata della legislatura stessa.
Prima parte
9
1.2 IL RIORDINO DEI CICLI D’ISTRUZIONE E
L’ELEVAZIONE DELL’OBBLIGO SCOLASTICO
Il primo problema che il Governo si era trovato ad affrontare
è stato quello dell’elevazione dell’obbligo scolastico che, come appare
chiaramente espresso da tutti i contributi parlamentari e da autorevoli
interventi di esponenti del mondo della formazione e della cultura,
doveva essere allineato a quello degli altri paesi dell’U.E.
4
La soluzione, però, non poteva essere semplice…
“La necessità di elevare
istituzionalmente l’età della
scolarizzazione obbligatoria, da tutti
riconosciuta come ineludibile, ha avuto
come esito principale quello di suscitare
una riflessione sull’efficacia e sulla
funzionalità dell’intero sistema”.
5
La strada che si è deciso di praticare consiste in una
complessiva risistemazione del sistema scolastico, dagli anni che
precedono a quelli che seguono l’età della scuola dell’obbligo (dai sei
ai quindici anni), periodo che è stato inoltre aumentato, dagli attuali
otto, a dieci anni.
4
Si veda la Tabella 4, pag. 22.
5
Documento di lavoro sul riordino dei cicli scolastici. Relazione del Ministero della Pubblica Istruzione,
Roma 1997.
Prima parte
10
Scenderemo ora nel dettaglio degli articoli del D.d.L. e, quindi,
della riorganizzazione proposta (per chiarire meglio i mutamenti che
interverranno, v. Tabella 5, pag. 64).
1.2.1 Articolo 5 (Scuola dell’infanzia)
1. La scuola dell’infanzia
concorre alla formazione ed allo sviluppo
affettivo, cognitivo e sociale dei bambini e
delle bambine di età compresa tra i tre e i sei
anni, promuovendone le potenzialità di
autonomia, conoscenza, creatività e
assicurando ad essi una effettiva eguaglianza
delle opportunità educative anche attraverso
interventi di prevenzione e compensazione
volti a ridurre ogni forma di svantaggio
iniziale.
Nella proposta, la nuova Scuola dell’infanzia verrebbe a
coincidere, sostituendola, con l’attuale Scuola materna (3-6 anni), con
la differenza che nel terzo anno, l’ultimo di quel ciclo, ma il primo
della scuola dell’obbligo, si dovrebbero realizzare raccordi e
collegamenti con il ciclo primario.
Nel dettato del 2° comma del citato articolo, riguardante,
appunto, il terzo anno della Scuola dell’infanzia, svanisce qualsiasi
riferimento, presente ancora nel documento di lavoro, ad una
funzione “preparatoria” di quell’anno. Secondo il parere del
Comitato Orizzontale Scuola Materna, la “stessa qualificazione di
scuola preparatoria riconfermerebbe l’immagine di una Scuola per
l’infanzia che non è ancora vera scuola. Il termine “preparatorio”,
Prima parte
11
quindi, deve essere eliminato per non determinare “immagini sociali”
di una scuola marginale rispetto ad altri segmenti”.
6
1.2.2 Articolo 6 (Ciclo primario)
1. Il ciclo primario è suddiviso in
tre bienni.
2. Il ciclo primario, attraverso il
coerente sviluppo del proprio percorso, che
si raccorda da un lato alla scuola
dell’infanzia e dall’altro al ciclo secondario,
concorre alla formazione dell’uomo e del
cittadino nel rispetto e nella valorizzazione
delle diversità individuali, sociali e culturali.
Esso favorisce la formazione della
personalità degli alunni promuovendone
l’alfabetizzazione per l’acquisizione dei
linguaggi e dei saperi indispensabili, per lo
sviluppo delle capacità critiche e di un
atteggiamento positivo nei confronti
dell’apprendimento, per il riconoscimento e
la condivisione dei valori fondanti la
convivenza civile e democratica.
Il nuovo ciclo primario, sovrapposto alle attuali scuole
elementari e medie dovrà, nelle intenzioni del governo, delineare un
“percorso unitario volto alla realizzazione di obiettivi diversificati”.
6
Il C.O.S.M, come altri organismi che saranno citati, è parte del Consiglio Nazionale
della Pubblica Istruzione ed è stato chiamato a esprimere un parere in sede istruttoria,
per le materie di propria competenza, sul documento di lavoro. Citiamo dal documento
dell’adunanza del 22-4-98, pag. 3.
Prima parte
12
La nuova scuola di base unificata porterebbe, tra l'altro,
all’indubbio vantaggio di consentire la preparazione di percorsi di
studio che permettano di evitare la ripetizione, di programmi quasi
identici in periodi assai ravvicinati, come ora, invece, accade per i
programmi di molte materie, riproposti nel ciclo elementare e in
quello medio
7
. All'ultimo biennio della scuola primaria (al termine del
quale, dopo un esame di Stato, si avrebbe accesso al ciclo secondario)
sarebbero lasciate le caratteristiche migliori dell'attuale Scuola media:
il consolidamento, l'approfondimento e lo sviluppo delle conoscenze
acquisite e la crescita delle capacità di studio e di elaborazione
autonome.
1.2.3 Articoli 7-8 (Ciclo secondario)
1. Il ciclo secondario, che ha la durata di
sei anni, si articola nelle grandi aree
umanistica, scientifica, tecnica, tecnologia,
artistica e musicale e ha la funzione di
consolidare e riorganizzare le capacità e le
competenze acquisite nel ciclo primario, di
arricchire la formazione culturale, umana e
civile degli studenti, sostenendoli nella
progressiva assunzione di responsabilità, e
di offrire loro conoscenze e capacità
adeguate all'accesso all'istruzione superiore
universitaria e non universitaria ovvero
nell'inserimento lavorativo. Ciascuna area è
ripartita, nel quadro di una loro riduzione,
in indirizzi.
7
L. Gatto, L’insegnamento della storia nella scuola media, in Id. L’atelier del medievista, Roma
1994
2
, pgg. 162 sgg.
Prima parte
13
Il segmento della scuola secondaria è, indubbiamente, quello
che subirà, con la riforma dei cicli d'istruzione, le modifiche più
consistenti, anche perché è stato l'unico non attraversato dai fermenti
di riforma degli anni passati
8
. Ben tre proposte di legge all’esame
della VII Commissione riguardano preminentemente quest’aspetto.
9
Il D.d.L. prevede una scuola secondaria che “costituisca un
unico e coerente percorso”
10
, articolato, però, in due trienni, al
termine del primo dei quali si concluderebbe, con un esame di Stato,
l'obbligo scolastico (obbligo al quale si adempirebbe ugualmente
8
1962-1977 Scuola media unificata; 1968 Scuola materna statale; 1990 Scuola elementare.
9
AC XIII 1653 (Legge quadro per il riordino dell'Istruzione secondaria e il
prolungamento dell'obbligo scolastico, d'iniziativa dell'On. Sanza e altri); AC XIII 280
(Legge quadro per il riordino dell'Istruzione secondaria e il prolungamento dell'obbligo
scolastico, d'iniziativa dell'On. Jervolino Russo, già varato dall’Assemblea del senato nel
corso dell’XI Legislatura); AC XIII 3883 (Legge quadro in materia di riordino
dell'Istruzione, d'iniziativa dell'On. Errigo). Anche al Senato sono state presentate alcune
proposte per il riordino dell’istruzione pubblica: AS XIII 2416 (Elevazione dell’obbligo
scolastico e riordino degli ordinamenti scolastici, d’iniziativa del Sen. D’Onofrio); AS
XIII 3126 (Legge quadro sul riordino dei cicli scolastici e sull’elevazione dell’obbligo
scolastico e sulla formazione post - secondaria, Sen. Bevilacqua); AS XIII 1656
(Prolungamento dell’obbligo scolastico, diritto alla formazione permanente e
riconoscimento della validità del biennio di formazione professionale di base per
l’innalzamento del diritto - dovere all’istruzione a sedici anni, Sen. De Luca); AS XIII 56
(Legge quadro per il riordino dell’istruzione secondaria superiore e per il prolungamento
dell’obbligo scolastico, Sen. Brienza).
10
AC XIII 3952, art. 7, c. 2.
Prima parte
14
anche senza il superamento di tale esame, per aver raggiunto i limiti
di età)
11
.
La novità più grande, a proposito dell'Istruzione secondaria,
sarebbe la scomparsa della grande varietà di istituti superiori oggi
esistenti e la loro trasformazione in aree disciplinari tematiche:
umanistica, scientifica, tecnica, tecnologica, artistica e musicale, che
prevederebbero, dopo un primo anno comune a tutti, una
progressiva diversificazione e specializzazione degli indirizzi di studio
specifici per concludersi, dopo il triennio finale di approfondimento
degli insegnamenti d'area e d'indirizzo, con un ulteriore esame di
Stato. Tale triennio dovrebbe avere anche un carattere
«professionalizzante»
12
.
Il primo triennio degli studi secondari, che nel Documento di
lavoro prendeva addirittura il nome di ‘Scuola dell'Orientamento’, avrà
lo specifico compito di orientare gli studenti sulle future scelte di
studio e di lavoro. Una parte del terzo anno di questo ciclo (l'ultimo
della nuova scuola dell'obbligo) potrebbe essere utilizzata, nella
proposta del Governo
13
, per prendere contatti con il mondo della
11
Parte dell’AC XIII 3952 è stata presentata all’esame del Parlamento dal Ministro della
P.I., Luigi Berlinguer, con il nome di “Disposizioni urgenti per l’elevamento dell’obbligo
d’istruzione”. Tale provvedimento è stato approvato dalla camera dei deputati ed è ora
(8/10/98) in discussione presso la Commissione Istruzione pubblica e Beni culturali del
Senato, in sede referente.
12
Documento di lavoro. Relazione Ministero della Pubblica Istruzione, cit., pag. 6.
13
AC XIII 3952, art. 8, c. 4-5.
Prima parte
15
formazione professionale, ferma restando la frequenza, almeno, degli
insegnamenti scolastici fondamentali.
Tracciato lo schema del riordino dei cicli di studio, come
dall'Atto della Camera 3952, proposto dal Ministro delle Pubblica
Istruzione, si passerà ora a delineare le linee guida che ne hanno
informato la stesura.
1.3 FINALITÀ E OBIETTIVI DELLA RIFORMA
DELLA SCUOLA
Alle spalle del D.d.L. di riordino dei cicli d’istruzione c’è
l’indagine della Commissione tecnico - scientifica per
l’individuazione delle ‘conoscenze fondamentali su cui si baserà
l’apprendimento dei giovani nella scuola italiana nei prossimi
decenni’, istituita ai sensi dei DD.MM. n. 50 del 21 gennaio 1997 e n.
84 del 5 febbraio 1997.
Tale Commissione ha concluso il suo compito con una
relazione di sintesi, curata dal coordinatore, Roberto Maragliano, il
13 maggio 1997. Già in quel documento sono indicate sette
“emergenze”, sette nodi fondamentali che sarà necessario risolvere
con la riforma della scuola:
1. “le questioni relative alla sfera
dell’identità dell’individuo che si intende
formare”;
Prima parte
16
1. “l’esigenza di dare significato
etico ed empirico all’obiettivo di educare
nella e alla democrazia”;
2. “la dialettica che, in ordine alla
organizzazione dei contenuti della
formazione scolastica, si apre tra
un’impostazione curricolare, affidata alla
solidità dei quadri disciplinari di base e una
visione di tipo ‘reticolare’, orientata a
individuare criteri più mobili di
aggregazione delle future conoscenze e
competenze dei giovani;
3. “il problema della sostenibilità
sociale, culturale e ambientale delle
dinamiche di sviluppo”
4. “la messa in discussione di una
visione esclusivamente ‘conoscitiva’,
‘verbale’ e ‘acorporale’ dell’esperienza
individuale e collettiva”;
5. “la questione del ruolo della
cultura del lavoro nello sviluppo di un
nuovo modello educativo”;
6. “la sfida che l’innovazione
tecnologica e la moltiplicazione delle fonti
di informazione e di conoscenza pongono
all’azione scolastica e all’individuo in
crescita”.
14
14
Citiamo dalla Sintesi dei lavori della Commissione, a c. del coordinatore, Prof. R.
Maragliano, Roma 13 maggio 1997, pag. 2. Si ritiene necessario riportare per esteso passi
della documentazione ministeriale, al fine di mostrare esplicitamente quale sia l’idea
sottesa al processo di riforma in atto.
Prima parte
17
Due invece sono le direttive portanti del D.d.L. sul riordino
dei cicli scolastici:
ξ Che le scuole autonome
15
dispongano di una forte libertà, sia
nella costruzione di percorsi sia nell’attivazione di un’offerta
formativa propria, pur se compatibile con gli obiettivi
nazionali;
ξ Il ridimensionamento, l’alleggerimento dei contenuti
disciplinari dei programmi, che dovranno essere proposti
come indicazione di traguardi e di tematiche portanti.
Tale scuola, fortemente innovata, dovrà darsi un assetto tale
che permetta la coesistenza e la reciproca integrazione della
“dimensione disciplinare e di quella reticolare”
16
, anche attraverso la
creazione di “saperi trasversali”,
17
cioè delle materie istituzionalmente
insegnate e dei collegamenti trasversali fra di esse.
A questo punto, avendo precisato quali siano le linee che si
intendono seguire per una prossima riforma del sistema scolastico
nazionale, intendiamo mostrare quali spazi e quali aperture possa
offrire la nuova scuola, finalmente autonoma, all’insegnamento della
Storia delle religioni, e quali vantaggi ne possa trarre.
15
Autonomia nelle forme e nei limiti precisati dalla L. 15 marzo 1995, n. 5.
16
V. sopra, al punto n 3.
17
AC XIII 3952, p. 5.
Prima parte
18
2. GLI STUDI STORICO-
RELIGIOSI NELLA SCUOLA
ITALIANA
Mentre scrivo queste righe non sono noti, e non lo saranno,
purtroppo, in tempi brevi, né i quadri orari, né i piani di studio, né i
programmi della nuova scuola italiana, che si vuole proporre con il
D.d.L. XIII 3952.
D’altro canto, per il dettato della Legge 15 marzo 1997, n. 59,
che ha introdotto per le istituzioni scolastiche autonomia didattica e
organizzativa, appare chiaro che il Governo, attraverso il Ministero
della Pubblica Istruzione, non potrà più essere presente, nella misura
attuale, nella scuola di domani. Tale legge, infatti, incide direttamente
sui contenuti dell’insegnamento perché, se da una parte riserva allo
Stato precise competenze in materia di ordinamenti scolastici e
programmi
1
, dall’altra precisa, però, che queste non potranno più
essere esercitate, come accade oggi, in maniera analitica, con
1
L. 59/97 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la
riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa), art. 3: Sono
esclusi (dalla delega, N.d.R.) le funzioni e i compiti riconducibili alle seguenti materie:
[Omissis]
q) istruzione universitaria, ordinamenti scolastici, programmi scolastici,
organizzazione generale dell’istruzione scolastica e stato giuridico del personale.
Prima parte
19
programmi che descrivano minutamente percorsi culturali e tempi di
realizzazione, ma dovranno avere per contenuto esclusivamente
l’indicazione di “standard” e obiettivi formativi,
“lasciando alle scuole autonome un
margine forte di autonomia (sic) sia sulla
costruzione dei percorsi sia sull’attivazione
di un’offerta formativa propria,
compatibile con gli obiettivi nazionali”
2
.
Ai sensi del 2° comma dell’art. 205 del T.U. sull’Istruzione
3
il
Ministero della Pubblica Istruzione dovrà stabilire in un secondo
tempo i nuovi programmi, che verranno via via aggiornati e
modificati sulla base delle linee fondamentali tracciate dalle riforme.
2
AC XIII 3952.
3
D. Lgs 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del Testo Unico delle disposizioni legislative vigenti
in materia d’istruzione relative alle scuole d’ogni ordine e grado).
4
DD.MM n. 50 del 21 gennaio 1997 e n. 84 del 5 febbraio 1997. Cfr. § 2.2.