INTRODUZIONE AL PROBLEMA
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INTRODUZIONE AL PROBLEMA
Le fibre ottiche sono mezzi trasmissivi costituiti da filamenti di materiali
vetrosi o polimerici realizzati in modo da poter condurre la luce. Il vantaggio
del loro utilizzo deriva dal fatto che esse sono flessibili, poco sensibili alle
variazioni di temperatura e praticamente immuni ai disturbi elettrici e alle
condizioni atmosferiche più estreme. Le fibre ottiche tradizionali sono
costituite da una parte centrale, detta nucleo o core, composta da una
sostanza vetrosa avente indice di rifrazione più alto di quello della parte
esterna, detta mantello o cladding. Generalmente i cavi in fibra sono protetti
da una guaina di polivinilcloruro (PVC) detta coating al fine di proteggere la
fragile struttura vetrosa. La fibra ottica è in grado di trasportare un segnale
luminoso da un’estremità all’altra. In particolare, gli impulsi luminosi
immessi nella fibra ottica giungono all’estremità finale della fibra stessa
attraverso continue riflessioni interne. Durante la propagazione, la luce
rimane quindi confinata a condizione che l’angolo del fascio luminoso
immesso sia inferiore ad un determinato valore detto angolo di accettazione.
Tale angolo garantisce che all’interno della fibra ci sia solo riflessione e mai
rifrazione.
Nella presente trattazione si vuole studiare il fenomeno della dispersione
modale in fibra ottica, proponendo un metodo che ne consenta un buon
adattamento in un range di lunghezze d’onda ragionevolmente ampio. In
particolare, si considera una fibra ottica microstrutturata (o a cristallo
fotonico PCF) poiché a differenza della struttura convenzionale, quella di una
PCF presenta numerosi gradi di libertà che permettono di ottenere
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caratteristiche non ottenibili con quelle convenzionali. Le PCF presentano
una geometria completamente differente dalle classiche fibre ottiche: esse,
infatti, sono costituite da un reticolo immerso nel materiale vetroso di
microfori d’aria, disposti in ring concentrici che corrono per tutta la
lunghezza della fibra. Variando la dimensione dei microfori e/o la loro
distanza è possibile ottenere PCF con caratteristiche dispersive assai
differenti. Poiché lo studio in esame riguarda i comportamenti dispersivi in
fibra ottica, la tipologia di fibra PCF grazie alla sua versatilità appare la
migliore allo scopo che si vuole raggiungere. Il reticolo della PCF è stato
disegnato in modo che la distanza tra i ring dei fori segua la regola di
Thue-Morse, ispirata alla catena di Fibonacci.
L’analisi è completata poi con la valutazione delle prestazioni dal punto di
vista del segnale mediante la valutazione del rapporto segnale-rumore al
ricevitore. Al fine di compiere tale studio viene dapprima data la definizione
di dispersione modale e cromatica; successivamente vengono illustrate delle
tecnologie alternative atte a limitare sia il fenomeno della dispersione sia i
suoi effetti quali interferenza intersimbolica, effetti non-lineari, etc… L’analisi
elettromagnetica è stata effettuata avvalendosi di un software basato sul
metodo di calcolo agli elementi finiti. Verranno in conclusione esaltati i
vantaggi che le PCF possono fornire a un sistema in fibra ottica, evidenziando
proprio come un’opportuna sintonizzazione dei parametri di fibra può
garantire al sistema la possibilità di trasmettere fedelmente anche a bit rate
elevati entro limiti abbastanza ampi di funzionamento.
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In tutta la trattazione, delle fibre menzionate verrà puntualizzato non solo
l’aspetto dispersivo, ma anche la problematica riguardante gli effetti
non-lineari sul sistema. Infatti la riduzione dei disturbi derivanti dai fenomeni
non-lineari rappresenta di fatto una specifica concreta di progetto per
l’adattamento della dispersione di una fibra.
PROBLEMA DELLA DISPERSIONE MODALE, ASPETTI TEORICI E SOLUZIONI PIU’ DIFFUSE
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1. PROBLEMA DELLA DISPERSIONE MODALE, ASPETTI TEORICI E
SOLUZIONI PIU’ DIFFUSE
1.1. Definizione delle grandezze principali d’interesse
Per affrontare il problema che si vuole trattare, è necessario comprendere
prima le definizioni-base delle grandezze di studio. In particolare, poiché lo
scopo è proprio quello di studiare in primis la dispersione modale che viene
generata in fibra ottica da un segnale di trasmissione, la prima cosa da
puntualizzare è cosa sia la dispersione modale. La dispersione modale è un
effetto di disturbo sul segnale dovuto al fatto che il raggio luminoso che
attraversa la fibra non viaggia secondo un cammino prefissato, bensì
secondo un numero finito di modi dato dalla legge di Snell. La legge di Snell
afferma che un’onda piana che incide obliquamente sulla superficie di un
dielettrico perfetto viene scissa in due componenti, una che si riflette con lo
stesso angolo di quella incidente rispetto alla normale al piano ( Ө
i
Ө
r
), e
una che viene rifratta(cioè trasmessa con un’alterazione della direzione di
propagazione) in funzione degli indici di rifrazione dei due materiali secondo
la relazione:
con n
2
indice di rifrazione del materiale in cui l’onda si rifrange e n
1
indice di
rifrazione del materiale da cui l’onda incide (o che è lo stesso, in cui l’onda si
riflette). L’indice di rifrazione di un materiale è appunto un parametro
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caratteristico che fornisce una misura di quanto la radiazione
elettromagnetica viene rallentata rispetto al vuoto quando essa incontra il
materiale. Tra questi modi dati dalla legge di Snell, ce ne saranno alcuni più
rettilinei (detti di ordine basso) per i quali il raggio arriva a destinazione più
velocemente, e altri più zig-zaganti (di ordine alto) che imporranno al raggio
tempi di trasmissione più lunghi. A causa di questo fenomeno, la forma del
segnale originario viene dilatata nel tempo, cosicché se la frequenza del
segnale d’ingresso è troppo alta, un impulso può arrivare a interferire con il
suo successivo, impedendo così di recuperare e leggere il segnale originario:
è il fenomeno dell’interferenza intersimbolica, che è tanto più dannoso
quanto maggiore è la velocità di trasmissione (o bit rate) del segnale
trasmesso. Un caso specifico di dispersione modale si ha con la dispersione
cromatica, in cui il segnale è costituito da luce pura; in questo caso, poiché la
luce trasmessa è costituita da fasci di diverso colore, diversa lunghezza
d’onda e diversa velocità di attraversamento, può accadere ad esempio che il
fascio più veloce (il rosso) di un impulso trasmesso si confonda con quello
più lento (il violetto) dell’impulso precedente. Esiste comunque la possibilità
di limitare questo fenomeno ad esempio mediante l’utilizzo di led
monocromatici per trasmettere la luce.
Altro fenomeno di dispersione modale è quello della dispersione dei modi di
polarizzazione (PMD), in cui però il problema risiede non nelle diverse
velocità dei singoli fasci della radiazione luminosa bensì in imperfezioni e
asimmetrie casuali del mezzo trasmissivo. Esse generano infatti diverse
polarizzazioni della luce, allargando così gli impulsi trasmessi e costituendo, a
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meno di tecniche di compensazione abbastanza complicate, un grosso limite
per il bit rate della fibra.
1.2. Tecniche di miglioramento della larghezza di banda
Per ottenere bande di trasmissione più larghe le soluzioni più immediate
teoricamente sarebbero o incrementare il bit rate oppure aumentare il
numero dei canali di lunghezze d’onda mediante un banale multiplexing a
divisione di lunghezza d’onda (WDM), una tecnica che raggruppa più portanti
di segnali ottici su di un’unica fibra ottica usando diversi colori di luce laser.
Entrambe queste procedure risultano essere però sconvenienti. La prima
perché un aumento del bit rate porta al restringimento degli impulsi
trasmessi e quindi a disturbi gravi a causa della maggiore dispersione
cromatica, con conseguenti fenomeni di interferenza intersimbolica, perdita
di informazioni ed elevati BER (bit error ratio, rapporto tra bit errati e bit
trasmessi); la seconda procedura invece implica un aumento della potenza
totale trasmessa, nonché una riduzione della spaziatura tra canali adiacenti,
conseguenze entrambe che portano il sistema a una maggiore sensibilità agli
effetti ottici non-lineari [1] .
1.3. Aspetti per le telecomunicazioni: bit rate, ISI, BER, SNR, ricevitori, tipi
di rumore
Fu visto empiricamente che bit rate molto elevati potevano essere raggiunti
a 1310nm in fibre monomodali (classificate come G.652 secondo lo standard
dell’Unione Internazionale Telecomunicazioni, noto con l’acronimo ITU),
grazie al fatto che questa era la lunghezza d’onda di zero-dispersione (cioè a
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dispersione nulla appunto). Di conseguenza gli effetti non-lineari venivano
limitati da questi valori trascurabili di dispersione, ma in questo caso la
massima lunghezza di spaziatura tra i ripetitori veniva limitata dalle elevate
perdite di trasmissione. Ben più vantaggiosa dal punto di vista delle perdite
era la lunghezza d’onda di 1550nm, che generava circa il 40% in meno delle
perdite; il problema diventava allora quello di riuscire a progettare delle
fibre a dispersione traslata (DSF) aventi come lunghezza d’onda di
zero-dispersione proprio 1550nm [1] . La DSF (nota come G.653 nello
standard ITU) è un tipo di fibra ottica monomodale atta a ottimizzare bassa
dispersione e bassa attenuazione per mezzo di un profilo d’indice
core-cladding adattato apposta per shiftare (traslare appunto) la lunghezza
d’onda di zero-dispersione, dai naturali 1310nm delle fibre in vetro di silice a
una finestra a perdita minima attorno ai 1550nm. In questo modo si porta a
far coincidere lo zero di dispersione con il minimo di attenuazione della fibra.
La soglia minima di SNR è determinata dalla tecnologia dell'apparato
ricevente; in fase di progetto di un sistema di telecomunicazioni il primo
obiettivo è quindi quello di far pervenire al ricevitore un SNR
sufficientemente elevato. Il progetto di un ricevitore ottico dipende dal
formato di modulazione usato dal trasmettitore. La maggior parte dei sistemi
a onde luminose impiegano una modulazione binaria di intensità. I
componenti di un ricevitore possono essere classificati in tre gruppi: il front-
end, il canale lineare e il circuito di decisione [2] . Uno schema concettuale
semplice di un ricevitore è mostrato in fig. 1.1 .