CAPITOLO 1 – CELLE A COMBUSTIBILE
7
da Grove prese il nome di “batteria voltaica a gas” (fig. 1.2), il prototipo sulla
base del quale sono concepite le attuali celle PAFC.
Figura 1.2 “Batteria voltaica a gas” di Grove
Purtroppo la sua invenzione non era in grado di produrre abbastanza elettricità da
essere considerata utile: i contemporanei di Grove non riconobbero la sua
scoperta e il tema “cella a combustibile” venne dimenticato. I motivi sono
essenzialmente due: l’idrogeno, usato come combustibile per la cella, allora come
oggi non è disponibile immediatamente in natura, e richiede, per la sua produzione,
complessi processi di estrazione e costose apparecchiature; negli anni
immediatamente successivi alla scoperta di Grove, sulla scena mondiale apparvero
le prime macchine termiche, ovvero la turbina a vapore e il motore alternativo a
combustione interna, che utilizzavano combustibili certamente meno costosi e più
facilmente reperibili dell’idrogeno (carbone e derivati del petrolio).
È possibile citare unicamente, tra gli studiosi contemporanei di Grove, interessati
al tema delle celle a combustibile, Ludwig Mond (1839-1909) ed il suo assistente
Charles Langer, che nel 1889 costruirono una cella a combustibile da 6 A.ft¯² e
0.73 Volt, funzionante ad aria e gas prodotto da carbone industriale.
Circa nello stesso periodo, William White Jaques, che coniò il termine
cella a combustibile, ne costruì una che come bagno elettrolita utilizzava
acido fosforico.
A partire dalla prima metà del secolo scorso, si sono susseguiti una serie di
studiosi che si sono occupati dell’analisi prevalentemente teorica delle celle a
CAPITOLO 1 – CELLE A COMBUSTIBILE
8
combustibile, ovvero dei suoi principi di funzionamento : Friederich Wilhelm Ostwald
(1853-1932) si occupò di studi volti a comprendere la dinamica delle celle;
Emil Baur (1873-1944), ingegnere svizzero, si dedicò allo studio dei differenti tipi
di celle, in particolare di quelle operanti ad alta temperatura.
Durante gli anni Venti del secolo scorso, ricerche in Germania riguardanti le celle a
combustibile, aprirono la porta allo sviluppo del ciclo carbonato ed alle celle a
combustibile ad ossidi solidi di oggi.
Nel 1932, il Dott. Francis Thomas Bacon (1904-1992) diede un importante
contributo alla ricerca dei combustibili. I primi progettisti di celle utilizzavano
elettrodi porosi in platino ed acido solforico come bagno elettrolita; ma utilizzare
platino era molto costoso e l'acido solforico era corrosivo. Bacon decise di
utilizzare un elettrodo poco costoso, quale il nickel ed un elettrolita alcalino meno
corrosivo. Dovette lavorare fino al 1959 per perfezionare il suo progetto,
dimostrandone l'efficacia con una saldatrice alimentata da una cella a combustibile
da 5 kW. Francis T. Bacon, un discendente diretto dell'altro famoso Francis Bacon,
chiamò così la sua famosa cella la "Cella Bacon" (Bacon Cell).
Solo negli anni cinquanta, nel segno della guerra fredda, l’idea venne ripresa,
poiché la tecnica spaziale e militare necessitava di forme energetiche compatte ed
efficienti.
Nell'ottobre del 1959, Harry Karl Ihrig, un ingegnere della Allis-Chambers,
realizzò un trattore da 20 cavalli alimentato da celle a combustibile: fu il primo
veicolo di questo tipo.
Il serio interesse per le celle a combustibile quale generatore di energia non sorse
prima degli anni '60, con i programmi spaziali che adottarono questa tecnologia a
scapito del nucleare, di maggior rischio, e del solare, più costoso. La General
Electric produsse un sistema di generazione d'energia elettrica basato sulle celle a
combustibile, per le navicelle spaziali Gemini ed Apollo della NASA. I principi della
"Cella Bacon" furono la base di questo progetto.
Attualmente tutti i veicoli spaziali dei programmi dello Space Shuttle utilizzano con
successo questa tecnologia: l'elettricità per lo Shuttle è fornita infatti da celle a
combustibile, ed alcune di queste provvedono anche alla produzione d'acqua per
l'equipaggio. I veicoli spaziali e i sottomarini hanno bisogno di energia elettrica, ma
CAPITOLO 1 – CELLE A COMBUSTIBILE
9
non consentono l’uso di motori a combustione interna per generarla; visto che le
batterie sono troppo pesanti per essere installate nei veicoli spaziali, la NASA optò
per la trasformazione di energia chimica tramite celle a combustibile.
Il Dr. Lawrence H. DuBois del Dipartimento di Difesa e dell'Agenzia per Progetti di
Ricerca Avanzata (DARPA) ebbe l'idea per lo sviluppo di una cella a combustibile che
potesse operare alimentata da vari idrocarburi liquidi (metano, etanolo, ecc.).
Cooperò così con il Dr. Surya Prakash, un famoso esperto di super acidi ed il Dr.
George A. Olah, entrambi dell'Istituto di Idrocarburi Loker dell'Università del Sud
della California (USC), per inventare questo tipo di cella a combustibile. La USC, in
collaborazione con il Laboratorio di Propulsione Jet (JPL)/Istituto Tecnologico della
California (Cal Tech), inventò così l'ossidazione diretta di idrocarburi liquidi,
successivamente coniata come DMFC o Cella a Combustibile con Alimentazione
Diretta al Metanolo.
La DTI ha acquistato in esclusiva mondiale i diritti di licensing per l'Ossidazione
Diretta di idrocarburi Liquidi, la Tecnologia DMFC. Il Presidente e CEO della DTI,
Todd Marsh, prevedendo il futuro impatto di questa nuova e pulita alternativa ai
combustibili fossili, si offrì di aiutare a commercializzare questa tecnologia. Oggi la
DMFC è largamente considerata come una tecnologia utile e conveniente in molte
applicazioni, un'alternativa pulita ai combustibili fossili.
Pertanto, sebbene le celle a combustibile siano state scoperte intorno al 1839,
sono occorsi 120 anni affinché la NASA dimostrasse alcune delle loro potenziali
applicazioni nella produzione di energia durante i voli spaziali. Come risultato di
questi successi, negli anni ’60, l’industria ha cominciato a riconoscere il potenziale
commerciale delle celle a combustibile, ma trascurando le barriere tecniche e gli alti
costi d’investimento (le celle a combustibile non sono economicamente competitive
con le esistenti tecnologie per la produzione di energia). Dal 1984, l’Office of
Transportation Technologies al U.S. Department of Energy sta supportando la
ricerca e lo sviluppo della tecnologia della cella a combustibile, e, tra i risultati
ottenuti, centinaia di compagnie nel mondo stanno attualmente lavorando affinché
tali sistemi abbiano sviluppo e successo, cosce delle caratteristiche di alta
performance, affidabilità, resistenza e dei benefici ambientali garantiti da tale
tecnologia.
CAPITOLO 1 – CELLE A COMBUSTIBILE
10
L’utilizzo civile delle celle a combustibile è diventato pertanto interessante solo
negli ultimi anni. Agli inizi degli anni novanta, scienziati ed ingegneri ne svilupparono
diversi nuovi tipi e tecnologie, con i quali si è potuta aumentare continuamente
l’efficienza e abbassare i costi. Nel frattempo le applicazioni si sono estese da
motori, caldaie e centrali con una potenza di alcuni MW, a microapplicazioni nella
telefonia e nell’informatica mobile.
1.2 PRINCIPIO DI FUNZIONAMENTO
Le celle a combustibile sono convertitori di energia che trasformano direttamente i
vettori energetici chimici in energia elettrica, acqua e calore, per effetto di una
reazione elettrochimica fra un combustibile (generalmente idrogeno) e un ossidante
(ovvero ossigeno o più comunemente aria), senza trasformazioni intermedie in
energia termica e meccanica.
Esse hanno il vantaggio di avere una struttura semplice e di non possedere parti
mobili. Sono simili ad una batteria e quindi, come gli altri elementi voltaici, la cella
si compone di due elettrodi, anodo e catodo, separati da un elettrolita, tutti di
struttura piatta (fig. 1.3). L’anodo e il catodo servono da catalizzatori: al primo è
inviato il combustibile, al secondo l’ossidante; mentre lo strato intermedio consiste
in una struttura di supporto che assorbe l’elettrolita e permette la migrazione degli
ioni. Nei vari tipi di celle vengono usati differenti elettroliti: alcuni di questi sono
liquidi, altri solidi e altri ancora hanno struttura membranosa.
Figura 1.3 Elementi strutturali di una cella a combustibile
CAPITOLO 1 – CELLE A COMBUSTIBILE
11
Il processo che si svolge in una cella a combustibile è inverso a quello
dell’elettrolisi (fig. 1.4): nel processo dell’elettrolisi, l’acqua, con l’impiego di
energia elettrica, viene decomposta nei suoi componenti gassosi, idrogeno (
2
H ) e
ossigeno (O ). Una cella a combustibile inverte questo processo, facendo reagire i
due componenti e producendo acqua. In questa trasformazione dovrebbe essere
liberata la stessa quantità di energia elettrica che è stata impiegata per la
decomposizione, almeno teoricamente, perché in realtà una parte di energia và
dispersa a causa di altri fenomeni chimico-fisici.
Nell’idrogeno è quindi immagazzinata energia elettrica o, in altre parole, l’idrogeno
è un gas che consente l’accumulo di energia elettrica che può essere liberata con
l’uso di una cella a combustibile. Nel processo di ricomposizione dell’acqua si usa
normalmente l’aria e non l’ossigeno puro, che pertanto non deve essere
immagazzinato.
Figura 1.4 Processo dell’elettrolisi e della cella a combustibile
Esistono differenti tipi di celle che si distinguono per la loro struttura e il loro
funzionamento. Descriviamo, per esempio, il funzionamento di una cella a
combustibile PEM ( PEM sta per Polymer-Electrolyte-Membrane), formalmente
analoga al prototipo di cella a combustibile realizzata da Grove nel 1839.
Quando sull’anodo è convogliato dell’idrogeno (
2
H ) e sul catodo dell’ossigeno
(O ), sulle facce opposte a quelle in contatto con l’elettrolita, si svolge il seguente
CAPITOLO 1 – CELLE A COMBUSTIBILE
12
processo (fig. 1.5-1.6): una molecola di idrogeno si decompone in due ioni
idrogeno, con la liberazione di elettroni ( e
−
), secondo la seguente semireazione:
2
2HHe
+−
→ (1.1)
Gli ioni di idrogeno così formatesi migrano attraverso l’elettrolita al catodo,
ossidano con l’ossigeno e formano acqua, secondo la seguente semireazione:
2
22eHHO
−+
+→ (1.2)
Data la porosità degli elettrodi, vengono in questo modo continuamente alimentate
le reazioni di ossidazione del combustibile (
2
H ) e di riduzione dei gas ossidanti (O).
Per formare l’acqua occorrono gli elettroni che prima sono stati ceduti all’anodo.
L’elettrolita è però un isolante che non consente agli elettroni di attraversarlo (se
elettroni liberi o altre sostanze attraversassero l’elettrolita, essi non
consentirebbero la reazione chimica). Collegando i due elettrodi, catodo e anodo,
con un conduttore elettrico, gli elettroni lo attraversano, e partendo dall’anodo
raggiungono il catodo: si genera quindi una corrente elettrica continua (DC)
sfruttabile (proporzionale alla velocità della reazione chimica), che può essere
convertita in corrente alternata mediante un inverter.
Sommando le due semireazioni precedenti, si ottiene la reazione elettrochimica che
sta alla base del funzionamento della cella a combustibile, ovvero:
222
1
2
HOHO+→ (1.3)
Questo processo si svolge senza interruzione fino a che permane una sufficiente
quantità di idrogeno e di ossigeno.
Figura 1.5 Schematizzazione di una PEM Figura 1.6 Processo chimico in una PEM
CAPITOLO 1 – CELLE A COMBUSTIBILE
13
Diversamente dalle batterie comuni, nella pila a combustibile, la materia attiva viene
continuamente rinnovata e quindi la corrente elettrica continua può essere erogata
indefinitamente se si mantiene l'alimentazione di combustibile e di gas. Pertanto, da
un punto di vista teorico, una cella a combustibile funziona come una batteria; a
differenza di una batteria però una cella a combustibile non si esaurisce e non deve
essere ricaricata, producendo energia elettrica e calore con un'efficienza globale
che nessun dispositivo di generazione a combustione può mai raggiungere.
Ricapitolando, i prodotti generati dalla reazione elettrochimica di una cella a
combustibile alimentata ad idrogeno sono (fig. 1.7):
corrente elettrica continua, generata dal passaggio di elettroni nel circuito
esterno
acqua al catodo, sia in fase liquida che in fase vapore, rimossa dalla cella
mediante un flusso d’aria
energia termica, dovuta alle due semireazioni, fortemente esotermiche.
Figura 1.7 Reagenti e prodotti della reazione elettrochimica di una PEM
Nel realizzare correttamente una cella a combustibile, bisogna tenere in
considerazione che occorre:
aumentare l’area di contatto tra elettrodi, elettrolita e gas, ovvero la
cosiddetta Three Phases Boundary (TPB), per ottenere una maggiore
produzione di corrente elettrica; è per questo motivo che si ricorre all’uso
di elettrodi piatti e porosi o anche alla realizzazione di elettrodi costruiti
utilizzando come materiale anche una piccola frazione di elettrolita. In tal
CAPITOLO 1 – CELLE A COMBUSTIBILE
14
modo si riesce ad aumentare l’area “elettrochimicamente attiva” anche di
tre ordini di grandezza rispetto al suo valore effettivo
diminuire la resistenza ohmica offerta dall’elettrolita al passaggio degli ioni,
proporzionale alla distanza che questi devono percorrere, per aumentare
ancora la corrente elettrica disponibile sul circuito; proprio per questo, si
ricorre all’uso di membrane estremamente sottili, piuttosto che all’uso di
elettroliti in soluzione acquosa (come l’acido solforico dell’esperienza di
Grove)
impedire il contatto diretto tra combustibile e ossidante, che altrimenti
darebbero vita ovviamente ad una combustione (la cella potrebbe
esplodere), piuttosto che alla reazione elettrochimica precedente; a questo
scopo, la scelta dell’elettrolita è fondamentale, in quanto esso deve
consentire unicamente il passaggio degli ioni, rimanendo impermeabile sia al
combustibile che all’ossidante
utilizzare come elettrodi materiali catalizzatori, in grado di ridurre l’energia di
attivazione della reazione e tali da farla procedere ad una velocità
accettabile; in quanto, sebbene la reazione elettrochimica dell’idrogeno sia
termodinamicamente possibile, senza la presenza di catalizzatori, avverrebbe
in tempi praticamente infiniti. A tale scopo, si ricorre all’uso di elettrodi in
platino o in nichel (quest’ultimo, pur avendo prestazioni inferiori, è
decisamente più economico).
Il platino è il materiale più impiegato perché in grado di far reagire
2
H e O, come
richiesto dal processo elettrochimico, ed è anche capace di rilasciare
efficacemente i prodotti intermedi per formare il prodotto finale. Per esempio, il
processo all’anodo richiede zone del catalizzatore in platino per attirare gli atomi
H quando le molecole di
2
H reagiscono, e queste stesse zone in platino devono
poi rilasciare gli atomi H , come H
+
ed e
−
:
2
22HPtPtH−+ = (1.4)
2222Pt H Pt H e−
+ −
=+ (1.5)
Pertanto, occorre ottimizzare il legame agli atomi H – non deve essere né troppo
debole né troppo forte – e questa è l’unica caratteristica che deve presentare un
CAPITOLO 1 – CELLE A COMBUSTIBILE
15
buon catalizzatore. Attualmente, realizzare un efficiente catalizzatore in platino è
piuttosto costoso; la ricerca sta tentando di ridurre la quantità di platino impiegata
nei catalizzatori, mantenendo però le stesse prestazioni.
Uno dei metodi migliori impiegati consiste nel costruire un elettrodo con una
superficie di materiale catalizzatore più grande possibile (fig. 1.8) . Ogni elettrodo
è realizzato in carbonio poroso, al quale sono aggiunte particelle di platino molto
piccole; essendo l’elettrodo poroso, i gas possono diffondersi attraverso ogni
elettrodo per raggiungere il catalizzatore; sia il platino che il carbonio sono
conduttori, dunque, in tal modo gli elettroni hanno la possibilità di muoversi
liberamente attraverso gli elettrodi. Le particelle di platino presentano una
dimensione molto ridotta, circa 2 nanometri in diametro, ma sono distribuite su
un’area superficiale molto grande dell’elettrodo, facilmente accessibile alle
molecole di gas. La superficie totale occupata da queste piccole particelle è molto
grande, anche quando la massa totale di platino usata è piccola; questa vasta area
superficiale di platino consente alle reazioni agli elettrodi di procedere
simultaneamente in molte zone della superficie dell’elettrodo. Questa alta
dispersione di molecole di catalizzatore sulla superficie dell’elettrodo è dunque
una chiave per generare un significativo flusso di elettroni, ovvero corrente
continua, in una fuel cell.
Figura 1.8 PEM con elettrodi porosi, composti da particelle di platino uniformemente distribuite
su particelle di carbonio
CAPITOLO 1 – CELLE A COMBUSTIBILE
16
aumentare la temperatura d’esercizio della cella, in quanto questo,
analogamente all’uso di catalizzatori, consente di aumentare la velocità di
reazione elettrochimica. Infatti, il grado di reazione k di qualsiasi reazione
chimica o elettrochimica è fornito dalla legge di Arrhenius:
a
E
RT
kAe
⎛⎞−
⎟
⎜
⎟
⎜
⎟⎜
⎝⎠
= (1.6)
dove:
A = ”frequency factor”, ricavabile sperimentalmente
a
E = energia di attivazione
R = costante universale dei gas
T = temperatura.
All’aumento della temperatura corrisponde un aumento della mobilità delle
molecole e dunque una maggiore probabilità che esse possano collidere e
reagire tra loro.
Nella pratica, la scelta dei combustibili con cui alimentare le celle a combustibile è
molto limitata, perché ionizzare molte molecole è difficile, e la reazione risulta avere
una grande energia di attivazione, che a sua volta rallenta la reazione e rende l'uso
pratico impossibile. L'idrogeno è un gas in grado di essere ionizzato facilmente,
perché la sua molecola è costituita da due atomi legati da un legame relativamente
debole ( HH− ); molto più debole, per esempio, di quello tra atomi di idrogeno e
carbonio nella molecola del metano (
4
CH ). Pertanto le celle a combustibile vengono
alimentate, oltre che da idrogeno, anche da idrogeno estratto, con particolari
procedimenti, da benzina, metano, metanolo, carbone, etanolo e biomasse in
genere, risultando dunque estremamente più versatili.
Non ci sono scelte per il comburente, che è ovviamente l'ossigeno dell'aria: non
solo reagisce con l'idrogeno dando un prodotto innocuo come l'acqua, ma è anche
disponibile in abbondanza e gratuitamente in atmosfera. Tuttavia, il doppio legame
(O=O) tra gli atomi nella molecola dell'ossigeno è più forte che nel caso della
molecola di idrogeno, e l'ossigeno rappresenta spesso un ostacolo maggiore nella
catalisi delle reazioni elettrochimiche; si parla in gergo tecnico di “sovratensione
CAPITOLO 1 – CELLE A COMBUSTIBILE
17
catodica”, visto che l'ossigeno viene consumato al catodo della cella, e che una
parte della tensione generata dalla cella viene assorbita per promuovere la reazione
dell'ossigeno.
1.3 TIPOLOGIE DI CELLE A COMBUSTIBILE
Una tipica classificazione delle celle a combustibile si basa sul tipo di elettrolita da
cui esse sono composte; in base a ciò, si distinguono (fig. 1.9):
Celle alcaline (o AFC: Alkaline Fuel Cell), che usano come elettrolita
una soluzione acquosa di idrossido di potassio ( KOH ) e hanno
elettrodi porosi a base di nichel (temperatura media di esercizio: 60-
100 °C).
Celle PEM (Proton Exchange Membrane), dette anche SPFC (Solid
Polymer Fuel Cell, celle ad elettrolita polimerico solido): sono dotate
di una membrana a scambio di protoni, su cui sono depositati gli
elettrodi (temperatura media di esercizio: 60-120 °C).
Celle ad acido fosforico PAFC (Phosphoric Acid Fuel Cell), che usano
come elettrolita una soluzione di acido fosforico, imbibito in una
matrice di carburo di silicio, posta fra due elettrodi di grafite
opportunamente trattata (temperatura media di esercizio: 180-200
°C).
Celle ad ossidi solidi SOFC (Solid Oxide Fuel Cell), il cui elettrolita è
formato da ossido di zirconio, stabilizzato con ossido di ittrio; il
catodo è costituito da manganito di lantanio opportunamente
trattato, l'anodo da un cermet a base di nichel-ossido di zirconio
(temperatura media di esercizio: 800-1000 °C).
Celle a carbonati fusi (o MCFC: Molten Carbonate Fuel Cell), che
usano come elettrolita una miscela di carbonati (tipicamente di litio e
di potassio), i due elettrodi sono entrambi a base di nichel: il catodo
impiega ossido di nichel litiato, l'anodo usa nichel con piccole
percentuali di cromo (temperatura media di esercizio: 600-700 °C).
CAPITOLO 1 – CELLE A COMBUSTIBILE
18
Una seconda classificazione delle fuel cell si basa, invece, sulla temperatura
d’esercizio che le caratterizza; in base a ciò, si distinguono:
celle a combustibile a bassa – media temperatura: AFC, PEM, PAFC
celle a combustibile ad alta temperatura : MCFC, SOFC.
Le celle a combustibile a bassa e media temperatura (AFC, PEM, PAFC) presentano
minori problemi tecnologici e permettono l'uso di materiali strutturali non
particolarmente pregiati; sono però richiesti catalizzatori a base di metalli nobili. I
rendimenti possono arrivare al 40%; solo le celle alcaline raggiungono il 50%.
Le celle a combustibile ad alta temperatura (MCFC, SOFC) presentano maggiori
difficoltà tecnologiche, ma hanno maggiore flessibilità rispetto al combustibile e
possono raggiungere rendimenti più elevati; inoltre l'alta temperatura del calore
residuo consente l'integrazione in cicli di tipo combinato, permettendo di arrivare a
rendimenti complessivi del 60-65 %.
Nella tab. 1.1 sono riassunte le proprietà fondamentali delle celle a combustibile
considerate.
Figura 1.9 Tipologie di celle a combustibile
CAPITOLO 1 – CELLE A COMBUSTIBILE
19
parametri
delle celle a
combustibile
AFC PEM PAFC MCFC SOFC
elettrolita
idrossido di
potassio
membrana
polimerica
acido fosforico
carbonati di metalli
alcalini
ossido di zirconio
drogato
temperatura
media
d'esercizio
[°C]
90 - 120 60 - 100 175 - 220 600 - 1000 800 - 1000
efficienza
elettrica [%]
60 40 - 50 40 - 50 50 - 55 50 - 60
densità di
potenza
[mW/cm
2
)
300 - 500 300 - 900 150 - 300 150 150 - 270
temperatura
media del
calore
residuo[°C]
< 60 40 - 60 70 - 80 600 - 700 700 - 1000
materiali
costruttivi
plastica,
grafite,
inconel
materiali
grafitici,
metalli
materiali grafitici
nichel,
acciaio
inossidabile
materiali ceramici,
metalli
elettrodi
PFTE e metalli
nobili
grafite PFTE nichel
manganito di
lantanio,
Ni, ZnO
2
catalizzatore Pt, Pd, Ag, Ni Pt Pt Ni -
applicazioni
militari,
spaziali,
trazione
impianti
stazionari,
generatori
portatili,
trazione
impianti stazionari,
cogenerazione,
potenza
distribuita,
trazione
impianti stazionari,
cogenerazione
impianti stazionari,
cogenerazione
vantaggi
reazione al
catodo più
veloce
nell'elettrolita
alcalino, alta
densità di
potenza
elettrolita
solido riduce
la corrosione
e problemi di
gestione;
bassa
temperatura;
start-up
veloce
efficienza > 85%
in cogenerazione;
usa anche H
2
non
puro come
combustibile
vantaggi dell'alta
temperatura
vantaggi dell'alta
temperatura;
vantaggi di
elettrolita solido
svantaggi
rimozione
costosa di
CO
2
dal
combustibile e
richiesti flussi
d'aria
la bassa
temperatura
richiede
catalizzatori
costosi;
alta sensibilità
alle impurità
del
combustibile
catalizzatori al Pt;
bassa corrente e
potenza;
alta taglia/peso
alta temperatura
favorisce
corrosione e
rottura di
componenti della
cella
alta temperatura
favorisce rottura
componenti della
cella
combustibili H
2
H
2
H
2
H
2
/ CO H
2
/ CO
2
/ CH
4
reforming external external external external / internal external / internal
ossidante O
2
O
2
/ aria O
2
/ aria CO
2
/ O
2
/ aria O
2
/ aria
Tabella 1.1 Prestazioni delle celle a combustibile
CAPITOLO 1 – CELLE A COMBUSTIBILE
20
1.3.1 PEM (Proton Membrane Exchange)
Le pile a combustibile con membrana di scambio protonico sono conosciute anche
come SPFC (Solid Polymer Fuel Cell) e PEFC (Proton Exchage Fuel Cell).
Funzionamento:
Fase 1: I due gas, ossigeno ed idrogeno, tenuti separati in due circuiti, migrano
dal serbatoio ai catalizzatori, l’ossigeno verso il catodo e l’idrogeno verso l’anodo.
Fase 2: Le molecole di idrogeno (
2
H ) vengono decomposte, dal catalizzatore, in
due atomi H
+
(protoni) e, in questo processo, ciascuno degli atomi di idrogeno
cede il suo elettrone.
Fase 3 : I protoni attraversano l’elettrolita (membrana) e raggiungono la parte del
catodo.
Fase 4 : Gli elettroni entrano dalla parte dell’anodo, attraverso un circuito
esterno, e generano una corrente elettrica che alimenta un’utenza.
Fase 5 : A contatto con il catodo, dove si trova l’ossigeno, sempre quattro
elettroni si ricombinano con una molecola di ossigeno.
Fase 6 : Gli ioni che si sono formati hanno una carica negativa e migrano verso i
protoni con carica positiva.
Fase 7 : Gli ioni di ossigeno cedono le loro due cariche negative a due protoni e
reagendo con questi si forma acqua, completando l’intero processo.
Le reazioni caratterizzanti il processo sono le seguenti:
Reazione all’ anodo :
2
22HHe
+ −
= (1.7)
Reazione al catodo :
22
1
22
2
OH eHO
+−
+ = (1.8)
Totale :
222
1
2
HOHO+= (1.9)
Pertanto (fig. 1.10), il gas di idrogeno viene ionizzato producendo elettroni liberi e
ioni H
+
.
Gli elettroni percorrono il circuito esterno della cella e arrivano al catodo. Gli ioni
H
+
si muovono attraverso la soluzione elettrolitica e arrivano anch'essi al catodo.
Nel catodo gli ioni H
+
e gli elettroni reagiscono con l'ossigeno producendo acqua.