4
informative, la ricerca di forme di collaborazione e
partnership con altre imprese.
In particolare, l’innovazione è elemento specifico, forse
il maggiormente caratterizzante dell’intera epoca legata
all’industria, o meglio a quella che è stata chiamata
rivoluzione industriale e che dal suo apparire in Inghilterra,
nella seconda metà del XVIII secolo, non ha smesso di
rivoluzionare continuamente il modo di produrre e di vivere
della comunità umana. Tale specificità fu colta in pieno da
Marx ed Engels, inducendoli a scrivere che “ciò che distingue
l’epoca borghese da tutte le precedenti è lo sconvolgimento
incessante della produzione”
2
.
Il carattere progressivo dell’innovazione e il suo
diramarsi e ampliarsi sempre più nel tempo hanno assunto un
ruolo decisivo nella nostra società, segnata dal fenomeno
della globalizzazione, che presuppone un mercato a livello
mondiale, in cui le imprese dei diversi paesi -e spesso
imprese di dimensioni ultranazionali- operano in una
competizione che fa dell’innovazione l’elemento cardine.
Oggi, pertanto, ancora più di ieri, per le imprese
innovare è elemento determinante per la costruzione di una
strategia efficace, decisivo ai fini del successo e della
sostenibilità del vantaggio competitivo.
2
Cfr. Marx C., Engels F., Manifesto del partito Comunista, in C. Marx, Il
Capitale, Milano, 1979, vol. 3, p. 1188.
5
Con l’innovazione si riesce ad ottenere una nuova
combinazione produttiva, tale da generare un determinato
profitto; ed è proprio con la realizzazione di tale profitto che
l'impresa si impone sul mercato, innalzando gli standard
competitivi e, di conseguenza, anche le barriere all'entrata.
Come dice Porter, “il processo innovativo non può
essere separato da una solida strategia e da un contesto
competitivo"
3
: quindi, strategia ed innovazione sono elementi
strettamente legati per dare all'impresa quell'immagine salda
di leader invidiata dai concorrenti.
Va anche considerato che il concetto di innovazione,
sebbene comprenda quello di invenzione (che ne costituisce
una parte rilevante, se non essenziale), ne travalica i confini,
definendosi anche quale cambiamento indotto da nuove
combinazioni economiche, per utilizzare una definizione di
Schumpeter. In tal senso, l’innovazione può ricondursi alla
produzione di nuovi beni, nuovi metodi di produzione,
collegarsi a nuovi mercati e a nuove fonti energetiche, oppure
riferirsi ad una ristrutturazione totale dell’organizzazione
dell’impresa.
Nel lavoro che segue, saranno esaminati previamente
gli aspetti storici dell’innovazione, all’interno della
rivoluzione industriale, per poi affrontare alcuni aspetti teorici
della letteratura economica sull’innovazione, collegati
3
Cfr. Porter M.E., The Competitive Advantages of Nations, New York , Free
Press, p. 780.
6
soprattutto alle teorie di Schumpeter, il quale si è allontanato
da quella che era la visione statica su cui si basava la teoria
neoclassica, per considerare, invece, l’innovazione quale
strumento efficace di sviluppo economico; si passerà, quindi,
a definire i rapporti fra invenzione e innovazione e i caratteri
e le categorie di quest’ultima, distinguendo in particolare tra
innovazioni radicali, incrementali, di processo e di prodotto,
per giungere, infine, al contesto della globalizzazione legato
all’innovazione.
Il secondo capitolo sarà dedicato alla definizione delle
strategie dell’innovazione all’interno dell’impresa. In
particolare, si analizzerà l’orientamento strategico che
un’impresa dovrebbe adottare per giungere alla scelta della
strategia innovativa più adatta al proprio contesto ambientale,
sia interno che esterno, che la porti ad ottenere il vantaggio
competitivo ambito. In seguito si procederà con lo sviluppo
del progetto innovativo, individuandone le diverse fasi e
attuando, successivamente, un’analisi del progetto che si è
scelti di realizzare ed una valutazione economico-finanziaria,
entrambe realizzate tramite l’ausilio di diversi strumenti. A
conclusione del capitolo verrà delineata la figura dell’impresa
innovativa in un’ottica istituzionale.
Nel terzo capitolo si metterà a fuoco il contributo
dell’innovazione alla creazione del valore aziendale: in
particolare, si analizzerà, secondo una visione micro-
economica, come l’innovazione viene inserita nella routine
dell’impresa con il principale scopo di massimizzazione del
7
profitto. Successivamente si procederà all’esame del valore
aziendale e il contributo delle tecnologie dell’informazione e
della comunicazione alla sua creazione; di come l’impresa,
per accrescere la propria competitività, debba cambiare anche
l’assetto organizzativo, anche tramite la realizzazione di
strategie di partnership. In seguito verranno analizzate le
operazioni finanziarie di un’impresa innovativa, in particolare
quelle di finanza straordinaria; e si darà una visione
dell’azienda basata sull’automazione, in cui è essenziale il
rapporto tra flessibilità ed automazione stessa, tramite una
visione del sistema CIM (Computer Integrated
Manifacturing) per la gestione automatica e computerizzata
di tutte le attività di produzione.
8
Capitolo Primo
Evoluzione e cambiamenti socio-economici
verso l’innovazione
1.1 Analisi storica dell’innovazione
a) La prima rivoluzione industriale
Innovazione è parola che definisce la trasformazione
profonda di un processo -politico, culturale, economico,
sociale…- per mezzo dell’introduzione di un fattore nuovo.
Le innovazioni hanno segnato la storia umana determinando
svolte decisive, tuttavia, in senso moderno, l’innovazione è
inerente all’ economia da quando, duecentocinquant’anni fa,
si manifestò quella che fu definita rivoluzione industriale.
Il concetto di rivoluzione industriale è utilizzato per la
prima volta nel 1845 da Engels:
“La storia della classe operaia in Inghilterra ha inizio
nella seconda metà dello scorso secolo, con l’invenzione
9
della macchina a vapore e delle macchine per la lavorazione
del cotone. Queste invenzioni, com’è noto, diedero l’impulso
ad una rivoluzione industriale, una rivoluzione che in pari
tempo trasformò tutta la società borghese, e la cui
importanza storica comincia solo ora ad essere riconosciuta.
L’Inghilterra è il terreno classico di questo rivolgimento…”
4
Dopo Engels, il concetto di rivoluzione industriale è
entrato a pieno titolo fra quelli caratterizzanti della
storiografia e della storia dell’economia, sebbene vada
evidenziato che, dopo l’adozione fattane da Marx
5
e
Toynbee
6
fra i tanti, vi sia stato un periodo, inaugurato da
Mantoux e Sombart
7
, nel quale si è preferito porre l’accento
sulle continuità dei processi economici, piuttosto che sulle
discontinuità implicite nel concetto di rivoluzione.
Negli orientamenti più recenti, la rivoluzione industriale
è concetto comunemente adottato; insieme al riconoscimento
dell’effetto di rottura che essa ebbe, si sottolinea il carattere
4
Cfr. Engels F., La situazione della classe operaia in Inghilterra, Editori Riuniti,
Roma, 1978, op. cit., p. 30.
5
Marx, nel Capitale, fa proprio il concetto di rivoluzione industriale, peraltro già
evidenziato nel Manifesto (1848), legandolo alle invenzioni e alla
generalizzazione dell’uso delle macchine-utensili, che consentono il passaggio
dalla manifattura al sistema di fabbrica.
6
Toynbee fa risalire la rivoluzione industriale alle invenzioni tecniche del secondo
Settecento.
7
Martoux e Sombart evidenziano i caratteri di continuità degli elementi che
avrebbero provocato la rivoluzione industriale, a cominciare dalle innovazioni
tecnologiche, presenti anche prima del XVIII secolo.
10
ininterrotto della stessa dal suo apparire ad oggi
8
, in un
periodo di due secoli e mezzo articolato in varie fasi, per cui
si parla di prima e seconda rivoluzione industriale, giungendo
poi all’epoca attuale, caratterizzata dalla globalizzazione e
dalla rivoluzione informatica.
La rivoluzione industriale si realizza dunque per fasi
distinte, in un processo continuo, che ha la sua origine in
Inghilterra nella seconda metà del XVIII secolo.
Alle varie fasi, come spesso accade nella storiografia,
non sono accordati tempi univoci dai diversi ricercatori
9
.
Tuttavia, appare abbastanza condivisa la suddivisione in una
prima rivoluzione industriale, che dall’Inghilterra si allarga
poi ad alcuni altri paesi dell’area occidentale e una seconda
rivoluzione industriale, che si origina negli anni a cavallo dei
secoli XIX e XX. Oggi si parla di una fase inaugurata dalla
diffusione delle tecnologie informatiche. In ogni caso, a
ciascuna fase è legato un pacchetto di innovazioni
8
Osterhammel e Petersson sottolineano come la rivoluzione industriale sia partita
in un quadro economico già efficiente come quello inglese del secondo Settecento
e come alla rivoluzione industriale inglese siano seguiti “numerosi processi di
industrializzazione in ambito regionale, nazionale e transnazionale (Cfr.
Osterhammel J e Petersson N.P., Storia della globalizzazione, Il Mulino, Bologna,
2003, p. 55 e ss. ).
9
Schumpeter, della cui concezione sulle innovazioni parleremo in un prossimo
paragrafo, per esempio, propone una suddivisione in cicli lunghi delle dinamiche
socio-economiche, cicli che coprono circa un cinquantennio e sono caratterizzati
da specifiche innovazioni tecniche.
11
caratterizzanti, nella tecnica, nell’organizzazione del lavoro e
della fabbrica, nello stesso assetto sociale.
La prima rivoluzione industriale nasce quindi in
Inghilterra e poi si propaga nel resto dell’Occidente, con
andamenti e velocità molto differenti da luogo a luogo.
Come è stato possibile il verificarsi di un evento così
straordinario e importante? Rispondere alla domanda vuol
dire innanzitutto chiarire che nella stessa dizione di
rivoluzione industriale sono impliciti dei tratti che si possono
assumere come elementi essenziali del fenomeno: l’aggettivo
rimanda non solo al settore economico dell’industria, ma più
specificamente al sistema di fabbrica che soppiantò
artigianato e manifattura, introducendo un elemento
innovativo di tipo strutturale e organizzativo; il sostantivo
rimanda invece direttamente al concetto di rottura, di salto, di
discontinuità:
“…oggi si tende … ad accettare comunemente … la
nozione di rivoluzione industriale, come un’irrevocabile, e
forse la maggiore, frattura verificatasi nel corso della
storia…, perché la continuità del processo economico e
l’equilibrio dei precedenti rapporti di produzione e delle
forze sociali vennero allora spezzati, nel giro di sole tre
generazioni…”
10
10
Cfr. Castronovo V., La rivoluzione industriale, Einaudi, Firenze, 1973, op. cit.,
p. 8.
12
Sui fattori della rivoluzione industriale, occorre
distinguere alcuni aspetti che ebbero la funzione di
presupposti necessari e costitutivi del contesto nel quale
maturò la nuova realtà economica. La cosiddetta rivoluzione
agricola determinò l’incremento della produzione e la
diminuita necessità di manodopera, espellendo dalla
campagne masse considerevoli di senza-lavoro; la
disponibilità di masse consistenti di senza-lavoro fu
ulteriormente favorita dagli incrementi demografici
11
che
erano stati indotti proprio dalla rivoluzione agricola; in
Inghilterra operavano anche altre condizioni: una notevole
massa di capitali accumulati, non solo nell’agricoltura, ma
anche nel commercio, la presenza di un mercato ampliato
dalle colonie e dei collegati intensi traffici marittimi su una
rete tendenzialmente mondiale (Americhe, India…), una certa
libertà di movimento e di iniziativa nella società e
nell’economia
12
. Su quest’insieme di fattori, operarono, nella
seconda metà del XVIII secolo, gli elementi propulsivi che
11
La popolazione inglese raddoppiò nella seconda metà del Settecento, passando
dai 7,5 milioni di abitanti del 1750 ai 15 del 1800 (Cfr. J.P. Rioux, La rivoluzione
industriale, Milano, 1976, p. 24).
12
L’importanza di ciascuno di questi fattori è ampliata, sminuita, negata dagli
storici. Per esempio, Bairoch disconosce il ruolo che avrebbero avuto le colonie
nella rivoluzione industriale (cfr. Bairoch P., Economia e storia mondiale,
Garzanti, Milano, 2003, p. 105 e ss.). In ogni caso, il complesso dei fattori che
abbiamo individuato è riconosciuto, in genere, come operante in direzione
dell’affermarsi della rivoluzione industriale.
13
resero possibile la rivoluzione industriale diventandone i
motori: la tecnica, le innovazioni che essa riversò
nell’economia
13
e il sistema di fabbrica.
Sebbene molte invenzioni fossero state messe a punto
già da tempo, è indubbio che nella seconda metà del
Settecento esse divennero operative insieme ad altre
importanti tecniche innovative, innescando quel processo
continuo che caratterizza la rivoluzione industriale fin dalla
prima fase:
“La Rivoluzione Industriale inglese è il più classico
esempio di reazione a catena della storia; nella fissione
nucleare si ha una reazione a catena quando il numero di
neutroni ‘figli’ è superiore a quello dei neutroni ‘genitori’: la
popolazione dei neutroni, e l’energia prodotta,, aumentano in
tal caso con andamento rapidamente crescente. Così accadde
nella Rivoluzione Industriale: ogni iniziativa ne stimolava
delle altre, ogni nuovo trovato tecnico incoraggiava
l’invenzione di altre macchine. Capitali, più macchine, più
13
Il ruolo centrale dell’innovazione nel processo esaminato è assunto dalla
maggior parte degli studiosi. Martinelli, in proposito, fa esplicito riferimento alla
“ricca tradizione di pensiero che attribuisce un ruolo centrale alle innovazioni
tecnologiche e alle trasformazioni nei processi produttivi”, che “comprende
studiosi di diverso orientamento come Marx, Schumpeter, Usher, Ogburn…” (Cfr.
Martinelli A., La modernizzazione, Laterza, Roma-Bari, 1998, op. cit., p. 37).
14
organizzazione del lavoro portano ad un aumento della
produttività…”
14
Quindi, il carattere preminente della prima Rivoluzione
Industriale risiede nelle innovazioni tecniche e nelle
innovazioni nel processo lavorativo (nascita della fabbrica) e
nell’organizzazione del lavoro (divisione del lavoro).
Le varie fasi della Rivoluzione Industriale (per cui si
parla di una prima, di una seconda rivoluzione e così via)
sono strettamente legate non solo alle macchine e alle
tecniche caratterizzanti, ma anche a quello che può essere
considerato lo spirito che dà vita alle macchine stesse
consentendo loro di operare, cioè all’energia utilizzata. La
prima rivoluzione industriale, che dalla seconda metà del
Settecento si estende per circa un secolo, è legata all’uso del
vapore, tanto che si parla di quell’epoca come dell’epoca del
vapore e del carbone, quale materia prima energetica
fondamentale.
Dal crogiolo iniziale che dette il primo impulso alla
rivoluzione industriale, le innovazioni si susseguirono a ritmo
incalzante, che, col tempo diedero al processo il senso della
reazione a catena prima evocato.
14
Cfr. Mondini A., La Rivoluzione Industriale, in Capocaccia A. (a cura di),
Storia della tecnica, vol. III, Dal Seicento al Novecento, Utet, Torino, 1977, op.
cit., p. 145.
15
Quali furono le prime innovazioni tecniche della prima
Rivoluzione Industriale? Esse si manifestarono nel settore
della lavorazione del cotone e nella metallurgia. Nel primo, ai
tentativi di John Wyatt e Lewis Paul di introdurre macchine
per la filatura meccanica, seguì la messa a punto decisiva di
James Hargreaves
15
, che, fra il 1764 e il 1767, inventò una
macchina per filare a mano che, dal nome della moglie,
chiamò Jenny, e che consentiva di lavorare con 80 fili alla
volta (con i sistemi precedenti non era possibile farlo con più
di sei-sette). Richard Arckwright inventò una macchina per
filare ancor più efficiente e con lui ebbe inizio la prima
innovativa organizzazione di fabbrica della filatura.
Quest’ultimo caso ci pone di fronte ad un altro aspetto
centrale della prima Rivoluzione Industriale: l’imprenditore
(ed Arckwright fu uno dei primi e più importanti industriali
inglesi) è, al tempo stesso, innovatore, figura legata
indissolubilmente non solo all’organizzazione della fabbrica,
ma anche alla stessa introduzione delle innovazioni, spesso
ideate o rifinite in prima persona. Lo stesso Arckwright
brevettò nel 1775 una cardatrice a cilindri azionata ad acqua.
Samuel Crompton, nel 1780, inventò la filatrice chiamata
mule (mula), in quanto si trattava di una derivazione ibrida di
quelle messe a punto da Arckwright e Hargreaves. Filatura e
15
Per le innovazioni tecniche nel settore tessile, facciamo riferimento
principalmente a Rioux J.P., La rivoluzione industriale, Garzanti, Milano, 1977,
op. cit., p. 61 e ss., e al citato saggio di Mondini, p. 150 e ss.
16
tessitura si condizionarono a vicenda, così che i progressi
rimbalzarono dall’uno all’altro settore. John Kay introdusse la
‘navetta volante’, una macchina che sveltiva le operazioni di
tessitura.
All’aumento della produzione nel settore tessile
16
e al
diffondersi del sistema di fabbrica, che erodeva sempre più
decisamente i vecchi modi di produrre, si affiancarono i
progressi in campo metallurgico, dove i limiti legati all’uso
della legna -che tendeva a scarseggiare e vedeva aumentare il
proprio prezzo- nei forni furono superati allorquando si trovò
il sistema di depurare il carbon fossile, ottenendo il coke, che
sarà la materia prima che consentirà la crescita della
produzione di ferro, la quale sarà, a sua volta, la materia
prima che sosterrà l’incremento della produzione di macchine
e infrastrutture: questo è uno degli esempi più rilevanti di
reazione a catena, con l’anello importante della locomotiva
di Stephenson. Intanto, come si diceva, il fenomeno non è più
esclusivamente inglese
17
, ma tende ad espandersi ad altre aree
ed altri paesi dell’Occidente.
Rostow propone una scansione dell’ingresso dei vari
paesi nell’età della rivoluzione industriale e, sebbene si possa
16
L’industria cotoniera inglese copriva, nei primi anni dell’Ottocento, il 40% delle
esportazioni inglesi; fra il 1783 e il 1798 la produzione era aumentata del 600% e
successivamente raddoppierà ogni circa dieci anni (Cfr. Castronovo V., La
rivoluzione industriale, Einaudi, Firenze, 1973, op. cit., p. 55).
17
L’Inghilterra manterrà a lungo una condizione di superiorità nei mercati
mondiali, tanto che il secolo XIX è definito come il secolo inglese.
17
discutere sulle date proposte
18
, il quadro illustra bene
l’estendersi dell’industrialismo: l’età in cui l’Inghilterra
avrebbe compiuto la fase iniziale e decisiva del nuovo assetto
è compresa fra il 1783 e il 1802; per la Francia si va dal 1830
al 1860; 1833 – 1860 per il Belgio; 1843 – 1860 per gli Stati
Uniti; 1850 – 1873 per la Germania…
19
L’epoca del vapore
20
, del ferro e del carbone dilaga così
dalla vecchia Inghilterra al continente europeo e fino al
Nuovo Mondo. La prima Rivoluzione Industriale contagia
sempre più paesi, dalle caratteristiche spesso diverse e con
modalità anche differenziate rispetto a quelle con cui si era
manifestata inizialmente in Inghilterra; tuttavia, esistono delle
costanti che è bene sottolineare: il generalizzarsi delle
fabbriche, la moltiplicazione della produttività del lavoro
21
(e
del suo sfruttamento sempre più intensivo attraverso il
procedere della divisione del lavoro), l’urbanesimo e la
crescita dei commerci e dei trasporti, l’innovazione
22
.
18
Per alcuni è posposto l’ingresso dell’Inghilterra nella prima fase della
rivoluzione industriale e lo stesso può dirsi, forse, per il Belgio.
19
Cfr. Rostow W.W., Gli stadi dello sviluppo economico, Einaudi, Torino, 1962,
p. 37.
20
La potenza delle macchine a vapore fisse in Europa, espressa in migliaia di
cavalli-vapore, passa, fra il 1840 e il 1888, da 450 a 6350 (cfr. Rioux J.P., La
rivoluzione industriale, Garzanti, Milano, 1977, op. cit. p. 67)..
21
La produttività nel settore dell’industria cotoniera inglese aumenta tra il 1829 e
il 1882 di 12 volte (cfr. Rioux J.P., op. cit., Garzanti, Milano, 1977, p. 65).
22
E’ bene ribadire il carattere complesso dell’innovazione, che non può essere
compresso in un significato meramente tecnologico, interessando anche altre sfere.
Di questo si parlerà meglio nel paragrafo dedicato a Schumpeter.