2
INTRODUZIONE
Il programma di ricerca dell’esperimento COMPASS [1], in atto all’SPS
(Super Proton Syncroton) del CERN di Ginevra, comprende numerose
misure su argomenti di fisica adronica, ossia concernente lo studio delle
particelle subatomiche non elementari soggette alla forza nucleare forte;
questo esperimento nasce dalla fusione di due progetti: HMC (Handron-
Muon Collaboration) e CHEOPS (Charm Experiment with Omni Purpose
Setup).
Approvato nel 1997, COMPASS è iniziato con il rilevamento vero e
proprio dei dati nel 2002.
Il programma di fisica di COMPASS è molto diversificato e prevede l’uso
sia di fasci di muoni positivi (particella fondamentale con carica elettrica
positiva e uno spin semi-intero di 1/2) di alta energia sia di fasci adronici.
Le misure con il fascio di muoni, legate al lavoro di questa tesi, hanno
come scopo una migliore comprensione della struttura interna dei
nucleoni relativamente all’origine del loro spin. Come evidenziato ed
indicato dall’acronimo (COmmon Muon and Proton Apparatus for
Structure and Spettroscopy) l’esperimento si articola perciò in due
principali filoni:
• studi sulla struttura dello spin del nucleone;
• argomenti di spettroscopia adronica.
L’apparato sperimentale di COMPASS è stato ideato e progettato per
poter ricostruire in modo accurato le cinematiche di ogni evento, ovvero
di ogni interazione dei muoni del fascio con i nucleoni del bersaglio. Per la
ricostruzione di un evento, è necessario, innanzitutto, ricostruire la
traiettoria e misurare il momento lineare, ovvero la quantità di moto del
muone incidente. E’ inoltre indispensabile una precisa rivelazione ed
identificazione delle particelle che attraversano l’apparato, per isolare gli
eventi di interesse per le diverse misure di fisica.
È pertanto stato scelto di progettare un dispositivo ultraleggero di
filtraggio all’interno del RICH 1, detto beam pipe, con caratteristiche atte a
massimizzare la qualità della rivelazione e quindi le prestazioni dello
3
spettrometro stesso. Tale prestazione si traduce nella riduzione del rumore
di fondo generato dall’emissione dei fotoni all’interno del RICH,
permettendo così la ricostruzione degli eventi con un minor volume di
dati e quindi con bassi errori di propagazione.
Il lavoro di tirocinio svolto, presso i laboratori della sezione di Trieste
dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) nel campus Area Scienze
Park di Padriciano, è consistito nella progettazione e nella realizzazione
del dispositivo citato, ponendo massima attenzione al tipo di materiale da
utilizzare e alla riduzione di spessore necessaria per diminuire la perdita
energetica delle particelle che lo attraversano, ossia impedire il
raggiungimento della lunghezza di radiazione
1
del materiale scelto
2
.
Tale minimizzazione dello spessore però entra in conflitto con un altro
requisito fondamentale, ovvero quello della bassa permeabilità all’elio
(necessario per ridurre al minimo l’inquinamento del gas radiatore C4F10)
usato come stabilizzatore di pressione del dispositivo. Lo spessore è
quindi il risultato di un compromesso tra le soluzioni delle singole
problematiche sopracitate. Per l’accertamento della resistenza e della
tenuta in pressione sono state eseguite simulazioni tramite software ad
elementi finiti (Solidworks Simulation) e prove sperimentali in laboratorio.
Inoltre, la sezione di Trieste dell’INFN di Padriciano ha richiesto anche la
progettazione del sistema di sostegno, endcup , connesso alla carcassa del
RICH-1, denominata vessel.
Pertanto, in relazione a tali tematiche, la prima parte del lavoro di questa
tesi fornisce una panoramica generale dell’apparato sperimentale di
COMPASS e delle caratteristiche tecniche degli elementi costitutivi; la
seconda e terza parte sono incentrate sulla descrizione dei fenomeni fisici
caratterizzanti il rivelatore per le particelle ad alta energia a focalizzazione
d’immagine RICH (Ring Immaging Cherenkov) ed al suo funzionamento.
La parte conclusiva di questa tesi è incentrata, invece, sul lavoro svolto nel
periodo di tirocinio, concernente lo studio del beam pipe per la zona ad alta
ionizzazione del rilevatore RICH-1, al fine di mantenere le caratteristiche
necessarie per permettere rilevazioni di alta qualità.
1
Vedi successivo il Capitolo 2, Paragrafo 2.4.
2
Vedi successivo il Capitolo 4, Paragrafo 4.4.1.
23
CAPITOLO 2
Fenomeni fisici nell’esperimento
COMPASS
2.1 Introduzione
I fenomeni fisici che si verificano nell’esperimento COMPASS constano
delle seguenti interazioni delle particelle con la materia:
• Collisioni fra particelle cariche: Scattering anelastico
• Radiazione emessa da particelle cariche : Radiazione Cherenkov
9
• Cascata elettromagnetica : creazione di coppie e
+
e
-
, bremsstrahlung
Nei paragrafi successivi vengono discussi tali fenomeni e i dispositivi che
permettono di rilevarli sperimentalmente.
2.2 Diffusione profondamente inelastica -
scattering anelastico
La maggior parte delle informazioni sulla struttura dei nuclei e dei loro
costituenti, i nucleoni, è stata ottenuta studiando l’urto di leptoni carichi
con i nucleoni stessi. In particolare, l’urto profondamente anelastico [10],
ha permesso di sondare la struttura del nucleone, confermando nel 1972
l’ipotesi dell’esistenza di costituenti, detti partoni, subito identificati nei
9
Nel Capitolo 3 è illustrato in modo dettagliato l’aspetto del rilevamento di tale radiazione.
CAPITOLO 2 – Fenomeni fisici nell’esperimento COMPASS
24
quark, ipotizzati da Gell—Mann e da Zweig otto anni prima per spiegare
la spettroscopia adronica. Questo successo diede un grande impulso alle
speculazioni di fisica teorica, nel cui contesto si svilupparono modelli che
fornirono alcune previsioni; di conseguenza, molti esperimenti al CERN di
Ginevra cercarono di verificare sperimentalmente queste previsioni.
Figura 1.2 - Diagramma di Feynman dello scattering anaelastico.
Nella Figura 1.2 è riportata la classica rappresentazione di Feynman
relativa allo scattering anelastico che caratterizza l’urto tra un leptone e un
nucleone. I simboli indicati hanno il seguente significato:
k è il quadrivettore del leptone incidente,
k’ è il quadrivettore del leptone diffuso,
P è il quadrivettore del nucleone iniziale,
q è il quadrivettore del fotone scambiato,
ϒ* è il fotone scambiato,
X è la massa dello stato adronico finale, indicata con W,
s è lo spin del leptone,
S è lo spin del nucleone.
Aumentando l’energia del proiettile si passa al regime della diffusione
profondamente inelastica che ha permesso di sondare la struttura interna
dei nuclei prima e dei nucleoni successivamente.
Aumentando l’energia del processo di diffusione, quando il
quadrimomento trasferito dal leptone al nucleone bersaglio è superiore al
GeV , si entra nella regione della diffusione profondamente inelastica. In
CAPITOLO 2 – Fenomeni fisici nell’esperimento COMPASS
25
questa regione il quadrimomento trasferito al nucleone è tale da
disintegrarlo completamente; è quindi comodo introdurre la sezione
d’urto inclusiva, che descrive la reazione in cui si misurano
esclusivamente l’energia e l’angolo di diffusione del leptone diffuso.
Le equazioni comunemente usate per descrivere le reazioni di diffusione
profondamente inelastica di tipo inclusivo sono:
( )
2
2 2 2 2 2
2 W c P q M c Mv Q = + = + − ,
P q
v
M
⋅
= ,
dove W
2
è la massa invariante dello stato adronico finale ed è anche la
massa invariante del sistema fotone scambiato con quadrimomento q e del
nucleone iniziale con quadrimomento P , Q
2
=-q
2
è il quadrimomento
trasferito, M è la massa del nucleone e ν l’energia trasferita durante l’urto
dal leptone al nucleone (v = E-E’ dove E ed E’ sono rispettivamente
l’energia dei leptoni incidenti e diffusi) calcolata nel sistema del
laboratorio. Ulteriori grandezze utili per il calcolo dei cosiddetti “fattori di
forma elastici” sono le seguenti:
2
2
Q
x
p q
=
⋅
,
v p q
y
E p k
⋅
= =
⋅
.
In particolare risulta che 0 < x < 1 e 0 < y < 1.
La sezione d’urto inclusiva per la diffusione leptone-nucleone, nel sistema
del laboratorio, è fornita dall’equazione
( ) ( )
2 2
2 2 2 2
2 1 4
4 '
, cos 2 , sin
' 2 2
d E
W Q v W Q v
d dE Q
σ α θ θ
= ⋅ +
Ω
,
dove E′ è l’energia del leptone diffuso nel sistema del laboratorio e W1(Q
2
,
ν), W2(Q
2
, ν) sono la generalizzazione al caso inelastico dei fattori di forma
elastici, precedentemente citati detti anche “funzioni di struttura”.
In funzione della variabile x possiamo definire le funzioni di struttura
adimensionali:
CAPITOLO 2 – Fenomeni fisici nell’esperimento COMPASS
26
( ) ( )
2 2 2
1 1
, , F Q x Mc W Q v = ,
( ) ( )
2 2
2 2
, , F Q x vW Q v = .
Nota la sezione d’urto è quindi possibile ricavare F1(Q
2
, x) e F2(Q
2
, x) in
funzione di Q
2
per diversi valori di x; per valori da Q
2
elevati, in
corrispondenza a valori di x fissati, la dipendenza di F1(Q
2
, x) e F2(Q
2
, x)
da Q
2
è molto debole, tanto da poter essere trascurata. Tale condizione si
definisce “invarianza di scala” o scaling.
Lo scaling era stato predetto da Bjorken [2], che aveva individuato le
seguenti condizioni (denominate proprio limite di Bjorken)
2
costante
v
Q
x
→∞
→∞
,
le quali, quando sono rispettate, permettono di considerare le funzioni di
struttura praticamente dipendenti solo dal parametro x precedentemente
definito:
( ) ( )
( ) ( )
2
1 1
2
2 2
,
,
F Q x F x
F Q x F x
→
→
.
L’indipendenza delle funzioni di struttura dal valore di Q
2
ed il fatto che il
valore limite sia differente da zero suggerisce che il nucleone sia composto
da costituenti puntiformi, detti partoni.
Quindi, rivelando i partoni costituenti la massa adronica finale, è possibile
comprendere la struttura dei nucleoni. Lo scopo dell’esperimento
COMPASS pertanto è proprio quello di rilevare i partoni e la massa
adronica finale, con l’obiettivo ultimo di studiare la struttura dei nucleoni.