Partendo dalla sintetizzazione in simulink del modello matematico del
rebreather, sviluppato e validato dal gruppo di ricerca che fa capo al prof. F.
Garofano, si è realizzato un opportuno controllore PI, implementato su di un
Rabbit RCM3700 prodotto dalla Rabbit Semiconductor.
Dopo aver progettato e realizzato in maniera opportuna l’hardware relativo
all’elettronica del rebreather, si sono simulate condizioni di funzionamento
dell’apparato subacqueo supportate dall’utilizzo delle seguenti tecniche di
fusione:
- voting logic;
- sensor fusion mediante il filtro esteso di Kalman;
Per ognuna di esse si è valutato l’andamento della pressione parziale di
ossigeno, in una tipica immersione, durante la quale sono stati simulati, via
software, errori di misura dei sensori di PpO
2
. Dal confronto di tali
andamenti sono state tratte conclusioni sui vantaggi e svantaggi derivanti
dalla loro applicazione.
4
CAPITOLO 1
CENNI DI FISIOLOGIA DELL’IMMERSIONE
1.1 Introduzione
Per “fisiologia” dell’immersione s’intende lo studio d’alcuni fenomeni
fisici e chimici legati al comportamento del corpo umano ed in modo
particolare dell’apparato respiratorio, durante un’immersione subacquea.
Essi sono legati alle condizioni ambientali (pressione, temperatura ecc..) e di
lavoro (riposo, medio o duro) cui il corpo stesso viene sottoposto.
Lo studio di tali fenomeni ha costituito, negli ultimi anni, la base
essenziale per le cosiddette “immersioni tecniche” il cui scopo principale è
quello di ottimizzare le performance dell’immersione (durata, profondità
etc.) intervenendo in modo opportuno su alcuni parametri (tipo di miscela
da respirare, attrezzature etc.) col fine di salvaguardare la vita dell’operatore
anche nelle condizioni estreme..
5
1.2 Pressioni parziali ed i volumi coinvolti
L'aria è composta approssimativamente da 21% di ossigeno (O
2
) e 78%
di azoto (N
2
),in percentuali volumetriche. Il rimanente 1% è formato da
monossido di carbonio (CO), biossido di carbonio (CO
2
), vari ossidi di
azoto e gas nobili (Elio, Neon, Argon), (fig 1).
Tranne l'ossigeno, tutti questi componenti sono relativamente poco
reattivi – cioè non reagiscono praticamente con altre molecole – e sono per
questo detti "gas inerti". Comunque, poiché la proporzione dei rimanenti gas
(CO, CO
2
, ossidi di azoto, gas nobili) in aria è molto bassa, questi non
hanno un’importanza pratica in questo contesto.
Ricordando la legge di Dalton
1
(“La pressione totale in una miscela di
gas è la somma delle pressioni parziali di ognuno dei gas costituenti la
miscela”) e considerato che la pressione a livello del mare è pari ad 1atm
possiamo affermare che, in queste condizioni, l’ossigeno presenta una
1
La legge di Dalton è più correttamente esposta nel modo seguente: “In una miscela
di due gas (perfetti), la pressione è la somma delle pressioni che ciascun gas
eserciterebbe se occupasse da solo tutto il volume a disposizione”.
6
pressione parziale di 0,21atm (21% di 1atm) mentre l’azoto una di 0,78atm
(78% di 1atm).
Ogni atto respiratorio, riferito ad un uomo “medio” in condizioni di
riposo, a livello del mare ed a temperatura di 25°C coinvolge circa 2 litri
d’aria. Tenendo presente che si effettua un atto respiratorio ogni 6 secondi
circa, possiamo dire che mediamente un uomo a riposo ventila circa 20 litri
d’aria al minuto di cui il 21% è ossigeno ed il 78% è azoto. Ad ogni
espirazione, il gas in uscita contiene ossigeno per il 16%, anidride carbonica
per il 4.5% e azoto nella stessa percentuale di entrata (l’azoto non viene
metabolizzato). Si noti che il volume d’aria espirata è leggermente inferiore
a quello dell’aria inspirata perché la quantità di O
2
assorbita dall’organismo
è superiore alla quantità di CO
2
prodotta. Proprio su questa differenza viene
calcolato il cosiddetto quoziente respiratorio (QR) definito come il rapporto
tra la CO2 prodotta (V
CO2
) e l'O2 consumato(V
O2
).
CO2
O2
V
QuozienteRespiratorio:
V
QR =
Il QR
2
può variare a seconda del fattore di sforzo e delle riserve glucidiche
corporee da 0.7 fino a 1.
Quindi, del volume di aria inspirato ad ogni atto, solo una piccola
frazione di ossigeno è realmente assimilata dal corpo (5%), la restante parte
(16%) viene espirata insieme ai sottoprodotti del metabolismo come la CO
2
.
2
Valori di QR superiori all'unità indicano che l'O2 non è più sufficiente a sostenere
le vie metaboliche ossidative e che l'organismo è passato a vie metaboliche
anaerobiche.
7
Già da quest’ultima osservazione si riesce a capire com’è importante
non rilasciare in acqua i gas espirati poiché essi contengono ancora una
grande quantità di ossigeno che, se opportunamente riciclata, aumenterebbe
di molto l’autonomia di immersione. Questa affermazione è tanto più vera
se consideriamo che man mano che si scende più in profondità, aumentando
la pressione a cui è sottoposto il gas respirato, il volume del gas che entra in
gioco ad ogni ventilazione aumenta e parimenti aumenta anche la quantità di
ossigeno espirato e potenzialmente riusabile, mentre resta costante la
quantità di O
2
metabolizzata.
Possiamo ritenere che la pressione cui è sottoposto il corpo di un
subacqueo durante un’immersione è legata in modo lineare alla profondità
in ragione di un aumento di pressione pari ad 1atm per ogni 10 metri di
profondità (in realtà tale legame non è esattamente lineare).
I gas (e quindi anche l’aria) rispettano l’equazione di stato dei gas perfetti:
P V = n R T
in cui P rappresenta la pressione, V il volume, n il numero di moli, T la
temperatura assoluta e R la costante universale dei gas.
A temperatura costante quindi, la pressione e il volume di una miscela di
gas sono inversamente proporzionali (legge di Boyle). Per esempio, se
consideriamo un palloncino contenente 2 litri d’aria a livello del mare dove
la pressione è pari ad 1atm e lo immergiamo fino a -10mt dove la pressione
raddoppia (2atm) il volume del palloncino si ridurrà della metà, esso
conterrà esattamente un litro d’aria (alla pressione di 2atm).
Ora, considerando che i nostri polmoni hanno una capacità fissa e che a
livello del mare (1atm) ventilano sempre ad ogni atto respiratorio in media 2
8
litri d’aria, a 10 metri di profondità dove la pressione assoluta (2atm) è
esattamente il doppio che in superficie (1atm) ogni ventilazione coinvolgerà
non più due ma quattro litri d’aria (considerati sempre alla pressione di
1atm). Allo stesso modo a 20 metri di profondità saranno coinvolti 6 litri
d’aria, a 30 metri 8 litri e così via.
Quindi, man mano che si scende più in profondità, aumentando la pressione
a cui è sottoposto il gas respirato, il volume del gas che entra in gioco ad
ogni ventilazione aumenta. Quest’ultima considerazione sarà utile per capire
qual è il vantaggio principale che si ottiene dal riuso dei gas espirati.
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1.3 Interazione tra gas e tessuti
Durante un’immersione i gas inspirati e non metabolizzati presenti nella
miscela, entrano nell’organismo e, data la dimensione molecolare
abbastanza ridotta, permeano facilmente dai polmoni a tutti i tessuti del
subacqueo. Tale fenomeno aumenta con l’aumentare della pressione esterna
e quindi della profondità.
Gli scambi gassosi, nel corpo umano, avvengono contemporaneamente
in due modi, per diffusione e per perfusione.
• La diffusione è un fenomeno per il quale un gas o un liquido, si
sposta da un’area ad alta concentrazione verso un’area a bassa
concentrazione.
• La perfusione è il processo secondo il quale il gas disciolto nel
sangue, passa nei tessuti grazie alla circolazione.
Il corpo umano è costituito da diversi tipi di tessuto: lo scambio gassoso
varia a seconda del tipo di tessuto e dipende sensibilmente dal grado di
perfusione dello stesso. Ad esempio, i polmoni ed il cervello sono tessuti
tipicamente “veloci” ovvero, in essi la concentrazione di ossigeno varia
rapidamente al variare della stessa all’interno del sangue. Le ossa, invece,
sono tessuti poco perfusi, per questo, detti “lenti”.
Generalmente lo scambio gassoso nei tessuti veloci è controllato dalla
perfusione, mentre i tessuti lenti dalla diffusione.
La legge di Henry, stabilisce che “a temperatura costante, la quantità di
un gas che si può sciogliere in un liquido è direttamente proporzionale alla
pressione parziale del gas stesso”.
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Vediamo quali ruoli giocano i diversi gas presenti nella miscela che il
sub respira nel corso di un’immersione.
Ipotizziamo che il sub usi una miscela di azoto e ossigeno (nitrox). In fase di
discesa, parte dell’ossigeno respirato si lega all’emoglobina ed entra in
circolazione, mentre una parte dell’azoto (gas inerte), in accordo con la
legge di Henry, permea all’interno dei tessuti del sub (si passa dai polmoni
al sangue e da questo ai tessuti). Ciò accade poiché man mano che il sub
scende in profondità la pressione parziale dell’azoto (nei polmoni) aumenta
rispetto alla pressione parziale dello stesso azoto già presente nei tessuti, i
quali diventano sottosaturati ed “accumulano” azoto.
Ora, se il sub restasse alla stessa quota per molto tempo l'assorbimento ed il
rilascio dell'azoto da e per i tessuti si bilancerebbero (saturazione), in queste
condizioni la pressione parziale dell’azoto presente nei tessuti eguaglierebbe
la pressione parziale dell’azoto presente nei polmoni durante la respirazione.
In risalita, la situazione viene invertita: la pressione ambiente si riduce
ed i tessuti risultano pertanto sovrasaturi di azoto. Perciò (dato che la
pressione parziale di N
2
nei polmoni risulta inferiore a quella dei tessuti)
l'azoto presente nel sangue viene rilasciato nei polmoni e da questi
all’ambiente esterno.
Affinché tale processo (detto appunto di decompressione) avvenga in
modo sicuro si definisce una velocità di risalita massima che prevede una
diminuzione della pressione esterna graduale in modo che tutti i gas
accumulati siano espulsi.
11
Questa velocità è molto piccola, quindi l’operatore per mantenere in media
la velocità fissata di risalita dovrà effettuare delle soste più o meno brevi a
determinate profondità per permettere la fuoriuscita totale dei gas
menzionati.
La decompressione è importante, infatti, una velocità di risalita elevata,
implica una repentina diminuzione della pressione ambiente che può portare
alla formazione di macrobolle di gas (oltre alle microbolle sempre presenti)
capaci di fermarsi nelle articolazioni, di ostruire arterie, o di "pizzicare" i
tessuti nervosi del midollo spinale, meccanismi tipici dell'insorgere dei
sintomi dell'MDD (malattia da decompressione).
12
1.4 Ossigeno e gas inerti: ipo ed iperossia
L’assorbimento di altri gas non metabolizzabili da parte dei tessuti
dell’organismo è tanto maggiore quanto maggiore è la pressione ambiente a
cui essi sono sottoposti, ed è tanto minore quanto più la miscela che si
respira è formata da percentuali minori di tali gas e quindi da percentuali
maggiori di ossigeno.
Quanto più azoto contiene la miscela da respirare (quanto maggiore è la
pressione parziale) tanto più lenta dovrà essere la risalita, l’ideale sarebbe
quello di respirare ossigeno puro senza diluirlo. Però se tale pratica non
comporta pericoli a pressione atmosferica (esistono terapie ad ossigeno puro
praticate per particolari malattie), respirare O
2
puro ad alte pressioni diviene
tossico per il sistema nervoso centrale.
L’esposizione massima reale per immersioni operative è fissata ad una
pressione parziale di 1.6atm ma già a pressioni superiori a 1.4atm di O
2
può
insorgere l’iperossia. In realtà l’esposizione a valori elevati di pressione
parziale di O
2
è legata anche al tempo, in particolare si definisce un CNS
clock (clock del sistema nervoso centrale) rappresentato da una tabella che
riporta, a seconda del valore di pressione parziale di O
2
, il tempo massimo
di esposizione, superato il quale incombe il rischio di iperossia.
Dalla tabella riportata nella pagina seguente, si nota come oltre ad un limite
massimo di tempo di esposizione per la singola immersione, sia presente
anche un limite massimo giornaliero che riguarda immersioni multiple.
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L’iperossia si presenta con un errato funzionamento del sistema nervoso
che provoca tremori sparsi e convulsioni fino allo svenimento del
sommozzatore con relativa perdita dell’erogatore (decesso per
annegamento).
Non sono ancora molto chiari i meccanismi che intervengono nella
questione, ma una delle possibili spiegazioni della tossicità dell’ossigeno
potrebbe essere la seguente:
Quando l’ossigeno entra nel sangue lo fa in due modi:
1. si lega con una reazione di Ossidazione all’emoglobina del sangue;
2. si discioglie nel sangue secondo la legge di Henry
Ma, se l'ossigeno è respirato a pressioni troppo elevate o per un tempo più
lungo del consentito, l'emoglobina, invece di cedere ai tessuti l’ossigeno e di
accogliere l'Anidride Carbonica (CO
2
), si ossida nuovamente accogliendo
una delle molecole presenti nel plasma. Il sangue, ancora carico di Ossigeno,
lascia dunque i tessuti e abbandona negli stessi la velenosa Anidride
Carbonica che dovrebbe essere rimossa.
Quindi quella che viene definita tossicità da ossigeno è in realtà
avvelenamento da anidride carbonica.
Se al contrario, l’aria che si respira ha una pressione parziale di O
2
inferiore a 0.1atm si va incontro all’ipossia che si manifesta con la perdita
graduale dei sensi.
I sintomi premonitori tanto dell’iperossia quanto dell’ipossia sono
“sibillini” ovvero di così lieve entità che difficilmente si riconoscono in
14
tempo. Risulta quindi importantissimo tenere sotto controllo la pressione
parziale dell’ossigeno durante l’immersione.
Di seguito si riporta una tabella con i valori limite di PpO
2
e la relativa
descrizione (ricordiamo che tali valori sono legati anche al tempo di
esposizione):
PpO
2 (atm)
Descrizione
<0.1 al di sotto del limite vitale
0.12 limite per grave ipossia
0.16 limite per moderata ipossia
0.21 livello normale
1.4-1.5 limite per l'immersione standard
1.6 limite eccezionale per immersioni di lavoro (professionisti)
1.8 limite eccezionale per la US Navy (era 2.0 )
2.2 limite della marina militare Belga (era 2.3)
3.0 limite medico di utilizzo per casi di pericolo di morte (esempio gravi
MDD)
Quindi, la profondità limite raggiungibile respirando ossigeno puro è di
6 metri che corrispondono ad una pressione parziale di 1+0.6=1.6atm
3
.
Se si considera che l’insorgenza dell’iperossia è legata, come accennato
in precedenza, anche al tempo di esposizione alle condizioni psicologiche e
di lavoro dell’operatore si capisce come sia impossibile utilizzare ossigeno
puro per immersioni profonde e/o prolungate.
Si preferisce comunque immergersi a valori più elevati (rispetto a 0.21atm)
di pressione parziale di ossigeno (ad es. 0.6) e quindi a pressioni (e
concentrazioni) minori dell’altro gas diluente in modo da avere tempi di
decompressione accettabili.
3
1atm data dalla pressione dell’O2 puro a livello del mare e 0.6atm coincidente alla
pressione data dalla profondità di 6mt.
15
Anche alte pressioni di azoto possono creare problemi. Concentrazioni
elevate di molecole di azoto all’interno dei tessuti posso alterare il
funzionamento del sistema nervoso provocando la cosiddetta “narcosi da
azoto” i cui effetti sono paragonabili allo stato di ebbrezza da alcool.
I sintomi da narcosi da azoto, a differenza di quelli da ipo ed iperossia, sono
riconoscibili molto prima della perdita totale del controllo da parte del sub.
Anche l’azoto e quindi l’uso della relativa miscela nitrox limitano la
massima profondità alla quale si può scendere usando questo gas come
diluente.
Infine ricordiamo che dopo un’immersione si deve rispettare il
cosiddetto tempo di non “volo”, periodo di tempo durante il quale
l’operatore non può sottoporsi a pressione ambiente eccessivamente bassa
(ad esempio non può effettuare escursioni ad alta quota etc.) per evitare che
la parte di gas inerti che è ancora intrappolata nei tessuti sia liberata troppo
velocemente.
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