5
Il primo capitolo della tesi, partendo da considerazioni prettamente energetiche
sulla termodinamica biochimica governante le principali reazioni metaboliche
nell’organismo, si propone di descrivere l’articolato meccanismo di interazioni
che sta alla base della regolazione della glicemia; a questo scopo viene fatta una
divisione delle varie tipologie tissutali organiche sulla base del loro diverso
metabolismo glucidico e viene spiegato quale sia il ruolo di questi tessuti,
unitamente a quello dell’insulina, nel garantire l’omeostasi glucidica.
L’argomento riguardante il metabolismo del glucosio è trattato anche dal punto
di vista delle patologie ad esso riconducibili; nella seconda parte del primo
capitolo, infatti, sono analizzate in dettaglio le cause, le complicanze e le
possibili cure delle principali malattie metaboliche, vale a dire il diabete di tipo 1
e di tipo 2 e la sindrome metabolica, considerate al giorno d’oggi, a causa della
loro enorme diffusione, vere e proprie patologie sociali.
Nel secondo capitolo si è cercato di sviscerare l’argomento dei bioreattori,
descrivendo innanzitutto le caratteristiche funzionali principali di tali strumenti
ed elencando le principali tipologie di bioreattori monocompartimentali esistenti
in commercio, con le relative caratteristiche e le attuali applicazioni. Il capitolo
prosegue poi con l’introduzione ai bioreattori multicompartimentali, un settore
innovativo della ricerca scientifica il cui carattere di originalità è confermato
dall’esiguo numero di riferimenti reperibili in letteratura. I bioreattori descritti
sono quello di Shuler e Ghanem e quello di Shuler e Viravaydia, contenenti
rispettivamente due e tre tipi cellulari; entrambi questi bioreattori, seppur con
caratteristiche e filosofie relizzative diverse, si propongono come strumenti per
l’analisi tossicologica in vitro di farmaci ed altre sostanze chimiche.
Il bioreattore realizzato in questo lavoro di tesi si riconduce al filone teorico dei
bioreattori a più compartimenti ma si distacca dai precedenti lavori di questo tipo
reperibili in letteratura, in quanto la sua progettazione è finalizzata alla creazione
di un vero e proprio “organismo in miniatura” che sia in grado di ricreare
l’ambiente metabolico dinamico in cui le cellule si trovano all’interno
dell’organismo umano. La concezione realizzativa di tale strumento, quindi,
assume un carattere di assoluta originalità nel panorama scientifico attuale.
6
Il terzo capitolo si apre con lo schema concettuale di partenza del bioreattore e
con le sue possibili applicazioni nel campo degli studi metabolici in vitro. La
progettazione vera e propria inizia con la determinazione delle percentuali
rappresentative delle varie tipologie cellulari (cellule β del pancreas, epatociti,
adipociti e cellule endoteliali) all’interno del corpo umano; questi dati, ottenuti
da considerazioni anatomiche ed istologiche, saranno utili per una distribuzione
cellulare realistica all’interno del bioreattore. Il capitolo prosegue con
un’introduzione alle leggi dell’allometria, necessarie per scalare le quantità
fisiologiche di nostro interesse, vale a dire tempi e distanze relative al sistema
cardiovascolare. É noto infatti che cambiamenti a livello di taglia e di struttura
corporea comportano cambiamenti nelle esigenze metaboliche e nelle funzioni di
un organismo, cambiamenti esprimibili con leggi matematiche opportune. La
quantità fisiologica che dobbiamo scalare è il tempo di circolazione, in quanto
dai tempi di collegamento tra i vari organi nel corpo umano (pancreas, fegato,
tessuto adiposo e tessuto endoteliale), analizzati nel paragrafo successivo,
dobbiamo ricondurci ai tempi (e quindi alle distanze) di collegamento tra i
compartimenti del nostro bioreattore, avente un volume di circa 20 ml. Questo
viene realizzato nell’ultimo paragrafo del terzo capitolo, riguardante il
dimensionamento complessivo del circuito; attraverso un algoritmo iterativo
sviluppato in ambiente Mathcad vengono definite le caratteristiche progettuali
fondamentali del bioreattore, quali portata in ingresso, dimensioni dei condotti,
dimensioni delle celle, tempi di percorrenza e distanze di collegamento tra i vari
compartimenti.
Nel quarto capitolo vengono descritte le varie fasi riguardanti la progettazione
grafica dello stampo del bioreattore, nonchè i passaggi che stanno alla base della
realizzazione fisica del prototipo in silicone biocompatibile. Il capitolo si
conclude con prove di flusso, eseguite collegando il prototipo ad una pompa
peristaltica, e con test di coltura cellulare in vitro eseguiti su ceppi di fibroblasti
murini inseriti nei quattro compartimenti del bioreattore.
7
CAPITOLO I
Metabolismo del glucosio e sue patologie
1.1 Introduzione
Il presente capitolo ha lo scopo di introdurre i concetti fondamentali che stanno
alla base del metabolismo umano e degli scambi di energia all’interno
dell’organismo; il composto sul quale verrà focalizzata l’attenzione è il glucosio,
e saranno introdotte le principali patologie connesse con il suo metabolismo, vale
a dire diabete di tipo 1 e 2 e la sindrome metabolica.
1.2 Cenni di fisiologia metabolica
L’apporto energetico all’organismo deriva notoriamente dall’ossidazione a CO2 e
H
2
O dei principi nutritivi, divisi in tre fondamentali categorie chimiche: proteine,
carboidrati e grassi; la combustione di questi composti comporta la liberazione di
una certa quantità di energia, esprimibile in joule o in chilocalorie per grammo (1
Kcal = 4184 J). Questo processo richiede anche una determinata quantità di O2,
che dipende dal rapporto esistente nel substrato tra carbonio, idrogeno e
ossigeno, rapporto che è caratteristico per ciascuna classe di composti [1]. Le
leggi della termodinamica impongono a tutti gli organismi viventi il
mantenimento di un bilancio costante tra apporto e spesa energetica; l’energia
derivante dall’ossidazione dei nutrienti, infatti, è necessaria per bilanciare i vari
“compartimenti” nei quali si divide la spesa energetica totale [2]:
ª la spesa energetica minima viene chiamata metabolismo basale, e comprende
l’energia necessaria per portare avanti, a riposo, le innumerevoli reazioni
chimiche sintetiche e degradative, il mantenimento dei gradienti ionici cellulari,
8
la conduzione di segnali nervosi, il lavoro meccanico respiratorio e circolatorio, e
la dispersione obbligata del calore;
ª l’ingestione di cibo provoca un aumento della spesa energetica denominato
termogenesi indotta dalla dieta, causato dall’aumento della velocità delle
reazioni chimiche necessarie al trattamento metabolico dei nutrienti;
ª per mantenere costante la temperatura del nucleo dell’organismo è necessario
produrre più o meno calore, a seconda della temperatura dell’ambiente; questa
quota di energia è definita termogenesi senza brividi e si divide in una parte
obbligatoria, generata in tutti i tessuti, e in una parte facoltativa, mediata
dall’azione del sistema nervoso simpatico;
ª una quota addizionale di energia deve essere considerata per l’occupazione e
l’attività fisica, che possono variare notevolmente da un individuo all’altro e
anche nello stesso individuo, da un periodo di tempo all’altro.
Il metabolismo risulta una rete integrata di reazioni chimiche che permettono il
mantenimento della costanza del bilancio energetico all’interno di un organismo.
In tutti gli esseri viventi la base chimica del trasferimento dell’energia è costituita
dai due legami fosforici contenuti nella molecola di Adenosintrifosfato (ATP),
che rappresenta dunque la “moneta energetica” della cellula, e che ha un ruolo
centrale nel meccanismo fisiologico metabolico.
1.2.1 Ruolo dell’ATP nella termodinamica biochimica
Il criterio di spontaneità di una reazione chimica è valutabile attraverso la
variazione di energia libera di Gibbs, la funzione termodinamica più utile in
biochimica. Essa è definita per sistemi a temperatura e pressione costanti, ed ha
la forma seguente:
∆G = ∆H - T·∆S
dove:
H = entalpia del sistema
9
T = temperatura
S = entropia del sistema
Questa quantità fornisce una misura della tendenza di un sistema a trasformarsi, e
viene anche chiamata affinità di un processo a temperatura e pressione costante
[3]. Una reazione può avvenire spontaneamente solo se la variazione di energia
libera ad essa associata risulta negativa; il ∆G di una reazione che dai reagenti A
e B porta alla formazione dei prodotti C e D, è dato da:
]][[
]][[
log
0
BA
DC
RTGG ∋ ∋
dove:
∆G
0
= variazione di energia libera standard
R = costante dei gas
Come si vede, la variazione di energia libera di Gibbs dipende, tra le altre cose,
dalla natura dei reagenti e dalle loro concentrazioni espresse in termini
logaritmici.
Il metabolismo si basa sul principio termodinamico per cui la variazione di
energia libera complessiva di una serie di reazioni accoppiate è uguale alla
somma delle variazioni di energia libera delle singole reazioni: questo fa sì che
certe reazioni termodinamicamente sfavorite (come quelle relative alla sintesi di
biomassa) possano essere “trascinate” da reazioni con ∆G fortemente negativo ad
esse accoppiate [4]. Nella maggior parte dei processi, l’accoppiamento energetico
è realizzato sfruttando l’idrolisi dell’ATP ad ADP.
L’ATP, la cui struttura è mostrata in figura 1.1, è un nucleotide composto dalla
base azotata adenina, da un riboso e da un’unità trifosfato [1]: è in quest’ultima
che risiede l’energia di questa molecola, dal momento che i due legami
fosfoanidridici, se idrolizzati, rilasciano una grossa quantità di energia.
10
Fig. 1.1 Struttura chimica dell’ATP
L’energia libera rilasciata dall’idrolisi dell’ATP viene usata per favorire reazioni
a ∆G positivo, e che richiedono quindi un continuo apporto di energia; l’ADP
viene in seguito riconvertito in ATP sfruttando le reazioni cataboliche attraverso
le quali i nutrienti vengono ossidati a CO
2
e H
2
O, reazioni che procedono
spontaneamente, essendo caratterizzate da ∆G fortemente negativi.
La quantità di energia libera rilasciata nella reazione di idrolisi, mostrata in figura
1.2, viene definita potenziale di trasferimento del gruppo fosforico dell’ATP.
A TP + HO 2
A DP + P + i
+
G
0’
= -7.3
Fig. 1.2 Reazione di idrolisi dell’ATP
Questo potenziale, che è molto alto rispetto ad altri composti fosforilati, dipende
principalmente da due fattori:
11
9 repulsione elettrostatica: a pH 7.0, l’unità trifosfato dell’ATP contiene 4 cariche
negative (vedi fig. 1.1) che, essendo abbastanza vicine, tendono a respingersi
fortemente. Questa repulsione elettrostatica diminuisce quando l’ATP viene
idrolizzato ad ADP;
9 stabilizzazione per risonanza: i prodotti ADP e fosfato inorganico hanno una
maggiore stabilità strutturale dell’ATP, dal momento che hanno un numero
maggiore di forme di risonanza.
1.2.2 Glucosio, glicogeno e insulina
Il glucosio è un monosaccaride che costituisce il principale composto energetico
delle cellule, in quanto è la principale molecola che agisce da substrato per la
respirazione cellulare. Questo processo avviene nelle cellule in presenza di
ossigeno, e determina l’ossidazione delle sostanze nutritive derivanti dalla
digestione allo scopo di fosforilare molecole di ADP per formare ATP e, quindi,
per immagazzinare energia. L’estrazione di energia dalle molecole di glucosio
segue tipicamente tre tappe [4]:
ξ la glicolisi, che avviene nel citosol, in cui da una molecola di glucosio si
ottengono due molecole di piruvato (figura 1.3) con generazione di due molecole
di ATP
Fig. 1.3 Trasformazione del glucosio in piruvato nella glicolisi
12
ξ il ciclo dell’acido citrico, o ciclo di Krebs, in cui l’acido piruvico,
preventivamente convertito in acetil coenzima A, viene completamente ossidato
a CO
2
(figura 1.4) ; il ciclo di Krebs si svolge all’interno dei mitocondri e, a
differenza della glicolisi, è strettamente aerobico: può avvenire soltanto in
presenza di ossigeno
Fig. 1.4 Reazioni coinvolte nel ciclo dell’acido citrico
13
ξ la fosforilazione ossidativa, che ha luogo nella membrana mitocondriale interna,
in cui la sintesi di ATP è accoppiata al flusso di elettroni dal NADH o dal
FADH
2
all’ossigeno mediante un gradiente protonico; l’ATP viene sintetizzato
quando i protoni attraversano un particolare complesso, chiamato ATP sintetasi
(figura 1.5). É il gradiente protonico, dunque, che determina la trasmissione
dell’energia libera nel processo di fosforilazione ossidativa
Rotazio
Periplas
Citoplas
Fig. 1.5 Struttura dell’ATP sintetasi
Il glucosio è presente nell’organismo umano nella sua forma semplice oppure
sotto forma di un polimero ramificato, il glicogeno, costituito da residui
glicosidici legati tra loro con legami α-1,4. Ogni dieci residui si hanno anche
delle ramificazioni, create da legami di tipo α-1,6 (vedi figura 1.6) . Il glicogeno
è una riserva di glucosio facilmente mobilizzabile ed è presente in particolar
14
modo nel fegato e nel muscolo scheletrico; è organizzato in granuli, che
contengono al loro interno anche gli enzimi che catalizzano la sintesi e la
degradazione di questa struttura ramificata [5].
O H
OH
H
H
OH
H
HOCH 2
H
O
OH
OH
H
H
OH
H
HOCH2
H
O
OH
OH
H
H
OH
H
HOCH2
H
O
HO
O H
OH
H
H
OH
H
H
O
CH
2
OH
OH
H
H
OH
H
HOCH2
H
O
OH
OH
H
H
OH
H
HOCH2
H
R
OH
OH
H
H
OH
H
HOCH 2
H
O
O H
OH
H
H
OH
H
HOCH 2
H
O
HO
Legame glicosidico
1,6
Legame glicosidico
1,4
Fig. 1.6 Struttura ramificata del glicogeno
L’insulina è un ormone di natura proteica costituito da due catene di
amminoacidi collegate tra loro da due ponti disolfuro (vedi figura 1.7); è prodotta
nel pancreas da gruppi di cellule, dette β-cellule, situate nelle isole di Langerhans
e regola principalmente il metabolismo dei carboidrati, ma anche quello di grassi
e proteine [6].
Fig. 1.7 Struttura dell’insulina
15
Quando l’apporto di carboidrati introdotti con la dieta è elevato, l’insulina viene
secreta e stimola i tessuti periferici (cellule muscolari e tessuto adiposo) ad
utilizzare queste risorse energetiche; contemporaneamente, essa inibisce la
produzione di glucosio da parte del fegato. Quando invece l’apporto di
carboidrati è basso o del tutto assente, la secrezione di insulina viene ridotta, e si
verifica la mobilizzazione dei substrati endogeni.
1.2.3 Scambi di glucosio tra gli organi ed omeostasi glucidica
L’utilizzazione del glucosio è molto diversa da tessuto a tessuto, tanto che si può
definire una classificazione tessutale basata sul metabolismo glucidico. Si
possono quindi individuare quattro classi principali di tessuti [7]:
9 glucosio-dipendenti: per questi tessuti, che comprendono il cervello e i globuli
rossi, il glucosio rappresenta l’unico o il principale nutriente utilizzabile, per cui
la sopravvivenza del sistema nervoso centrale e degli eritrociti dipende in modo
critico dal glucosio;
9 insulino-dipendenti: fanno parte di questa categoria il tessuto muscolare e il
tessuto adiposo; essi utilizzano il glucosio in modo fasico, cioè metabolizzano
glucosio quando quest’ultimo è in eccesso nella circolazione sanguigna (ad
esempio in seguito a un pasto);
9 gluco-sensori: questi tessuti, che comprendono il pancreas endocrino, il fegato e
l’ipotalamo ventro-mediale, sono in grado di “leggere” il livello di glucosio
circolante e di organizzare una risposta secretoria appropriata [8-9];
9 glucovori: i tessuti glucovori, quali l’intestino e il rene, sono specializzati nel
mediare l’ingresso o il rientro del glucosio all’interno dell’organismo.
A differenza di altri substrati, la concentrazione del glucosio nella circolazione
sanguigna viene mantenuta entro limiti molto ristretti; i grafici in figura 1.8 e 1.9
mostrano i profili della glicemia e dell’insulinemia nel corso della giornata
relativi a un individuo sano: i tre picchi glicemici ed insulinici che si vedono
16
corrispondono all’assunzione di glucosio rispettivamente durante la colazione, il
pranzo e la cena.
0
20
40
60
80
100
120
140
0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 20 22
Ora del giorno
G
l
i
c
e
m
i
a
(
m
g
/
d
l
)
Fig. 1.8 Andamento della glicemia nel corso della giornata per un individuo sano
Fig. 1.9 Andamento dell’insulinemia nel corso della giornata per un individuo sano
Nello stato di digiuno, gli organi glucosio-dipendenti impongono un limite
inferiore all’utilizzazione di glucosio e alla glicemia (> 65 mg/dl); il fegato (e
minimamente anche il rene) fornisce la quantità di glucosio necessaria per
mantenere accettabili i livelli di glicemia (tipicamente 72-99 mg/dl), tramite la
0
10
20
30
40
50
60
70
80
0 2 4 6 8 1012141618202
Ora del giorno
I
n
s
u
l
i
n
e
m
i
a
17
lisi dei depositi di glicogeno (glicogenolisi) e la sintesi di glucosio a partire da
altre sostanze (gluconeogenesi), mentre le cellule β del pancreas modulano la
secrezione di insulina in modo da mantenere un consumo minimo di glucosio
negli organi insulino-dipendenti e una produzione epatica di glucosio tale da non
superare un livello glicemico di 99 mg/dl. L’ipotalamo ventro-mediale protegge
il sistema nervoso centrale dagli effetti di un’eventuale ipoglicemia, attivando
una risposta contro-regolatoria in grado di aumentare notevolmente la produzione
epatica di glucosio e di limitare l’utilizzazione di glucosio da parte degli organi
non glucosio-dipendenti. Durante l’assorbimento del cibo, è l’intestino a fornire
all’organismo un apporto netto di glucosio; le cellule β pancreatiche, tramite la
secrezione di insulina, attivano l’utilizzazione di glucosio in eccesso rispetto
all’utilizzazione negli organi glucosio-dipendenti. Questa iperinsulinemia
inibisce la produzione epatica di glucosio, in modo da limitare il ciclo futile di
produzione/utilizzazione nello stesso organo. L’effetto dell’insulina è
ipoglicemizzante, in quanto riduce la produzione endogena di glucosio nel fegato
e stimola l’utilizzazione del glucosio negli organi insulino-dipendenti.
É interessante notare che la risposta insulinica che si ottiene in seguito a un pasto
è maggiore di quella che si osserva se si innalzano i valori glicemici mediante
somministrazione endovenosa di glucosio. Questo è dovuto al fatto che, in
seguito alla digestione di un pasto, le cellule intestinali liberano alcuni ormoni
gastrointestinali come il peptide gastroinibitore, la gastrina, la secretina, la
colecistichinina e soprattutto il peptide glucagone-simile (GLP-1), che sono
capaci di stimolare la secrezione di insulina [2].
Tutte le azioni dell’insulina iniziano con il legame ad uno specifico recettore
situato sulla membrana plasmatica delle cellule bersaglio (vedi figura 1.10). Il
recettore dell’insulina è una glicoproteina costituita da due unità simmetriche, a
loro volta suddivise in subunità di tipo α e di tipo β; quando si instaura il legame
con l’insulina, si verificano alcuni eventi:
- la subunità β del recettore subisce un’autofosforilazione
- il recettore fosforilato acquisisce attività tirosina chinasica, e riesce a
fosforilare grosse proteine, chiamate substrati del recettore dell’insulina (IRS)
18
- l’attivazione dei IRS attiva una cascata di fosforilazioni di residui di serina e
treonina in molte molecole intermedie
- queste fosforilazioni a cascata determinano l’attivazione o la disattivazione di
certi enzimi bersaglio, che dirigono il metabolismo del glucosio verso il
glicogeno e il piruvato
- vengono attivati i trasportatori della membrana plasmatica e viene quindi
facilitato il trasporto all’interno o all’esterno della cellula di amminoacidi,
potassio, magnesio e fosfato
- viene indotta o soppressa la sintesi di vari enzimi che regolano la crescita
cellulare (e quindi che determinano consumo di substrato), mediante molecole
segnale che modulano l’espressione genica
- in alcune cellule bersaglio (ad esempio quelle del tessuto adiposo) l’insulina
stimola la fosfodiesterasi, che a sua volta riduce i livelli di adenosina
monofosfato ciclico (AMPc); questo rende ragione di alcune azioni
dell’ormone, come l’inibizione della lipolisi.
Fig. 1.10 Meccanismo di azione cellulare dell’insulina