Introduzione
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L’episodio scatenante è noto ai più: Schiaparelli, mentre osservava da Milano il pianeta durante
l’opposizione del 1877, vide un insieme di “canali” rettilinei che incrociavano la superficie di Marte e
ipotizzò l’esistenza di una razza intelligente che li avesse costruiti. Per di più il termine canale fu
tradotto in inglese come “canal” (canale artificiale) anziché “channel” (canale naturale) e col
diffondersi della scoperta si diffuse anche l’idea di un pianeta abitato.
Figura(1.1): Mappa di Marte secondo Schiaparelli (1879)
Nei decenni successivi si videro confrontarsi opinioni diverse ma concordi sull’immagine Lowelliana
di un Marte “vivo” e abitato da una razza intelligente che, per sopravvivere al progressivo
inaridimento del pianeta, aveva creato e mantenevano una vasta rete di canali per imbrigliare e
sfruttare le acque delle calotte polari.
Verso la fine del secolo, con il progressivo migliorarsi dei mezzi tecnici, cominciarono a comparire
voci che confutavano l’esistenza dei canali, solo in pochi li vedevano e quei pochi solo in alcune
circostanze particolari. Moltissimi ricercatori non furono mai in grado di percepirli.
I canali non esistono: sotto particolari condizioni osservative i complessi dettagli della superficie
marziana sono percepiti come un intrecciarsi di linee sottili.
Nonostante questo, l’inesistenza non ci permette di dimenticare i canali e la “Grande Illusione” del
mondo morente che avrebbero dovuto salvare, soprattutto per l’influenza che hanno avuto sulla
letteratura e sulle persone che, negli anni successivi avrebbero creato l’esplorazione spaziale.
A cominciare dagli invasori interplanetari di H.G. Wells o dalle suggestioni invocate dal Barsoom di
Edgar Rice Burroghs, i canali e il mondo morente che avrebbero dovuto salvare fanno parte di
quell’immaginario collettivo che è stato il motore delle prime esplorazioni spaziali e che a tutt’oggi è
un’elemento importante nelle motivazioni di coloro che si occupano di Spazio. Quanti tra coloro che
gravitano attorno a questo ambiente non hanno mai fantasticato di fronte ad un’avventura tra i canali
di Marte?
Negli anni che seguirono la prima guerra mondiale, sebbene la teoria dei canali fosse definitivamente
tramontata agli occhi della comunità scientifica, il resto della visione di Lowell rimase influente e fu
confermata ancora per molti anni da osservatori che ora, oltre all’osservazione diretta, si affidavano a
nuove tecniche di indagine: i loro strumenti erano gli spettroscopi, i polarimetri e le termocoppie.
Furono fatti numerosi tentativi di determinare le proprietà dell’atmosfera, della superficie e del ciclo
termico marziani, tentativi che, grazie a scienziati come Kuiper, Kaplan, Dollfus, diedero corpo ad
un’idea del pianeta rosso più vicina alla realtà.
Dagli studi viene la descrizione di un mondo aridissimo, dotato di un’atmosfera estremamente
rarefatta e composta in gran parte di anidride carbonica, con una superficie molto corrugata e le cui
trasformazioni erano causate dalla polvere sollevata dal vento anziché da un ciclo della vegetazione.
Pur essendo ben coadiuvate da prove sperimentali e da dati certi, queste teorie rimanevano troppo
fredde e astratte, insufficienti a cambiare le idee del grande pubblico, ancora affascinato dalla
Introduzione
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Figura(1.3): Mariner 9: Immagine del labirintico
estremo Ovest delle Valles Marineris, 400Km
centrati a 6°S, 105°W. Si notino le catene di crateri
e le mesas.
romantica visione lowelliana. Queste teorie e quella fascinazione però, contribuirono insieme, il 14
luglio 1965, a cambiare la nostra percezione del pianeta rosso: la prima sonda umana, Mariner 4,
effettuò il primo passaggio ravvicinato nei pressi del quarto pianeta del sistema solare.
1.1.1 Missioni robotiche su Marte e la ricerca della vita
Il 14 luglio 1965 la sonda statunitense Mariner 4 passò a 9850 Km dalla superficie di Marte, scattando
una ventina di foto ed effettuando misure dell’atmosfera. Le immagini inviate a terra furono
sconvolgenti: raffiguravano la superficie di un pianeta deserto, piena di crateri come quella lunare, un
pianeta privo di vita e immutato da milioni di anni. Le misure dell’atmosfera confermavano poi la
visione di un Marte assai dissimile dalla Terra: la pressione atmosferica risultava compresa tra 4 e 6
millibar, dovuta al 95% all’anidride carbonica.
Le due missioni successive, Mariner 6 e 7, progettate
anch’esse come “flyby”, passarono molto più vicino al
pianeta (a 3500 Km) e portarono la copertura di Marte al
10% dal 1% di Mariner 4, con una qualità assai superiore.
Le misure di temperatura e pressione, concordi con quelle
della missione precedente, confermarono il sospetto che le
calotte polari fossero composte, per la quasi totalità, da
anidride carbonica.
Dalle tre missioni uscì una rappresentazione di Marte molto
simile alla Luna, tutto crateri e desolazione, senza nessuna
delle fantastiche caratteristiche evocate da Lowell.
Da un estremo all’altro, anche questa idea di Marte era
sbagliata: per pura sfortuna, nello scandagliare l’emisfero
meridionale (in ogni modo il più ricco di crateri), le sonde
avevano fotografato un decimo della superficie ma
avevano mancato tutte le strutture più spettacolari
del paesaggio marziano come gli imponenti
vulcani, i profondi canyon e i letti asciutti di
fiumi, laghi e mari.
Nell’opposizione successiva, nel 1971, grazie
all’ultima missione della serie Mariner, la 9, si
iniziò ad intuire la verità sul pianeta rosso.
Mariner 9, il 10 novembre 1971, entrò in orbita
attorno a Marte con un’inclinazione di 65° a 1350
Km dalla superficie e si spense attendendo la fine
di un’enorme tempesta di polvere che oscurava la
superficie (la Grande Tempesta coprì tutto il
pianeta da ottobre a dicembre con una coltre di
polvere fittissima). Le sonde sovietiche arrivate
nello stesso momento, bloccate da una rigida
programmazione, videro la loro missione fallire completamente.
Dall’inizio dell’anno fino al 27 ottobre 1972 Mariner 9 scattò 7239 fotografie mappando il pianeta,
specialmente nella fascia compresa tra 25°N e 65°S.
Figura(1.2): Mariner 4: immagine del
Mariner Crater (35°S 164°W), da
12600Km di distanza
Introduzione
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Le immagini che arrivarono a terra mostravano per la prima volta la vera faccia del pianeta: monti,
vulcani, crateri, canyon, pianure, l’imponente differenza tra i due emisferi, i segni degli oceani, dei
laghi e dei fiumi i crateri contornati dai segni del ghiaccio e dell’acqua.
Per dare un’idea, l’importanza delle scoperte fu tale che l’Unione Astronomica Internazionale fu
costretta a cambiare i nomi sulla mappa di Marte per renderli corrispondenti alla realtà.
Dopo Mariner 9, Marte assunse caratteristiche sue proprie, diverso dalla Luna come dalla Terra, con
segni evidenti della presenza di acqua liquida nel passato e con la possibilità che la vita ci fosse o ci
fosse stata prima dell’evoluzione climatica che aveva inaridito il pianeta
Missione Nazione Lancio Arrivo Risultati
Mars 1 URSS 01/11/62 Contatto radio perso il 21/03/63
Mariner 3 USA 05/11/64 Perduta il 06/11/64 per problemi dopo il lancio
Mariner 4 USA 28/11/64 14/07/65 Flyby, foto
Zond 2 URSS 30/11/64 Contatto radio perso nel maggio 1965
Mariner 6 USA 24/02/69 31/07/69 Flyby, foto
Mariner 7 USA 27/03/69 05/08/69 Flyby, foto
Mariner 8 USA 08/05/71 Perduta al lancio
Mars 2 URSS 19/05/71 27/11/71 Orbiter, foto durante la Grande Tempesta,
Lander distrutto all’atterraggio
Mars 3 URSS 28/05/71 02/12/71 Orbiter, foto durante la Grande Tempesta,
Lander disattivato dopo l’atterraggio
Mariner 9 USA 30/05/71 10/11/71 Orbiter, mappatura del pianeta
Mars 4 URSS 21/07/73 Perduta il 10/02/74
Mars 7 URSS 09/08/73 Perduta il 09/03/74
Viking 1 USA 20/08/75 20/07/76 Orbiter, Lander, analisi in situ
Viking 2 USA 08/09/75 03/09/76 Orbiter, Lander, analisi in situ
Phobos 1 URSS 07/07/88 Contatto radio perso il 02/09/88
Phobos 2 URSS 12/07/88 gen-1989 Foto della superficie, contatto radio perso il
27/03/89
Mars Observer USA 25/09/92 Contatto radio perso il 21/08/93
Tabella (1.1): Schema delle principali missioni verso Marte fino agli anni novanta
Introduzione
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Figura(1.4): Viking Lander 1, vista del panorama marziano con, in primo piano, il braccio robotico e le
trincee da esso scavate
Mancava ormai solo un passo: l’analisi diretta della superficie in cerca di vita, cosa che si proposero di
fare le missioni Viking.
Partita nella tarda estate del 1975, la coppia di sonde (entrambe dotate di Lander) era stata progettata
per mettersi in orbita attorno al pianeta, verificare i possibili siti di atterraggio e fare da ponte radio per
i Lander. In seguito, con strumenti molto più evoluti di quelli a bordo di Mariner 9, gli Orbiter
avrebbero fotografato il pianeta e analizzato l’atmosfera.
Tutto andò come previsto ed entrambi i Lander atterrarono nei siti monitorati, come mostrato in
tabella.
Lander Data Luogo Lat. Long.
Viking 1 20/7/76 Chryse Planitia 22.5°N 48°W
Viking 2 3/9/76 Utopia Planitia 48°N 225.7°W
Tabella (1.2): Siti di atterraggio delle missioni Viking
I due Lander pesavano ciascuno 600Kg ed erano dotati di un braccio meccanico, di un laboratorio
miniaturizzato in grado di svolgere tutti gli esperimenti biologici, di telecamere e sensori
meteorologici e sismografici.
Figura(1.5): Viking Lander 2, Panorama marziano (mosaico di foto) con varie parti del Lander in vista