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2. Definizione del caso in esame: Il Piano Urbano di
Trasporto
La pianificazione dei trasporti costituisce uno dei fattori determinanti per lo
sviluppo economico, e non solo. Nell'Unione Europea, come evidenziato nel
Libro Bianco sui Trasporti (European Transport Policy for 2010: Time to
Decide), il settore dei trasporti ha un giro d'affari annuo di circa 1.000 miliardi
di euro, pari ad oltre il 10% del prodotto interno lordo, e dà lavoro a più di
dieci milioni di persone. Dal 1970 al 2000, il trasporto passeggeri (in termini
di passeggeri-km) è cresciuto del 126%, quello delle merci (in termini di
tonnellate-km) è cresciuto del 120%. Si prevede che, nei prossimi decenni, la
mobilità di persone e merci sia destinata ad un'ulteriore crescita. Questa
continua crescita non è priva di conseguenze negative, che si manifestano in
termini di impatti, economici, sociali ed ambientali. Soprattutto gli impatti
ambientali hanno assunto una crescente rilevanza sia a livello locale che a
livello globale.
A livello economico, nel Libro Bianco sui Trasporti, si afferma che: «I problemi
di congestione rischiano di minare seriamente la competitività dell’economia
europea. Secondo il più recente studio in materia, i costi esterni della congestione
legati al solo traffico stradale sarebbero pari allo 0,5 % circa del prodotto interno
lordo comunitario. La crescita del traffico prevista entro il 2010 comporterà
presumibilmente, in assenza di interventi correttivi, un significativo aumento della
congestione stradale ed un parallelo aumento del 142% dei costi legati a tale
congestione, pari a 80 miliardi di euro per anno (ovvero l’1 % circa del PIL). Le
continue congestioni sono in parte spiegate dal fatto che gli utilizzatori del sistema
di trasporti non pagano sempre ed ovunque i costi che generano. Di fatto, la
struttura dei prezzi spesso non riflette integralmente i costi delle infrastrutture, della
congestione, dei danni all’ambiente e degli incidenti. Ciò deriva, fra l’altro, da una
cattiva organizzazione del sistema europeo di mobilità e da un impiego tutt’altro che
ottimale dei mezzi di trasporto e delle nuove tecnologie».
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A livello sociale, invece, il compito fondamentale della politica dei trasporti è
di garantire alle persone il diritto all'accessibilità alle opportunità offerte dal
sistema sociale: il lavoro, lo studio, il commercio, lo svago, la cultura, ecc.
Dal punto di vista sociale, la politica dei trasporti deve affrontare un problema
di equità riguardante:
la distribuzione sociale e spaziale dei livelli di accessibilità;
la possibilità di accedere a diverse modalità di trasporto con standard
di sicurezza elevati;
la garanzia di accessibilità efficiente e sicura per i soggetti più deboli
(disabili, bambini, anziani);
la riduzione delle esternalità negative prodotte dagli utenti del veicolo
privato a danno di altri utenti dello spazio pubblico e di altre modalità
di trasporto.
Infine, per quanto riguarda gli impatti ambientali dei trasporti, questi possono
essere classificati in impatti globali, impatti sulla salute umana, impatti sugli
ecosistemi naturali e impatti sul paesaggio. Gli impatti ambientali, soprattutto
a livello dell'ambiente urbano, derivano in gran parte dall'utilizzo
preponderante dell'automobile quale mezzo per risolvere i problemi
dell'accessibilità. Le innovazioni tecnologiche hanno migliorato l'efficienza
ambientale dell'automobile - e stanno continuando a farlo - ma il
contemporaneo aumento complessivo della mobilità fa sì che gli impatti
restino, a tutt'oggi, più che significativi e richiedano adeguate risposte. Nel
già citato Libro bianco dei Trasporti, a proposito della necessità di
integrazione dei trasporti nello sviluppo sostenibile, si informa che:
«Il Consiglio europeo di Göteborg ha posto il riequilibrio fra i modi di trasporto al
centro della strategia di sviluppo sostenibile. Si tratta di un obiettivo ambizioso che
non potrà essere pienamente realizzato nel corso del prossimo decennio. Le misure
proposte dal libro bianco costituiscono tuttavia una prima importante tappa verso un
sistema di trasporto sostenibile. che sarà probabilmente realizzato in una trentina
d’anni. Come indicato dalla Commissione nel libro verde sulla sicurezza
dell’approvvigionamento del novembre 2000, dal consumo energetico del settore dei
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trasporti derivava nel 1998 il 28 % delle emissioni di CO2, principale gas ad effetto
serra. In base alle ultime stime disponibili, in mancanza di interventi volti ad
invertire la crescita tendenziale del traffico, le emissioni di CO2 legate ai trasporti
dovrebbero aumentare del 50 % circa fra il 1990 e il 2010, per arrivare fino a 1,113
miliardi di tonnellate di emissioni, rispetto ai 739 milioni del 1990. Anche in questo
caso il trasporto stradale costituisce il principale responsabile di tale fenomeno,
generando lui solo l’84 % delle emissioni di CO2 imputabili ai trasporti. Come noto,
il rendimento energetico del motore a scoppio è lungi dall’essere ottimale, in quanto
solo una parte del combustibile bruciato si traduce effettivamente in forza
propulsiva.
Ridurre la dipendenza dal petrolio, stimata attualmente al 98 %, grazie all’impiego
di carburanti sostitutivi e migliorare l’efficienza energetica dei modi di trasporto
costituisce una necessità ecologica ed una sfida tecnologica».
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2.1. Gli strumenti di pianificazione dei trasporti in Italia
In Italia esistono vari strumenti (come mostrato in Figura 2.1, a pagina
seguente), che devono o possono essere attivati ai diversi livelli per la
pianificazione nel settore dei trasporti: è tramite tali strumenti che devono
essere messe in campo le risposte per una mobilità flessibile, integrata e
sostenibile. Il progressivo decentramento dei poteri legislativi e pianificatori in
materia di trasporti dallo Stato alle Regioni ed agli enti locali è stato
accompagnato dal moltiplicarsi degli strumenti di pianificazione dei trasporti.
A questi si affiancano gli strumenti di pianificazione individuati dalle singole
normative regionali: questa compresenza di un tal numero di piani,
soprattutto a livello comunale, talvolta può rappresentare un onere
considerevole per le amministrazioni locali, e rendere particolarmente
complesso assicurare una visione integrata dei problemi della mobilità, oltre
a rendere le tempistiche necessarie al passaggio di informazioni ed alla
progettazione di questi piani molto lunghe.
Il Piano Urbano della Mobilità (P.U.M.) è stato istituito dalla legge n. 340 del
24 novembre 2000 "Disposizioni per la delegificazione di norme e per la
semplificazione di procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione
1999", al fine di «soddisfare i fabbisogni di mobilità della popolazione, assicurare
l'abbattimento dei livelli di inquinamento atmosferico ed acustico, la riduzione dei
consumi energetici, l'aumento dei livelli di sicurezza del trasporto e della
circolazione stradale, la minimizzazione dell'uso individuale dell'automobile privata
e la moderazione del traffico, l'incremento della capacità di trasporto, l'aumento
della percentuale di cittadini trasportati dai sistemi collettivi anche con soluzioni di
car pooling e car sharing e la riduzione dei fenomeni di congestione nelle aree
urbane» (art. 22, comma 1).
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LIVELLO NAZIONALE
Piano Generale dei Trasporti
Piano Nazionale Sicurezza Stradale
LIVELLO REGIONALE
Piano Regionale dei Trasporti
LIVELLO PROVINCIALE
Piano del Traffico per la Mobilità
Extraurbana
LIVELLO COMUNALE
Piano Urbano della Mobilità
Piano Urbano del Traffico
Programma Urbano dei Parcheggi
Figura 2.1 - Gli strumenti di Pianificazione dei Trasporti in Italia
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I P.U.M. vanno intesi come «progetti del sistema della mobilità comprendenti
l'insieme organico degli interventi sulle infrastrutture di trasporto pubblico e
stradali, sui parcheggi di interscambio, sulle tecnologie, sul parco veicoli, sul
governo della domanda di trasporto attraverso la struttura dei mobility manager, i
sistemi di controllo e regolazione del traffico, l'informazione all'utenza, la logistica e
le tecnologie destinate alla riorganizzazione della distribuzione delle merci nelle
città». I soggetti beneficiari dei cofinanziamenti statali per l'attuazione degli
interventi previsti dal P.U.M. - e quindi tenuti alla redazione dei P.U.M. stessi
- sono i singoli Comuni o aggregazioni di Comuni limitrofi con popolazione
superiore a 100.000 abitanti, le Province aggreganti i Comuni limitrofi con
popolazione complessiva superiore a 100.000 abitanti, d'intesa con i Comuni
interessati, e le Regioni, nel caso delle aree metropolitane di tipo policentrico
e diffuso, d'intesa con i Comuni interessati.
Il Piano Urbano del Traffico (P.U.T.), è stato istituito dal decreto legislativo n.
285 del 30 aprile 1992 ed è definito nell’articolo 36 del nuovo Codice della
Strada, che viene di seguito riportato in alcune sue parti. Le applicazioni nei
casi pratici, le finalità e gli obiettivi, verranno presentati nei successivi
paragrafi.
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2.2. Articolo 36 del nuovo Codice della Strada
«TITOLO II: della costruzione e tutela delle strade
CAPO II: organizzazione della circolazione e segnaletica stradale
Art. 36. Piani urbani del traffico e piani del traffico per la viabilità extraurbana.
1. Ai comuni, con popolazione residente superiore a trentamila abitanti, è fatto
obbligo dell'adozione del piano urbano del traffico.
2. All'obbligo di cui al comma 1 sono tenuti ad adempiere i comuni con
popolazione residente inferiore a trentamila abitanti i quali registrino, anche in
periodi dell'anno, una particolare affluenza turistica, risultino interessati da elevati
fenomeni di pendolarismo o siano, comunque, impegnati per altre particolari ragioni
alla soluzione di rilevanti problematiche derivanti da congestione della circolazione
stradale. L'elenco dei comuni interessati viene predisposto dalla regione e
pubblicato, a cura del Ministero dei lavori pubblici, nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana.».
In particolare, l’obiettivo dei Piani Urbani del Traffico, è definito dal comma 4
del suddetto articolo 36:
«4. I piani di traffico sono finalizzati ad ottenere il miglioramento delle
condizioni di circolazione e della sicurezza stradale, la riduzione degli inquinamenti
acustico ed atmosferico ed il risparmio energetico, in accordo con gli strumenti
urbanistici vigenti e con i piani di trasporto e nel rispetto dei valori ambientali,
stabilendo le priorità e i tempi di attuazione degli interventi. Il piano urbano del
traffico prevede il ricorso ad adeguati sistemi tecnologici, su base informatica di
regolamentazione e controllo del traffico, nonché di verifica del rallentamento della
velocità e di dissuasione della sosta, al fine anche di consentire modifiche ai flussi
della circolazione stradale che si rendano necessarie in relazione agli obiettivi da
perseguire.»
Gli interventi di competenza di un PUT, che hanno come obiettivo
l’ottimizzazione in termini di inquinamento, sicurezza, ecc. riguardano quindi i
sensi di marcia e la topologia delle strade (schemi di circolazione), gli spazi e
la gestione delle aree di sosta, la suddivisione del manto stradale in traffico
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veicolare, pedonale e ciclistico, le disposizioni legislative che riguardano la
mobilità: come ad esempio le disposizioni per i veicoli pesanti o l’istituzione di
zone a traffico pedonale privilegiato (ZTTP), zone a traffico limitato (ZTL),
ecc.
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2.3. Il Piano Urbano del Trasporto in dettaglio
Il PUT rappresenta il primo livello del processo di pianificazione del trasporto
urbano. Non gli compete la pianificazione di grandi infrastrutture, ma
l’ottimizzazione, nel breve periodo, del sistema di trasporto, mediante la
gestione delle reti esistenti e la pianificazione di interventi che non
comportino grandi investimenti. Il suo orizzonte temporale è di due anni, e
per la sua realizzazione necessita di altri due livelli di progettazione: i Piani
Particolareggiati ed i Piani Esecutivi. Nel caso di comuni di non grandi
dimensioni, come è il caso di Avezzano, questi due livelli possono essere
uniti in un’unica fase di progettazione: i Piani di Dettaglio. Le direttive
legislative, infatti, articolano la progettazione del PUT su tre livelli:
il livello del Piano Generale del Traffico Urbano (P.G.T.U.), inteso
quale progetto preliminare o piano quadro del PUT, relativo all'intero
centro abitato ed indicante sia la politica intermodale adottata, sia la
qualificazione funzionale dei singoli elementi della viabilità principale e
degli eventuali elementi della viabilità locale destinati esclusivamente
ai pedoni (classifica funzionale della viabilità), nonché il rispettivo
regolamento viario, anche delle occupazioni di suolo pubblico
(standard geometrici e tipo di controllo per i diversi tipi di strade), sia il
dimensionamento preliminare degli interventi previsti in eventuale
proposizione alternativa, sia il loro programma generale di esecuzione
(priorità di intervento per l'esecuzione del P.G.T.U.). Nel caso di centri
abitati contigui di Comuni diversi, per garantire una specifica attività di
coordinamento, le Regioni designano il Comune capofila, al quale è
demandata la redazione del P.G.T.U. dell'intera area. Il
coordinamento tra le diverse amministrazioni comunali interessate
viene perseguito mediante lo strumento dell'accordo di programma,
secondo le modalità specificate nella Circolare del Ministero dei Lavori
Pubblici 2 dicembre 1997 n. 6372;
il livello dei Piani Particolareggiati del Traffico Urbano (P.P.T.U.), intesi
quali progetti di massima per l'attuazione del P.G.T.U., relativi ad
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ambiti territoriali più ristretti di quelli dell'intero centro abitato, quali - a
seconda delle dimensioni del centro medesimo - le circoscrizioni, i
settori urbani, i quartieri o le singole zone urbane (anche come fascia
di influenza dei singoli itinerari di viabilità principale), e da elaborare
secondo l'ordine previsto nel programma generale di esecuzione del
P.G.T.U.;
il livello dei Piani Esecutivi del Traffico Urbano (P.E.T.U.), intesi quali
progetti esecutivi dei Piani particolareggiati del traffico urbano. La
progettazione esecutiva riguarda, di volta in volta, l'intero complesso
degli interventi di un singolo Piano particolareggiato, ovvero singoli
lotti funzionali della viabilità principale e/o dell'intera rete viaria di
specifiche zone urbane comprendenti una o più maglie di viabilità
principale, con la relativa viabilità interna a carattere locale), facenti
parte di uno stesso Piano particolareggiato.
Inoltre, può far parte del PUT il Piano urbano di fluidificazione del traffico,
introdotto dal terzo Piano Energetico Nazionale (P.E.N.) del 1988. Gli indirizzi
attuativi del piano di fluidificazione sono contenuti nella Circolare n. 1196 del
1991.
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2.4. Direttive per la redazione, adozione ed attuazione dei piani
urbani del traffico
Ai sensi del citato articolo 36 del nuovo Cds, sono state emanate dal Ministro
dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro dell'ambiente ed il Ministro per i
problemi delle aree urbane, sulla base delle indicazioni formulate dal
Comitato interministeriale per la programmazione economica nel trasporto
(CIPET) nella deliberazione 7 aprile 1993, le "Direttive per la redazione,
adozione ed attuazione dei Piani urbani del traffico". Rivolte sia ai comuni,
tenuti all'adozione del PUT, sia ai tecnici, ai quali i comuni stessi affidano
l'incarico di redazione del PUT. Come spiegato nella Prefazione, le direttive
«trattano sia la fase della redazione del PUT, per la quale hanno valenza di
prescrizioni, sia le fasi dell'adozione e dell'attuazione dello stesso, intendendo
rispettare, in ogni caso, l'autonomia degli enti locali nella determinazione delle
procedure interne e nell'organizzazione degli uffici. […] Le presenti direttive sono
formulate in maniera unitaria sia per i centri di piccole dimensioni sia per i centri di
medie e grandi dimensioni, in quanto comuni sono i problemi della circolazione e gli
obiettivi da perseguire: diversi sono in genere i contenuti da applicare per le due
tipologie di centri abitati. Le presenti direttive, redatte in relazione alla crescente
complessità dei problemi della mobilità e dell'ambiente nelle aree urbane ed agli
avanzamenti scientifici nella pianificazione della circolazione, sostituiscono la
precedente circolare 8 agosto 1986, n. 2575, del Ministero dei lavori pubblici
"Disciplina della circolazione stradale nelle zone urbane ad elevata congestione del
traffico veicolare. Piani urbani del traffico" e la circolare 20 settembre 1961, n.
50067, del Ministero dei lavori pubblici sugli "Uffici comunali del traffico".»
2.4.1. Obiettivi ed indicatori fondamentali
Il PUT, come già accennato, va elaborato attraverso indagini, studi e progetti
finalizzati ad ottenere:
1) il miglioramento delle condizioni di circolazione (movimento e sosta),
2) il miglioramento della sicurezza stradale (riduzione degli incidenti stradali),
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3) la riduzione degli inquinamenti atmosferico ed acustico,
4) il risparmio energetico,
nonché in accordo con gli strumenti urbanistici ed i Piani dei trasporti vigenti
e nel rispetto dei valori ambientali. Il conseguimento di ciascuno dei quattro
obiettivi indicati può essere espresso da opportuni indicatori, il cui valore si
può stimare in sede di progettazione e/o successivamente all'attuazione del
Piano. Si considerano in generale sia i valori assoluti degli indicatori sia i
valori relativi al traffico totale, espresso in termini di veicoli x km e/o
viaggiatori x km.
Migliorare le condizioni della circolazione stradale, nei suoi aspetti di
movimento e sosta degli utenti, significa soddisfare la domanda di mobilità al
miglior livello di servizio possibile, nel rispetto dei vincoli di Piano (economici,
urbanistici ed ambientali). A questi fini il livello di servizio si identifica
- anzitutto - con il grado di fluidità dei movimenti veicolari, il cui miglioramento
permette velocità più regolari e mediamente più elevate di quelle attuali. Ciò
comporta, in particolare, un benefico effetto anche sulle velocità dei trasporti
collettivi su strada e, quindi, la riduzione dei tempi di spostamento e del
disagio di tutti gli utenti. Inoltre, l'ottenimento di maggiore velocità e regolarità
dei servizi collettivi di trasporto concorre a richiamare più utenza su tale tipo
di servizio, determinando così un ulteriore fondamentale elemento di
decongestionamento del traffico urbano, tenuto conto della più elevata
capacità di trasporto dei mezzi collettivi rispetto a quelli individuali. Il
miglioramento delle condizioni di circolazione riguarda anche l'utenza
pedonale, nonché la sosta veicolare. Maggiore fruibilità della città da parte
dei pedoni e minore perdita di tempo nella ricerca dei posti di sosta veicolare,
ove consentita, sono quindi obiettivi di pari importanza rispetto a quello della
fluidificazione dei movimenti veicolari.
Il PUT deve perseguire, altresì, il miglioramento della sicurezza stradale e
- quindi - la consistente riduzione degli incidenti stradali e delle loro
conseguenze, in generale, mediante la separazione ed il controllo delle
diverse componenti di traffico ed, in particolare, mediante l'attuazione delle