Introduzione
Penso sia opportuno dedicare le prime righe di questo elaborato alla dichiarazione di
due elementi che ritengo essenziali per seguirne più agevolmente lo sviluppo
successivo: intendo specificare innanzitutto l'angolazione visuale adottata per la
disamina del tema oggetto della tesi e quindi il fine dimostrativo che si vorrebbe
conseguire mediante la trattazione della stessa.
Mi sembra perciò importante specificare la prospettiva nonché il metodo scelto per
l'analisi de il "Profilo storico del matrimonio concordatario: dai Patti Lateranensi
all'accordo di Villa Madama". Come suggerisce l'etimologia della parola 'metodo',
optare per un criterio metodologico piuttosto che per un altro può condurre ad esiti
potenzialmente molto diversi e, quindi, preciso sin d'ora che la scelta è stata
consapevolmente operata in funzione della finalità che si voleva perseguire e che
indicherò nel proseguo della presente nota introduttiva.
I singoli capitoli del testo non considerano l'istituto matrimoniale secondo una
direttrice sistematico-giuridica tesa al raffronto puntuale, nella loro evoluzione, dei
singoli elementi civilistici interessanti il matrimonio nel periodo in esame, ovvero
compreso fra il 1929 e il 1984 (per esemplificare: la promessa di matrimonio, le
pubblicazioni matrimoniali, la celebrazione, gli impedimenti, la trascrizione…).
L'attenzione principale non è rivolta, cioè, alla comprensione e alla descrizione dei
cambiamenti avvenuti, in quello specifico arco temporale, seguendo un'ottica
diacronico-giuridica meramente comparatistica incentrata sul matrimonio; si è voluto,
invece, cercare di indagare quali presupposti storici abbiano influenzato il diritto
positivo in materia matrimoniale, determinandone le categorie, modellandone i
concetti e, di contro, come le leggi abbiano finito per plasmare gli orientamenti e i
rapporti sociali.
Di conseguenza, per cogliere pienamente le ragioni che hanno portato a modificare
nei decenni l’istituto del matrimonio, è necessario inserire tale evoluzione all’interno
sia del sistema di relazioni fra Stato e Chiesa sia nel contesto più ampio della storia
del rapporto di questi ultimi con i cittadini da una parte e i fedeli dall’altra. Il
2
matrimonio, in effetti, è stato per lungo tempo considerato materia di contendibilità
per lo Stato e per la Chiesa, oggetto cioè sul quale esercitare ciascuno la propria
sovranità. Esso, riconosciuto da entrambi quale cardine della famiglia e quindi della
intera società, ha rappresentato, di fatto, l’elemento paradigmatico di un più vasto
confronto relativamente alla definizione dell’ambito delle rispettive autonomie.
Nel dopoguerra, la richiesta di un maggiore coinvolgimento dei fedeli alla vita
religiosa e una crescente domanda di attenzione verso le nuove esigenze che una
società in evoluzione faceva emergere hanno costituito le premesse per una
democratizzazione delle relazioni fra Stato e Chiesa. In questo mutato contesto
trovano allora collocamento ed espressione anche le profonde modifiche apportate al
regime matrimoniale.
La dualità insita nel matrimonio (unione spirituale e materiale), che lo differenzia
dagli altri istituti, è all’origine del difficile equilibrio fra ambito religioso e civile,
ognuno geloso del proprio spazio di competenza.
Il legame matrimoniale è sempre stato, anche per questa ragione, materia di studio dei
pensatori e dei legislatori. Basti pensare al progetto politico messo a punto da Platone
ne “Le leggi", e al ruolo
1
basico attribuito all'unione matrimoniale in questa opera.
Così l'allievo Aristotele, pure su molti temi distante dal Maestro, nella "Politica"
2
tratta il matrimonio come nucleo essenziale della famiglia, ovvero cellula base di una
armoniosa e ordinata costruzione dell'organismo statale.
Nel mondo cristiano Dottori della Chiesa come Agostino d’Ippona, prima, e
Tommaso d’Aquino, poi, rifacendosi rispettivamente alle teorie platoniche ed
aristoteliche, forniranno le forme interpretative per la definizione teologica
dell’istituto matrimoniale, le quali fungeranno da base per la successiva elaborazione
in senso giuridico dello stesso a partire dal Concilio di Trento.
L'unione matrimoniale riveste ancora importanza nella "Scienza Nova" del giurista
Vico dove è considerata lo strumento primigenio di uscita dell'uomo dallo stato di
1cfr. PLATONE, Le leggi. “... in generale una sia la regola sul matrimonio: bisogna che ciascuno aspiri a nozze che
risultino vantaggiose per lo stato, e non a quelle che procurano il massimo piacere a se stessi”.
2 “E' necessario in primo luogo che si uniscano gli esseri che non sono in grado di esistere separati l'uno dall'altro, per
esempio la femmina e il maschio in vista della riproduzione (…) Così da queste due comunità si forma la famiglia nella
sua essenzialità.” cfr. Aristotele, La Politica.
3
ferinità, premessa e presupposto necessari quindi per addivenire allo stato civile
3
. Da
ultimo, non posso trascurare la particolare rilevanza attribuita al matrimonio da
Hegel, nella sua "Fenomenologia dello Spirito" , come elemento insostituibile per una
ortodossa educazione della progenie e in definitiva come mezzo irrinunciabile di
radicamento dello Spirito Oggettivo nello Stato etico. Ho volutamente attinto dalle
riflessioni di pensatori molto lontani fra loro, tanto nel tempo quanto nello spazio, per
una ragione intuitiva: per testimoniare, seppur attraverso questa per ovvi motivi
incompleta panoramica, come l’architettura dell'istituto matrimoniale abbia da
sempre suscitato peculiare interesse date le implicazioni collettive che da essa
derivano.
Quest'ultima, non limitandosi alla disciplina di relazioni sociali già consolidate, ha
poi gradualmente agito sulla società favorendo l'evoluzione del costume nonché
nuovi rapporti fra i consociati e il nascere di nuove istanze, instaurando così un
meccanismo retroattivo sulla regolamentazione medesima.
3 Cfr. GIAMBATTISTA VICO, La Scienza Nuova,Letterartura italiana, Einaudi, (in
http://www.letteraturaitaliana.net/pdf/V olume_7/t204.pdf ), pag.14.
4
Cap. 1 I presupposti storico-giuridici del Concordato.
Il matrimonio nelle legislazioni degli Stati italiani preunitari.
Il presente percorso storico-giuridico, che si svolge peraltro all’interno di un più vasto
confronto fra Chiesa e Stato, non può prescindere da una breve premessa volta a
chiarire la radicale differenza sul significato, sulla natura stessa che i due attori
attribuivano al matrimonio; premessa senza la quale l’intero sistema di rapporti fra
Chiesa e Stato in materia matrimoniale risulterebbe privo di una chiave di lettura
fondamentale.
V olendo rintracciare le radici storiche di questo istituto, senza comunque pretese di
esaustività della indagine, è possibile considerare il matrimonio, nella sua forma
attuale, erede sia della tradizione giuridica romana che di quella canonistica. Nel
mondo romano esso, pur nelle varietà di celebrazione, mantenne tuttavia nei secoli un
solo requisito essenziale: la libera volontà dei nubendi la quale doveva rinnovarsi e
perdurare durante l’intero rapporto, dal momento che la sua mancanza avrebbe
comportato lo scioglimento, senza particolari formalità, dell’unione coniugale.
Il Cristianesimo, rispetto alla tradizione giusromanistica, introdusse un elemento fino
ad allora estraneo: l’indissolubilità del vincolo coniugale. La sola manifestazione
iniziale della libera volontà degli sposi era oltre che necessaria anche sufficiente per
rendere la comunione irrisolvibile pur nell’ipotesi che fosse successivamente venuta
meno.
Agli albori della Chiesa la dottrina cristiana dominante
4
aveva già parlato, infatti, del
matrimonio in termini di: ‘fides’ (fedeltà e fiducia reciproche), ‘proles’ (procreazione,
da intendersi nella più ampia accezione di conservazione e cura del genere umano) e
‘sacramentum’ (legame perpetuo e infrangibile). Quest’ultimo, rappresentando
l’unione tra il Cristo e la Chiesa, sanciva la caratteristica divina dell’indissolubilità. Il
carattere sacro del momento volitivo, come esclusiva prerogativa degli sposi, non
richiedeva necessariamente l’intermediazione del ministro di culto anche se la
4 Cfr. S. AGOSTINO, De nuptiis et concupiscentia libri duo, 17.19 “In nuptiis tamen bona nuptialia diligantur:
proles, fides, sacramentum.”
5
peculiarità della circostanza era di norma suggellata in forma solenne. Considerando
l’inevitabile evoluzione che questa concezione subì nell’arco di quasi un millennio,
da S Agostino a S. Tommaso
5
, fu tuttavia solo con il Concilio di Trento (1545-1563)
che si passò da una elaborazione teologica del matrimonio ad una sua codificazione,
facendo di fides, proles, sacramentum i cardini dell’istituto
6
. La canonizzazione di
quest’ultimo, nel tentativo di rimediare al fenomeno dei matrimoni clandestini,
introdusse l’obbligo di manifestare la volontà in forma solenne, ovvero
pubblicamente alla presenza del parroco. Si rinviene inoltre nei documenti conciliari
7
anche un primo elemento esplicito di sovrapposizione fra competenze civili ed
ecclesiastiche laddove si riservava alla Chiesa la titolarità della gestione degli archivi
anagrafici, lasciando alle autorità civili solo l’amministrazione di rapporti meramente
materiali (ad es. quelli patrimoniali) oppure quelli che non interessavano la comunità
dei battezzati (matrimonio fra persone di culti diversi).
Questo stato di cose si protrasse di fatto fino alla Rivoluzione Francese quando
l’affermarsi di una cultura borghese aconfessionale, conseguente alla trasformazione
degli antichi ordini nelle nuove classi sociali, richiese necessariamente un riassetto
complessivo dell’ordinamento.
Nella Costituzione francese del 1791, non solo si introdusse per la prima volta il
concetto di matrimonio come contratto civile
8
ma venne altresì riconosciuto quale
unica forma ammessa dallo Stato, negando perciò ogni valenza di sacralità al vincolo.
La legge del 20 settembre 1792, recependo quindi questo principio costituzionale,
giunse a comminare una sanzione penale nel caso di previa celebrazione religiosa. Si
evidenzia come il legislatore rivoluzionario, decidendo di non usare gli aggettivi
‘civile’ e ‘religioso’ per qualificare il matrimonio, arrivasse così a sottintendere come
naturale la legittimità del solo matrimonio regolato dallo Stato. Conseguenza
immediata fu inoltre il venir meno della facoltà, di cui la Chiesa aveva goduto dal
5 Cfr. S. TOMMASO, Summa Theologiae, qaestio 41,De matrimonio in quantum est in officium naturae.
6 CONCILIO DI TRENTO, sess. XXIV ,de reformatione matrimonii.
‘ENCICLICA TAMETSI’, Decretum de reformatione matrimonii.; cfr. GRZEGORZ KADZ IOCH, Il ministro del
sacramento del matrimonio nella tradizione e nel diritto canonico latino e orientale,Editrice Pontificia Università
Gregoriana, Roma 1997;cfr. ANDRZEJ PAWLOWSKJ, Il bonum fidei nella tradizione canonica e la sua esclusione
nella recente giurisprudenza rotale, Editrice Pontificia Università Gregoriana, Roma 2002.
7 Cfr. CONCILIO DI TRENTO,Sessioni XXIII-XXIV ,Canoni sulla riforma del matrimonio
8 CONSTITUTION FRANÇAISE, Titre II, art. VII, ‘La Loi ne considère le mariage que comme contrat civil.’
6
Concilio di Trento in poi, di tenere i registri di stato civile, con il loro trasferimento
dalla parrocchia alla casa comunale. Con il matrimonio civile, la Chiesa vedeva
quindi ridotto il proprio potere di intervento e lo Stato, allo stesso tempo, ribadiva la
sua presenza proprio in quelle pratiche che caratterizzavano più di altre alcuni
passaggi fondamentali della vita delle persone.
Il Codice civile dei francesi o Code Napoleon tradotto ed emanato in Italia col nome
di Codice Civile napoleonico nel 1806, pose fine, all’interno dei singoli stati della
Penisola, alle differenti legislazioni sul matrimonio per quanto riguardava le
conseguenze civili del medesimo, conducendo così ad una prima unificazione
legislativa in materia. Negli anni successivi alla caduta di Napoleone, la
Restaurazione, pur tentando di ripristinare i precedenti ordinamenti, non riuscì a
cancellare ovunque l’impronta del Codice Civile. Il matrimonio, nelle legislazioni dei
singoli stati, tornò ad essere quello canonico basato sui decreti del Concilio di Trento.
La Chiesa si riappropriò così dell’autonomia decisionale per quanto riguardava tutto
ciò che poteva invalidare il contratto-sacramento. Di contro, la disciplina degli effetti
civili all’interno delle codificazioni che seguirono risentì maggiormente dell’influsso
francese seppure in modo differente da stato a stato
9
.
Focalizzando l’analisi su una specifica legislazione preunitaria in materia
matrimoniale è necessario accennare a quella del Regno di Sardegna, per
l’importanza che questo stato rivestirà nel processo di unificazione nazionale. Il Re
Vittorio Emanuele I, riportato sul trono dopo il Congresso di Vienna, ripristinò
9 Cfr. PP. GIUSEPPE V ACCARINO,Collezione completa dei Moderni Codici Civili degli stati d’Italia, (digitalizzato
da Google in https://books.google.it), 1845.
Per il Ducato di Modena,pag. 850: ‘2 maggio 1814 -Notificazione del Governo provvisorio sul contratto di matrimonio’ […]Il contratto di
matrimonio tra i cattolici non sarà valido , nè legittima la prole,se non dal momento, in cui sarà celebrato secondo i riti prescritti dalla
Chiesa per questo sacramento. Sono quindi a tale riguardo richiamate nel pieno loro vigore le leggi canoniche intorno a ti impedimenti,
discipline , e forme della sua celebrazione.[…] L’Ufficiale di stato civile … deve stendere l'atto comprovante l‘adempimento delle altre
disposizioni non abolite … del quale atto ne rilascerà certificato da presentarsi al (parroco competente , affinché possa procedere alla
celebrazione del matrimonio. Il parroco poi ne darà pronta partecipazione all‘ufficiale suddetto, e rilascerà contemporaneamente la fede
del seguito matrimonio allo sposo , che dovrà presentarla ad esso ufficiale entro il termine di tre giorni dall’epoca di detta celebrazione
sotto pena della multa … Questa fede si custodirà unita agli altri atti , e se ne farà nei registri apposita annotazione.[…]
Per il Regno delle due Sicilie, pag. 240, art. 67 e ss. :’ 67. Il matrimonio nel regno delle Due Si-.
cilie non si può legittimamente celebrare che in faccia della Chiesa, secondo le forme prescritto dal Concilio di Trento. Gli atti.dello stato civile sono
essenzialmente necessarj, e preceder debbono la celebrazione del matrimonio, perché il matrimonio produca gli effetti civili , tanto riguardo a’ conjugi
che a’ di loro figli. Gli atti dello stato civile detti di sopra sono indicati ne' seguenti articoli.[…]
Per il Ducato di Parma, pag. 378, art. 34 e ss. :’34. Il matrimonio si celebra tra’ cattolici
giusta le regole e celle solennità prescritte dalla Chiesa Cattolica.’[…]
7
immediatamente il diritto previgente al dominio francese
10
. Dopo l’esperienza del
Code Napoleon, ritornare a regolare i rapporti con l’uso del rinato diritto comune e
degli antichi statuti locali rese palese al Re la necessità di una codificazione che
avesse l’obiettivo di modernizzare l’amministrazione. Il progetto trovò compimento
solo con il suo successore, Carlo Alberto, che nel 1837 promulgò il Codice Civile
piemontese.
Esso, informato ad un generale impianto confessionale
11
, all’art. 108 regolava il
matrimonio in questi termini: “Il matrimonio si celebra giusta le regole, e colle solennità prescritte
dalla Chiesa Cattolica, salvo ciò che è in appresso stabilito riguardo ai non cattolici ed agli ebrei” . Lo
Stato, garante dei valori cristiani, riconosceva alla Chiesa l’esclusiva di regolare non
solo l’atto matrimoniale, ma anche il successivo rapporto in tema di separazione
12
.
Matrimonio e Codice Civile del 1865.
All’indomani dell’entrata in vigore dello Statuto Albertino del 1848, nel quale veniva
ribadita la natura confessionale dello Stato,
13
peraltro già proclamata nel Codice
Civile piemontese del 1837, si avviò un acceso confronto fra politici di vari
schieramenti, laici e cattolici, nonché tra giuristi e intellettuali: oggetto del dibattito
fu la possibile introduzione del matrimonio civile all’interno dell’ordinamento. Il
confessionismo di Stato venne così intaccato partendo da un tema dirimente come il
matrimonio. Lo scontro, che nell’immediato riguardava il possibile riconoscimento
del matrimonio civile, di fatto fu recepito dalle parti come rappresentativo di uno più
ampio sulle rispettive autonomie. Per dare voce ai vari orientamenti, pare ora
opportuno riportare alcune dichiarazioni dei protagonisti dell’epoca, le quali si
succedettero fino alla approvazione del nuovo codice civile del 1865.
10 Nell’editto del 21 maggio 1814 si fa eccezione per il neo acquisito territorio di Genova dove il Code Civil e il Code
de commerce rimarranno in uso fino al 1827.
11 Art.1 “La religione Cattolica Apostolica Romana è la sola religione dello Stato”.
12 Art.2 “Il Re si gloria di essere protettore della Chiesa, e di promuovere l'osservanza delle leggi di essa
nelle materie che alla podestà della mede sima appartengono. I Magistrati supremi veglieranno a che si
mantenga il migliore accordo tra la Chiesa e lo Stato, ed a tal fine continueranno ad esercitare la loro
autorità e giurisdizione in ciò che concerne agli affari ecclesiastici, secondo che l'uso e la ragione
richiedono”.
13 http://www.quirinale.it/qrnw/costituzione/pdf/Statutoalbertino.pdf.
Art. 1. - La Religione Cattolica, Apostolica e Romana è la sola Religione dello Stato. Gli altri culti ora esistenti sono
tollerati conformemente alle leggi.
8